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Georges Brassens: Supplique pour être enterré à la plage de Sète

GLI EXTRA DELLE CCG / AWS EXTRAS / LES EXTRAS DES CCG
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Traduzione letterale. Pedissequa, ma traduce esattamente lo spirito di Brassens
LA SPIAGGIA

Quella carogna che non mi ha perdonato
d'aver dei fiori nel suo naso piantato
è divenuta il mio tormento.
Se dai becchini ora sono pressato,
io la vendetta ho già meditato:
è una postilla nel mio bel testamento.

Prendi penna, carta e calamaio,
annota bene, mio buon notaio
e scrivi in bella calligrafia
quel che sarà di questo corpo
quando con l'anima non ci sarà accordo
e allora senza un rimpianto lei volerà via.

Quando lei sarà ormai già lontana,
sulle orme di Fata Morgana,
ben oltre i tetti di Normandia,
che sia portato il mio corpo
su "vagon-lit" al suo ultimo porto
sull'arenile di Sète, la mia terra natia.

Al cimitero il posto a me destinato
da molto tempo è già stato occupato:
colma è la tomba di famiglia.
Dire a qualcuno :"Fatemi posto"
o "Largo ai giovani" non sembra onesto,
e aspettar che uno esca di là non posso.

Vicino ai flutti, proprio sul lungomare
laggiù una fossa allora fate scavare
e che sia una nicchia ben accogliente.
Con i delfini, d'infanzia miei amici,
dove ho trascorso i miei giorni felici,
dove io possa sentirmi ancora in mezzo alla gente.

Su quelle onde anche se infuria "Nettuno"
non lo prende mai sul serio nessuno
e se vi naufragia anche un battello
"Io sono il maitre-dice il capitano-
ciascuno salvi il suo fiasco di vino,
coraggio, amici, che ora viene proprio il più bello.

A qundici anni fu proprio laggiù
quando da solo ormai non ti basti più
che ho conosciuto il mio primo amore.
Fu una sirena e una donna-pesce
mi insegnò come presto si cresce
quando ingoi quella spina che chiaman dolore.

La mia tomba, tra la terra e il cielo
un'ombra triste non farà davvero,
ma la più "charmant" da lì all'orizzonte,
un paravento sarà a voi bagnanti
e al mio castello non sarete distanti
se di un bambino felice seguirete le impronte.

Forse troppo ora è domandare
che sul mio campo vogliate piantare
un pino ad ombrello di preferenza,
per evitare le insolazioni
alle coppiette di buone intenzioni
che si ameranno all'ombra della mia accoglienza.

Quando "Mistral" e "Tramontana",
ora di Spagna, ora d'Italia lontana
musiche e odori mi porteranno,
voci lontane di villanelle
e dolci suoni di "tarantelle",
di "fandabgo" e "sardane" mi culleranno.

E quando un'onda dall'aspetto gentile
per il suo letto scambierà il mio arenile,
dormendo, nuda, di un sonno profondo,
se un'ombra a croce la sfiorerà,
chiedo perdono a chi lo giudicherà
un non dovuto piacer per chi non è in questo mondo.

Poveri Cesari, Re e Napoleon,
poveri resti che, seppur nel Pantheon,
condividete una sola stanza,
invidierete quel villeggiante
che in pedalò, dalla riva distante,
passa la morte sua in vacanza;
invidierete quel villeggiante
che in pedalò, dalla riva distante,
vive la sua morte in vacanza.




































































SUPPLICA PER ESSERE SEPOLTO NELLA SPIAGGIA DI SÈTE

La Commare secca (1), che non mi ha mai perdonato
di aver seminato dei fiori nei buchi del suo naso,
mi perseguita con un zelo imbecille.
Allora, circondato da vicino dalle sepolture
ho pensato bene di aggiornare il mio testamento,
di pagarmi un codicillo.

Intingi nell’inchiostro blu del Golfo del Leone,
intingi, intingi la tua penna, o mio vecchio scribacchino
e con la tua più bella calligrafia,
annota quello dovrebbe accadere al mio corpo
quando la mia anima e lui non andranno più d’accordo
che su un solo punto: la rottura.

