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Il est cinq heures, Paris s'éveille

Jacques Dutronc
Langue: français


Jacques Dutronc

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[1968]
Parole di Jacques Lanzmann (1927-2006), scrittore, sceneggiatore, liricista e viaggiatore francese, figlio di immigrati ebrei dall’Europa dell’est.
Musica di Jacques Dutronc
Nel disco intitolato semplicemente “Jacques Dutronc”
Al flauto traverso Roger Bourdin

Jacques Dutronc

In origine su questa pagina il brano originale di Lanzmann/Dutronc era stato contribuito quasi solo per conoscenza, preferendo invece la sua versione “detournée”, quella con il testo militante di Jacques Le Glou, intellettuale vicino al situazionista Guy Debord…
Ma poi il nostro Marco Valdo M.I. ha giustamente fatto notare che il testo originale è solo all’apparenza meno “engagé” della sua cover, anzi, “Sono le cinque, Parigi si sveglia” di Lanzmann e Dutronc è stata proprio una delle canzoni del Maggio francese, sulla bocca di tutti in quelle fatidiche settimane di passione, un inno dell’innesco rivoluzionario come fu, per esempio, Grândola vila morena qualche anno dopo per la primavera portoghese. E Marco Valdo M.I. – il cui intervento integrale riporto di seguito – notava pure quanto certi versi di Lanzmann fossero premonitori di quel che sarebbe accaduto al movimento, in Francia come dappertutto, con il “pompieraggio” prima e la condanna e liquidazione poi da parte degli apparati della sinistra politica e sindacale i quali, constatato che non potevano cavalcare la protesta, invocarono ed applaudirono la repressione poliziesca. Così, spenti gli ultimi fuochi, la vita sarebbe tornata alla normalità, con i giornali regolarmente in edicola, con gli sconfitti di sempre ad affollare stazioni e metro, uffici e fabbriche, frustrati e vessati come al solito, e i ricchi e potenti, tronfi della loro ennesima vittoria, intenti a “trancher le lard” come di consueto.

Je suis le dauphin de la place Dauphine <br />
Et la place Blanche a mauvaise mine.
Je suis le dauphin de la place Dauphine
Et la place Blanche a mauvaise mine.


Cette chanson originale, dans le ton et la forme, mérite et de loin d'être reprise comme chanson contre la guerre en tant que telle. Peu importe d’ailleurs, quand et pour quoi elle avait été conçue… Même si elle avait été conçue en mars (était-ce aussi le 22 mars?), même si elle n'était qu'une chanson parmi d'autres, liée au commerce de l'édition médiatique, elle déboula comme le son de la tempête. On entendait cet étrange bruit serpentant, le solo de flûte inventé par Roger Bourdin, à toutes les heures du jour et de la nuit… Puis, sortant des transistors à pile, venait la voix un peu métallique et sèche de Jacques Dutronc… « Il est cinq heures, Paris s'éveille ». On était en mai 1968 et Paris (et pas seulement Paris, d'ailleurs, mais c'était le cœur de la révolte qui gagnait feu de brousse le territoire de langue française) était en révolte contre la société qui l'étouffait et qui soit dit en passant, l'étouffe encore.

Car, c'est elle, la chanson de mai 1968. Pas seulement en théorie, dans une sorte de nostalgique réminiscence. Non, elle était la voix du mouvement. Comme Grandola, pour d'autres lieux et d'autres jours. C'était la chanson de mai 1968, celle qu'on entendait partout et qu'on chantonnait partout - pour être plus précis, que les révoltés chantaient, qui les aidait à passer les nuits et spécialement, lors des occupations vers l'aube naissante. Forcément, quand on occupe, on y reste les nuits entières et le matin est bienvenu pour ceux qui ont tenu la garde ; c'est l'heure où en effet, ils rentrent se coucher. Pour la situer, « Il est cinq heures... » est en quelque sorte à mai 1968, ce que par exemple, est « Le Temps des Cerises » à la Commune de Paris.
Certes, à un autre moment, cette chanson aurait pu être le pendant des « Paumés du petit matin » de Jacques Brel ; ce qu'elle devait être au départ… Mais entretemps, la vague estudiantine a déferlé, les ouvriers ont embrayé et le soleil de mai a brillé.

