Începută la Timişoara, printr-o demonstraţie paşnică, reprimată brutal de către autorităţi prin forţele de securitate, revoluţia românilor s-a întins rapid în întreaga ţară. Armata a trecut de partea populaţiei. Pe străzile din Timişoara, Sibiu, Braşov, Bucureşti şi alte oraşe, numărul tinerilor morţi şi raniţi în lupta pentru libertate continuă să crească.
Doamne, vino Doamne,
Să vezi ce-a mai rămas din oameni
Doamne, vino Doamne,
Să vezi ce-a mai rămas din oameni
Nopţi lungi şi triste
Acasă mă gândesc
Şi pe voi acolo vă zăresc
Sunt nopţi pline de groază pentru mine, în război
Sunt nopţi de basm acolo la voi
Şi Doamne, pentru ce o viaţă de coşmar
Şi pentru cine se moare în zadar
Sunt nopţi pline de groază
Când teama mi-e să simt
Sunt nopţi de basm de care nu mai ştiu
Doamne, vino Doamne,
Să vezi ce-a mai rămas din oameni
Doamne, vino Doamne,
Să vezi ce-a mai rămas din oameni
De ce nu încetaţi acest cumplit război
De ce va gândiţi numai la voi
Şi nici nu vă pasă de mama care-şi plânge
Copilul său ucis ce zace-n bălţi de sânge
Şi nici nu vă pasă de cei ce nu mai sunt
De cei ce vă acuză de-acolo din mormânt
Doamne, vino Doamne,
Să vezi ce-a mai rămas din oameni
Doamne, vino Doamne,
Să vezi ce-a mai rămas din oameni
Bucureşti. Revoluţia românilor a învins. Dupa 25 de ani de teroare, dictatura Ceauşescu a fost răsturnată. România a redevenit liberă.
…să vezi ce-a mai rămas din oameni.
Doamne, vino Doamne,
Să vezi ce-a mai rămas din oameni
Doamne, vino Doamne,
Să vezi ce-a mai rămas din oameni
Nopţi lungi şi triste
Acasă mă gândesc
Şi pe voi acolo vă zăresc
Sunt nopţi pline de groază pentru mine, în război
Sunt nopţi de basm acolo la voi
Şi Doamne, pentru ce o viaţă de coşmar
Şi pentru cine se moare în zadar
Sunt nopţi pline de groază
Când teama mi-e să simt
Sunt nopţi de basm de care nu mai ştiu
Doamne, vino Doamne,
Să vezi ce-a mai rămas din oameni
Doamne, vino Doamne,
Să vezi ce-a mai rămas din oameni
De ce nu încetaţi acest cumplit război
De ce va gândiţi numai la voi
Şi nici nu vă pasă de mama care-şi plânge
Copilul său ucis ce zace-n bălţi de sânge
Şi nici nu vă pasă de cei ce nu mai sunt
De cei ce vă acuză de-acolo din mormânt
Doamne, vino Doamne,
Să vezi ce-a mai rămas din oameni
Doamne, vino Doamne,
Să vezi ce-a mai rămas din oameni
Bucureşti. Revoluţia românilor a învins. Dupa 25 de ani de teroare, dictatura Ceauşescu a fost răsturnată. România a redevenit liberă.
…să vezi ce-a mai rămas din oameni.
inviata da Riccardo Venturi - 17/4/2007 - 01:10
Lingua: Italiano
Versione italiana di Riccardo Venturi
17 aprile 2007
17 aprile 2007
NOTTI
Iniziata a Timişoara con una dimostrazione pacifica, repressa brutalmente dalle autorità mediante le forze di sicurezza, la rivoluzione dei rumeni si è estesa rapidamente all'intero paese. L'esercito è passato dalla parte della popolazione. Per le strade di Timişoara, Sibiu, Braşov, Bucarest e di altre città, il numero di giovani morti e feriti nella lotta per la liberà continua a crescere.
