Langue   

Robotar

Elona Planman
Langue: suédois


Elona Planman

Liste des versions


Peut vous intéresser aussi...

Gerard Gbeyo
(Jan Hammarlund)
Bara på lek
(Elona Planman)


[2013]
Lyrics and music: Elona Planman
Text och musik: Elona Planman
Testo e musica: Elona Planman
Album: Drömtåget [2015]
elonaplanman.com

Elona Planman.
Elona Planman.


Elona Planman, giovane strega svedese che l'Adriana avrebbe volentieri scovata in un sabba, ma che invece più prosaicamente ha scovata sulla pagina del Libro De' Ceffi (leggasi: Feisbuk) di David Rovics (uno che ha 162 canzoni su questo sito, no, tanto per dire...), è una parecchio tosta. Una, insomma, da mettercisi immediatamente a “lavorare” sopra. Probabilmente, e anche a giudicare dal suo sito ufficiale, in Svezia (e in Scandinavia) non ha nessun bisogno di essere conosciuta; solo che, come è lecito e anche piacevole immaginare, la Elona scrive e canta solo in svedese (dico “piacevole” perché a me piace immensamente chi non abdica all'inglisc'). Urge quindi, visto quel che scrive e canta, dedicarsi un po' a questa ragazza “punk” sì, ma che ricorda anche parecchio -altra cosa piacevolissima- Pippi Calzelunghe (giovanissima anarchica svedese di cui la Elona sembra decisamente la sorella maggiore). Si comincia con questa Robotar (“-ar” è uno dei tanti plurali dello svedese, che ne abbonda), che parla di qualcosa che mi sta molto a cuore: tutti robottini in fila sull'autobus, a spippolare sullo smartphone, a diventare piccoli e grandi dementi controllati, a abbandonare ogni tipo di fantasia e di gioco per diventare silenziosi automi fin da bambini. Non ho nominato a caso Pippi Calzelunghe: è come vedersela montare adesso su un autobus e cominciare a creare lo scompiglio fra i robot. L'antitesi. La controrivoluzione totale, l'uniformità, il controllo sugli atti, sulle menti e sulle vite. La famosa frasetta, “Dipende dall'uso che se ne fa”, quando invece siamo oramai noialtri ad essere usati in massa, beati e decerebrati come un docile gregge planetario. A tale riguardo, riporto sotto una cosa che avevo scritto tempo fa; i Robotar di Elona Planman ne potrebbero tranquillamente essere la perfetta colonna sonora. [RV]

SMARTZOMBIES
Asocial Network, 30 novembre 2016


smarzo


Controllata®, Controllato®: ho una sincera e grande ammirazione verso di te.

Anche a me piacerebbe essere un Controllato Consapevole®. Ai (pochi) pazzi che mi dicono, ad esempio, che “Facebook” è il migliore e più capillare sistema di controllo e di (auto)schedatura di polizia che sia stato escogitato, roba da spedire la Stasi tra le barzellette di Pierino, piacerebbe davvero tanto rispondere: “Dipende dall'uso che se ne fa”. Ti vedo, Controllata, Controllato, mentre lo pronunci pressoché trionfante, mentre il matto asociale che ha osato tace con la coda tra le gambe, senza sapere più che cosa dire. L' “uso che se ne fa” è un caposaldo intangibile, che sta scalzando letteralmente Iddio dal trono, in tutte le sue variopinte declinazioni. Del resto, Controllata, Controllato, avrai presente di quando Zuckerberg® è arrivato in visita in Italia, ricevuto con gli onori di un capo di stato persino dal Papa®.