Elle était tellement présente, tellement prégnante qu'elle fit quasi-immédiatement l'objet d'une parodie situationniste, d'un détournement qui était dans l'air du temps. Le situationnisme se répandait ; c'était un des facteurs de la révolte.

Au fait, elle devrait figurer dans les « Canzoni fondamentali » aux côtés de Lili Marleen et du Déserteur… Car là est sa vraie place.

Puis, elle apparaît avec le recul comme une chanson prémonitoire… Surtout, si l'on veut bien la lire en entier.

Par exemple, ceci :

« Les journaux sont imprimés
Les ouvriers sont déprimés
Les gens se lèvent, ils sont brimés
C'est l'heure où je vais me coucher

Il est cinq heures
Paris se lève
Il est cinq heures
Je n'ai pas sommeil »


qui – volens nolens – annonçait la liquidation du mouvement par les apparatchicks des grandes organisations ouvrières – politiques (PCF) et syndicales (CGT) en tête, qui n'avaient rien compris à ce qui était en train de se passer … ou alors, avaient trop bien compris. Allez savoir ! Il est vrai que comme en d'autres lieux – à Prague, par exemple, la révolte se faisait sans eux, sans qu'ils l'aient préméditée et sans qu'ils puissent la conduire. Alors, on liquide ! Circulez, il n'y a rien à voir !
Ô la grande victoire des accords de Grenelle… Depuis lors, les journaux sont imprimés, les ouvriers sont déprimés et ils ne sont pas près d'en sortir de cette dépression. Et de fait encore aujourd'hui, « Les gens se lèvent, ils sont brimés... ».

La Guerre de Cent Mille Ans que les riches font aux pauvres se poursuit.

Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I et Lucien Lane

qui tissent encore aujourd'hui le linceul de ce vieux monde déprimé, en éternelle crise, plein d'accords, de stratégies et de tactiques, d'apparatchicks, de dirigeants et cacochyme. Heureusement !!
Dutronc


Questa canzone originale, nel tono e nella forma, merita di gran lunga di essere inserita come canzone contro la guerra. Non importa del resto, quando e per che cosa sia stata concepita… anche se fosse stata concepita a marzo (anche stavolta il 22 di marzo?), anche se fosse soltanto una canzone tra tante altre, legata al commercio dell'edizione mediatica, saltò fuori come il suono della tempesta. Si sentiva questo rumore strano serpentino, l'assolo di flauto traverso inventato da Roger Bourdin, a tutte le ore del giorno e della notte… Quindi, dai transistor a pila, usciva la voce un po' metallica e secca di Jacques Dutronc… « Sono le cinque, Parigi si sveglia... ».  Era il maggio 1968 e Parigi (e non soltanto Parigi, peraltro, ma Parigi era il cuore della rivolta che conquistava. fuoco di boscaglia, il territorio di lingua francese) era in rivolta contro la società che la soffocava e, sia detto per inciso, la soffoca ancora.

Perché è questa la canzone del maggio 1968. Non soltanto in teoria, per una sorta di reminiscenza nostalgica. No, era proprio la voce del movimento. Come lo è stata Grandola, per altri luoghi ed altri giorni. Era la canzone del maggio 1968, quella che si sentiva e si canticchiava ovunque - per essere più precisi, che i rivoltosi cantavano, che li aiutava a passare le notti e soprattutto, durante le occupazioni, verso l'alba nascente. Inevitabilmente, quando si occupa, si deve restare per notti intere e il mattino è benvenuto per quelli che hanno fatto la guardia; è l'ora in cui, infatti, rientrano a coricarsi. Per situarla, « sono le cinque » è per il maggio 1968, quello che ad esempio, è Le temps des cerises per la comune di Parigi.

