Αστέρι μου, Αστέρι μου
Γλυκιά μου μάνα μη μου κλαις
Μαύρα κι αν σου φορούνε
Το ξέθωρο το σώμα μου
Φλόγες δε το νικούνε
Τα χελιδόνια της φωτιάς
Θάλασσες κι αν περνούνε
Του ριζωμού τα χώματα
Ποτέ δε λησμονούνε
Αστερομάτα μου μικρή
Γύρε να σε φιλήσω
Στα άγια σου τα δάκρυα
Τα χείλη μου να σβήσω
Αστερομάτα μου μικρή
Γύρε μου να σε πιάσω
Τα ξεχασμένα μου φτερά
Στερνά να ξαποστάσω
Ah αστέρι μου, τζιβαέρι μου,
Γλυκιά μου μάνα μη μου κλαις
Καράβι είν' η ζωή μου
Που ψάχνει για το γυρισμό
Αγέρα το πανί μου
Αστερομάτα μου μικρή
Γύρε μου να σε πιάσω
Τα ξεχασμένα μου φτερά
Στερνά να ξαποστάσω
Ah αστέρι μου, τζιβαέρι μου,
Ah αστέρι μου, τζιβαέρι μου
Αστέρι μου
Γλυκιά μου μάνα μη μου κλαις
Μαύρα κι αν σου φορούνε
Το ξέθωρο το σώμα μου
Φλόγες δε το νικούνε
Τα χελιδόνια της φωτιάς
Θάλασσες κι αν περνούνε
Του ριζωμού τα χώματα
Ποτέ δε λησμονούνε
Αστερομάτα μου μικρή
Γύρε να σε φιλήσω
Στα άγια σου τα δάκρυα
Τα χείλη μου να σβήσω
Αστερομάτα μου μικρή
Γύρε μου να σε πιάσω
Τα ξεχασμένα μου φτερά
Στερνά να ξαποστάσω
Ah αστέρι μου, τζιβαέρι μου,
Γλυκιά μου μάνα μη μου κλαις
Καράβι είν' η ζωή μου
Που ψάχνει για το γυρισμό
Αγέρα το πανί μου
Αστερομάτα μου μικρή
Γύρε μου να σε πιάσω
Τα ξεχασμένα μου φτερά
Στερνά να ξαποστάσω
Ah αστέρι μου, τζιβαέρι μου,
Ah αστέρι μου, τζιβαέρι μου
Αστέρι μου
inviata da Riccardo Gullotta - 28/6/2025 - 18:46
Lingua: Inglese
English translation / Μετέφρασε στα αγγλικά / Traduzione inglese / Traduction anglaise /Englanninkielinen käännös:
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STARRY EYED
My star, my star
My sweet mother, do not weep
Though they dress you in mourning black
This faded, weary body of mine
No flame can ever crack
The swallows born of fire’s embrace
No matter how far they roam
Shall never forget the sacred earth
That once they called their home
Oh, my little starry-eyed one
Lean, let me kiss you
Upon your holy tears of light
Let my parched lips rest anew
Oh, my little starry-eyed one
Lean, let me hold you
Let these weary, forgotten wings
Find their last breath upon you
Ah, my star, my precious light
My sweet mother, do not weep
My life’s a vessel, drifting free
Forever searching for its home
The wind, its sail at sea.
Oh, my little starry-eyed one
Lean, let me hold you
Let these weary, forgotten wings
Find their last breath upon you
Ah, my star, my precious light
My star…
My star, my star
My sweet mother, do not weep
Though they dress you in mourning black
This faded, weary body of mine
No flame can ever crack
The swallows born of fire’s embrace
No matter how far they roam
Shall never forget the sacred earth
That once they called their home
Oh, my little starry-eyed one
Lean, let me kiss you
Upon your holy tears of light
Let my parched lips rest anew
Oh, my little starry-eyed one
Lean, let me hold you
Let these weary, forgotten wings
Find their last breath upon you
Ah, my star, my precious light
My sweet mother, do not weep
My life’s a vessel, drifting free
Forever searching for its home
The wind, its sail at sea.
Oh, my little starry-eyed one
Lean, let me hold you
Let these weary, forgotten wings
Find their last breath upon you
Ah, my star, my precious light
My star…
inviata da Riccardo Gullotta - 29/6/2025 - 14:15
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[2025]
Στίχοι και μουσική / Testo e musica / Lyrics and music / Paroles et musique / Sanat ja sävel :
Klavdia
La canzone
“Occhi di stelle”, il titolo della canzone, si riferisce ad una donna di rara bellezza i cui occhi brillano come stelle in una situazione di estrema destabilizzazione dove sfollamenti e massacri si susseguono per culminare nel genocidio dei Greci del Ponto nella seconda decade del XX secolo. L’autrice e cantante Klavdia è di origini pontiche.