Ammirandoti sempre di più, piacerebbe immensamente anche a me essere intervistato per la strada da un qualche operatore dei media, dopo un qualche fatto di cronaca che ha scosso l'opinione pubblica, realizzando peraltro anche l'eterno sogno di apparire seppur per trenta secondi sui teleschermi. Pronunciare con aria afflitta, indignata, preoccupata frasi fatidiche come “qui non si vive più” o “nessuno fa qualcosa”, "era una famiglia normale" o "era una persona solare" per poi avviarsi verso il supermercato già agghindato per il natale il dodici di settembre o roba del genere, o magari tornare verso casa per prepararsi alla cena o a una bella strage in famiglia. Quando sei solare, però, di solito sei morto ammazzato. Sia detto tra parentesi. Considera perlomeno di diventare lunare, o venusiano.

Mi piacerebbe in modo esagerato invocare più sicurezza, più controllo (appunto), più telecamere, più polizia, più carabinieri, più soldati, più delatori, più ogni cosa insomma. Mi piacerebbe sentirmi autenticamente più sicuro quando entro dentro la stazione centrale trasformata in una specie di Santiago dopo il golpe di Pinochet. Blindati, giovani e pettoruti soldati coi fucili d'assalto, negozietti alla moda al posto delle sale d'aspetto, ci scusiamo per il disagio e mitragliette automatiche. Purtroppo per me, non solo non mi sento affatto più sicuro, ma non me ne importa nemmeno nulla. Devo essere, e me ne rendo conto, totalmente malato.

Non immagini neppure, Controllata, Controllato, quanto vorrei sentirmi amica la telecamera. Offrirle un mazzolin di fiori mentre mi sorveglia e mi traccia ad ogni passo che faccio, per proteggermi dal malintenzionato, dall'abusivo e dallo stupratore. A tale ultimo riguardo, però, sono certo che la telecamera non la vorresti in casa tua mentre pesti a sangue tua moglie e magari pure la accoltelli con scrupolo perché vorrebbe separarsi. A dire il vero, Controllata, Controllato, qualche bestemmia quando la tua amica telecamera o qualche altro marchingegno del genere ti becca a 130 all'ora dove c'è il limite di 50, un po' ti incazzi pure tu; ma vuoi mettere. Essere seguito e spiato ovunque non ha prezzo.

Amerei non so dirti come e quanto poter entrare sul tram, in autobus, in treno, o semplicemente camminare per la strada, con in mano uno di quegli apparecchi colorati e di tutte le fogge, e immergermi a spippolare freneticamente, a scorrere paginette con foto di grandi amici e grandi amiche, a conversare di cose sicuramente importantissime, a stare a decidere che cosa si fa stasera per poi non fare, naturalmente, nulla se non continuare a decerebrarsi -pardon, a dipendere dall'uso che se ne fa. Mi piacerebbe finalmente poter avere i miei cinguettii elettronici, perché vuol dire che -in quel momento- sono in contatto.

Darei un rene, o classicamente una libbra di carne viva al mercante Shylock, per essere un minorenne de' tempi d'oggi. Per ritrovarmi in una scuola-lager col preside sceriffo che ha la sacra missione di far rispettare la legalità. Pagherei per fare l'okkupazione della suddetta scuolina, e ritrovarmi rispedito a casa a calci e a ceffoni dai genitori che, magari, una ventina d'anni fa avevano fatto l'Onda, la Pantera o chissà quale altra cosa curiosamente somigliante al Palio di Siena. Sbaverei per ritrovarmi denunciato o agli arresti domiciliari per aver fatto una scritta su un muro la quale, tanto, sarà cancellata in pompa magna da un sindaco del bello. Senza contare quanto bramerei di poter cadere nella madre dei peccaminosi crimini: fumarmi una sigaretta a scuola. Crimine contro la salute, per altro. Vorrei che, finalmente, il tabaccaio mi chiedesse i documenti se voglio comprarmi un pacchetto di proibitissime sigarette, senza più nemmeno la scusa che sono per il babbo o per la mamma. Genitori debosciatissimi, tra l'altro. Vorrei che il bravo nonno che legge il giornale di regime al bar mi dicesse che me lo merito che m'abbiano stuprata, perché vado in giro vestita da troietta a quattordici anni e mezzo, invocando però la pena di morte per il GPI (Grande Pedofilo Internettaro®) e preparandosi a toccare il culo alla nipotina. E' un'autentica delizia essere minorenni, adesso; ci si resta, tant'è vero, fino a circa quarant'anni inoltrati. Forse anche cinquanta o sessanta.