Certo, in un altro momento, questa canzone avrebbe potuto essere l'altra faccia della medaglia dei Salmi del primo mattino di Jacques Brel; questo doveva essere all'origine… Ma nel frattempo, l'onda studentesca è arrivata, gli operai hanno innestato la frizione ed il sole di maggio ha brillato.

Era così presente, così pregnante che fu quasi immediatamente oggetto di una parodia situationista, di un détournement che era nell'aria del tempo. Il situazionismo si diffondeva; era uno dei fattori della sommossa.

In effetti, dovrebbe apparire tra le Canzoni fondamentali accanto a Lili Marleen e del Déserteur… Perché è là il suo vero posto.

Inoltre con il senno di poi può apparire come una canzone premonitrice... Soprattutto se la si legge fino in fondo.
Ad esempio

I giornali sono stampati,
Gli operai sono depressi.
La gente si alza, sono umiliati;
È l'ora che vado a letto

Sono le cinque,
Parigi si alza.
Sono le cinque
Non ho sonno.


che – volenti o nolenti – annunciava la liquidazione del movimento da parte degli apparatčik delle grandi organizzazioni operaie – politiche (PCF) e sindacali (CGT) in testa, che non avevano capito nulla di ciò che si stava succedendo… o forse, lo avevano capito anche troppo bene. Vallo a sapere ! È vero che come in altri luoghi – a Praga, ad esempio, la sommossa si faceva senza di loro, senza che la avessero progettata e senza che potessero guidarla. Allora, si liquida tutto! Circolare, non c'è nulla a vedere!
Ohime la grande vittoria degli « accordi de Grenelle »… Da allora, i giornali sono stampati, gli operai sono depressi e non ce la fanno più ad uscire da questa depressione. E di fatto ancora oggi, “la gente si alza, sono umiliati…„

La Guerre de Cent Mille Ans che i ricchi fanno ai poveri continua.

Così parlarono Marco Valdo M.I e Lucien Lane

che tessono ancora oggi il sudario di questo vecchio mondo depresso, in crisi eterna, pieno di accordi, di strategie e di tattiche, di apparatčik, di dirigenti e malato di cacochimia. Fortunatamente!


In “Il est cinq heures, Paris s'éveille” Lanzmann si rifaceva chiaramente alla canzone “Tableau de Paris à cinq heures du matin” scritta nel 1802 da Marc-Antoine-Madeleine Désaugiers (1772-1827, celebre chansonnier e goguettier). Ma quello che era semplicemente un affresco della Parigi di inizio 800, brulicante di vita fin dalle prime ore del mattino, nella versione di Lanzmann diventa la cronaca di un risveglio difficile, un po’ “comatoso”, che si conclude con l’immagine di una classe lavoratrice, sfruttata, delusa, depressa, fottuta che si trascina giù dal letto per affrontare un’altra grigia giornata... E come Désaugiers anche Lanzmann si chiama fuori dalla “pazza folla” ma, a differenza dello chansonnier sette-ottocentesco, non riuscirà a prendere sonno.

(Bernart Bartleby)
Je suis le dauphin de la place Dauphine
Et la place Blanche a mauvaise mine
Les camions sont pleins de lait
Les balayeurs sont pleins de balais

Il est cinq heures
Paris s'éveille
Paris s'éveille

Les travestis vont se raser
Les stripteaseuses sont rhabillées
Les traversins sont écrasés
Les amoureux sont fatigués

Il est cinq heures
Paris s'éveille
Paris s'éveille

Le café est dans les tasses
Les cafés nettoient leurs glaces
Et sur le boulevard Montparnasse
La gare n'est plus qu'une carcasse

