Vi voglio raccontare
d'un fatto assai carino
successo l'artro giorno
a un pòero fiorentino.
Lui volle andare in piazza
a bocià' (1) pe' Isdraele,
l'ha detto i 'su giornale
fra ciocce, sbirri e mele. (2)
Avanti di partire,
di montà' sopra i' tràmme
lesse cinqu'o sei libri
d'Oriana e Magdi Allàmme.
Poiché 'un gliene bastava
di cinque, sette o sei
si portò pure un libro
di Fiamma Nirestèi. (3)
Poi quando fu su i'tràmme
di borsa li tirò:
tutti que' grandi libri
lui se li divorò.
Poi ad un tratto i'corpo
comincia a brontolare;
i' pòero meschino
'e 'un sa più cosa fare.
“Oddìo, mi sento male,
ohimè, più non ne posso!
Oddìo, fermate i' busse,
sennò mi caco addosso!”
Allora una gran puzza
sorbì a que' fiorentini
che furono costretti
a aprire i finestrini.
Poi come Dio lo volle
davanti alla Nazione
qui' poeretto in corsa
scese da i' torpedone.
Colle mutande in mano
faceva i' su' servizio,
ma invece d'andà a i' cesso
gli entrò dentr'a un uffizio.
N i' mentre i' poveretto
cacava con passione
entra tutto arrabbiato
i' capo redazione:
“O bestia d'un somaro,
Sei tu senza giudizio!
Invece d'andà a i'cesso,
cacar dentro al mio uffizio!”
Allora il poveretto
di corsa scappò via
mostrando i' su' didietro
a tutta la compagnia.
E quando fu su i' busse:
“Ohimè! 'Un ne posso più!
A bocià' pe' Isdraele
in centro 'un ci vo più.”
d'un fatto assai carino
successo l'artro giorno
a un pòero fiorentino.
Lui volle andare in piazza
a bocià' (1) pe' Isdraele,
l'ha detto i 'su giornale
fra ciocce, sbirri e mele. (2)
Avanti di partire,
di montà' sopra i' tràmme
lesse cinqu'o sei libri
d'Oriana e Magdi Allàmme.
Poiché 'un gliene bastava
di cinque, sette o sei
si portò pure un libro
di Fiamma Nirestèi. (3)
Poi quando fu su i'tràmme
di borsa li tirò:
tutti que' grandi libri
lui se li divorò.
Poi ad un tratto i'corpo
comincia a brontolare;
i' pòero meschino
'e 'un sa più cosa fare.
“Oddìo, mi sento male,
ohimè, più non ne posso!
Oddìo, fermate i' busse,
sennò mi caco addosso!”
Allora una gran puzza
sorbì a que' fiorentini
che furono costretti
a aprire i finestrini.
Poi come Dio lo volle
davanti alla Nazione
qui' poeretto in corsa
scese da i' torpedone.
Colle mutande in mano
faceva i' su' servizio,
ma invece d'andà a i' cesso
gli entrò dentr'a un uffizio.
N i' mentre i' poveretto
cacava con passione
entra tutto arrabbiato
i' capo redazione:
“O bestia d'un somaro,
Sei tu senza giudizio!
Invece d'andà a i'cesso,
cacar dentro al mio uffizio!”
Allora il poveretto
di corsa scappò via
mostrando i' su' didietro
a tutta la compagnia.
E quando fu su i' busse:
“Ohimè! 'Un ne posso più!
A bocià' pe' Isdraele
in centro 'un ci vo più.”
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NOTE al testo
(1) bocià' "vociare" = urlare, gridare.
(2) Il giornale cittadino di cui si parla, e che è nel prosieguo del testo nominato, ha per le sue prime pagine due must. Nel mondo può succedere di tutto, ma la mattina, quando uno lo compra, o ci vede carabinieripoliziaforzedellordine (copertina tipo "sicurezza degrado stuprodeirumeni paura polveriera") oppure le ultime notizie su Paris Hilton, Isola dei Famosi, modelle & vippi (copertina tipo "pensionato al bar, rifatti gli occhi"). Ciocce = tette, seno; mele nel senso di "natiche, culi".
(3) Fiamma Nirenstein è fiorentina di nascita; così si pronuncia il suo cognome in fiorentino stretto, che semplifica assai la faccenda. E' una tradizione secolare: nel '300, il capitano di ventura inglese John Hawkwood diventò a Firenze "Giovanni Acuto".