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Felona e Sorona

Le Orme
Lingua: Italiano


Le Orme

Lista delle versioni e commenti


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[1973]
Testi / Lyrics / Paroles / Sanat: Tony Pagliuca – Aldo Tagliapietra
Musica / Music / Musique / Sävel: Tony Pagliuca – Aldo Tagliapietra – Giampiero Reverberi
Testi inglesi / English Lyrics / Paroles anglaises / Englanninkieliset sanat : Peter Hammill
Felona & Sorona, 1974.



Due pianeti, due città
di Riccardo Venturi

Il buio e la luce. Il bene e il male. La vita e la morte. I binomi fondanti ai quali, lo devo dire, non pensavo affatto poco meno di un mese fa, una domenica sera, entrando in un bar che si trova esattamente accanto alla famosa “Leopolda”, l'antica stazione ferroviaria fiorentina trasformata in “centro eventi” (si dirà cosí?) e nota in tempi recenti per le conventions di un noto uomo politico ultimamente un po' in difficoltà. Non ci pensavo ai binomi, entrando in quel bar che è tra i non molti che restano aperti tutti i giorni, e 24 ore su 24; scarrozzato da un anziano amico di antichissima casata israelita nonché fondatore e presidente dell' “Archivio Storico del '68” e persino pronipote di uno dei Mille di Garibaldi, che mi aveva raccattato al policlinico di Careggi ed offerto una cena a casa sua dopo una domenica intera passata in un reparto di triage dove si trovava mia madre. Avevo solo bisogno di un caffè, rigorosamente senza zucchero perché provengo dalla famiglia De' Diabetis e ne sono degnissimo rappresentante.

Ci vado abbastanza spesso in quello strano bar, in una delle zone più impestate di traffico, di benzene e di rumore dell'intera città; nei famosi binomi, rappresenta il buio perché ci capito quasi sempre a tarda sera, a notte, quando avevo ancora la macchina addirittura a notte fonda. Spesso per comprarmi il tabacco che fumo, il “Pueblo” (non unido), del tutto rassegnato perché so bene che non ce lo hanno praticamente mai, e adattandomi a qualche altro improbabile trinciato che infilo nelle cartine “Bravo”, prodotte a Trieste dalla ditta Sadoch (sospetto che anche le mie cartine abbiano a che fare con l'ebraismo). Anno dopo anno, è andata a finire che ho fatto quasi amicizia con uno dei barristi (sia detto alla fiorentina), che non è un giovincello ma un mio coetaneo, forse con qualche annetto in più, dalla parlata genericamente meridionale che potrebbe andare da Ovindoli a Melito di Porto Salvo, vattelappesca. Domenica sera, quando sono entrato nel bar scrutando le paste dolci che, attualmente, per me sono veleno possente, sono stato accolto da alcuni accordi musicali che provenivano da un impianto stereofonico assai moderno. Il barrista ci aveva infilato non so se un arcaico CD o una chiavetta, o chissà quale altro marchingegno; fatto sta che dopo due accordi ho riconosciuto che cosa il marchingegno stava sonando: l'attacco di Felona delle Orme, anno 1973.

Entrare in un bar per un caffè amaro ed essere accolti da Felona e Sorona invece che da una delle normali e agghiaccianti musichette di questi rii tempi, non è cosa di tutti i giorni, perdipiù la sera di una domenica non tra le migliori della mia vita. Non vorrei scomodare, יהוה ne scampi, i segni del destino, ma è stato comunque abbastanza per drizzarmi, declamare i dati discografici con il fare didascalico che piglio in siffatti frangenti, dinanzi a stupiti e radi avventori, sbagliare l'anno di uscita dell'album (il 1973, non il '72 come avevo proclamato mentre il barrista sorrideva radioso e preparava il caffè) e mettermi a cantare: Una luce chiara si affaccia lentamente, offre la visione di grandi bolle bianche... E così anche il barrista si è messo a cantare assieme a me di quella gente che le abita sul pianeta Felona, formando un improvvisato duo barrìstico non propriamente identico a Pagliuca e Tagliapietra. Fuori dal bar, sulla sua macchina invero alquanto lussuosa, una specie d'aeroplano stradale, l'amico israelita mi aspettava e non potevo tardare; altrimenti mi sarei cantato tutto l'album e preso un altro paio di caffè non zuccherati. Che strana e meravigliosa cosa la vita, però.

