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Stelutis Alpinis

Arturo Zardini
Langue: frioulan


Arturo Zardini

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Parole e musica di Arturo Zardini
(Il testo proposto è quello originale e corretto dall'autore, con la grafia friulana esatta; da questa pagina.)



Questa famosissima canzone friulana, pur avendo un autore, è entrata nel repertorio popolare, tanto che anche in questo sito non era indicato l'autore (grazie a Claudia per la segnalazione).



VI RACCONTO UN CANTO
di Sergio Piovesan, dalla pagina del "Coro Marmolada".

Da pochi giorni mi trovavo presso la caserma “Chiarle” della Scuola Militare Alpina di Aosta per la seconda parte del 27° Corso AUC. Era una domenica mattina del luglio 1961 e le due compagnie di allievi si trovavano schierate nel cortile della caserma dove era celebrata la Santa Messa; all’elevazione, dopo l’usuale squillo di tromba, un gracidio, classico dei dischi a 78 giri, proveniente dall’altoparlante anticipò un improvviso “Se tu vens cassù ta’ cretis … ”, il primo verso di un canto che io, fin da bambino, avevo appreso da mia madre.

Era “Stelutis alpinis” il canto che, tradizionalmente, viene eseguito durante le Messe delle truppe alpine e che mi accompagnò per il resto della “naja”. Subito dopo quella Messa ci fu chi lanciò l’idea di formare un coro, soprattutto per l’accompagnamento della liturgia. Naturalmente anch’io vi partecipai e, dopo 15 giorni il coro del 27° Corso AUC della Scuola Militare Alpina sostituì il disco ormai consunto.

Da allora “Stelutis alpinis” ha continuato ad accompagnarmi anche, e soprattutto, nei miei ultimi quarant’anni come corista del “Marmolada”.

“Stelutis alpinis” fu scritto e composto da Arturo Zardini (1869-1923) nel periodo della Prima Guerra Mondiale, quando l’autore, un maestro di Pontebba, paese che allora si trovava sul confine italo-austriaco (l’abitato dall’altra parte del fiume che segnava la linea di demarcazione si chiamava Pontafel), era profugo a Firenze.

Forse proprio in Piazza della Signoria, leggendo sul giornale le notizie delle stragi che avvenivano al fronte, lo Zardini, commosso e rattristato da quelle vicende, trasse l’ispirazione del testo e della musica.

È quindi un canto d’autore ma che, da molti è ritenuto di origine popolare, caratteristica questa dei canti che, nel testo e nella musica, raggiungono livelli di alta poesia e che, per questo motivo, diventano patrimonio di tutto il popolo.

Da subito fu fatto proprio dagli Alpini sia friulani sia di altre regioni ed ancora oggi, all’età di quasi novant’anni, rimane il canto simbolo delle truppe alpine, ma anche di tutto il popolo friulano.

Con questa composizione la poesia e la forza dell’autore si sono manifestate nella loro pienezza raggiungendo l’apice, in un commovente sincretismo e tutte le umane sofferenze si sono compendiate con toccante espressività. Non sono necessarie molte parole: ci basta pensare al brivido che ci per­corre nel cantare e nell’ascoltare «..Se tu vens cassù ta' cretis...», brivido che si trasforma in emozione violenta, da serrarci la gola.

È un compendio di sofferenze, di dedizioni, di intimità, di affetti, di certezze. Non più canto, non villotta, ma preghiera profonda e, nello stesso tempo, semplice ed umana, come semplice ed umano era ed è lo spirito di Zardini.

Per i friulani “Stelutis alpinis” è sì il canto dell’Alpino morto, ma è anche considerato quasi un inno, un inno al Friuli, un inno per quella terra che ha vissuto altre sofferenze: un’altra guerra, invasioni straniere, lotte fratricide e dolorose emigrazioni.

Esaminando il testo non si può far a meno di notare il largo uso dei diminutivi, o meglio dei vezzeggiativi, caratteristica abituale nel linguaggio scritto e parlato dei friulani; “stelutis”, “crosute”, “arbute” e “bussadute” non vanno tradotti con i relativi diminutivi in italiano anche perché, oltre a ridicolizzare il testo, non hanno proprio quel significato. È una forma che si può definire affettuosa nella descrizione di oggetti ed azioni e, forse, è meglio tradurli con una perifrasi.

