La canzone paragona i politici alle spogliarelliste, ma in quanto a morale le spogliarelliste ne escono decisamente meglio. Una canzone sulla pochezza degli uomini di potere che si affannano con i loro squallidi giochetti per fare gli interessi loro e della loro banda di amici, pronti per questo a ridurre i cosiddetti cittadini a semplici numeri. Numeri nei campi di concentramento, nel caso peggiore, ma anche in situazioni meno estreme sempre numeri: numeri di morti nella pandemia, numeri di disoccupati, numeri senza nome.
Una canzone impietosa che mi ha ricordato il protagonista dell'antica ballata Matty Rentz (Child #306), ma anche qualche altro protagonista più recente della politica (con la p minuscola) italiana.
A man inside a room is shaking hands with other men (continua)
[2001/2009]
Canzone inedita. Ignoro in che anno esatto sia stata composta. L’arco temporale indicato è quello dell’attività discografica della Spektor.
“Dulce et decorum est pro patria mori” è un verso dalla Odi di Orazio ma soprattutto è la sua bellissima e terribile confutazione, “the old lie”, la vecchia bugia, in una delle più celebri poesie di Wilfred Owen, autore pure di Anthem for Doomed Youth, che la scrisse sempre nel 1917 mentre si trovava ricoverato in ospedale per le ferite e lo schock causati da un bomba esplosagli vicino in battaglia. Owen, morto per “fuoco amico” proprio pochi giorni prima che la Grande Guerra terminasse, dedicò la sua poesia a tal Jessie Pope, una dimenticabile e dimenticata scrittrice le cui poesie erano invece farcite di patriottismo militaresco e incitavano i ragazzi ad arruolarsi per la guerra.
After all, everything'd been said and done (continua)
inviata da Bartleby 17/12/2010 - 11:33
Il testo della poesia di Wilfred Owen (1917).
DULCE ET DECORUM EST
Bent double, like old beggars under sacks,
Knock-kneed, coughing like hags, we cursed through sludge,
Till on the haunting flares we turned our backs
And towards our distant rest began to trudge.
Men marched asleep. Many had lost their boots
But limped on, blood-shod. All went lame; all blind;
Drunk with fatigue; deaf even to the hoots
Of gas-shells dropping softly behind.
Gas! GAS! Quick, boys!—An ecstasy of fumbling
Fitting the clumsy helmets just in time,
But someone still was yelling out and stumbling
And flound'ring like a man in fire or lime.—
Dim, through the misty panes and thick green light,
As under a green sea, I saw him drowning.
In all my dreams before my helpless sight
He plunges at me, guttering, choking, drowning.
If in some smothering dreams you too could pace
Behind the wagon that we flung... (continua)
Traduzione italiana della poesia di Owen, a cura di Emanuela Zampieri, da www.progettobabele.it
(*) Visto che la poesia, almeno nella sua prima stesura, era espressamente dedicata alla scrittrice fanatica militarista Jessie Pope, mi son permesso di cambiare “amico mio” in “amica mia”.
DULCE ET DECORUM EST
Piegati in due, come vecchi accattoni sotto sacchi,
con le ginocchia che si toccavano, tossendo come streghe, bestemmiavamo nel fango,
fin davanti ai bagliori spaventosi, dove ci voltavamo
e cominciavamo a trascinarci verso il nostro lontano riposo.
Uomini marciavano addormentati. Molti avevano perso i loro stivali
ma avanzavano con fatica, calzati di sangue. Tutti andavano avanti zoppi; tutti ciechi;
ubriachi di fatica; sordi anche ai sibili
di granate stanche, distanziate, che cadevano dietro.
Gas! Gas! Veloci, ragazzi! – Un brancolare frenetico,
mettendosi i goffi elmetti... (continua)
Bellissimo sito! Nella poesia mancano le parole "obscene as a cancer"! (almeno così l'ho sempre letta nei libri).
"Before my helpless sight" secondo me è più vicino a "davanti al mio sguardo impotente". Cosa ne pensate?
Grazie!
Album: What We Saw from the Cheap Seats
La canzone paragona i politici alle spogliarelliste, ma in quanto a morale le spogliarelliste ne escono decisamente meglio. Una canzone sulla pochezza degli uomini di potere che si affannano con i loro squallidi giochetti per fare gli interessi loro e della loro banda di amici, pronti per questo a ridurre i cosiddetti cittadini a semplici numeri. Numeri nei campi di concentramento, nel caso peggiore, ma anche in situazioni meno estreme sempre numeri: numeri di morti nella pandemia, numeri di disoccupati, numeri senza nome.
Una canzone impietosa che mi ha ricordato il protagonista dell'antica ballata Matty Rentz (Child #306), ma anche qualche altro protagonista più recente della politica (con la p minuscola) italiana.