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L'autrer jost'una sebissa

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Versione polacca di Jacek Kowalski
L'ALTRO GIORNO ACCANTO A UNA SIEPE

L’altro giorno accanto a una siepe
Trovai un’umile pastora,
piena di gioia e di giudizio,
ed era figlia di contadina:
mantella e gonnella di pelle,
veste e camicia di tela grossa,
scarpe e calze di lana.

Verso di lei venni per la pianura:
“Ragazza”, dissi io, “creatura graziosa,
mi dispiace per il freddo che vi punge.”
“Signore”, rispose la villana,
“grazie a Dio e alla mia balia,
poco mi importa se il vento mi scompiglia i capelli,
perché sono allegretta e sana.”

“Ragazza”, dissi “essere dolce,
mi sono allontanato dal mio cammino
per farvi compagnia,
perché una ragazza di campagna come voi
non deve senza una compagnia adatta
pascolare tanto bestiame
in questa terra solitaria.”

“Signore”, fece lei, “quale che io sia,
so distinguere bene tra il senno e la stupidità.
La vostra compagnia”,
questo disse la villana,
“stia lì dove conviene,
perché c’è chi crede di tenerla al suo comando,
ma non ne ha altro che l’apparenza.”

“Ragazza di nobile condizione,
vostro padre fu un cavaliere,
che vi generò in vostra madre,
perché fu una cortese villana.
Quanto più vi guardo, più mi sembrate bella,
e m’illumino per la gioia che mi aspetto da voi,
se solo foste un po’ benevola.”

“Signore tutto il mio lignaggio e la mia famiglia
vedo che risale e che appartiene
alla vanga e all’aratro,
signore”, disse la villana;
“ma chi si spaccia per cavaliere
dovrebbe farlo
sei giorni alla settimana.”

“Ragazza”, io feci, “una fata gentile
vi dotò, quando nasceste,
di una bellezza meravigliosa,
superiore a qualsiasi altra villana;
e vi sarebbe raddoppiata
se una volta potessi vedermi
io di sopra e voi di sotto.”

“Signore, mi avete fatto tante lodi
che dovrei essere molto invidiata per questo.
E poiché mi avete esaltata nei miei meriti”,
disse la villana,
“di ciò avrete come ricompensa
alla partenza: ‘Aspetta e spera cretino!’
e un’inutile perdita di tempo a mezzogiorno.”

“Ragazza, un cuore schivo e selvaggio
si doma con la consuetudine.
Ben capisco, andando avanti,
che con tale ragazza di campagna
si può fare una buona compagnia
con amicizia di cuore,
senza che ci si inganni a vicenda.

“Signore, l’uomo che è preso nella sua stupidità
giura e garantisce e promette ricompense;
così mi rendereste omaggio,
signore”, questo disse la villana;
“ma per un misero guadagno
io non voglio scambiare la mia verginità
con il nome di puttana.”

“Ragazza, ogni creatura
ritorna alla natura.
noi dobbiamo prepararci a fare coppia,
io e voi, villana,
a riparo della siepe lungo il pascolo,
dove sarete più sicura
per fare la dolce cosa.”

“Signore, sì; ma a buon diritto
lo stupido cerca la stupidità,
il cortese, l’avventura cortese,
e il villano la villana.
Viene meno il giudizio
là dove non si conserva la misura,
così dicono i vecchi.”

“Bella, non ho visto nessun’altra
della vostra bellezza più perfida
e più traditrice nel suo cuore.”

“Signore, la civetta vi dà il malaugurio,
perché c’è chi si incanta davanti a un dipinto
e chi aspetta la manna.
PASTERECZKA


Pod płotem wszedłwszy na steczkę
Spotkałem raz pastereczkę,
Wielce nadobną dzieweczkę,
Wieśniaczkę, córkę wieśniaczki,
Miała płócienną bluzeczkę,
Chusteczkę i sukieneczkę,
Pończoszki oraz drewniaczki.

Natychmiast doń przystępuję:
„Dzieweczko, żal mnie zdejmuje,
Zimno tu, a wicher duje”,
Wieśniaczka zaś odpowiada:
„Ja doskonale się czuję
I wiatrem się nie przejmuję,
Wesołam sobie i rada”.

„Dzieweczko mówię, przychodzę,
Chociaż mi nie jest po drodze,
Litość przymusza mnie srodze
Potowarzyszyć wieśniaczce,
Bo nie przystoi niebodze
Bydełko pasać we trwodze,
Samiutkiej jednej biedaczce”.

„Jestem prostaczka, mój panie,
I swoje mam rozeznanie,
Idź sobie, lepiej się stanie” –
Tak odpowiada wieśniaczka –
„Miej o swym stanie staranie,
Niech każdy co chce dostanie,
Choć rzecz się wydaje łatwa”.

„Miła, tyś piękna i drobna,
Do chłopki nic nie podobna,
Pewnie twa matka czcigodna
Poczęła ciebie z rycerzem,
Prawda to jest niezawodna,
Żeś jest tym więcej nadobna,
Im więcej patrzę na ciebie”.

„Panie, rodzina ma cała
Rolą się z dawna parała,
Siała, zbierała, orała” –
Tak odpowiada wieśniaczka –
„Rycerzem być żadna chwała,
Praca by wam się przydała,
Zamiast waszego próżniactwa”.

„Więc pastereczko ma miła,
Wróżka to pewnie sprawiła,
Żeś na świat się narodziła
Jako najgładsza wieśniaczka,
A jeszcze gładszą byś była,
Gdybyś tak się położyła
Wraz ze mną
U tego krzaczka”.

„Panie, kto roi głupoty
Prędko mu idą zaloty,
Wziąłbyś mnie, wierzę, w obroty” –
Tak odpowiada wieśniaczka –
„Ale ja nie mam ochoty
Postradać mej lubej cnoty,
Jak byle jaka łajdaczka”.

„Dzieweczko, przyznam bez sprzeczki,
Żem dotąd nie znał dzieweczki
O tak złośliwej jadaczce”.

„Panie, tak mędrzec powiada,
Że manna, gdy z nieba spada,
To jeden je, drugi patrzy”.


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