“Stelùte” (al plurale “stelùtis”) viene indicato nel Vocabolario Friulano (Pirona) come diminutivo, spesso come espressione affettiva, di “stele” (stella); lo stesso lemma manda a vedere “stèle alpine” che fra i sinonimi prevede anche “stele” soltanto; inoltre è citato come esempio il verso dello Zardini. La parola “crosute” è il diminutivo, sempre in forma affettiva, di “crôs”, croce, mentre “arbute” lo è di “arbe”, cioè erba, che però ha una forma più usata in “jarbe” col relativo diminutivo in “jarbute.

Infine, per concludere con i diminutivi, o come meglio indicato, con i vezzeggiativi o espressioni affettive, “bussadùte” si collega a “bussàde” (sostantivo femminile), bacio, che può anche essere tradotto con il sostantivo maschile “bùs”, in realtà poco usato.

Un altro termine interessante da esaminare è “cretis”; è il plurale di “crète” che vuol dire rupe, ma anche roccia, macigno, pendio roccioso, cresta o cima nuda di montagna. Se “crète” è un sostantivo femminile troviamo anche “crèt”, sostantivo maschile, con lo stesso significato. Sinonimo di “crète” è anche “cròde” che si avvicina al significato di croda cioè cima rocciosa appuntita tipica delle Dolomiti.

Un termine che nel verso prende un significato esteso è “duàr”. Letteralmente significa “dormo” (in questo caso si tratta di sonno eterno) e la forma infinita è “duarmî”, ma anche “durmî”.

Altri potrebbero essere i termini da esaminare ma, per non annoiare il lettore, penso che quelli sopra citati siano sufficienti ed i più interessanti soprattutto per una maggiore comprensione del testo poetico, che invito a leggere con attenzione sia in friulano e sia nelle due traduzioni.

Purtroppo, come accade per i canti che diventano famosi, c’è sempre qualcuno che vuole aggiungere qualcosa, pensando, con una discreta dose di superbia, di migliorare l’opera; nel nostro caso c’è stato chi ha pensato che il bellissimo testo di Zardini avesse bisogno di strofe in più ed ecco quindi un’aggiunta apocrifa che riporto per sola documentazione.

Ma 'ne dì quant che la vuere
a' sara un lontan ricùard
tal to cûr, dulà ch'al jere
stele e amôr, dut sara muart.

Restarà par me che stele
che 'l miò sanc a là nudrit
par che lusi simpri biele
su l'Italie a l'infinit.


(Ma un giorno quando la guerra sarà un ricordo lontano, nel tuo cuore, dove c’erano la stella alpina e l’amore, tutto sarà morto. Per me resterà quella stella, che il mio sangue ha nutrito, perché luccichi sempre bella sull’Italia all’infinito.)

Molti credono quest’ultime strofe originali e questo si può riscontrare anche su siti internet fra i quali alcuni addirittura di Sezioni dell’A.N.A. (Associazione Nazionale Alpini).

Se tu vens cassù ta' cretis
là che lôr mi àn soterât,
al è un splaz plen di stelutis;
dal miò sanc l’è stât bagnât.

Par segnâl, une crosute
je scolpide lì tal cret,
fra chês stelis nas l'arbute,
sot di lôr, jo duâr cujet.

Cjôl sù, cjôl une stelute:
jê 'a ricuarde il nestri ben.
Tu j darâs 'ne bussadute
e po' plàtile tal sen.

Quant che a cjase tu sês sole
e di cûr tu préis par me,
il miò spirt atôr ti svole:
jo e la stele sin cun te.



Langue: italien

Versione italiana di Chino Ermacora

La traduzione è una libera interpretazione del poeta friulano Chino Ermacora così come la scrisse nella rivista “PICCOLA PATRIA” nel 1928
dal sito del Coro Marmolada
STELLE ALPINE

Se tu verrai quassù fra le rocce,
dove fui sotterrato,
troverai uno spiazzo di stelle alpine
bagnate del mio sangue.

Una piccola croce è scolpita nel masso;
in mezzo alle stelle ora cresce l'erba;
sotto l'erba io dormo tranquillo.

Cogli, cogli una stella alpina:
essa ti ricorderà il nostro amore.
E baciala, e nascondila poi nel seno.

E quando sarai sola in casa,
e pregherai di cuore per me,
il mio spirito ti aleggerà intorno:
io e la stella saremo con te.

30/5/2010 - 13:55




Langue: italien

Versione italiana cantata da Francesco De Gregori (con la partecipazione di Ambrogio Sparagna)
(dall'album "Prendere e lasciare")



STELUTIS ALPINIS

Se un mattino tu verrai
fino in cima alle montagne
troverai una stella alpina
che è fiorita sul mio sangue.

