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Povero Calabresi

Sandro Portelli
Langue: italien



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Povero Pinelli
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[1973]
Testo di Sandro Portelli
Sull'aria di "Povero Matteotti"

E' il 17 maggio 1972, oltre due anni e mezzo dopo i fatti di piazza Fontana e la morte di Giuseppe Pinelli. Sono le 9.15 del mattino, a Milano, in via Luigi Cherubini. Il commissario Luigi Calabresi esce di casa per recarsi al lavoro. Infila le chiavi nella sua fiat 500 blu (targata MI A69411). Da una fiat 125 blu scende una persona che i testimoni descrivono come "alta, bionda e distinta"; si avvicina al commissario e lo ammazza con due revolverate alla nuca. I media parlano ovviamente di "barbaro omicidio" (la morte di Pinelli, invece, è come è noto stata assai "civile").

Si tratta di un crocevia nella strategia della tensione, ovvero nella guerra dichiarata dallo stato italiano ai suoi stessi cittadini ed alla democrazia. Una terribile concatenazione di fatti lega infatti l'esecuzione di Luigi Calabresi alla morte di Giuseppe Pinelli, alla strage di Piazza Fontana (ed all'altrettanto oscura strage davanti alla questura di Milano, avvenuta esattamente un anno dopo l'omicidio Calabresi, ed opera dell'ennesimo "anarchico", Gianfranco Bertoli, poi dimostratosi nelle mani dei servizi segreti e degli apparati deviati dello stato) e, quindi, alle trame dei servizi segreti, all'estrema destra golpista, persino all'enigma di Gladio. Eppure, contro ogni logica e dopo un allucinante iter processuale, secondo la "magistratura italiana" (la stessa che molta sinistra "moderata" considera come propria campionessa) i due colpi sparati il 17 maggio 1972 al viceresponsabile dell'Ufficio Politico della questura milanese sono da imputare a quattro militanti di Lotta Continua.

Dopo sedici anni di indagini a vuoto, il "caso Calabresi" diviene il "caso Sofri" nell'estate del 1988, quando Leonardo Marino, un ex operaio diventato rapinatore e poi per anni membro di LC, dopo essere stato "gestito" per 17 giorni da un colonnello dei carabinieri alla totale insaputa della magistratura, "confessa" finalmente di aver partecipato all'omicidio che sarebbe stato compiuto da lui (l'autista della fiat 125 blu) e da Ovidio Bompressi (la persona "alta, bionda e distinta" che avrebbe sparato a Calabresi) su ordine di due dirigenti di Lotta Continua, Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani. Sofri, Bompressi e Pietrostefani vengono immediatamente arrestati.

Otto i processi celebrati. Processi indiziari, tutti basati unicamente sulle dichiarazioni (spesso senza alcun riscontro e palesemente contrastanti) di Leonardo Marino, con un'assoluta carenza di prove e, addirittura, con alcuni corpi di reato scomparsi o distrutti. Otto processi con alterne sentenze di condanna e assoluzione, fino alla sentenza definitva: 22 anni di carcere per Sofri, Bompressi e Pietrostefani, la prescrizione del reato per Leonardo Marino (cioè neppure un giorno di galera). Il resto lo sappiamo.

*

Anche Luigi Calabresi una "vittima di Piazza Fontana"? E' una frase che si si è sentita spesso, e si sente ancora dire. Mi fa inorridire. Luigi Calabresi, a prescindere anche e addirittura da cosa sia effettivamente accaduto la sera del 16 dicembre 1969 in quella maledetta stanza al quarto piano della Questura di Milano, è colui che, all'indomani della strage, obbedì ciecamente agli ordini che prescrivevano di indirizzare le indagini verso la "pista anarchica" per coprire i veri autori e soprattutto i mandanti della strage. Un esecutore di ordini dall'alto, di ordini che intendevano coprire quel che c'era realmente dietro ad un crimine orrendo. La parola giusta in questi casi è: un complice. Un complice di criminali. Dei peggiori criminali che questo paese abbia mai visto. Di istituzioni criminali. Di un potere criminale. Di una guerra criminale forse ancor più delle altre.

La sua morte, chiunque ne siano stati gli autori, si iscrive esattamente in quest'ottica. E a chi mi eventualmente mi chieda parole di "condanna" per il suo omicidio, risponderò con questa canzone che ne parla. Che ne parla come esattamente io la penso al riguardo. E' stata scritta nel 1973 da Sandro Portelli, e mai incisa in disco. Anch'essa, forse volutamente dato che sullo stesso motivo era cantata una canzone sulla morte di Pinelli dev'essere cantata sull'aria di "Povero Matteotti". S'intitola "Povero Calabresi".

(Riccardo Venturi
29/30 luglio 2005, dal saggio "Canzoni e stragi di stato")
Povero Calabresi, che brutta fine hai fatto!
Eri così potente; chi mai l'avrebbe detto!
Quando dalla finestra Pinelli t'è cascato
tu eri il più valente difensore dello stato.

Quando contro i compagni la caccia scatenasti
tu eri il favorito del governo e dei fascisti.
Ma quando, alle elezioni, i padroni hanno deciso
che ci voleva un morto, allora t'hanno ucciso.

Fascisti e benpensanti, al tuo funerale,
dicevan di onorarti e nascondevano il pugnale.
Fascisti e padroni ti stavano vicini:
fascisti e padroni sono stati i tuoi assassini.

Da questa triste storia s'impara una lezione:
che non conviene fare il servo del padrone.
Il servo del padrone non ha nessun diritto
e come a un traditore nessun gli dà rispetto.

Voialtri poliziotti, che assai sfruttati siete,
sentite questo fatto e un poco riflettete.
Voi state coi padroni per la paga che vi danno,
ma quando vi ha spremuti poi vi liquideranno.

Le briciole vi danno, e loro stanno in alto;
se un loro servo muore, ne compreranno un altro.
E il servo del padrone non ha nessun diritto
e come a un traditore nessun gli dà rispetto.

envoyé par Riccardo Venturi - 30/7/2005 - 17:30




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