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Karel Kryl: Nevidomá dívka

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Version française – LA FILLE AVEUGLE – Marco Valdo M.I. – 20...
LA BAMBINA CIECALA FILLE AVEUGLE
  
In un giardino, dietro un muretto ammattonatoDans un jardin, derrière un muret de briques,
dove ci hanno scritto sopra, come si suol dire, per secoli, [1]Où ils ont écrit, dit-on, pour des siècles,
sta seduta sull'erba, in autunno, vicino a un'aiolaEst assise sur l’herbe, en automne, près d’un bosquet
una bambina con gli occhi bendati.Une enfant aux yeux bandés.
  
Da un libriccino si sta facendo leggereD’un petit livre, elle se fait lire
una fiaba su un uccello parlante,Une fable sur un oiseau parlant,
poi manda un bacetto a mo' di soffio su un cardo [2]Puis, elle souffle les plumes de cirses
all'indirizzo di non si sa chi. [3]À l’adresse d’on ne sait quel néant.
  
Vi prego, lasciatela, sí, lasciatela,Laissez-la, je vous prie, laissez-la,
quella bambina cieca,Cette enfant aveugle, laissez-la,
vi prego, lasciatela giocareJe vous prie, laissez-la jouer au soleil
ché forse, ecco, sta giocando al sole che sta in cielo,Qui se tient haut dans le ciel,
che seguiterà a riscaldarla anche se lei non lo vedrà mai.Et qui la réchauffe, même si jamais elle ne le voit.
  
Una fiaba su un uccello parlanteC’est le conte d’un oiseau parlant
e su tre alberi di mele d'oro,Et de trois pommiers fringants,
e anche sull'amore che, nei neri fiori di giusquiamo [4]Et de l’amour auquel, grâce aux fleurs de jusquiame,
recano i cavalieri a cavallo.Les cavaliers à cheval se pâment.
  
Una fiaba su una paroletta magica,Un conte sur un petit mot magique,
che scioglie ogni incantesimo,Qui désactive tous les sorts,
una fiaba su un arcobaleno che dorme su un'isoletta,Un conte sur un arc-en-ciel qui dort sur une île,
sulla quale troverete un tesoro.Où vous trouverez un trésor.
  
Vi prego, lasciatela, sí, lasciatela,Laissez-la, je vous prie, laissez-la,
quella bambina cieca,Cette enfant aveugle, laissez-la,
vi prego, lasciatela giocareJe vous prie, laissez-la jouer au soleil
ché forse, ecco, sta giocando al sole che sta in cielo,Qui se tient haut dans le ciel,
che seguiterà a riscaldarla anche se lei non lo vedrà mai.Et qui la réchauffe, même si jamais elle ne le voit.
  
Recitato:Récité :
In un giardino, dietro un muretto ammattonatoDans un jardin, derrière un muret de briques
dove ci hanno scritto sopra, come si suol dire, per secoli,Où ils ont écrit, dit-on, pour des siècles,
sta seduta sull'erba, in autunno, vicino a un'aiolaEst assise sur l’herbe, en automne, près d’un bosquet
una bambina con gli occhi bendati.Une enfant aux yeux bandés.
  
Con le mani sta toccando un fioreDes mains, elle touche une fleurette,
e le farfalle non la disturbano,Les papillons ne sont pas dérangeants ;
sta solo un po' giocando col laccetto d'un amuleto,Seule, elle joue avec le lacet d’une amulette,
solo per un momento.Seule, pour un moment.
  
Vi prego, lasciatela, sí, lasciatela,Laissez-la, je vous prie, laissez-la,
quella bambina cieca,Cette enfant aveugle, laissez-la,
vi prego, lasciatela giocareJe vous prie, laissez-la jouer au soleil
ché forse, ecco, sta giocando al sole che sta in cielo,Qui se tient haut dans le ciel,
che seguiterà a riscaldarla anche se lei non lo vedrà mai.Et qui la réchauffe, même si jamais elle ne le voit.
[1] Così mi è parso di interpretare parecchio “ad sensum”, intendendo il verbo popsat non come “descrivere”, ma proprio letteralmente come “scrivere sopra”, addirittura “scarabocchiare”. Výročí, alla lettera, vuol dire “anniversario, giubileo”; una traduzione letterale (“descritto nei famosi/gloriosi anniversari”) non ha molto senso, né lo ha qualcosa come “descritto nelle gloriose / antiche storie”. Mi è venuto quindi a mente lo scenario di un qualsiasi muretto cittadino a ridosso di un prato, pieno di scritte (“Katia ama Jonathan”, “Forza Viola”, “nervi tesi, fasci appesi”, “Katia ama Jonathan ma la dà a Samuel” ecc.), dove la bambina sta seduta. Lo “slavných výročích” l'ho trasformato nel modo presente nella traduzione (“famoso” nel senso italiano di “noto a tutti, come si suol dire”). Magari ho sbagliato tutto, però è quel che avevo davvero in mente.

[2] Il cardo selvatico (Carduus), in ceco bodlák, ha un fiore cosiddetto a “pappo” (in ceco: chmýří) che ricorda l'analogo pappo del dente di leone, o piscialletto (Taraxacum officinale). Entrambe le piante, del resto, fanno parte della medesima famiglia delle Asteracee. E' il gesto della bambina che soffia su un fiore: chi, da bambino, non ha mai soffiato su un “soffione” del piscialletto, umile pianta di periferia cittadina. E' esattamente il gesto che mi è venuto a mente per la bambina cieca della canzone.

[3] Alla lettera: “indirizzo inventato / immaginario”.

[4] Ammetto di essere fissato con le specificazioni botaniche, ma i “neri fiori di papavero” della canzone mi lasciavano un po' perplesso, sebbene effettivamente gli stami del papavero comune, o rosolaccio (Papaver rhoeas) siano di colore nero. Il papavero nero, peraltro, esiste sul serio: si chiama Papavero Evelina, ma si tratta di una ibridazione ottenuta in Italia nel 1997. Ho poi scoperto che, in ceco, si chiama  černý mák (alla lettera proprio “papavero nero”) quello che più comunemente è detto Blín černý, vale a dire il Giùsquiamo nero (Hyoscyamus niger), che per inciso è una delle piante più mortalmente velenose che esistano sulla faccia della terra (naturalmente una solanacea!) e con la quale viene avvelenato a morte il padre di Amleto, nella tragedia shakespeariana, versandogliene delle gocce nell'orecchio mentre dorme (in inglese la pianta reca il curioso ma eloquente nome di henbane “ammazzagalline”). C'è un leggero problema, però: i fiori del giusquiamo nero non sono affatto neri, ma di color giallo pallido. La pianta, poi, non cresce affatto nei prati cittadini, ed anzi la sua coltivazione a scopo medicinale è strettamente regolata ed è generalmente proibita ai comuni cittadini: figurarsi se lo si trova in un'aiola. Però, all'immagine dei cavalieri che “recano l'amore” in una pianta velenosa (la quale deve il suo appellativo di “nero”, probabilmente, alla sua letale tossicità), non ho resistito sia per l'antica passione che ho per le piante velenose, sia per l'amore recato in una pianta che ammazza. E' naturalmente possibile che i “neri fiori di papavero” di Karel Kryl siano da intendere nel senso che, per una bambina cieca, ogni cosa è nera...


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