Il est cinq heures
Paris s'éveille
Paris s'éveille

Les banlieusards sont dans les gares
A la Villette on tranche le lard
Paris by night, regagne les cars
Les boulangers font des bâtards

Il est cinq heures
Paris s'éveille
Paris s'éveille

La tour Eiffel a froid aux pieds
L'Arc de Triomphe est ranimé
Et l'Obélisque est bien dressé
Entre la nuit et la journée

Il est cinq heures
Paris s'éveille
Paris s'éveille

Les journaux sont imprimés
Les ouvriers sont déprimés
Les gens se lèvent, ils sont brimés
C'est l'heure où je vais me coucher

Il est cinq heures
Paris se lève
Il est cinq heures
Je n'ai pas sommeil

envoyé par Marco Valdo M.I. & Bernart Bartleby - 3/12/2014 - 13:22




Langue: italien

Tentativo di traduzione italiana di Bernart Bartleby.

Si vedano le Note alla traduzione
SONO LE CINQUE, PARIGI SI SVEGLIA

Io sono il delfino di piazza Dauphine 1
E la piazza Blanche ha una brutta cera 2
I camion sono carichi di latte
Gli spazzini sono carichi di ramazze

Sono le cinque
Parigi si sveglia
Parigi si sveglia

I travestiti vanno a farsi la barba
Le spogliarelliste si sono rivestite
I cuscini sono stropicciati
Gli amanti sono stanchi

Sono le cinque
Parigi si sveglia
Parigi si sveglia

Il caffè è nelle tazze
I café lavano i loro servizi
E sul viale Montparnasse
La stazione non è più che uno scheletro 3

Sono le cinque
Parigi si sveglia
Parigi si sveglia

I pendolari sono nelle stazioni
A la Villette si prepara la carne 4
Parigi by night riacquista i pullman
I panettieri sfornano i bastardi 5

Sono le cinque
Parigi si sveglia
Parigi si sveglia

La Torre Eiffel ha freddo ai piedi
L'Arc de Triomphe si è svegliato
E l'Obelisco si erge
Tra la notte e il giorno

Sono le cinque
Parigi si sveglia
Parigi si sveglia

I giornali sono stampati
I lavoratori sono demoralizzati
La gente si alza, depressa
È l’ora che io me ne vado a letto

Sono le cinque
Parigi si alza
Sono le cinque
Io non ho sonno
Note alla traduzione

[1] Delfino qui nel senso di re. Il Delfino era l’erede al trono di Francia.
Place Dauphine, nel 1° arrondissement di Parigi, è la seconda più importante piazza reale del XVII° secolo, dopo Place des Vosges. Siccome ha forma triangolare, con i lati morbidi, arrotondati, fu paragonata dal surrealista André Breton al pube femminile... Sicchè si capisce meglio a cosa alludessero Lanzmann e Dutronc.

[2] Place Blanche è invece quella del Moulin Rouge e di molti altri cabaret e locali notturni parigini. Chiaro che dopo la notte di eccessi e bagordi la piazza, resa quasi umana nel testo, non può avere una bella cera...

[3] “La stazione non è più che uno scheletro”, una carcassa: credo che all’epoca la stazione di Paris-Montparnasse fosse in fase di totale ricostruzione.

[4] La Villette è un quartiere di Parigi, nel 19° arrondissement. Lì avevano sede il mercato del bestiame e l’antico macello (les abattoirs de la Villette). Nel 1949 l’amministrazione decise che il macello era vetusto e doveva essere ricostruito ma l’opera andò avanti per quasi due decenni, interminabile, costosissima e funestata da diversi scandali finanziari. Les abattoirs de la Villette furono definitivamente chiusi nel 1974.
E’ possibile che con il verso “A la Villette on tranche le lard” Lanzmann ironizzasse proprio sul fatto che in molti avevano mangiato sugli appalti per la ricostruzione del macello.