Per segnarla c'è una croce,
chi l'ha messa non lo so.
Ma è lassù che dormo in pace
e per sempre dormirò.
Ma è lassù che dormo in pace
e per sempre dormirò.

Tu raccogli quella stella
che sa tutto del tuo amore,
sarai l'unica a vederla
e a nasconderla sul cuore.

Quando a sera sarai sola
non piangere perchè
nel ricordo vedrai ancora
tu e la stella insieme a me.
Tu e la stella insieme a me.



Langue: italien

Una traduzione di Stelutis Alpinis... traduzione sicuramente indegna (e per questo mi scuso) di una canzone bellissima che fa piangere il cuore di ogni friulano.

Come si vede, questa traduzione mantiene la strofa finale "spuria" (che, francamente, non troviamo poi così brutta da giustificare il "purtroppo" di Sergio Piovesan)...

STELLE ALPINE

Se vieni quassù sui monti
dove loro mi hanno sotterrato
c'è uno spiazzo pieno di stelle alpine
che dal mio sangue è stato bagnato...

Come segnale, una piccola croce
è scolpità lì sulla roccia
fra quelle stelle nasce l'erba
sotto di loro riposo tranquillo.

Raccogli, raccogli, una stella
che ricordi il nostro amore
le darai un bacio
e poi nascondila nel seno.

Quando a casa sei sola
e preghi di cuore per me
il mio spirito attorno aleggia
io e la stella siamo con te.

Ma quando la guerra
sarà un lontano ricordo
nel tuo cuore, dove c'erano
la stella e l'amore, tutto sarà morto.

Resterà per me quella stella
a cui il mio sangue ha dato nutrimento
perchè splenda sempre bella
sull'Italia per sempre.

envoyé par R.




Langue: italien

Versione italiana di Emilio Maria Boria

Tentando una traduzione che cerca di rispettare la semplicità dell'orignale e specialmente mantenere il ritmo metrico che permetta di "cantarla" in italiano.
Da S Paolo del Brasile il 9 luglio del 2006
dies niveo signanda lapillo
L'Italia é Campione del Mondo per la quarta volta.
Viva l'azzurra.

Emilio M. Boria
S.Paolo del Brasile 9 luglio 2006
STELLE ALPINE

Se verrai qui fra le rocce
Dove lor mi han sotterrato
C'è uno spiazzo pien di stelle
Dal mio sangue fu bagnato.

Come segno una crocetta
È scolpita nelle roccie.
Fra le stelle c'é l'erbetta
Sotto loro dormo in pace.

Prendi su, prendi una stella
Che ricorda il nostro amore.
Dalle un bacio, é cosí bella.
Poi nascondila sul cuore.

Quando a casa tu sei sola
E di cuor tu pensi a me
Il mio spirito a te vola
Io e la stella siam con te.

Ma un bel dí quando la guerra
Farà parte dei ricordi
Nel tuo cuore là dov'eran
Stella e amore saran morti.

Resterà per me la stella
Che il mio sangue ha già nutrito
Perché splenda sempre bella
Sull'Italia all'infinito.

envoyé par Emilio Maria Boria - 10/7/2006 - 02:01




Langue: anglais

Versione inglese di jeff e vigj
EDELWEISS

If you come up in the mountains
to the place in which i'm layed,
edelweiss adorn a clearing;
by my own blood they were stained.

As a sign there is a carving
of a small cross cut in stone,
grass it grows amongst the flowers,
i beneath quietly repose.

Pick, o pick one of those flowers:
and remember good times blessed.
Then you'll kiss it oh so gently
and then hide it near your breast.

When at home no-one around you
and your heart does pray for me,
then my spirit will soon surround you:
i and the edelweiss are both with thee.

envoyé par jeff e vigj - 31/10/2020 - 16:59


Non credo che sia una canzone solo per i friulani, che amo e rispetto.
Anch'io, che con il Friuli condivido la mia esperienza alpina a Tarvisio, ho il cuore trafitto da queste parole.
Da queste e molte altre che si possono ascoltare in tutti quei canti che riportano alla memoria i dolori ed i sacrifici vissuti da nostri coetanei 60, 90 o chissà quanti anni fa.
Un grazie all'autore, Arturo Zardini e soprattutto un grazie a Dio per tutti coloro che questa canzone l'hanno ispirata col sangue.

