Murubutu:
Era un giorno come tanti della stagione d'autunno
Ma tra i tanti altri questo era forse il più lungo
Un mattino d'inizio secolo, il ghiaccio azzurro
Il sole scaldava timido i marciapiedi di Pietroburgo
Tizio guardava i topi mordere resti freschi
Camminava pensoso lungo la prospettiva Nevsky
Sagome passavano al trotto senza viso
Un soffio gelido colpì il suo cappotto dal bavero liso
Ciondolando valutava un'altra svolta a destra
un'altra porta aperta, qua la folla ha fretta
Per una morte certa basta una botta netta in testa
Poi si appoggiava e valutava un'altra vodka secca, la sesta
Che gli resta in queste terre dell'est?
Giusto la musica che fugge dalle finestre
Voleva andare lontano ma non sa dove nè come
Chinò il capo, chiuse gli occhi e pensò d'essere altrove…
Tenente:
Era un giorno come tanti della stagione di autunno
Aspettavano l’inverno in mezzo a un caldo assurdo
Il sole a picco teneva trafitto il coscritto
Trincea del fronte africano durante il secondo conflitto
Tizio fissava zitto il suo destino trafitto
A 100 km da Alessandria d’Egitto
Stringeva le garze bianche, si giocava le scarpe a carte
Poi fumava stanco appoggiato al cingolo di un panzer
Nella noia tormentava con i sassi una latta
Un’altra alba piatta passa su sta massa di sabbia bianca
Basta del piombo e una cassa per una morte classica non sapeva se era
il sole o la rabbia a spaccargli le labbra
Che gli resta ormai in queste terre del sud? ora più niente o niente più e in più
Il deserto ed il sole fanno lo stesso rumore per ore
Chinò il capo, chiuse gli occhi e pensò di essere altrove
Y.M.:
Era un giorno come tanti della stagione d'autunno
L'ultimo splendore il sole muore l'ultimo lume lucido
Un tramonto di fuoco tra gli spari del settantuno
dava tepore al suo corpo tra i monti dell'appennino
Tizio sedeva su una pietra di mille anni
la lama del fiume procede lenta da millenni
rallenta l'esistenza faticosa dei suoi muscoli
pesanti su spalle vecchie di fatiche di secoli
giungeva il pensiero nitido e limpido
come l'acqua tra i suoi piedi rilassava i suoi pansieri
preparava i suoi sogni scacciava il brutto incubo
lisciava la sua fronte corrucciata con un brivido
che gli resta adesso di queste terre dell'ovest
un ricordo distorto di sangue e dolore
un destino meschino in una strage senza nome
chinò il capo chiuse gli occhi pensò d'essere altrove.
U.G.O.:
Era un giorno come tanti della stagione d’autunno
Il sole gettava nella vallata la sua colata di metallo fuso
Il cupo rombo di blindati,latrati di mitragliatrici
Il 15-18 sotto le guglie aguzze delle Dolomiti
Tizio teneva il dito sul grilletto,il fucile stretto al petto
Aspettava dalla sorte un verdetto netto
Sotto l’elmetto non più il ragazzetto delle camerate
Ma un soldato divenuto uomo tra il fumo acre delle granate
Qua il degrado umano procedeva bruciando tappe
Gli anfratti tra le rocce diventano trappole sotto una pioggia di shrapnel
L’amor patrio era andato,rimasto incastrato
Con i poveri corpi morti sul reticolato di filo spinato
Ora che gli resta di queste tristi terre del nord
adesso che di se stesso non resta che un esile ricordo
tra le pareti di pietra l’eco della morte non fa rumore
chino il capo chiuse gli occhi e pensò d’essere altrove
Era un giorno come tanti della stagione d'autunno
Ma tra i tanti altri questo era forse il più lungo
Un mattino d'inizio secolo, il ghiaccio azzurro
Il sole scaldava timido i marciapiedi di Pietroburgo
Tizio guardava i topi mordere resti freschi
Camminava pensoso lungo la prospettiva Nevsky
Sagome passavano al trotto senza viso
Un soffio gelido colpì il suo cappotto dal bavero liso
Ciondolando valutava un'altra svolta a destra
un'altra porta aperta, qua la folla ha fretta
Per una morte certa basta una botta netta in testa
Poi si appoggiava e valutava un'altra vodka secca, la sesta
Che gli resta in queste terre dell'est?
Giusto la musica che fugge dalle finestre
Voleva andare lontano ma non sa dove nè come
Chinò il capo, chiuse gli occhi e pensò d'essere altrove…
Tenente:
Era un giorno come tanti della stagione di autunno
Aspettavano l’inverno in mezzo a un caldo assurdo
Il sole a picco teneva trafitto il coscritto
Trincea del fronte africano durante il secondo conflitto
Tizio fissava zitto il suo destino trafitto
A 100 km da Alessandria d’Egitto
Stringeva le garze bianche, si giocava le scarpe a carte
Poi fumava stanco appoggiato al cingolo di un panzer
Nella noia tormentava con i sassi una latta
Un’altra alba piatta passa su sta massa di sabbia bianca
Basta del piombo e una cassa per una morte classica non sapeva se era
il sole o la rabbia a spaccargli le labbra
Che gli resta ormai in queste terre del sud? ora più niente o niente più e in più
Il deserto ed il sole fanno lo stesso rumore per ore
Chinò il capo, chiuse gli occhi e pensò di essere altrove
Y.M.:
Era un giorno come tanti della stagione d'autunno
L'ultimo splendore il sole muore l'ultimo lume lucido
Un tramonto di fuoco tra gli spari del settantuno
dava tepore al suo corpo tra i monti dell'appennino
Tizio sedeva su una pietra di mille anni
la lama del fiume procede lenta da millenni
rallenta l'esistenza faticosa dei suoi muscoli
pesanti su spalle vecchie di fatiche di secoli
giungeva il pensiero nitido e limpido
come l'acqua tra i suoi piedi rilassava i suoi pansieri
preparava i suoi sogni scacciava il brutto incubo
lisciava la sua fronte corrucciata con un brivido
che gli resta adesso di queste terre dell'ovest
un ricordo distorto di sangue e dolore
un destino meschino in una strage senza nome
chinò il capo chiuse gli occhi pensò d'essere altrove.
U.G.O.:
Era un giorno come tanti della stagione d’autunno
Il sole gettava nella vallata la sua colata di metallo fuso
Il cupo rombo di blindati,latrati di mitragliatrici
Il 15-18 sotto le guglie aguzze delle Dolomiti
Tizio teneva il dito sul grilletto,il fucile stretto al petto
Aspettava dalla sorte un verdetto netto
Sotto l’elmetto non più il ragazzetto delle camerate
Ma un soldato divenuto uomo tra il fumo acre delle granate
Qua il degrado umano procedeva bruciando tappe
Gli anfratti tra le rocce diventano trappole sotto una pioggia di shrapnel
L’amor patrio era andato,rimasto incastrato
Con i poveri corpi morti sul reticolato di filo spinato
Ora che gli resta di queste tristi terre del nord
adesso che di se stesso non resta che un esile ricordo
tra le pareti di pietra l’eco della morte non fa rumore
chino il capo chiuse gli occhi e pensò d’essere altrove
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