Asteromáta si è classificata al sesto posto alla 69^ edizione dell’ Eurovision Song Contest a Basilea il 17 maggio 2025
Il Ponto
La regione del Ponto si estende lungo la costa settentrionale della Turchia, bagnata dal Mar Nero. Si estende dall’antica Paflagonia a ovest sino all’antica Colchide, oggi Georgia, a est. È relativamente isolata dall’Anatolia centro-settentrionale da catene montuose. La sua terra fertile, le miniere di ferro e la sua posizione strategica la resero interessante per i Persiani, per i successori di Alessandro Magno, per l’impero romano. Fu parte dell’impero bizantino e quindi dell’impero ottomano dal 1461. I Pontici conservarono la loro autonomia sotto gli Ottomani. Svilupparono una loro economia e una lingua, il greco pontico, affine al greco ma non sovrapponibile, parlato oggi da un milione di persone disseminate nelle repubbliche ex-sovietiche e nel Nordamerica.
L’impero ottomano verso la disgregazione
L’impero ottomano nel XIX secolo non versava in buone condizioni. Alla stagnazione causata dal mancato sviluppo industriale si univano i segni di cedimento del sistema militare rispetto alle capacità dei paesi europei. L’impero cominciò a perdere territori dopo le sconfitte militari: la costa settentrionale del Mar Nero e la Crimea nel 1774 , la Grecia nel 1830, la Romania nel 1858, Serbia , Bulgaria e Montenegro si resero indipendenti nel 1878.
L’Impero Ottomano per sopravvivere fu costretto ad accettare le Capitolazioni, accordi con le potenze occidentali che garantivano ai loro cittadini una serie di privilegi, libertà di religione e di commercio, l’esenzione delle imposte e l’immunità dalla giurisdizione ottomana. Le potenze occidentali si arrogarono il ruolo di protettrici delle minoranze religiose: la Russia verso gli ortodossi, l’Austria e la Francia verso i cattolici, la Gran Bretagna verso gli ebrei e protestanti. In questo quadro maturarono vari nazionalismi. Sotto il profilo sociale questo fenomeno diede il colpo di grazia a quello che era stato il punto di forza dell’impero ottomano per secoli, il multiculturalismo di una società complessa e tollerante in modo esemplare verso le varie etnie e confessioni mediante il sistema del millet. I modelli identitari si imposero gradualmente. I governanti più illuminati cercarono di correre ai ripari per contrastare la deriva della disgregazione. Sultani riformatori e funzionari governativi cercarono di varare dei piani di riforme note come Tanzimât.
Il firmano di Gülhane del 1839 diede un notevole impulso alla modernizzazione dell’impero. Fu il tentativo coronato da un certo successo immediato di arginare le tendenze autonomiste del millet cristiano nella parte europea dell’impero. In soldoni assicurava la sicurezza fisica e patrimoniale dei sudditi, una tassazione basata sul reddito, la secolarizzazione dello Stato attraverso la riforma del sistema giudiziario e dei diritti umani. L’editto Hatt-ı Hümayun del 1856 estese e concluse il periodo dei Tanzimât. L’impero ottomano riconosceva l’uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di etnia e religione: riconosceva le minoranze. I patriarcati acquisivano prerogative e poteri autonomi. Nel 1876 le riforme furono fissate nella Costituzione , la Kanûn-ı Esâsî. La monarchia costituzionale fu sospesa due anni dopo e ripristinata nel 1908 dopo la Rivoluzione dei Giovani Turchi.
I fattori che agirono negativamente, nonostante gli sforzi notevoli per modernizzare l’impero, e per compiacere le potenze occidentali , furono tanti. Se ne cita uno, a nostro avviso sottostimato : il debito pubblico ottomano, contratto all’inizio della guerra di Crimea nel 1855. Nel 1875 l’impero ottomano dichiarò la bancarotta. La conseguenza fu l’istituzione dell’OPDA , l’Amministrazione del Debito pubblico ottomano.L’Opda era un consorzio bancario europeo a trazione franco-britannica ma contava un rappresentante di ciascuna potenza europea che aveva rapporti economici con l’impero ottomano: Francia, Gran Bretagna, Germania, Italia , Austria, Olanda. L’impero cedette ai creditori per 10 anni le entrate dalle imposte, bevande alcoliche, pesca, sale , tabacco. Si pensi che l’ultima rata del debito fu pagata dalla Turchia nel 1954!