Eh, perché Felona e Sorona, per me, non è una cosa qualsiasi. Appartiene a quei Bildungsjahre che, in senso lato, fanno parte dell'estate del 1973, appartiene alle musiche e alle parole che captavo e rubavo a mio fratello maggiore invece di dedicarmi allo Zecchino d'Oro e appartiene, anche, a due città similari che mi sarei fabbricato in testa diversi anni dopo, già adolescente, raccontandone le vicende e la saga a me stesso. Ma occorre andare per ordine.

Di infilare Felona e Sorona in questo sito, in realtà mi era pigliata l'intenzione da tempo non breve; ma non sapevo proprio come fare. Non mi era mai venuta quella cosa che potrebbe chiamarsi “ispirazione”, c'era un blob, un magma di concetti, una massa informe di cose che non riuscivano ad esprimersi. Perché tutto questo avvenga, c'è bisogno di una scintilla. Per chi non conoscesse quest'album, dunque, nell'ordine che mi sono imposto cominciamo un po' a parlarne dal punto di vista squisitamente informativo.

Felona e Sorona, composto nel 1973 dal muranese Aldo Tagliapietra e Tony Pagliuca, nato a Pescara ma veneziano di Marghera fin dalla più tenera infanzia, è, come si usava in quei tempi remoti, un concept album di rock progressivo. In un concept album tutti i vari brani, sia strumentali che lirici, sono organici ad una storia che si vuole raccontare. Al giorno d'oggi non vanno più di moda; Felona e Sorona racconta la fantasiosa storia di due pianeti (oggi si direbbe “esogalattici”), Felona e Sorona, che orbitano attorno al loro sole con una bizzarra caratteristica: legati indissolubilmente l'uno a l'altro, uno dei due, Felona, è costantemente illuminato dalla luce del sole, mentre l'altro, Sorona, è immerso nel buio eterno. Dal punto di vista scientifico e astronomico, ignoro se ciò sia possibile; ma cosí fu nella testa di Pagliuca e Tagliapietra, anzi di Tagliapietra e basta che è l'esclusivo autore dei testi italiani. All'album collaborò musicalmente Peter Hammill, che poi avrebbe personalmente tradotto in inglese l'intero album; pare che lo stesso Hammill sia responsabile del nome di uno dei due pianeti, Sorona, quello al buio: lo aveva tratto da sorrow. L'altro pianeta, Felona, quello al sole, ha un nome che, evidentemente, deriva da “felice”. Dalla storia dei due pianeti imperniati e complementari risultò uno dei più celebri e celebrati album del progressive italiano, che grazie alle traduzioni di Hammill ottenne un certo riscontro anche all'estero nonostante Tagliapietra non fosse interamente a suo agio con la lingua inglese.

La copertina dell'album (fronte e retro), tratta da un dipinto del pittore mantovano Lanfranco Frigeri, oggi novantottenne, riassume tutta la storia assieme al lungo brano introduttivo, Sospesi nell'incredibile (In Between nell'edizione inglese): il sole è il volto della figura femminile sulla destra, mentre i due pianeti sono due figure nude, una donna ed un uomo, allacciate da una corda all'altezza dei sessi e con la donna che fa ombra totale all'uomo nella luce che promana dalla donna-sole. La storia propriamente detta comincia con il secondo brano, Felona, quello che ho cantato assieme al barrista.

Su Felona, la vita è pura gioia. L'equazione è: la luce è gioia, felicità, vita. Una festa eterna: i Feloniani vivono in aeree bolle bianche trasparenti che fluttuano nell'aria, senza nessuna “privacy” in una vita interamente comunitaria e all'aria aperta che risente parecchio, secondo me, degli ideali degli anni '70. In uno dei miei trapassi di idee, e tornando all'estate del 1973, associavo nella mia mente infantile Felona ai falò sulla spiaggia, ai racconti che mi faceva mio fratello grande, a una vita che pareva gioiosa e libera, e che ancora non potevo vivere. Alla fine del giorno, le sfere dei Feloniani si riuniscono a formare un villaggio, in attesa della nuova festa del domani. Giocoforza che, in un mondo immerso in tale solare felicità, non vi sia oramai più bisogno di un dio, di un ente supremo, di un creatore, di un protettore: nel terzo brano, La solitudine di chi protegge il mondo, si ha infatti a che fare con la solitudine di un Dio che si sente, assai umanamente, del tutto inutile e dimenticato. Si avverte qui, ovviamente, il cattolicesimo di fondo di Tagliapietra: ”Il bene fa dimenticare chi c'è all'origine, da chi proviene”. Nessuno si rivolge più a Dio, che se sta lì da solo e in ombra; i gioiosi Feloniani avranno presto a pentirsene.

