Lingua   

Ghettologia

Riccardo Venturi
Lingua: Italiano




Ci si finisce dentro, rinchiusi,
Per disparati motivi. Uno di questi
È, senz’altro, una buffa cosa,
Buffa e tragica.

Tu hai ammazzato il mio dio,
No, sei tu che hai ammazzato il mio;
Cose del genere; il mio dio
È più dio del tuo. Fila nel ghetto, su.

Questo, in origine e in estrema
Sintesi. Libri più o meno sacri,
Terre promesse, popoli eletti,
Miracoli, vergini, padri e mele;

Alla fine, però, passati i millenni,
Nel ghetto, d’incanto, ci si ritrova
Senza più neanche sapere
Il perché. Nel ghetto si nasce,

Si vive e si muore. Nel ghetto
Si va convinti e pure volentieri;
Rassicura, il ghetto; dà il senso
Di un’unica e grande famiglia.

La quale, in fondo, è di per sé
Un ghetto domestico, il cardine,
Il mini-ghetto all’interno di ghetti
Via via più grandi; e inizia la gara.

La gara atavica a chi ha più Storia,
Più Tradizione, più riti e più miti.
Al ghetto di turno si dà un nome,
Un inno ispirato, un vessillo;

Fino a raggiungere l’estremità:
Una palla che fluttua nel cosmo,
Abitata da esseri che ne hanno fatto
Un unico, enorme, serrato ghetto.

Ogni tanto dal ghetto si vorrebbe
Uscire; il ghetto accanto, a volte,
Come dire, esagera un po’.
Periodicamente. Si chiama Storia.

E allora, ecco come si esce dal ghetto:
Si esce morti, distrutti, bruciati,
Ammazzati a Varsavia o in un deserto,
Ammazzati a Gaza o in due grattacieli.

Ammazzati dal cielo o dal mare,
Ammazzati da vicino o da lontano.
Ammazzati per fame e per sete,
Ammazzati da scienze e veleni.

Si esce ammazzati con appellativi
Spesso curiosi: terrorismi, guerre,
Rivolte. Tutto questo per, poi,
Ricreare il proprio ghetto, e starci

Come ragni, belli rinchiusi, protetti
Da muri sempre più alti e robusti,
Muraglie talmente invalicabili
Che son valicate ogni giorno, ogni ora.

Così si realizza il fine ultimo, eterno,
Della cosiddetta Umanità: il mio ghetto
E’ e deve essere più ghetto del tuo.
Il mio ghetto è più ghetto del tuo.

Nel mio ghetto siamo tutti eroi.
Il mio ghetto ha infinitamente
Più eroi del tuo. La parola “eroe”
Ha un’origine antichissima:

Dal greco ἥρως, da *serwos,
Imparentato col latino servus.
Sembra che, in una remota antichità,
Indicasse lo schiavo cui si ordinava

Di difendere il recinto dove venivano
Tenuti i porci. Di difendere il ghetto dei porci.
Anche a prezzo della vita, dalle scorrerie
Del vicino che voleva i porci del ghetto.

Eroi e schiavi. Il mio ghetto ha più cause,
E anche più effetti del tuo. Il mio ghetto
Ha più ragione. Il mio ghetto è difeso
Da Dio. Le canzoni e le musiche

Del mio ghetto sono più belle.
La lingua del mio ghetto suona meglio
Della lingua del tuo. Tu, anzi, non parli
Neppure. Nel tuo ghetto si biascicano

Solo borborigmi incomprensibili;
Il tuo ghetto ha una sola ragione
D'essere: la voluttà di essere
Annientato per poi esser rifatto.

E quindi, nel tuo ghetto sei un Barbaro.
Specialmente quando fai conati
Per uscirne col tuo armamentario
Di dèi, libri sacri, canzonette e spade.

Morirai e il tuo ghetto sarà soltanto
Un cumulo di macerie. Vai pure a rifarlo
Altrove. E intanto noialtri ci godiamo
Il nostro millenario ghetto, quello

Che Iddio ci promise. Se soltanto
Ci fossi entrato anche tu, zitto, obbediente,
Guardiano di porci, schiavo
Come noi fummo schiavi.

Nel tuo ghetto comandano solo
Miseria, tradimento e morte.
Nel tuo ghetto non c’è amore,
E questo lo sappiamo fin troppo bene.

La parola Ghetto la hanno creata
Per noi; è una bella paroletta
Unica in tutte le lingue. E’ un caso raro,
Tipo come quello di “malaria” e “pizza”.

Così va questo immenso ghetto
Che si vorrebbe chiamare Sconfinato;
Però guai se non si mettono Confini
Alle migliaia e migliaia di ghetti

Che occupano questa palla
Fluttuante nel cosmo;
E si capisce bene, alla fine,
Perché in quel cosmo siamo soli.

Occhio per occhio,
Ghetto per ghetto.



Pagina principale CCG

Segnalate eventuali errori nei testi o nei commenti a antiwarsongs@gmail.com




hosted by inventati.org