Paolo - 8/5/2006 - 13:28


Una bellissima canzone che cantava mio zio Luciano(friulano), morto ormai ! Mille grazie di mandarmela via Internet (in friulano, par plase!) o di dirmi dove trovarla.
Elisabeth Girard 38150 La Chapelle de Surieu (France)

Abbiamo segnalato un indirizzo dove scaricare l'mp3 nella presentazione alla canzone

girard637@laposte.net - 6/1/2007 - 08:07


Le prime due “aggiuntive” quartine che ancor oggi si “trascinano” in qualche riproduzione dello spartito di “Stelutis” e che non appartengono assolutamente all’autore, ebbero origine da una richiesta fatta al maestro Zardini dal col. Vincenzo Paladini, ufficiale incaricato della sistemazione del cimitero di guerra di Timau. Egli, pur ritenendo “Stelutis” una poesia di estrema bellezza, volendola far incidere su una lapide dedicata ai soldati morti per la Patria, la trovava priva di un riferimento appunto alla Patria. A tal proposito il 29 luglio 1921 scrisse la sotto riportata lettera per chiederne una mutazione per quel tanto che bastava, al fine di raggiungerne lo scopo. Pur trovando di scarsa opportunità una simile variazione, su insistenze di amici, tra cui il Bierti, seppur malvolentieri, accettò che venissero aggiunte, e solo per tale scopo, le famose due quartine predisposte dallo stesso Berti.

Le ultime due quartine sono:

Ma une dì quant che la uere
a sarà un lontan ricuart,
nel to cûr dulà che al ere
stele e amôr, dut sarà muart.

Pensarà par mè che stele
che il gno sanc al à nudrît,
par che lusi, simpri biele,
su l’Italie, acl infinît.

Ne esistono inoltre altre due, che non riporto, e sono sempre del Bierti.

Quanto sopra per doverosa informazione. Il nipote di Arturo Zardini : G. Rui

Giuliano Rui - 7/12/2008 - 21:33


la canzone Stelutis Alpinis e' l'inno assoluto all'amore, alla vita,alla vita perduta in questo caso, il rimpianto per la dipartita ma la certezza che dopo la morte rimane questa corrispondenza di amorosi sensi come cita il poeta che "ci sofferma sul limitar di dite" questo spirito buono e ancora innamorato che protegge la sua amata circondandola di amore seppur spirituale e si identifica nella stella alpina, il sangue come nutrimento di questo splendido fiore, versato come estremo atto d'amore, inoltre e' una bellisima e commovente preghiera a suffragio per tanti giovani caduti nel fiore della vita per ideali non sempre condividibili o almeno non dal popolo che la guerra doveva farla, fra le righe leggo un invito a non sacrificare tanta gioventu' all'altare del barbaro dio della guerra, quelli che gia' abbiamo bastano ed avanzano e ci indicano la via, la pace e non la guerra l'amore e non l'odio, creare non distruggere, insegnare alle nuove generazioni il bene, la giustizia e sopra di tutto l'amore.

merlo alessio - 29/6/2010 - 04:13


La premessa di questo canto non è una situazione lieta (un alpino morto in guerra e seppellito sulla montagna), ma nel testo non c' assolutamente alcun sentimento di rancore, di odio, bensì parole di pace, amore, serenità, speranza e fede nel futuro, e si comprende perché fu facile, per i friulani (ma non solo), che quella guerra avevano avuto sulla porta di casa, accoglierla come testamento spirituale, un viatico per passare oltre a quei giorni di dolore; una sorta di Inno nazionale, una preghiera, un Inno sacro da cantere in chiesa, nelle cerimonie commemorative, e tutt'ora si canta.
E' canto d'autore, ma di immediata a generale diffusione da poter essere definito, e non in senso riduttivo, "canto popolare": un po' ciò che oggi capita a "Signore delle Cime" di De Marzi, che in molte occasioni, soprattutto fuori dal Friuli, ne ha preso il posto nelle cerimonie commemorative.
L'alpino si rivolge alla donna che ha amato (forse la moglie, una figlia, la mamma) e gli indica la strada per arrivare alla sua tomba, tra le rocce, in quel prato di stelle alpine, dove lui dorme tranquillo.
Parte da un fatto di guerra, ma non grida, non urla, non impreca, ma invita a scordare il passato e spinge alla pace.

Giorgio Della Puppa - 3/3/2011 - 16:31




Langue: italien

Un tempo, in Friuli, quando veniva cantato o suonato, anche se solo da una banda paesana, gli uomini si alzavano in piedi, si scoprivano il capo e l'ascoltavano con devozione. Oggi succede meno e ci sono meno occasioni, ma i friulani non possono sentire questo canto e restarne indifferenti.

Questa versione non può rispettare la metrica né, tanto meno, la rima del testo originale: cerca soltanto di riproporne il significato in italiano (forse è solo quello che sento io).
Verrai quassù, tra queste rocce,
dove mi hanno sotterrato,
c'è uno spiazzo pieno di stelle alpine:
è il mio sangue che l'ha bagnato!