Il quarto brano evoca, infatti, l'Equilibrio: sembra ancora l'Ente Supremo che parla, ma parla stavolta con piena coscienza della situazione che Egli stesso, tra le altre cose, ha creato. Viene da fare una considerazione, su questo Dio: non parla mai, mai si esprime. Regna, giudica, crea, decide, dirime, ingarbuglia, ma non se ne cava mai Verbo. In pratica, è del tutto disumano nonostante ci raccontino che ha creato l'uomo “a sua immagine e somiglianza”. Qui, invece, Dio stesso si rende conto, oltre che di annoiarsi come in un due novembre di pioggia, di tutto il bordello che ha fabbricato. Due pianeti vicini, legati indissolubilmente da un medesimo destino (al Fato, anche gli dèi s'inchinano), separati però da un vuoto che appare più mentale che cosmico. Due mondi che si ignorano, o che vogliono ignorarsi; esattamente come nel mio condominio. Noialtri, quei tre che abitiamo giù nel lontanissimo cortile, siamo un altro pianeta, forse Sorona. Lassù ai piani alti, dove batte il sole, non sanno neppure che esistiamo; “ognuno pensa a sé, come sa”. Ogni tanto, da lassù cadono frammenti luminosi, mutande e asciugamani messi a stendere, cade un barattolo di pommarola fatta in casa che mi sfiora, cade una persona che si è voluta interrompere, cade una gatta che sopravvive accudita da altri due gatti, perché tra di loro ci deve essere qualcosa che neppure Dio può comandare. C'è un enorme abisso. Di luce non ne vediamo molta, noialtri del cortile Sorona, anche se, certo, non si può dire che stiamo proprio immersi nell'oscurità. Ma Dio tutto sa, tutto conosce; prima o poi arriverà, questo famoso Equilibrio, che è il fulcro del tempo o, forse, la sua stasi. L'Equilibrio, si sa, non dura che un istante, e sembra che Dio voglia non solo illudere, ma autoilludersi. C'è chi attende un suo gesto per dare un senso alla vita: e questa si chiama proiezione.

Nel quinto brano si passa a Sorona, l'altro pianeta. Sorona è l'oscurità, la desolazione, il dolore, la Waste Land: soltanto nere paludi, piante ingiallite e morte, lava, angoscia, città decrepite avvolte in una nebbia costante. In questa atmosfera che riporta a scenari lovecraftiani ed anche a tutte le immagini dell'olocausto nucleare, allora una tematica palpabile ovunque, si avvertono sia colpe antiche, sia l'ineluttabilità del destino; il bene e il male legati assieme in un tutt'uno, il paradiso e l'inferno ove uno non può esistere senza l'altro e, soprattutto, dove ci si ritrova per arbitrio, così come uno nasce ricco e un altro povero, così come uno nasce bellissimo e un altro orrendo. Così come uno nasce e vive in una città prosperosa e felice e un altro nasce in uno slum di Calcutta. Per arbitrio cosí è stato, e per arbitrio tutto potrebbe cambiare.

Un dato giorno, uno dei tanti, gli sventurati Soroniani, con le loro facce oramai simili pallide maschere senza vita, con le loro voci che un dolore antico ha reso impercettibili, si riuniscono, come sempre, per salutare il buio. Il buio è oramai il loro unico credo: è la cupa religione del dolore e della tristezza, caratteristica peraltro di buona parte delle religioni assieme al loro contraltare. Resta soltanto la fede in un miracolo, nell' “Attesa inerte” che forma il sesto brano dell'album: si alzano le mani verso un cielo oscuro, probabilmente verso il medesimo ente supremo che, lassù, si annoia a morte perché ai Feloniani, luminosi e felici, non importa più un fico secco di lui. A Dio ci si rivolge esclusivamente nella disgrazia, quando rappresenta l'ultima e impossibile speranza.

