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Fèm ren

Dupain
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OriginaleTraduzione italiana di Riccardo Venturi
FÈM RENNULLA DA FARE
  
Fèm Ren, nos fan pausar l'usinaNulla da fare, ci fanno chiudere la fabbrica
  
Despuei dètz jorns va de bolinaDa dieci giorni sta andando alla malora
E dau cúp l'obrier de cantèu.E di colpo l'operaio è messo da parte. [1]
Quand trabalham ambè ma frema,Quando io e mia moglie andiamo a lavorare
Nústra borsa es talament semaLa nostra borsa è talmente vuota [2]
Que se li vei totjorn l'estèu.Che se ne vede sempre il fondo. [3]
Mai uei, doble dieu, que secutgi.Ma oggi, dio santo [4], c'è meno di niente. [5]
Pas'n pie per s'escaufar lo fetgi,Neanche un soldo per riscaldarci il fegato,
Pas'n pie per se crompar d'arton.Neanche un soldo per comprarci del pane. [6]
  
Fèm Ren, nos fan pausar l'usina....Nulla da fare, ci fanno chiudere la fabbrica
  
Aquò va durar cinc setmanasQuesto durerà per cinque settimane,
Fumarem la pipa de canaFumeremo la pipa di canna [7]
E viurem coma de santons.E vivremo come statuine del presepe. [8]
De cinc setmanas, ges de paga.Per cinque settimane, niente paga.
E aquei auvari s'embragaE questa disgrazia incomincia [9]
Just en ivèrn totei leis ansProprio in inverno tutti gli anni
Just quand lo sale temps ponchejaProprio quando inizia [10] il brutto tempo,
Lo mèstre ambè sa mina freja.Il padrone con la sua faccia gelida. [11]
  
Fèm Ren, nos fan pausar l'usina...Nulla da fare, ci fanno chiudere la fabbrica
  
Ais obriers van li levar lo panAgli operai stanno levando il pane,
Nos ditz : "Mei cambaradasCi dice: [12] “Miei compagni,
Avèm fach una marrida annadaAbbiamo avuto una cattiva annata,
Fau que sarrem la mecanica.Bisogna fermare le macchine.
A sei gròs socits la mestrisaLa maestranza ha le sue grosse preoccupazioni
Dins l'usina o dins la remisaIn fabbrica e in magazzino,
Lo trabalh es amolonat,La merce lavorata si accumula,
Cu sap se vendrà la pratica...Chissà se verrà la clientela."
  
Fèm Ren, nos fan pausar l'usinaNulla da fare, ci fanno chiudere la fabbrica.
[1] Propriamente, de cantèu significa “di taglio” (si veda ad esempio qui. E' termine edile (fr. de chant, sur chant: la “pietra (o mattone) di taglio” di dimensioni inferiori a quella normale (o che viene, appunto, tagliata) per riempire uno spazio altrimenti vuoto. E' un idiomatismo che significa “mettere da parte” oppure, più semplicemente, “andare male”.

[2] Sem significa, alla lettera, “ridotto”.

[3] Estèu è, propriamente, sia lo “scoglio”, sia la “secca”, un basso fondale che si vede a occhio nudo. A Marsiglia è normale la grande presenza di termini marinareschi anche in senso figurato.

[4] Traduzione che intende rendere l'esclamazione originale, alla lettera “doppio Dio”. Doble si usa eufemisticamente anche in altre esclamazioni, tipo doble mila!.

[5] Alla lettera: “che siccità!” (secutgi).

[6] Nella Marsiglia di antichissima origine greca focese (Μασσαλία), sarebbe suggestivo immaginare che questo termine per “pane” derivi dal greco classico ἄρτος. Non sarà sicuramente così: di immigrati greci a Marsiglia ce ne sono stati e ce ne sono, ma avranno portato il loro termine popolare normale, ψωμί. A meno che non c'entri la katharevousa coi suoi αρτοπολεῖον (“panificio”) ecc., ma siamo forse nel campo della paretimologia.

[7] Come dire: “essere alla canna del gas”, se si è costretti a fumare una pipa fatta con le canne. Non è escluso affatto che si tratti di un idiomatismo in questo senso.

[8] Santon per la “statuina del presepe” è' termine specifico e tipico provenzale, passato anche nel francese regionale.

[9] Ancora termini di derivazione marinaresca e meccanica: auvari è propriamente l' “avaria” (ma l'accezione di “disgrazia, sventura” è comune); s'embragar (fr. s'embrayer) è propriamente “innestarsi” (di frizione, meccanismo ecc.).

[10] Propriamente, “punge” (poncheja).

[11] Anche l'inverno è qui assimilato a un padrone.

[12] Qui parla probabilmente un caporeparto o qualcosa del genere.


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