[5] I bâtards sono dei pani francesi dalla forma più tozza e più corta della baguette.

envoyé par Bernart Bartleby - 4/12/2014 - 21:12




Langue: français

La versione “detournée” di Jacques Le Glou, produttore cinematografico, amico del situazionista Guy Debord.
Nella raccolta intitolata “Pour en finir avec le travail” pubblicata nel 1974. Qui l’interprete era Jacqueline Danno. Riproposta da Jacques Marchais e Vanessa Hachloum in un album più recente (2008) intitolato “Les chansons radicales de Mai 68”

Pour en finir avec le travail

Les chansons radicales de Mai 68
IL EST CINQ HEURES, PARIS S’ÉVEILLE

Les 403 sont renversées,
La grève sauvage est générale,
Les Fords finissent de brûler,
Les Enragés ouvrent le bal.

Il est cinq heures, Paris s’éveille
Il est cinq heures, Paris s’éveille

Les blousons noirs sont à l’affût,
Lance-pierres contre lacrymogènes,
Les flics tombent morts au coin des rues,
Nos petites filles deviennent des reines.

Il est cinq heures, Paris s’éveille
Il est cinq heures, Paris s’éveille

La tour Eiffel a chaud aux pieds,
L’Arc de Triomphe est renversé,
La place Vendôme n’est que fumée,
Le Panthéon s’est dissipé.

Il est cinq heures, Paris s’éveille
Il est cinq heures, Paris s’éveille

Les maquisards sont dans les gares,
À Notre-Dame on tranche le lard,
Paris retrouve ses fêtards,
Ses flambeurs et ses communards.

Il est cinq heures, Paris s’éveille
Il est cinq heures, Paris s’éveille

Toutes les Centrales sont investies,
Les bureaucrates exterminés,
Les flics sont sans merci pendus
À la tripaille des curés.

Il est cinq heures, Paris s’éveille
Il est cinq heures, Paris s’éveille

Le vieux monde va disparaître,
Après Paris, le monde entier.
Les ouvriers, sans dieu, sans maître,
Autogestionnent la cité.

Il est cinq heures,
Le nouveau monde s’éveille.
Il est cinq heures,
Et nous n’aurons jamais sommeil.

envoyé par Bernart Bartleby - 3/12/2014 - 13:23




Langue: italien

Traduzione italiana (del détournement) di Riccardo Venturi
5 dicembre 2014

Erano le 5, Parigi si svegliava.
Erano le 5, Parigi si svegliava.


Tre parole del traduttore. Per una curiosa coincidenza, sono circa le cinque del mattino; e mentre Parigi si sveglia attualmente con François Hollande e Marine Le Pen, io traduco questa solforosa canzoncina del maggio '68, che bruciò tutto per un mese e poi si trasferì in Italia fino al 1977. Anche per questo, in Italia si trasferì pure Debord. Un bel détournement di distruzione totale, questo, che potrà far storcere la boccuccia a un po' di “peace & love” del cazzo; ma grazie, davvero grazie, a chi finalmente lo ha messo nel sito. E' stato più coraggioso di me, che conosco questa canzone da trent'anni e che avevo avuto delle remore, lo ammetto. Spero di rimediare un po' con questa traduzione corredata di qualche nota qua e là. Un suggerimento da vecchio comunardo: abbinarla, poiché fa parte del famoso album Pour en finir avec le travail, ad una canzone che invece avevo messo io, tanti anni fa, e che fu riproposta nello stesso album: La vie s'écoule, la vie s'enfuit scritta da Raoul Vaneigem. Sont des choses qui vont très bien ensemble.
SONO LE CINQUE, PARIGI SI SVEGLIA

Le 403 1 sono arrovesciate,
sciopero selvaggio generale,
le Ford finiscon di bruciare,
gli Incazzati 2 apron le danze.

Sono le cinque, Parigi si sveglia,
sono le cinque, Parigi si sveglia

I ragazzacci 3 fanno la posta,
fionde contro lacrimogeni,
gli sbirri cadon morti agli angoli delle strade,
le nostre ragazzine diventan regine.