Il settimo brano, Ritratto di un mattino, presenta un testo brevissimo. Due soli versi, sbalorditivamente cattolici (nel senso di καθολικοί, universali) nella loro essenza; un distico morale che, da solo, riassume tutta la storia. La felicità, in pratica, non risiede né nella luce e né nel buio, ma nell'amore che si dà agli altri. Da un lato, i Feloniani che vivono nel sole della felicità materiale; dall'altro, i Soroniani che vivono nel dolore e nel buio, scontando forse un odio di colpe innominabili. Come dire: Felona e Sorona sono, in realtà, un pianeta solo che si chiama “Terra”, governato da un Creatore che si deve essere, all'epoca del Bereshit, divertito a creare contrapposizioni, binomi, inestricabilità, contraddizioni spaventose, il tutto e il contrario di tutto. Sempre pronto a giocare brutti scherzi. Così, un giorno, tutto cambia e la luce e il buio si invertono. Il sole sorge sulla disgraziata Sorona e tutto rinasce, All'infuori del tempo, l'ottavo brano: le speranze si sono avverate, la vita torna a fluire sulla terra dell'oscurità e della paura. I due pianeti sembrano infine poter godere della medesima felicità, ma è un equilibrio di breve durata. Il terribile ente supremo, forse temendo di continuare ad annoiarsi ancor di più, e più che altro di scomparire definitivamente perché la felicità comune e generalizzata è nemica di qualsiasi dio, getta Felona nell'oscurità.

Addio sfere fluttuanti, addio feste, addio falò sulla spiaggia e addio a ogni bella cosa: è il turno dei Feloniani, di stare per un bel po' all'inferno. La redenzione dei Soroniani è stata infine premiata, ma la gioia luminosa e insouciante dei Feloniani deve essere punita. E cosí è: non vi può essere alcun equilibrio nella mente di Dio, e le cattoliche Orme ce lo dicono papale papale. La vita è un cerchio, il cerchio è la vita: tutto deve essere accettato nell'eterna costruzione e nell'eterna distruzione, seguite da eterne ricostruzioni e da nuove distruzioni. Tocca ora ai Feloniani mettersi ad aspettare che, un lontano giorno, ritorni la luce: l'Ente Supremo è evidentemente assai risparmiatore e non può pagare due bollette (in questo caso, letteralmente astronomiche). Tutto è immutabile nel tempo, al di fuori del suo scorrere.

Il finale, Ritorno al Nulla, non ha parole. Nell'alternarsi binomiale di luce e buio, di gioia e dolore, di amore e odio, di pace e guerra (con una spiccata prevalenza, va detto, di quest'ultima), di bianco e nero, di vita e morte, si va comunque verso la fine certa; la quale non è scritta soltanto nelle sacralità varie, ma anche nella scienza. Anche Felona e Sorona, come la Terra, vanno verso la fine nella quale precipitano entrambe nell'angosciato brano finale. Un giorno si spegnerà tutto; il Sole inizierà la sua trasformazione chimica e il risultato sarà la fine della Terra e della Vita, sempre che l'umanità, nel frattempo, non abbia provveduto a scovare il modo per andare in nuovi mondi lontani, ad esempio Felona e Sorona. E tutto ricomincerà; la luce e il buio, la disperazione e la speranza, Dio e la sua assenza, l'arte e l'ignoranza, la dolcezza e la crudeltà.

Si capirà a questo punto perché un dato giorno dicembrino che somiglia abbastanza alle atmosfere di Sorona (rigido, grigio, pallido), abbia raccontato questa storia e fabbricato questa pagina che, a lungo, non ha voluto sortire. Un giorno, dovevo avere sui sedici o diciassette anni, mi misi alla decrepita e mastodontica macchina per scrivere che avevo, una “Olympia” tedesca regalatami da mio padre che la aveva presa da una dismissione di materiale del suo ufficio, e che adoravo perché aveva i tasti per le “ö”, le “ü” e le “ä”, e scrissi una poesia che si intitolava cosí: “Terra desolata”. Sembra che il titolo fosse stato già utilizzato da un poeta americano poi naturalizzato inglese, ma non mi preoccupai granché della cosa. In quella poesiola di ragazzo, in pratica, descrissi Sorona. Come dire: che cosa può capitare in una giovane mente che a dieci anni ascolta il rock progressive invece di “Ci son due coccodrilli” e di “Quarantaquattro gatti” (che comunque conoscevo a memoria). Tutte quelle cose tagliapietrose dovevano avermi fatto un porco di effetto, ed instillato certi quesiti esistenziali che, come si sa, nell'adolescenza sono più che naturali e che trovano la loro esatta definizione nella plebea espressione di “seghe mentali”. L'adolescenza è un periodo dedicato an sich alle seghe, sia fisiche che mentali: fu così che, qualche anno ancor dopo, verso i diciotto o diciannove anni, mi ricostruii le mie personali Felona e Sorona. Trasformandole però in due città, una sempre immersa nella luce, e l'altra nell'oscurità.