Venga, signore, venga
a vedere quel che è rimasto di uomini
Venga, signore, venga
a vedere quel che è rimasto di uomini
Notti lunghe e tristi
a casa sto a pensare
e vi intravedo, a voi, là
sono notti piene di terrore per me, in guerra
sono notti da favola, là da voi
signore, ma perché una vita da incubo
e per chi si muore invano
Sono notti piene di terrore
quando ho paura di sentire
sono notti da favola che non conosco più
Venga, signore, venga
a vedere quel che è rimasto di uomini
Venga, signore, venga
a vedere quel che è rimasto di uomini
Perché non fermate questa guerra feroce
perché pensate soltanto a voi stessi
e non v'importa della madre che piange
del suo bambino ucciso che giace in pozze di sangue
e neanche vi importa di quelli che non ci sono più
di quelli che vi accusano da qui, dalla tomba
Venga, signore, venga
a vedere quel che è rimasto di uomini
Venga, signore, venga
a vedere quel che è rimasto di uomini
Bucarest. La rivoluzione dei rumeni ha vinto. Dopo 25 anni di terrore, la Dittatura di Ceauşescu e stata rovesciata. La Romania è di nuovo libera.
…venga a vedere quel che è rimasto di uomini.
Iniziata a Timişoara con una dimostrazione pacifica, repressa brutalmente dalle autorità mediante le forze di sicurezza, la rivoluzione dei rumeni si è estesa rapidamente all'intero paese. L'esercito è passato dalla parte della popolazione. Per le strade di Timişoara, Sibiu, Braşov, Bucarest e di altre città, il numero di giovani morti e feriti nella lotta per la liberà continua a crescere.
Venga, signore, venga
a vedere quel che è rimasto di uomini
Venga, signore, venga
a vedere quel che è rimasto di uomini
Notti lunghe e tristi
a casa sto a pensare
e vi intravedo, a voi, là
sono notti piene di terrore per me, in guerra
sono notti da favola, là da voi
signore, ma perché una vita da incubo
e per chi si muore invano
Sono notti piene di terrore
quando ho paura di sentire
sono notti da favola che non conosco più
Venga, signore, venga
a vedere quel che è rimasto di uomini
Venga, signore, venga
a vedere quel che è rimasto di uomini
Perché non fermate questa guerra feroce
perché pensate soltanto a voi stessi
e non v'importa della madre che piange
del suo bambino ucciso che giace in pozze di sangue
e neanche vi importa di quelli che non ci sono più
di quelli che vi accusano da qui, dalla tomba
Venga, signore, venga
a vedere quel che è rimasto di uomini
Venga, signore, venga
a vedere quel che è rimasto di uomini
Bucarest. La rivoluzione dei rumeni ha vinto. Dopo 25 anni di terrore, la Dittatura di Ceauşescu e stata rovesciata. La Romania è di nuovo libera.
…venga a vedere quel che è rimasto di uomini.
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Muzică/Text: Valeriu Sterian şi Carmen Marin
Testo e musica di Valeriu Sterian e Carmen Marin
Lyrics and music by Valeriu Sterian and Carmen Marin
Si veda anche - See also Timişoara
Che cosa sia stata veramente la rivoluzione rumena, forse non si saprà mai con certezza. Un colpo di stato? Una rivolta di palazzo? Una vera rivoluzione popolare? Probabilmente tutte e tre le cose. L'abbattimento e la fine del tiranno stalinista Nicolae Ceauşescu e della sua polizia politica, la tristemente nota Securitate hanno e continueranno ad avere moltissimi lati oscuri. Ma resta anche il fatto che i rumeni, in quei giorni di dicembre del 1989 che ho ancora sotto agli occhi (essendo legatissimo, per miei motivi "storici", alla Romania), scesero in piazza. Fecero le barricate. Lottarono e morirono. A loro è dedicata questa canzone e questa pagina. A loro che, neppure vent'anni dopo, con l'emigrazione da quel paese impoverito e ridotto alla fame, da Eroi della libertà sono diventati stranieri da disprezzare, da accusare soltanto di crimini, da sfruttare. Chissà, forse anche Ion Cazacu era in piazza nel suo paese, in quei giorni. E anche alla sua memoria voglio dedicare questa canzone nella quale sembra riecheggiare il Venid a ver la sangre por las calles di Pablo Neruda.