Quando la mia anima avrà preso il volo all’orizzonte
verso quella di Gavroche (2) e di Mimì Pinson (3)
quelle delle ragazzacce, delle donnine allegre,
che il mio corpo sia riportato verso il suolo natale,
in una carrozza letto del “Parigi-Mediterraneo”
ultima stazione: Sète.

La mia tomba di famiglia, purtroppo, non è proprio nuovissima,
volgarmente parlando, è piena come un uovo
e se aspetto che qualcuno ne esca
si rischia di fare tardi, e io non posso
dire a quei poveretti: allora, stringetevi un po’,
largo ai giovani in qualche modo.

Proprio al bordo del mare, a due passi dalle onde blu
scavate se possibile una piccola buca morbida,
una graziosa piccola nicchia.
Vicino ai miei amici d’infanzia, i delfini,
lungo la riva, dove la sabbia è così bella
sulla spiaggia della Corniche.

E’ una spiaggia in cui anche nei suoi momenti peggiori
Nettuno non si prende mai troppo sul serio,
o quando una nave fa naufragio
il capitano grida: ”Sono il comandante!
si salvi chi può, prima il vino ed il pastis,
ognuno la sua bottiglia, e coraggio”,

Ed è lì che una volta a quindici anni suonati,
l’età in cui divertirsi da soli non basta più,
ho avuto la mia prima storia d’amore.
Accanto ad una sirena, una donna pesce
ho ricevuto la mia prima lezione d’amore,
ho ingoiato la prima spina.

Resi i dovuti onori a Paul Valéry,
io, umile menestrello, rincaro la dose,
il buon maestro me lo perdoni.
Ma almeno, se i suoi versi valgono più dei miei,
che il mio cimitero sia più marino (4) del suo,
e non me ne vogliano gli autoctoni.

Questa tomba a panino, tra il cielo e l’acqua
non darà un aspetto triste al quadretto
ma un fascino indefinibile.
Le bagnanti se ne serviranno da paravento
per cambiarsi d’abito, e i bambini
diranno: “carino! un castello di sabbia!”

E’ troppo chiedere… sul mio piccolo appezzamento,
piantate, vi prego, una specie di pino,
possibilmente un pino ad ombrello.
Che saprà difendere dall’insolazione
i cari amici venuti a fare sulla mia concessione
delle affettuose riverenze

A volte provenienti dalla Spagna, a volte dall’Italia
stracarichi di profumi e di belle musiche,
il Mistral e la Tramontana,
sul mio ultimo sonno verseranno gli echi
di Villanella un giorno, un giorno di Fandango,
di Tarantella, di Sardana.

E quando, usando il mio tumulo come un cuscino,
una ondina verrà gentilmente a sonnecchiare
con poco o di niente per costume,
io chiedo perdono in anticipo a Gesù
se l’ombra della mia croce ci si inchina un poco sopra
per una piccola gioia postuma.

Poveri re, faraoni, povero Napoleone
poveri illustri defunti che giacete nel Pantheon,
povere ceneri di conseguenza
voi invidierete un poco l’eterno villeggiante
che va in pedalò sull’onda sognando
che passa la sua morte in vacanza,

voi invidierete un poco l’eterno villeggiante
che va in pedalò sull’onda sognando
che passa la sua morte in vacanza

(1) La Camarde (qui tradotto per analogia con il romanesco “Commare secca” del Belli) è una figura allegorica della morte, che viene rappresentata di solito con l’aspetto di uno scheletro. Il nome deriva dall’aggettivo “camard” che vuol dire “con il naso piatto”. La Camarde era dunque la rappresentazione scheletrica della morte poiché il cranio non possiede naso.

(2) Gavroche è un personaggio del romanzo I Miserabili di Victor Hugo. È un monello di strada, molto giovane ma furbo e smaliziato, perfettamente a suo agio nei bassifondi parigini che ha eletto a sua dimora.

(3) Mimì Pinson è la sartina povera ma allegra e felice di un racconto di Alfred De Musset, figura ripresa poi da diversi autori e anche nel cinema

(4) Paul Valéry, nato a Sète come Brassens, è autore di una celebre poesia "Le cimetière marin".


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