Sono le cinque, Parigi si sveglia,
sono le cinque, Parigi si sveglia

La torre Eiffel ci ha caldo ai piedi,
l'Arco di Trionfo è arrovesciato,
piazza Vendôme è andata in fumo,
il Pantheon, volatilizzato.

Sono le cinque, Parigi si sveglia,
sono le cinque, Parigi si sveglia

I partigiani nelle stazioni,
a Notre-Dame, un massacro 4.
Parigi ritrova i suoi festaioli,
i suoi azzardosi 5, i comunardi.

Sono le cinque, Parigi si sveglia,
sono le cinque, Parigi si sveglia

Tutti i commissariati sono assaltati,
i burocrati, sterminati,
gli sbirri, senza pietà impiccati
alle budella dei preti.

Sono le cinque, Parigi si sveglia,
sono le cinque, Parigi si sveglia

Il vecchio mondo va a sparire,
dopo Parigi, il mondo intero,
gli operai, senza dio né padrone,
fanno in città l'autogestione

Sono le cinque,
il mondo nuovo si sveglia.
Sono le cinque,
e noi non avremo mai sonno.
Note alla traduzione

[1] La Peugeot 403 era la tipica auto di fascia “medio-alta” che, in pratica, rappresentava il sogno del piccolo borghese. Come le Fiat 1100 della Canzone del Maggio di De André (che poi era la traduzione di Chacun de vous est concerné [incl. Canzone del maggio di Fabrizio De André] di Dominique Grange), le 403 sono viste come i simboli sacrificali della media e piccola borghesia da distruggere, anch'essa, senza pietà alcuna. La vettura fu prodotta dal 1955 al 1967, e chi tiene il Treggia's Blog mi fa notare che è nientepopodimeno che la macchina del tenente Colombo:

colombo


[2] L'appellativo di Enragés (che qui ho tradotto “Incazzati” anche in contrapposizione a quelle attuali fave lesse di “Indignati”...) è storico: durante la Rivoluzione Francese così si chiamò il gruppo radicale del prete costituzionale Jacques Roux, una specie di Camilo Torres dell'epoca che fu soprannominato, con molta fantasia, “Il prete rosso” e che è considerato da alcuni precursore dell'anarchismo. Finì incarcerato da Robespierre, a cui stava sul culo, e si suicidò in galera il 10 febbraio 1794 prima di essere ghigliottinato. Durante il Maggio '68 il gruppo degli Enragés era di prima linea (“apriva le danze”): formato dai “ragazzacci” di cui sotto, si occupava -fra l'altro- di fare barricate con auto date alle fiamme.

[3] Così ho tradotto blousons noirs (giubbotti neri): per la loro economicità (e come accadde per l'eskimo, che costava due lire) i giubbotti neri erano addosso a tutti i ragazzacci delle banlieues e dei quartieri popolari, per cui il termine divenne sinonimo di “teppisti”. Un tipico blouson noir sulle barricate del Maggio '68 fu un sedicenne di nome Renaud Séchan, poi più noto come Renaud e basta:

renasei


[4] Espressione argotica assai efficace nel testo originale: “si affetta la pancetta”.

[5] Sempre argoticamente, i flambeurs sono i “giocatori d'azzardo”. Allora era tutto un azzardo, tutti si azzardavano a fare ogni cosa.

5/12/2014 - 05:34


Precisazione: autori del testo originale furono Jacques Lanzmann insieme alla sua compagna di allora, Anne Segalen.

Bernart Bartleby - 3/12/2014 - 14:19


Precisazione a proposito della versione di Jacques Le Glou: l'interprete fu Jacqueline Danno (1931-), che i seguito usò anche il nome d'arte di Vanessa Hachloum.
Quindi la Danno e la Hachloum sono la stessa persona.

Bernart Bartleby - 3/12/2014 - 14:49




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