Ho, per questo, voluto preparare una pagina di documentazione che fosse la più completa possibile. Con l'esauriente testo storico proveniente da Wikipedia, con i filmati, con le foto. Vorrei che gli eventuali amici rumeni che leggessero queste righe contribuissero a renderla ancora più completa (per questo motivo, il presente testo sarà tradotto in rumeno). Grazie fin da adesso. [RV]
da it.wikipedia
I Video:
1. Revoluţia Românească
2. Rivoluzione a Timişoara - 20 dicembre 1989
3. Revoluţia 1989
Il 16 dicembre 1989 dicembre ha luogo a Timişoara una manifestazione di protesta al tentativo del governo rumeno di espellere un dissidente ungherese, il pastore riformato László Tőkés. Il pastore aveva recentemente criticato il regime tramite i mass media stranieri e il governo considerò il gesto come un incitamento ai conflitti etnici. Su richiesta del governo, l'episcopato rimosse Tőkés dal sacerdozio, privandolo così del diritto di utilizzare l'appartamento legittimamente ottenuto in quanto pastore. Per qualche giorno i fedeli di Tőkés si radunarono intorno alla sua abitazione per proteggerlo. Molti passanti, compresi anche studenti religiosi, si associarono alla protesta, inizialmente senza conoscere i veri motivi e scoprendo solo in seguito che era contro un nuovo tentativo del regime comunista di reprimere la libertà religiosa.
Quando fu evidente che la massa non si sarebbe dispersa, il sindaco Petre Mot dichiarò che avrebbe riconsiderato l'espulsione di Tőkés. Ma nel frattempo la folla era notevolmente aumentata e, quando Mot rifiutò di confermare per iscritto la dichiarazione contro l'espulsione del pastore, i manifestanti iniziarono a cantare slogan anticomunisti. Le forze dell'esercito (Militia) e della Securitate, chiamate per bloccare la protesta, nulla poterono di fronte all'imponente numero di manifestanti. Alle 19.30 la protesta si era estesa e la causa iniziale stava passando in secondo piano. Alcuni protestanti tentarono di incendiare l'edificio che ospitava il comitato distrettuale del Partito Comunista Rumeno (PCR). Fu a questo punto che la Securitate rispose con il lancio di lacrimogeni e getti d'acqua, mentre la Militia caricò i manifestanti, procedendo all'arresto di diverse persone. La massa si spostò verso la Cattedrale Metropolitana, ma da qui continuò imperterrita per le vie di Timişoara, nonostante nuove cariche delle forze dell'ordine.
Il mattino del 18 dicembre il centro era sorvegliato da soldati e agenti della Securitate in borghese. Il sindaco Mot sollecitò una riunione del Partito all'Università, allo scopo di condannare il "vandalismo" dei giorni precedenti. Decretò anche l'applicazione della legge marziale, vietando alla popolazione di circolare in gruppi più numerosi di 2 persone. Sfidando i divieti, un gruppo di 30 giovani avanzarono verso la Cattedrale ortodossa, dove fluttuarono bandiere rumene cui era stato tagliato lo stemma comunista. Immaginando di venire crivellati dai fucili della Militia, i 30 manifestanti iniziarono a cantare "Deşteaptă-te, Române!" (l'attuale inno nazionale rumeno), all'epoca vietato dal 1947 e la cui esecuzione in pubblico era punita dal codice penale. I militari, raggiunti i giovani, fecero immediatamente partire una raffica di mitra che uccise alcuni di loro, ferendone gravemente altri. Solo pochi fortunati riuscirono a fuggire, mettendosi in salvo.