Con la mia naturale tendenza all'invenzione linguistica (il “kelartico” era già in pienissima attività), avevo chiamato le due città “Lanthúk” e “Dürnés”. Nella seconda città rientrava la mia gioja per i tasti con l'Umlaut; alla prima città avevo dato un nome che somiglia sinistramente all'insulina a lento rilascio (Lantus) che devo siringarmi adesso alle ore 22. La loro situazione era più “geografica”: nessun sole, ma un'alta montagna (il monte Viflök) sulle cui pendici sorgevano le città, una a bacìo (il lato in ombra) e l'altra a solatìo. E avevo cominciato a scrivere la loro storia, o meglio le loro storie, in poesia; la prima si chiamava Strane città, e cominciava così: ”Strane città vi siete un giorno infilate / Nel sogno d'uno studente / E quasi niente / Rimase del sogno, della sua vanità...”. Ben presto, però, non ne venne fuori nessuna morale cosmica e esistenziale: mi misi semplicemente a raccontarne le storie, la vita quotidiana, i piccoli avvenimenti, le stranezze, i personaggi (come un divertente parroco, don Parklädder -riecco l'Umlaut!- che diceva la messa di Natale dando da mangiare a un gatto sull'altare) e persino le sentitissime partite di calcio, in un ciclo intitolato “Storie e leggende delle due città impossibili” che ho mandato avanti per anni ed anni. Per quanto incredibile sia, alcune delle mie “poesie” (che ho sempre definito “bischerate”, anche all'epoca) sono state raccolte e persino commentate da Giuseppe Cirigliano, e non sto parlando di uno qualsiasi: qui potete vedere quella dedicata al Derby tra le squadre delle due città impossibili. Insomma, Felona e Sorona e la loro tragica e cosmica storia avevano dato luogo a una partita di calcio. Ma, forse, anche tra i due pianeti delle Orme le cose funzionavano in modo simile, con Dio come arbitro. Abbastanza cornuto, va detto. Termina cosí questa pagina, che naturalmente non farà finire le guerre; chissà che cosa mi accadrà, un giorno che entrerò in un bar a tardissima sera e sentirò che è la mia, di luce, che si sta per spegnere. Quale musica, quale canzone la accompagnerà. Quale voce. Quale immagine; e mi berrò il caffè nel Vastissimo Nulla, magari tornando a metterci un po' di autentico zucchero. [RV]



1. Sospesi nell'incredibile

Dove il cielo si nasconde dietro monili di mille stelle,
Dietro la polvere d'oro di un altro universo,
Due pianeti in armonia, ruotano insieme nel loro regno,
Dove ogni cosa non cambia all'infuori del tempo.
Come ampolle di clessidra, la sabbia scorre col suo potere
Così il destino coinvolge la vita lassù.
Dietro boschi di corallo, dietro sospiri di amanti veri,
Due rose gemelle non muoiono insieme.

E quando nasce l'alba sopra il mondo
Si sparge intorno un alito di vita
Le foglie color miele ne assorbono il calore.
Un vecchio guarda in alto e fa un sospiro
Dalle fontane sgorga l'acqua e il vino
Le lacrime svaniscono al suono di campane.

2. Felona

Una luce chiara si affaccia lentamente,
Offre la visione di grandi bolle bianche
La gente che le abita vive un nuovo giorno,
Una nuova festa oggi come ieri.

Non ci son segreti nelle sfere trasparenti,
Si specchiano nell'aria, si contagiano la gioia
Limpidi e sereni volano i pensieri,
Le donne e le cicale discorrono d'amore.

Le case di cristallo si muovono col vento,
Scorrono le valli, rimbalzano sul mare
Ruotano leggere nel sorvolare i monti,
Lasciano una scia come una cometa.

Quando cala il sole il vento si riposa,
Si fermano le sfere e formano un villaggio
La gente si ritrova e si corre incontro
Per un'altra festa, mentre muore il giorno.

3. La solitudine di chi protegge il mondo

"Qui sovrana ormai è la serenità,
Non c'è nessuno che
Ha più bisogno di me".

Il bene fa dimenticare
Chi c'è all'origine,
da chi proviene.

La solitudine è un'ombra
Che si rivela a chi
Si sente inutile

E anche chi protegge il mondo
Ne sente il peso se
Nessuno si rivolge a Lui.

4. L'equilibrio

C'è un grande vuoto fra i due pianeti,
Ciascuno ignora che l'altro c'è.
L'enorme abisso separa i due mondi,
Ognuno pensa a sé, come sa.

Sono divisi anche i loro destini:
Uno non sa la notte, l'altro il giorno.
Ma l'equilibrio è il fulcro del tempo
E si stabilirà prima o poi,
Quando Sorona dal cielo si illuminerà.

