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L'inno nazionale pel XX settembre

Goliardo
Langue: italien



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Va, pensiero
(Giuseppe Verdi)


[1895]
Testo di "Goliardo"
Musica non conosciuta, ma probabilmente sull'aria del "Va, pensiero" di Giuseppe Verdi

xxsett" Appare sul giornale XX Settembre [1], pubblicazione comunista-anarchica di Buenos Aires: una grande foto allegorica a tutta pagina mostra la borghesia che brinda raccolta attorno ad un banchetto mentre sulla destra coatti politici attendono la rivoluzione sociale simboleggiata da una donna che innalza una fiaccola. La data del 20 settembre ricorda l'epopea risorgimentale e viene strumentalmente adottata dal governo Crispi per placare il dissenso con le frange della borghesia liberale e progressista che osteggia i suoi sogni di espansione coloniale in Africa. La rievocazione dell'epopea risorgimentale e il richiamo al mito unitario rende agevole l'invito agli italiani a riconoscersi nella patria comune e fomenta valori patriottardi in quei ceti popolari la cui indifferenza per le mire imperialiste della borghesia nazionalista, stava giocand un ruolo fondamentale nel fallimento dell'impresa africana. [2] La manovra crispina attorno al 20 settembre non sfugge agli anarchici che subito la denunciano attraverso gli ormai sparuti giornali sopravvissuti alle leggi eccezionali contro la stampa sovversiva. A Buenos Aires il gruppo editoriale della "Questione Sociale" pubblica il numero unico "XX Settembre" scagliandosi contro la religione della patria, bugiarda e antiumana, e dedicandolo alla propraganda antinazionalista: "L'esaltazione del 20 settembre come festa patriottica è innanzitutto un falso storico oltre che un affronto alla dignità popolare. Due sono in realtà le patrie: quella degli sfruttatori, dei despoti e quella sconfinata dei proletari e dei salariati." [3] Nell'elenco della sottoscrizione volontaria per la pubblicazione del numero unico "XX Settembre" [4] appaiono ironicamente, tra altri, i seguenti sottoscrittori: Sante Caserio, Giovanni Passannante, un curato, Ravachol, F. Crispi, don Ciccio Crispi, Tipo, Bel Tipo e Prototipo, 'Al Papa una dinamite'. "

[1] "XX Settembre". Pubblicazione Comunista-Anarchica, numero unico, Buenos Aires, 20 settembre 1895, p.4
[2] L. Bettini, "Bibliografia dell'Anarchismo", vol. 1., tomo 2, Periodici e numeri in lingua italiana pubblicati all'estero [1872-1971], p. 10
[3] Ibidem.
[4] "XX Settembre", cit., p. 3, sottoscrizione volontaria.


Santo Catanuto - Franco Schirone, Il canto Anarchico in Italia nell'Ottocento e nel Novecento, ed. Zero in Condotta, 2a ed. Milano 2009, p. 110.

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Questo per quanto riguarda la storia di questo canto di quasi centoventi anni fa. Ora si potrebbe fare una specie di gioco, e nella fattispecie il gioco delle sostituzioni. Si potrebbe, ad esempio, sostituire alla "civiltade ed amor" la "democrazia". Certamente a Roma e in Polesine non ci sono più la malaria e la pellagra, ma il colera a Napoli si è visto ancora nel 1973. Alla Camera, ora come allora, c'è più di un "duce" che guida "schiere possenti" occupandosi di distribuire "opime spoglie" agli amici del cuore; Trapani e Trento ci sono sempre, come pure il governo che spolpa non ammettendo proteste e predicando "legalità". All'esattore che "passeggia sovrano" basta sostituire Equitalia; quanto alla "patria" e all' "onore" c'è chi pensa a servirsene adeguatamente, ora come allora. Lo Stato borghese ci dà la "Giustizia" tipo Piazza Fontana, e come "tutori dell'ordine", al posto dei Santoro del 1895 ci dà i macellai messicani di Genova e i poliziotti picchiatori di operai di Terni. All'Africa, quanto a "pace" e sue "missioni", al posto dell'Africa basta mettere l'Afghanistan e gli F35. Quanto a prigioni e domicili coatti, beh, lasciamo stare. Come si vede, ce n'è in abbondanza per definire questo canto "scritto appena ieri..." [RV]
Salve Roma! Da tutta la terra
Giunga il plauso alla tua borghesia;
Essa in Africa move alla guerra
Per recar civiltade ed amor.
Ed intanto, magnanima, obblìa
Che i suoi figli emigrando pel mondo
Van cercando lavoro infecondo
Per un pane che costa sudor.
Salve! Gridan le cento città
L'agro incolto in eterno starà!
Il lavoro in Italia dà dritto
A mangiar, senza sale, poco grano;
È la cena col pranzo in conflitto
Per chi suda e produce tesor;
La risaia sul suol di Milano
Miete vittime e i miseri doma,
E se abbiam la malaria di Roma,
Di pellagra in Polesin si muor.

Salve! Gridan le cento città,
Qui miseria in eterno si avrà!
Alla Camera intanto il sublime
Duce guida una schiera possente
All'assalto di banche, e le opime
Spoglie dona agli amici del cuor.
Per sé tiene un buon conto corrente
Col banchier non per anco in galera,
La cambiale per esso è miniera
Di milion che non costan sudor.
Bravo! Gridan le cento città,
Deplorato in eterno sarà!
Salve Italia! Da Trapani a Trento
Il governo spolparti vagheggia:
Se puoi dieci egli chiede per cento,
Le proteste non hanno valor.

Un sol uom ogni terra passeggia
Da sovrano e si chiama esattore,
Tutto il resto, la patria, l'onore
Son fole inventate da lor.
Paghiam! Gridan le cento città,
L'esattore in eterno starà.
Salve, o Stato borghese, ci désti
la Giustizia uso Banca Romana,
La Moral dei cambiari protesti,
E dell'Ordin tutori i Santor.
La tua Pace è la guerra Africana,
Ed i frutti di Liberi patti,
Son prigion, domicili coatti,
Per chi pane non trova e lavor.
Perdio! Gridan le cento città
Fino a quando così durerà?

envoyé par Riccardo Venturi - 2/7/2013 - 15:33




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