Per segnale hanno inciso una croce,
piccola, su una roccia;
tra le stelle alpine cresce l'erba,
sotto di loro io dormo, tranquillo.

Raccogli, prendi un stella alpina:
sarà il pegno del nostro amore.
Tu la bacerai, dolcemente,
e la porrai nel tuo seno.

E quando, nel silenzio della casa,
tu penserai a me e pregherai per me,
non sarai sola, perché io e la piccola stella alpina
saremo con te.

envoyé par Giorgio - 3/3/2011 - 16:53


Sono sardo, conosco "Stelutis Alpinis" dal 1955 (ero Scout dell'A.S.C.I.),la canto tuttora in coro con gli amici e provo sempre delle sensazioni di quiete, di serenità e di positività nella vita futura, nonostante la spinosa e triste motivazione all'origine dei contenuti del brano che ritengo a dir poco magico.

Marcello - 19/1/2013 - 15:39


La versione realizzata da Francesco De Gregori è la prima che è stata ascoltata ... sul tema. Struggente, da non poter ascoltare, perchè colpisce nel ... profondo senza respiro ... e poi CONTRO l'infame inutile strage ... la parte iniziale dell'ultima guerra dei trent'anni in Europa ... e non solo, dove a morire furono soprattutto contadini e operai... Ora ascolteremo anche ... quella in lingua friula ....

Ernesto Sattaneo - 17/7/2014 - 21:22


in chiesa durante un funerale piangevano tutti è toccante

giovanni - 8/10/2014 - 15:24


Ho 65 anni. Ho cominciato ad ascoltare questa "Preghiera di un popolo" (e che da questa terra friulana nasce)quando avevo 6-7 anni. La cantavano gli avventori dell'osteria dei miei,nelle sere d'inverno intorno alla stufa. Contadini , operai,con qualche "Ragazzo del '99" : gente seria e dura; ma, finito il canto, un lungo silenzio continuava a "cantare" ... nel Cuore e negli Occhi.
Ed io, ancora oggi ogni volta che l'ascolto, sento in gola quel famoso "grop".
Provo anch'io una "traduzione" delle ultime due strofe.

Prendi su, prendi una stellina:
è il ricordo del nostro amore.
Tu gli darai un piccolo bacio
e poi nascondila nel seno.

Quando a casa Tu sei sola
e con il Cuore preghi per me,
Il mio spirito Ti vola attorno,
io e la stella
siamo lì con Te.

Trovo Molto Bella anche la "versione" di De Gregori.

Luigi Girardi - 27/4/2015 - 12:20


molto bello , grazie


Laura Angelino - 1/10/2016 - 22:21


E' inutile girarci attorno: STELUTIS ALPINIS DEVE ESSERE CANTATA ED ASCOLTATA NELLA SUA LINGUA ORIGINALE E BELLISSIMA CHE E' IL FRIULANO. Qualsiasi traduzione per quanto poetica o commovente sia potrà solo toglierle la sua magia. Io non sono friulano ma ho amato ed amo quella terra
come fosse la mia natale. Ma per piacere non imbastardite Stelutis.

Vincenzo Giudice di 90 anni e vecchio alpino. - 28/3/2020 - 17:21


Vincenzo lei ha ragione!!! Si ascolta solo in friulano e non si può far altro che commuoversi. A me la cantava il mio papà, partigiano bresciano. Era l'addio a quelli che " andavano avanti"

Anna Perucchetti - 20/8/2020 - 16:44


Ogni anno ci troviamo fra pensionati di una grande azienda, assistiamo ad una santa messa per ricordare i nostri colleghi che durante l'anno ci hanno lasciati. Finita la messa un coro dei nostri colleghi canta stellutis alpinis, quella originale senza aggiunte che non mi piacciono. È un momento cui tutti partecipiamo in piedi in silenzio e con tanta commozione. Quando sento oppure fra me canto stellutis alpinis non riesco a non commuovermi.

20/9/2021 - 18:36


Recently at a concert after I had sung an anti-war Gaelic song called An Eala Bhan, written in the trenches in 1916 and still often sung today, an Italian lady sang for me Stelle Alpinis.

I liked the words, but the tune is actually that of a mawkish English music-hall song from the 1890s with many rude parodies. It is called She Was Poor But She Was Honest.

The writer may have heard such a version sung by British soldiers.
Sadly, it is difficult for British people to appreciate the Italian song.

rgcogan - 11/11/2022 - 21:19




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