Io rivolgerò lo sguardo verso
Chi aspetta un gesto mio,
Per dare un senso alla sua vita.

5. Sorona

Da giorni ormai lontani,
Persi nel tempo
In questa terra grigia
Non c'è che spazio per nere paludi,
È mutato
Il grano in aride canne ingiallite.

Le piante, rare ormai,
Portano in sé
Il peso dell' angoscia,
Non c'è che spazio per fili di lava,
Son cambiati
I riflessi argentati in viscide squame.

Vecchie città in oblio,
Senza giardini,
Avvolte in densa nebbia,
Come tra i fili di un baco da seta,
E la vita
Non può uscire dal buio.

6. Attesa inerte

Visi che un dolore eterno trasforma in maschere,
Voci che un silenzio antico ha reso senza suono
Si riuniscono in un concerto per salutare il buio
Come un rito che si ripete per abitudine.

Coi loro passi stanchi lungo il sentiero consumato
Sono uniti nella tristezza che si contagiano
In ognuno c'è solo fede per un miracolo
E nell'attesa inerte alzano mani verso il cielo.

7. Ritratto di un mattino

"La felicità non puoi trovarla in te
Ma nell'amore che agli altri un giorno darai!"

8. All'infuori del tempo

Nel regno buio la luce risplende,
In ogni corpo la fiamma si accende
L'amore è vivo nei loro sguardi,
Ora li unisce nel nuovo domani

Il sole asciuga la nebbia impaurita,
Le prime foglie salutano il vento,
Un uomo torna dalla sua donna,
Una ragazza va incontro al suo sogno

In quell'istante due mondi felici
Vibrano insieme nell'arco del cielo
E del dolore non c'è ricordo,
Soltanto oggi comincia la vita

Ma mentre ancora esulta Sorona
Felona inizia il lento declino
Inesorabile la notte scende
E l'equilibrio ben presto finisce

La fine è il cerchio il cerchio è la vita
E si distrugge per poi costruire,
Si aspetta sempre il nostro giorno,
Non cambia niente all'infuori del tempo.

9. Ritorno al Nulla
[Strumentale / Instrumental]

inviata da Riccardo Venturi - 15/12/2018 - 15:35



Lingua: Inglese

La versione inglese dell'album: Felona & Sorona
English Version of the Album: Felona & Sorona
Version anglaise de l'album: Felona & Sorona
Albumin englanninkielinen versio: Felona & Sorona

The Famous Charisma Label, 1974
Testi inglesi / English Lyrics / Paroles anglaises / Englanninkieliset sanat: Peter Hammill



Nota.I testi inglesi di Peter Hammill, pur rispettando l'impostazione degli originali inglesi di Aldo Tagliapietra, non sono “traduzioni” o “versioni” nel senso stretto: sono, a pieno titolo, testi originali di Peter Hammill. Così devono essere presi e considerati. Nella versione inglese, i brani 3 e 6 sono stati combinati.

Note.Though respecting the general lines of the Italian original lyrics, Peter Hammill's English lyrics are no “translations” or “versions” in the strict sense of the word, but original lyrics by Peter Hammill. Such way are they to be considered. In the English version, tracks 3 and 6 are combined.

1. In Between

No changes outside of time:
Two planets exist side by side
Neither aware of the other,
Though they are intertwined.
Like branches of a tree
They (have no thought) of what they belong to ...
What of the trunk in between,
What of the energy?
(That makes it all be ..)
Two planets in harmony
Of opposition - the supposition
Is that, when one is serene
Then the other is sad.
What of the Man in between?
He smiles on one and its life is happy;
His back is turned on the other,
And a shadow is cast...
He is the man who makes the soap balls
Creating magic happiness for all who touch them
They are good enough to eat, taste like marzipan;
Give buoyancy to boats, and peace to man
Before them, all neurosis meekly fails...
Some even say that such a sacrament must be
The Holy Grail.

2. Felona

The people of Sorona are happy as can be;
Every day`s a holiday with wine and levity ...
Nothing really matters except their daily meals
And they are taken care of by the soap balls in the fields.
Living in round houses, the music of the Spheres
Permeates their beings and echoes in their ears ...
Nothing really matters except to be alive,
And that is taken care of by the soap balls from the sky …
The house-spheres are so mobile, powered by the wind;
They move without discomfort to the families within.
Moving as the wind blows, over hill and vale,
Bouncing through the countryside like elastic whales!
And finally, when evening comes and the winds die down
The spheres are left as villages and new neighbours are found ...
The wind creates communities, tomorrow they`ll be gone,
But the people just make holiday and join in happy songs.