Le spinte delle etnie nella penisola anatolica, in particolare l’armena , la greco-pontica e l’assiro-caldea, si intensificarono ed entrarono inevitabilmente in collisione con il potere centrale. Gli ultimi bagliori di un superamento possibile della crisi vennero meno quando il movimento dei Giovani Turchi abbandonò le posizioni liberal-democratiche del partito “Unione e Progresso [Ittihat ve Terakki Cemiyeti] per una politica di acceso nazionalismo. Il primo atto fu la soppressione della Carta del 1876. La disfatta conseguente alle guerre balcaniche fu l’elemento decisivo che indusse il regime ottomano a contrastare le popolazioni minoritarie sino ad annientarle. Il generale tedesco Otto Liman von Sanders, capo di Stato Maggiore delle forze ottomane durante la I guerra mondiale, soprannominato “Il leone di Gallipoli” [Liman Paşa] fu l’ideatore del piano di espulsione dei greco-pontici dal Ponto verso le steppe dell’Anatolia centrale. Un paradosso: l’aristocratico prussiano von Sanders era di origini ebraiche.
Il genocidio dei Greci del Ponto
Il politologo canadese Andrew R. Basso nella sua monografia Towards a Theory of Displacement Atrocities: The Cherokee Trail of Tears, The Herero Genocide, and The Pontic Greek Genocide analizza tre genocidi in tre continenti accertando le similitudini tra il massacro dei pellerossa Cherokee nel 1839, i bantu Herero della Namibia dal 1904 al 1908 e i Greci del Ponto dal 1916 . Basso dimostra come le atrocità di deportazione “DA” non sono strumenti di morte occasionali, ma crimini pianificati per raggiungere l’obiettivo al massimo livello minimizzando i costi.
Precisa che A Displacement Atrocity is a type of killing process employed against a targeted population defined by the perpetrators which uniquely fuses forced population displacement and primarily indirect deaths resulting from the displacement and systemic deprivations of vital human needs to destroy a group in whole or in part.
La sociologa Helen Fein , studiosa di genocidi, presidente dell’ International Association of Genocide Scholars, ha approfondito su tali basi lo stretto legame tra sfinimenti per deportazione e genocidio.
Del materiale storiografico di prim’ordine sui genocidi si può reperire in Genocide in the Middle East di Hannibal Travis ed. Carolina Academic Press. A pag. 279 il capitolo VIII tratta del genocidio dei Greci dell’Anatolia nella I Guerra mondiale. Una panoramica sul genocidio dei greci dell’Anatolia è offerta anche nel saggio The Asia Minor Catastrophe and the Ottoman Greek Genocide.
Il genocidio dei Greci del Ponto avvenne in due fasi . La sconfitta dei Turchi da parte dei Russi nel 1915 fu attribuita ai greci dell’esercito ottomano. Tutti i greci del Ponto furono obbligati a servire nei battaglioni di lavoro. Pochi potevano sopravvivere. I Pontiani disertavano per raggiungere la montagna. Gli Ottomani incendiarono decine di villaggi. 30mila greci furono costretti a marciare verso Ankara, uno su quattro morì di stenti. Nel 1916 un decreto stabilì l’esilio dei maschi dai 18 ai 48 anni e la deportazione delle donne e bambini nell’interno dell ‘Anatolia.Altri 50mila Pontiani sfollati morirono nelle marce forzate.
La seconda fase del genocidio fu conseguenza della guerra greco-turca tra il 1919 e il 1922 , facendo praticamente scomparire la presenza dei Greci dall’Anatolia. La cosiddetta “Guerra di liberazione turca” condotta da Atatürk fu essenzialmente una guerra non tanto contro gli invasori ma contro le minoranze. I massacri, le deportazioni e le persecuzioni proseguirono senza soste sino al 1923. Le cifre del genocidio vanno da 350mila a 650mila greci uccisi.
Riconoscimenti del genocidio greco
Pochi stati l’hanno riconosciuto: Grecia, Cipro, alcuni degli stati USA,UE , Australia, Svezia, Olanda, Austria
A livello letterario si segnalano tre opere:
il romanzo La ragazza del Mar Nero di Maria Tatsos, nipote di una profuga del Ponto
il film capolavoro 1922 di Nikos Koundouros del 1978 , sottotitoli in inglese, durata 2h:07 ispirato al romanzo “Numero 31328” di Elias Venezis
il film turco Yüregine Sor [Ask your heart] del 2009
[Riccardo Gullotta]