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Georges Brassens: Supplique pour être enterré à la plage de Sète

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Versione in italiano di Andrea BURIANI.
SUPPLICA PER ESSER SEPOLTO NELLA SPIAGGIA DI SÈTE

Io e la Morte no, non siamo buoni amici,
dacchè le seminai fiori nelle narici:
mi sta inseguendo a capofitto!
Siccome può trovarmi in qualsiasi momento,
io lo compilo adesso questo mio testamento,
e mi concedo un poscritto.

Nel calamaio blu del golfo di Lione,
tuffa la penna tu, notaio birbaccione
e scrivi bene, nel tuo studio
che ne sarà di me, quando entreranno in crisi
l'anima e il corpo che volendosi divisi,
divorzieranno con ripudio.

Quando l'anima andrà a posarsi volentieri
con le donzelle, coi dolci barricadieri,
con le commesse e i galeotti,
chiedo che gli ossi miei, già sgangherati e grigi,
nel mio vagone letto, passante per Parigi,
a Sète vengano condotti.

Anche perchè il mio sepolcro familiare,
affollato com'è, potrebbe anche scoppiare!
Non posso avere la pazienza
di attender che da lì qualche decano esca,
e il fatto che la mia carcassa sia più fresca
mica le da la precedenza.

In riva al mare voi scavatemi la fossa,
così che i flutti blu mi bagneran le ossa;
un soffice e accogliente nido!
Farete in modo che qualche allegro delfino,
fedele compagnia di quand'ero bambino,
mi riconosca dal mio lido.

Conosco un posto in cui, se c'è una baraonda,
Nettuno non avrà mai l'aria furibonda.
E a chi ha un naufragio imprevisto
il Capitano fa: "Comando io la truppa!
Minuite di champagne e vino la scialuppa,
e chi s'è visto, si è visto!"

Fu a quindici anni che io mi recai laggiù
(da solo, a quell'età, non ti diverti più).
Conobbi lì il primo amorazzo:
una Sirena lei, tutt'altro che maldestra
e fu d'amor la mia primissima maestra,
tra i singulti e l'imbarazzo.

Mi volgo a Valéry, con tanto di cappello:
non farò come lui, io, insulso menestrello;
Maestro non la prenda a male,
ma se il suo verso è del mio più altisonante,
il mio giaciglio sia del suo più stimolante,
per chi vi ha il suolo natale.

Io voglio che la mia tomba tra cielo e mare,
sia sempre in grado di stupire e innamorare
e non che sembri la mia gabbia.
Ma serva, casomai, alle donne in bikini,
per denudarsi e faccia dire ai bambini:
"Che bello è quel castel di sabbia!"

Sul mio avello, o sennò, almeno lì vicino
è mia volontà che ci piantate un pino,
come un ombrello naturale.
Così difenderà da ogni insolazione
l'amico che mi fa sincera concessione
di un omaggio floreale.

E dalla Spagna a me, e anche dall'Italia,
piene d'odori e di una musica che ammalia,
venti maestrali e tramontane
porteran sulla mia ultima pennichella
la lieta melodia che fa la tarantella
che fa il fandango e la sardana.

E se qualcuna poi l'userà come un letto,
e si addormenterà sopra il mio cataletto,
senza costume nè parei,
perdonami Gesù, e te lo chiedo già,
se l'ombra della mia croce si stenderà,
concupisciente, su di lei.

Povere voi, Maestà, e tu Napoleòn,
e le celebrità sepolte al Panteòn,
povera illustre rinomanza!
Che invidia avrete voi di questo villeggiante
che col suo pedalò, sulla marea montante,
passa la morte in vacanza.

Che invidia avrete voi di questo villeggiante
che col suo pedalò, sulla marea montante,
passa la morte in vacanza.
LA SPIAGGIA

Quella carogna che non mi ha perdonato
d'aver dei fiori nel suo naso piantato
è divenuta il mio tormento.
Se dai becchini ora sono pressato,
io la vendetta ho già meditato:
è una postilla nel mio bel testamento.

Prendi penna, carta e calamaio,
annota bene, mio buon notaio
e scrivi in bella calligrafia
quel che sarà di questo corpo
quando con l'anima non ci sarà accordo
e allora senza un rimpianto lei volerà via.

Quando lei sarà ormai già lontana,
sulle orme di Fata Morgana,
ben oltre i tetti di Normandia,
che sia portato il mio corpo
su "vagon-lit" al suo ultimo porto
sull'arenile di Sète, la mia terra natia.

Al cimitero il posto a me destinato
da molto tempo è già stato occupato:
colma è la tomba di famiglia.
Dire a qualcuno :"Fatemi posto"
o "Largo ai giovani" non sembra onesto,
e aspettar che uno esca di là non posso.

Vicino ai flutti, proprio sul lungomare
laggiù una fossa allora fate scavare
e che sia una nicchia ben accogliente.
Con i delfini, d'infanzia miei amici,
dove ho trascorso i miei giorni felici,
dove io possa sentirmi ancora in mezzo alla gente.

Su quelle onde anche se infuria "Nettuno"
non lo prende mai sul serio nessuno
e se vi naufragia anche un battello
"Io sono il maitre-dice il capitano-
ciascuno salvi il suo fiasco di vino,
coraggio, amici, che ora viene proprio il più bello.

A qundici anni fu proprio laggiù
quando da solo ormai non ti basti più
che ho conosciuto il mio primo amore.
Fu una sirena e una donna-pesce
mi insegnò come presto si cresce
quando ingoi quella spina che chiaman dolore.

La mia tomba, tra la terra e il cielo
un'ombra triste non farà davvero,
ma la più "charmant" da lì all'orizzonte,
un paravento sarà a voi bagnanti
e al mio castello non sarete distanti
se di un bambino felice seguirete le impronte.

Forse troppo ora è domandare
che sul mio campo vogliate piantare
un pino ad ombrello di preferenza,
per evitare le insolazioni
alle coppiette di buone intenzioni
che si ameranno all'ombra della mia accoglienza.

Quando "Mistral" e "Tramontana",
ora di Spagna, ora d'Italia lontana
musiche e odori mi porteranno,
voci lontane di villanelle
e dolci suoni di "tarantelle",
di "fandabgo" e "sardane" mi culleranno.

E quando un'onda dall'aspetto gentile
per il suo letto scambierà il mio arenile,
dormendo, nuda, di un sonno profondo,
se un'ombra a croce la sfiorerà,
chiedo perdono a chi lo giudicherà
un non dovuto piacer per chi non è in questo mondo.

Poveri Cesari, Re e Napoleon,
poveri resti che, seppur nel Pantheon,
condividete una sola stanza,
invidierete quel villeggiante
che in pedalò, dalla riva distante,
passa la morte sua in vacanza;
invidierete quel villeggiante
che in pedalò, dalla riva distante,
vive la sua morte in vacanza.






































































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