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Il due maggio

Francesco Vaccini
Langue: italien




C’è qualcosa di nuovo nell’aria,
Anzi, d’antico. Pioviggina, a sprazzi
Piove, la primavera
Tarda ad arrivare, però ogni tanto
Fa capolino il sole.
Vado a misurarmi la pressione
Perché ce l’ho un po’ bassa;
Davanti al bar dell’angolo,
Poiché all’angolo c’è sempre un bar,
Incontro il sig. Tamburini,
Anziano pensionato, lo saluto
E tra di me penso: “Ehi, Mr Tamburini,
Non ho voglia di scherzare”.
Una mamma tira un bambino
Con la cartella, visione eterna,
Il bimbo non vuole andare a scuola
E strilla; il cantiere, sempre all’angolo,
Va avanti, gli operai, costruiscono
Una pista ciclabile; passa un camion,
Un’altra impresa edile, chissà
Dove andranno a edificare,
E che cosa, e per che cosa.
Ho una strana sensazione: come tutto
Stia per fermarsi, un blocco,
Un’interruzione. Vite a faticare,
Vite nei camion, vite appena sbocciate
Tirate controvoglia ad una scuola;
Ieri era festa. Svegliarsi tardi
Un lunedì. L’esaltazione del lavoro
Perlopiù da parte di chi non ha
Mai lavorato. Parole, musiche.
Dichiarazioni.

C’è qualcosa di antico nell’aria,
Anzi, di nuovo. O meglio, di nuovo
Ci sarebbe se tutto si arrestasse.
Gli anarchici di Chicago,
Coi loro nomi tedeschi
Guardano da una nuvola
E dicono: “Alt!”. Il Primo Maggio,
Mayday, Calendimaggio, i fiori,
Mille papaveri rossi anche
Sul ciglio della strada,
Pronto per il пикник
на обочине; e poi,
Il due di maggio, martedì,
Giorno delle sorprese, giorno
In cui la festa è finita, e in realtà
Comincia. Si sente un gradevole
Profumo di sonno. Dal vicino
Ancorché piccolo aeroporto
Non parte nemmeno un aereo.
Non si costruisce più niente,
L’odore del latte si mischia all’aurora,
Fantasma dell’ultima ora;
Muore il lavoro, vive
Ogni altra cosa; si fanno figli
Non per darli alla patria o ad una fabbrica,
Ma alla vita stessa. Si vive
Come natura vorrebbe, si muore
Senza che esista la morte
Con tutti i suoi dèi.
Si alza un braccio.
Per fare ciò che serve
A me, a qualcuno, a tutti.

E’ il due di maggio, è festa,
E lo sarà anche domani.
E il quattro maggio,
Il cinque pure, ehilà Napoleone,
Come si sta a Sant’Elena?
“Come un papa”, mi risponde,
“Non c’è niente da fare
E guardo il mare.”
L’immenso, lo sconfinato,
L’infinitamente mosso
Mare.



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