I fatti di Bucarest
1. 20 dicembre 1989: Ceauşescu al TG delle 20. Rivoluzione a Timişoara
2. Il video completo dell'ultimo discorso di Nicolae Ceauşescu il 21 dicembre 1989. Un documento celebre e drammatico.
Gli avvenimenti di Timişoara venivano raccontati nei notiziari delle radio Vocea Americii e Radio Europa Libera, ascoltate clandestinamente dai rumeni e dagli studenti che tornavano a casa per le festività natalizie.
Resta il fatto che il 22 novembre, allorché si era aperto a Bucarest il XIV Congresso del Partito Comunista Rumeno, il presidente sovietico Gorbačëv aveva inviato un messaggio di felicitazioni al PCR nel quale tuttavia auspicava una serie di cambiamenti. L'evidente contrasto tra Gorbačëv, fautore della Perestroijka, e Ceauşescu, propugnante un sempre più marcato isolamento della Romania, si palesò specie con l'invito fatto dal primo al secondo di dimettersi. Il 23 novembre, allorché fu rieletto con unanimità dei consensi, Ceauşescu rispose duramente a Gorbačëv, accusando oltretutto l'URSS di ingiustizie perpetrate nei confronti del suo Paese all'indomani della fine della seconda guerra mondiale, quando la Bucovina del Nord e la Bessarabia, regioni storicamente legate alla Romania, erano state annesse all'Unione Sovietica, formando la Repubblica Socialista Sovietica di Moldavia.
La questione di un'eventuale dimissione apparve nuovamente il 17 dicembre 1989 quando Ceauşescu chiese al CPEx di decidere le misure necessarie per soffocare la rivolta scoppiata a Timişoara. Stando alle testimonianze dei membri CPEx Paul Niculescu-Mizil e Ion Dinca, a questa riunione (analogamente a quanto a suo tempo era avvenuto in Bulgaria e in Germania Est), due membri non furono d'accordo con l'uso della forza per la soppressione delle proteste. Come risposta Ceauşescu propose le sue dimissioni e chiese ai membri del CPEx di scegliere un nuovo capo dello Stato. Tuttavia alcuni membri, tra i quali Gheorghe Oprea e Constantin Dascalescu, gli chiesero di rinunciare alle dimissioni e di revocare i due che si erano opposti alle sue decisioni. Lo stesso giorno Ceauşescu partì per la visita ufficiale in Iran, lasciando le redini della risoluzione della rivolta di Timişoara nelle mani della moglie Elena e di altri suoi fidati.
Tornato dall'Iran il 20 dicembre, Ceauşescu trovò il Paese in una situazione deteriorata. Alle 19:00 fece una dichiarazione televisiva da uno studio televisivo della sede del Comitato Centrale, nel quale etichettava i protestanti di Timişoara come nemici della Rivoluzione Socialista.
Alle 12.30 del 21 dicembre Ceauşescu si rivolse a una folla di 100.000 persone condannando la rivolta di Timişoara. Parlando dal balcone del Comitato Centrale, il Conducător parlò dei risultati della rivoluzione socialista e della «società socialista plurilateralmente sviluppata» della Romania. Il popolo, tuttavia, rimase indifferente e solo le file frontali sostenevano Ceauşescu con applausi. La sua mancanza di comprensione degli avvenimenti e la sua incapacità di trattare la situazione emersero nuovamente quando offrì, in un atto di disperazione, l'aumento degli stipendi dei lavoratori della ridicola somma di 100 lei (circa 3,50 € di oggi) e continuò a lodare le realizzazioni della Rivoluzione Socialista, non riuscendo ad accettare che la rivoluzione si stava svolgendo proprio di fronte a lui.
Ceauşescu, la moglie e altri ufficiali e membri del CPEx che assistevano al discorso a fianco del Conducător sul balcone, presi dal panico rientrarono nell'edificio. La televisione di Stato, che trasmetteva in diretta il discorso, interruppe le trasmissioni, per nascondere l'agitazione che ormai stava nascendo: ma i telespettatori avevano visto abbastanza per intuire che stava accadendo qualcosa di insolito.