E che dirti, poi, di quanto mi piacerebbe poter esprimere il mio istantaneo parere a centoquaranta caratteri, che si tratti del goal di Ronaldo, del ponderoso concetto di Giorgio Agamben o del fatto che sono sull'autobus e mi sta bruciando il culo? Ricevere dopo dieci secondi risposte da mezzo mondo dove si dice, cancelletto # alla mano, che è meglio il goal di Lapadula, che è più ponderoso il concetto di Moishe Postone oppure che avrei fatto meglio a pulirmelo meglio dopo cacato? Riesci a immaginarti, Controllata, Controllato, quanto agognerei ad insultare la #Boldrini o qualche altro/a politicante con i peggio orrori, e poi magari ritrovarmi pubblicamente sputtanato coi giornalisti alla porta, piagnucolando, scusandosi, biascicando dei “non so perché l'ho fatto, sono povero, non arrivo a fine mese, pago troppe tasse, ho perso tutto alla banca Etruria, mi dispiace tanto, non volevo”? Così, come quella signora qualche giorno fa, scoprirei finalmente l'uso che se ne fa, oppure l'uso che fanno di te, in modo deliziosamente capillare.

Mi piacerebbe troppo tutto questo. Sentirmi finalmente un piccolo ometto in un ingranaggio universale, un perfetto nessuno sorvegliato giorno e notte fin nel mio letto. Mi piacerebbe poter essere un terremotato di cui vengono filmati gli ultimi istanti di vita perché di fronte a casa mia, alle ore 3,32 o 18,50 o 9,45 c'è una telecamera che riprende la disastrosa scossa e la casa che crolla. Mi piacerebbe essere tracciato ovunque io vada e, a pensarci poi bene, lo sono comunque, che lo voglia o meno. Di isole deserte non ce ne sono più; e se anche ci fossero, sai che du' par di coglioni senza contare il rischio di vederti comunque piombare addosso tutta la troupe dell'Isola dei Famosi. Mi piacerebbe provare sulla mia pelle tutto il profondo senso del degrado e dell'insicurezza. Mi piacerebbe finalmente partecipare anche io alla fiaccolata, alla barricata di Goro e Gorino, al gruppo dei genitori su Whatsapp ('o whatsappatore: i figli so' piezz' 'e core), al cyberbullismo®, agli indignados, al votasì o votanò, e a tante altre decine di migliaia di meravigliose cose che mi sono precluse per la mia assurda e inutile ostinazione.

Significherebbe, finalmente, che sono diventato una persona normale. Come mi disse al telefono, due o tre anni fa, una mia ex fidanzata dell'adolescenza, facendo pure l'accento romanesco. Aveva, peraltro, perfettamente ragione: si pensi che la poverina dovette, per contattarmi dopo una decina d'anni e rotti dall'ultima telefonata, ricorrere al numero di telefono che prima scrivevo su questo blog e “anonimizzarsi” il suo. “Ma nun te riesce de diventà normale?”

Eh no, nun me riesce. E non me ne beo affatto. Tanto, vorrei ripeterlo, Controllata, Controllato, sono comunque come te e non ci posso fare nulla. Tutti sanno perfettamente che ieri sera, alle 20,05, ero al Penny Market accanto a casa mia a fare un po' di ordinaria spesa: tutto è videosorvegliato. Tutti sanno tutto, di me, di te, di noi, di voi. Le nostre antiche città sono stracolme di gente normale che vive normalmente tutto questo, non solo non curandosene minimamente, ma anzi invocandolo, promuovendolo, approvandolo incondizionatamente; e quando il malvagio attentatore salirà su quel tram o su quel treno, o entrerà nella stazione militarizzata, sarà troppo breve l'istante per rendersi conto in quale tragica baggianata ci siamo infilati tutti quanti, noi Controllati, noi morti viventi, noi teste chine senza speranza, noi Smartzombies.