4. The Maker

"I`ve watched this world, it seems, a long time;
The people here are joyous, and something calls me
Far away ... "

He is the Man they call the Maker
He`s almost humanoid
But there is still a void
Between Him and the men he shelters
He brings them happiness ...
He tries, but nonetheless
Has none to use himself, in private;
There are no friends for Him -
How very lonely to be God!
Or maybe more than this, for He is Life
He is the bond between worlds some call Time.
But, for all this, he receives no worship ...
No core of peace lies deep down in his mind.
So: demi-God for two planets at once
And when he just looks away, one decays ...
For energy runs from one to the other
and joy and pain interchange with his gaze.
Deus in Machina/saviour who only half perceives.
"I can do no more - I`ve made a heaven here...
I`ve given them my love and now must see my other world ...
What happens there?"

4. Web Of Time

Across the web of time a planet spins,
Here, where the ending is, here it begins with life
Of content, free as air ...
Changes have come since the Maker was there!
He left them with his words but took their wind
The light of his teachings grew dimmer
Till it had quite disappeared in the dark
They forgot everything and snuffed the spark of joy.
The soap-balls disappeared, the land was scarred
No longer spherical, the houses became hard
Like the hearts of the men
Who walk the streets
In despair ...

5. Sorona

Endless faces which wear the shadow of sadness as their masks;
Nameless voices which rise in concert to welcome in the dark;
Huddled shoulders against the presence of Sorrow in the streets,
Passing among the crowd and touching the sould of all he meets ...
And deep in their eyes you find
An anguish that clamours for release ...
If only to be blind.
Every evening they join together around their village squares,
Hoping that the Messiah will come and banish their despair ...
They`re looking for a miracle;
There`s nothing left to look for, if you dare!
Maybe now He comes!
Fingers tingling and bodies ringing in harmony with words
Whose melodies and phrases are now forgotten,
Though once heard ...
Suddenly there`s a smile or two;
Suddenly the tide begins to turn ...

6. The Plan

"This is the plan:
Think of your fellow man ...
Do what you can to make all life
A part of your own!"

7. The Balance

Two perfect worlds for a moment exist:
Felona of happiness, Sorona of bliss ...
It seems that the future holds untarnished joy
But whenever you build, you also destroy.
All things are equal while all things survive
Life has no movement without turning of tides.
The Maker who moves them, he does his best,
But people always eat soap-balls and forget the rest.
In Felona the wind falls, the start of decline ..
The spheres cease to move, it will only take time
Till the planet is static, its happiness dead,
And death is the feeling in the people`s heads.
For Sorona, a golden age has begun to dawn
And all words of caution are treated with scorn
As thought for tomorrow - indulgent today
What when the Maker once more goes away?
If there is an ending, it surely comes here:
Sorona in happiness, Felona in fear ...
but endings are circular, and life is the line ...
It goes on for ever -
No change outside Time!

8. Return to Naught
[Instrumental]

inviata da Riccardo Venturi - 15/12/2018 - 20:12


Magnifico Documento! Grazie

Gino Monzecchi - 4/12/2020 - 16:16


Scopro questa pagina a distanza di 4 anni dalla sua pubblicazione e l'ho letta con avidità. Non sono mai stato capace di trasformare i miei pensieri e le mie emozioni in parole scritte che ne rendessero l'intensità. Perciò ti dico semplicemente e sinceramente grazie per questo dono che hai fatto a chiunque lo leggerà.
Mi auguro che tu abbia continuato a bere caffè senza zucchero... e che continuerai a farlo ancora per molto.