I tentativi dei coniugi Ceauşescu di riguadagnare il controllo sulla folla usando formule come «Alo, alo» o «State tranquilli ai vostri posti» entrarono nella storia. La massa di rivoltosi si era ormai sparsa per le strade di Bucarest, e al contempo nelle altre maggiori città della Romania stavano nascendo moti di protesta. La gente urlava slogan anticomunisti e anti-Ceauşescu come «Giù il dittatore!», «Morte al criminale!», «Noi siamo il popolo, giù il dittatore!». Alla fine i protestanti invasero il centro, da Piazza Kogalniceanu fino a Piazza dell'Unione, Piazza Rosetti e Piazza Romena. Sulla statua di Mihai Viteazul in Corso Mihail Kogalniceanu, vicino l'Università di Bucarest, un giovane sventolava la bandiera rumena senza lo stemma comunista.
Col passare del tempo scendeva in strada sempre più gente. Presto i protestanti, disarmati e privi di organizzazione, furono accolti da soldati, carri armati, TAB, truppe USLA (Unità Speciali per la Lotta Antiterrorismo) e ufficiali della Securitate in borghese. Spari sulla folla giungevano dagli edifici, dalle strade laterali e dai carri armati. Molte furono le vittime per fucilazione, accoltellamento, maltrattamento o schiacciate dai veicoli dell'esercito (un TAB aveva travolto la folla uccidendo un giornalista francese). I pompieri bloccavano la massa con getti d'acqua potenti e la polizia caricava e arrestava la gente. I protestanti riuscirono a costruire una barricata di difesa davanti al ristorante Dunarea, che resistette fino a mezzanotte, ma fu in seguito espugnato dalle forze governative. Gli spari continui si udirono fino alle 3:00 del mattino quando i superstiti abbandonarono le strade.
Testimonianze dei drammatici eventi furono raccolte con le foto fatte dagli elicotteri che sorvolavano la zona e da numerosi turisti che si erano rifugiati nella torre dell'Hotel Intercontinental.
La caduta di Ceauşescu
Il processo e la condanna a morte di Ceauşescu
Alle 10:00, quando la radio stava annunciando l'introduzione della legge marziale e il divieto di circolazione dei gruppi di più di 5 persone, centinaia di migliaia di protestanti si radunarono di propria iniziativa nel centro di Bucarest. Ceauşescu, che aveva provato a rivolgersi alla folla dal balcone del Comitato Centrale, fu accolto da bordate di fischi e feroci disapprovazioni. Frattanto alcuni elicotteri lanciarono manifesti nei quali si chiedeva alla gente di non partecipare ai recenti tentativi di sommossa, andando a casa a festeggiare il Natale.
La stessa mattina, tra le 9 e le 11, il ministro della difesa Vasile Milea morì in circostanze misteriose. Un comunicato fatto da Ceauşescu affermava che Milea era stato giudicato colpevole di tradimento e che si fosse suicidato dopo essere stato scoperto. A lungo, la teoria più popolare fu che Milea sarebbe stato assassinato per mano dello stesso Ceauşescu, in risposta al rifiuto di eseguire gli ordini del dittatore. Tuttavia, un'ulteriore indagine realizzata tramite la riesumazione del cadavere nel novembre 2005 accertò che Milea effettivamente si suicidò, sparandosi con la pistola di un proprio subordinato.
Dopo il suicidio di Milea, Ceauşescu nominò nuovo ministro della Difesa Victor Stanculescu, che dopo una breve esitazione accettò. Stanculescu ordinò alle truppe di ritirarsi e dopo alcune ore, data la criticità della situazione, persuase Ceauşescu alla fuga in elicottero. Rifiutando di applicare gli ordini repressivi di Ceauşescu, Stanculescu aveva praticamente realizzato un colpo di stato militare.
