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La guerra di Piero

Fabrizio De André
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EBRAICO /HEBREW [3]
LA GUERRA DI PIERO

Riposi per sempre (1) in un campo di grano (2),
non una piccola (3) rosa, non il giglio (4),
ti fa la guardia (5) al crepuscolo (6),
ma una scorta (7) di papaveri rossi.

“Sì, sulle sponde del torrente di casa
solo il pesce-san-pietro (8) andrà a navigare (9) ,
e non i cadaveri dei portatori di spada (10)
portati (11) sulla (12) corrente”

Così dicevi, in un giorno d’inverno,
agli altri, quando dalle retrovie (13)
insieme a loro marciavi, e di fronte a te
inferno (14), e neve ti sputa in faccia

Fermati Ti prego, Piero, ti prego fermati
E lascia che il vento passi un poco,
a portare la voce dei morti nell’esercito (15):
dettero la vita (16) e ricevettero una lapide (17).

Ma non l’ascoltasti, il tempo passò
tempo della fine dell’inverno, mese di Hadàr (18) ,
tutto fioriva e germogliava intorno,
là al fronte, un bel giorno di Primavera.

Mentre marciavi, l’anima sulle spalle (19)
Ecco un uomo in fondo alla valle,
esattamente come te sta pensando (20) ,
ma la divisa (21), è la divisa del nemico.

Sparagli, Piero, sparagli una volta,
E se non basta, spara un’altra volta,
finché non cada, impallidisca e taccia (22)
e copra il suo sangue rosso.

“Ma se gli sparo in cuore od in fronte
questa non si chiama guerra, ma assassinio,
ed in più, vedrò gli occhi del soldato
nel momento in cui incontra il fato (23).

E mentre tu ti fai premura,
ecco, improvvisamente lui si volta,
lui vede ed ha paura di te,
e non ti ricambia la cortesia.

Così sei caduto, senza una voce di lamento (24) ,
ed anche hai capito, nello stesso momento,
che tempo a te non sarebbe rimasto
anche per avere il perdono (25) dai peccati (26) .

Così sei caduto, senza una voce di lamento,
ed anche hai capito, nello stesso momento,
che la tua strada, nella vita finiva
ed anche che non ci sarà un ritorno.

“Mia Ruty (27), se il tuo cuore ancora ascolta,
perché? E perché morire di Primavera (28)?
Mia Ruty, se avessi potuto scegliere,
era meglio per me morire in un giorno di gelo (29) !”

Mentre ti ascolta solo il grano nel campo,
tra le mani trattenevi il fucile
e tra le tue labbra serrate (30)
parole d’addio che restarono lì ghiacciate.

Riposi per sempre in un campo di grano,
non una piccola rosa, non il giglio,
ti fa la guardia al crepuscolo ,
ma una scorta di papaveri rossi.




tomerpiero
NOTE di Daniel Shalev alla sua traduzione
Daniel Shalev's TRANSLATION NOTES
NOTES A LA TRADUCTION de Daniel Shalev

(1) Per ragioni di metrica ho dovuto cambiare il”sepolto” con il “riposi per sempre”.

(2) Dagàn è propriamente cereale in generale.

(3) Kat è la forma poetica di Katàn.

(4) Shoshàn è propriamente il giglio. Il termine botanico è shoshàn tzachòr (giglio candido). Shoshanà è spesso erroneamente identificata con rosa, benché il nome botanico della rosa sia Vèred. Varòd è il colore rosa.

(5) Lishmòr significa fare la guardia, ma anche proteggere, ecc.

(6) Pluralia tantum. Sostituisce i fossi per far rima con adumìm.

(7) Mishmàr kavòd, infatti, è la scorta d’Onore...

(8) l’Amnùn (pesce S. Pietro) è il tipico pesce del Giordano e del Lago Tiberiade. Infatti si chiama pesce S. Pietro, perché era quello che... pescava S. Pietro! Il nome ebraico deriva da Em (madre) e Nun (termine arcaico per pesce), perché questo pesce usa “ingioiare” gli avannotti, per proteggerli dai pericoli. Letteralmente amnun significa “Pesce-mamma”. In Arabo è conosciuto col nome di Musht.

(9) Latzèt leshàit (letteralmente uscire per una navigata) ha il senso di andare a fare una crociera, un giro in barca.

(10) Cioè i portatori d’armi, i soldati.

(11) Nota che il verbo lassèt significa portare... un peso, quindi anche... sopportare. Nota la differenza con Lehavì (portare da qualche posto, quindi, semmai, trasportare).

(12) Alèi=Al. Forma poetica della preposizione, ottima per... la metrica!

(13) Òref (sing.) propriamente nuca, ma anche retrovie. Pikùd haOref=(in Inglese) Home Front.

(14) Qui molto appropriato, invece del più noto Gheenòm (Geenna!). Infatti l’Inferno dantesco è reso in Ebraico proprio con Tòfet e la locuzione Esh-tofet significa Fuoco d’inferno.

(15) Metìm batzvà=morti nell’esercito, qui intesi per “morti in guerra”. L’uso della parola tzavà è stato derteminato dalla rima con “matzevà”.

(16) Natnù hachaìm è la forma poetica di natnù et hachìm.
Ovviamente, trattandosi di una canzone in ebraico, non si può mettere la croce, ma il corrispondente: la lapide, con lo stesso significato.

(17) Ovviamente, trattandosi di una canzone in ebraico, non si può mettere la croce, ma il corrispondente: la lapide, con lo stesso significato.

(18) Corrispondente al mese di Febbraio-Marzo, che, in Israele segna l’inizio della Primavera. Inoltre è considerato un mese gioioso, per la festa di Purìm (il carnevale ebraico) che cade alla metà di questo mese.

(19) Shéchem (singolare) è la parte superiore della schiena. In italiano corrisponde a: le spalle.

(20) Nota la sfumatura tra il verbo leharer (pensare pensieri) e lachshòv (pensare a qualcosa di concreto).

(21) Madìm (divisa) in ebraico è plurale.

(22) La parola dom, come anche il verbo, usato generalmente, come qui solo nella forma al futuro idòm, significa propriamente “stare in silenzio immobile” (le due azioni insieme). Oltre al significato di “morire” come in questo caso e nella famosa canzone “Ha sela haadom”, si ricordi che “Amòd-dòm!” significa “Attenti” (mentre “Amòd-nòach!” significa: “Riposo!”.

(23) Nota la forma di scrittura ‘popolare’ con la tav seguita da un apostrofo, al posto della particella ‘et’ che, come noto, in ebraico precede il complemento oggetto che ha l’articolo detrminativo.

(24) Ièga è propriamente la fatica, ma qui in senso di peso insopportabile. Quindi la voce della fatica è qui intesa il lamento... e poi mi serviva la rima con... règa!

(25) Dal verbo Lechapèr viene la parola Kippùr.

(26) Avòn=peccato, generalmente perpetrato nei confronti di qualcuno.

(27) Vezzeggiativo di Ruth, classico nome di “ragazza”, corrispondente a… Ninetta!

(28) Nota che mi sono allontanato dal testo originale, ma… è poetico, no?

(29) E qui nota che, nonostante il significato sia completamente diverso, la parola kfòr=gelo, si scrive esattamente come… Kippùr!

(30) Letteralmente: sigillate


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