Stefano - 1/4/2023 - 02:59


@ Stefano

Carissimo Stefano, prima di tutto grazie per quello che mi hai scritto. E non è, credimi, il solito ringraziamento di circostanza, anodino, vuoto. Certo che ne è passata, oramai, di acqua sotto i ponti da quella sera del 15 dicembre 2018. Per...aggiornare un po' la cosa, ti dirò che ho scoperto la stevia; o meglio, una polverina che ora vendono anche nei supermercati e che assicurano essere un dolcificante naturale adatto ai diabetici. Bah, speriamo; il fatto è che il caffè amaro proprio non mi è riuscito mai farmelo piacere, nonostante i famosi intenditori dicano che andrebbe bevuto sempre così. Ma nei bar non sempre la hanno, i dolcificanti nelle bustine sono generalmente delle schifezze peggiori dello zucchero semolato, e quindi il caffè amaro non è scomparso dal mio orizzonte. Ad ogni modo, continuo a farmi tre dosi di Humalog (ore 8, 12 e 18) e una di Lantus (ore 22), nonché a farmi le mie visite periodiche e a tenere a bada la glicemia e la glicata, stando attento alle crisi ipoglicemiche che, ti assicuro, sono una bruttissima cosa (una volta ci sono finito steso per terra in una piazza e mi hanno portato, pensa un po', un caffè iperzuccherato). Così va sul pianeta Diabetona, ma ci si convive. Il bar della Leopolda, all'angolo con via del Ponte alle Mosse, esiste ancora ma ha cambiato gestione, e il barrista di quella sera non lo ho più visto. C'è stato, ovviamente, di mezzo anche il Covid, anche per portarsi via mia madre, il 10 novembre 2020. Intanto, sembra, da Felona e Sorona sono passati cinquant'anni, alias mezzo secolo. E questo è un caffè bello amaro da buttare giù; ma non ci si può fare nulla. Lanfranco Frigeri, il pittore della copertina di Felona e Sorona, è morto all'età di novantanove anni il 17 giugno 2019, a Poggio Rusco. A Poggio Rusco non ci sono mai stato, ma vedo sempre il treno che ci va dal piazzale ovest della stazione di Bologna. A modo suo è diventato un mio luogo mitico, un posto che in bolognese vorrebbe dire "Poggio Spazzatura", come se in Liguria un paese si chiamasse Poggio Rumenta. Una luce chiara si affaccia lentamente...

Riccardo Venturi - 3/4/2023 - 09:18


gli strani giri della vita.
Son diventata aglianese 1 anno preciso (quasi: 30 aprile 2022) fa, sapevo a malapena dell'esistenza di Agliana (al massimo mi ero spinta fin Prato, e da fiorentina mi pareva già fin troppo), poi succedon tante cose, punto belle, e si valica pure il Bisenzio per trovarsi accanto alla Bure. (Capalle non si vede, si è offuscato, Pensare che stasera dovrei andare a Prato). Di Agliana ho scoperto qualche cosa carina: un paio di pasticcerie, un teatro, un laghetto di pesca, qualche ristorante e pizzeria molto gradevoli, e verso Pistoia (capirai, son 10 minuti) un circolo ARCI con un bel programma musicale. Santomato Live Club. Ecco, scorrendo il progrmma del Santomato, scopro che il prossimo 5 maggio ci sono proprio Le Orme per il 50° di Felona e Sorona. Saranno 35 anni che non ascolto quel disco...cerco i testi ed arrivo qui. Che abisso del tempo e di ricordi di cartelli stradali di paesini delle montagne pistoiesi su una scassata panda rossa....
Un saluto, Riccardo.

Iside65 - 25/4/2023 - 23:51


Veramente, Silvia oltremodo cara, a quanto ne so tu ti sei spinta ben più in là di Prào, e anche in de' posti parecchio complicati & agitati. Come dìgnene: se un giornollàrtro ci si dovesse rivedere, magari si mette su un bel libriccino di memorie (visto che ormai s'ha un'età tutteddùe) che, secondo me, avrebbe qualche possibilità di diventare un best(ia) seller. Però è pur vero che, comunque la vada, ci si portano dietro i propri luoghi dovunque si vada a rifinire, come fossero una barca con la quale si naviga per il mondo. Firenze, l'Elba, San Piero a Ponti, Campi (a proposito: ti ringrazio per la citazione da Bisenzio, tra la rivolta di Nika e le disavventure del Ballerini), Agliana... A Agliana ci devo aver messo piede sì e no due volte in vita mia, mi sembra ci sia un teatro dove ci devo aver visto qualcosa ma 'un mi ricordo di preciso icché. Vorrà dire che ci sarà una terza volta, se mi scrivi a k.riccardo@gmail.com. T'avverto che ti voglio sempre un bene dell'anima e che il tempo potrà anche passare, ma non passa mai la grullaia cronica! (a questo punto sarebbe d'uopo terminare con un bel "diahane", e infatti così termino).

Riccardo Venturi - 27/4/2023 - 00:54


Grande Riccardo, è da poco che ho riscoperto Le Orme e devo dire che in Italia un gruppo così eclettico non c'è. Ho ripreso tutti i dischi prog del gruppo, compresa la trilogia degli Elementi (Fiume e Infinito) che negli anni 2000 ripropongono il prog, pazzesco!

20/1/2024 - 12:06




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