Gli ultimi momenti del vecchio regime e l'instaurazione di quello nuovo
Dopo la fuga di Ceauşescu dalla sede del Comitato Centrale, a Bucarest si instaurò il caos, preceduto da uno stato di euforia generale. La folla invase la sede del Comitato Centrale e gli uffici degli ufficiali comunisti furono vandalizzati. L'accanimento si concentrò sui ritratti del dittatore e le sue opere, scagliati dalla finestra in segno di vendetta e disprezzo. Poco dopo, intorno alle 12.00, la televisione rumena riprese le trasmissioni. Mircea Dinescu e Ion Caramitru apparvero davanti a un gruppo di rivoluzionari, annunciando esaltati la fuga del dittatore. Il caos di Bucarest si diffuse per l'intero paese e l'ulteriore sviluppo degli avvenimenti lasciò successivamente spazio alle più svariate interpretazioni.
In quei momenti avvenivano degli scontri violenti all'Aeroporto Internazionale Otopeni tra le truppe mandate a combattere una contro l'altra.
Tuttavia il processo di ripresa del potere della nuova struttura politica, il "Fronte di Salvezza Nazionale" (FSN), che "emanava" dalla seconda fila del Partito Comunista, non era ancora concluso. Le forze considerate leali al vecchio regime (assimilate ai "terroristi") aprirono il fuoco sulla folla e attaccarono punti vitali della vita socio-politica: televisione, radio, sedi delle compagnie telefoniche, la Casa della Stampa Libera, gli uffici postali, aeroporti e ospedali.
Durante la notte tra il 22 e 23 dicembre, i cittadini di Bucarest rimasero sulle strade, specialmente nelle zone assediate per lottare (e vincere, anche al prezzo della morte di molti giovani) un nemico pericoloso. Alle 21:00 del 23 dicembre, carri armati e alcune truppe paramilitari andarono a proteggere il Palazzo della Repubblica.
Nel frattempo arrivavano messaggi di sostegno da tutto il mondo.
L'identità dei terroristi rimane ancora oggi avvolta nel mistero. Nessuno fu ufficialmente accusato fino ad oggi di atti di "terrorismo" durante la rivoluzione e questo ha sollevato molti sospetti sulla relazione tra i "terroristi" e il nuovo governo.
Conseguenze
I giorni successivi il sostegno morale venne accompagnato dal sostegno materiale. Grandi quantità di alimenti, medicine, vestiti, attrezzatura medica furono mandate in Romania. Nel mondo la stampa dedicò intere pagine o addirittura edizioni speciali alla rivoluzione rumena e ai suoi capi.
Il 24 dicembre Bucarest era una città in guerra. Carri armati, TAB e camion continuavano a sorvegliare la città e circondavano punti problematici per protteggerli. Agli incroci vicini agli obiettivi strategici furono creati posti di blocco stradali; gli spari continuarono in Piazza dell'Università e nei dintorni. Le "attività terroriste" continuarono fino al 27 dicembre, quando cessarono improvvisamente.
L'ex membro della guida del Partito Comunista e alleato di Ceauşescu, prima di cadere nelle disgrazie del dittatore all'inizio degli anni ottanta, Ion Iliescu, si era imposto come presidente del FSN, composto principalmente da membri delle seconde file del Partito Comunista, ed esercitò subito il controllo delle istituzioni dello Stato, compresi i mezzi informativi come la televisione e le radio nazionali. Il FSN usò il controllo della stampa allo scopo di lanciare attacchi in stile propagandistico agli oppositori politici, specialmente i partiti democratici tradizionali, che avrebbero dovuto rifondarsi dopo 50 anni di attività sotterranea (specie il Partito Nazionale Liberale, PNL, e il Partito Nazionale Contadino Cristiano Democratico, PNTCD). Nel 1990 Ion Iliescu divenne il primo presidente eletto in modo democratico nella Romania del dopoguerra.
La rivoluzione permisse alla Romania di ricevere grande solidarietà da parte del mondo intero. Inizialmente gran parte di questa solidarietà fu diretta verso il governo del FSN, ma venne rovinata quando, durante la Mineriada del giugno 1990, i minatori e la polizia risposero agli appelli di Iliescu, invadendo Bucarest e brutalizzando gli studenti e gli intellettuali che protestavano contro l'inganno della rivoluzione rumena da parte degli ex membri della guida comunista sotto gli auspici dell'FSN.