A George Orwell.
På bussen är allt stilla fast
den är fylld med barn
alla sitter och pillar på varsin skärm
jag har en likadan

Är det såhär ni vill att vi ska bli
tysta robotar på rad
inge krav på egen fantasi
tryck gilla och va glad

Vart tog alla glada barnen vägen
som lekte kull bland skog och troll
vem tog skrattet ur leken
och sa barn ska leka med kontroll

Är det såhär ni vill att vi ska bli
tysta robotar på rad
utanför susar reklamerna förbi
nya piller gör dig glad

Vart tog gemenskapen vägen
som stod upp för en vän i nöd
vem tog luften ur barnen
och sa revolutionen är död

Är det såhär ni vill att vi ska bli
tysta robotar på rad
utanför susar det där livet förbi
tryck gilla och va glad

Vart tog alla vuxna människor vägen
som trodde på lekande barn
nu ger dom oss piller och säger
du ska bli likadan

Ska vi inte leka med livet
fast man ser ut som en tok
varje dag är ett kapittel
i en äventyrs bok

Bussen har stannat vid endstation
här får man välja vart man vill gå
som representant för min generation
säger jag hejdå

envoyé par Adriana & RV - 3/9/2017 - 07:52



Langue: italien

Traduzione italiana di Riccardo Venturi
3 settembre 2017 07:54

ROBOT

Sull'autobus è tutto calmo e immobile
è pieno di ragazzini
tutti seduti a spippolare ognuno sul suo smartphone
ne ho anch'io uno simile

È così che volete che diventiamo
robot silenziosi tutti in fila
nessun bisogno di fantasia propria
pigia su “like” e sii felice

Dove sono finiti tutti i bambini felici [1]
che giocavano a rincorrersi tra boschi e gnomi
chi ha tolto via il ridere dal gioco
e ha detto che i bambini devono giocare con controllo

È così che volete che diventiamo
robot silenziosi tutti in fila
nessun bisogno di fantasia propria
pigia su “like” e sii felice

Dov'è finita la società
che si sollevava per un amico nel bisogno
chi ha tolto l'aria ai bambini
e ha detto che la rivoluzione è morta

È così che volete che diventiamo
robot silenziosi tutti in fila
nessun bisogno di fantasia propria
pigia su “like” e sii felice

Dove sono finiti tutti gli adulti
che credevano i bambini dovessero giocare
ora ci danno pillole e ci dicono
devi diventare così

Se non giochiamo con la vita
presto sembreremo dei dementi
ogni giorno un capitolo
in un libro di avventure

L'autobus si è fermato al capolinea
qui si deve scegliere dove si vuole andare
come rappresentante della mia generazione
io dico ciao, e me ne vo. [2]

Pippi Calzelunghe o Elona Planman da bambina...?
Pippi Calzelunghe o Elona Planman da bambina...?
[1] Nel testo svedese si dice alla lettera: “Dov'è che la strada ha portato tutti i bambini felici” (locuzione poi ripetuta per la “società” e per gli “adulti”).

[2] Cioè: dico addio. “Hejdå” è l'informale saluto di commiato in svedese.

3/9/2017 - 07:54


Elona Planman & Gitte Pålsson
Ystad, Världsbutiken, 14.2.2016
(E.P. singing Robotar)

CCG/AWS Staff - 3/9/2017 - 20:18


Solitudine contemporanea. Firenze. Dicembre 2021

Solitudine contemporanesa

16/12/2021 - 22:10




Page principale CCG

indiquer les éventuelles erreurs dans les textes ou dans les commentaires antiwarsongs@gmail.com




hosted by inventati.org