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La guerra di Piero

Fabrizio De André
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LA GUERRA DI PIER-SILVIO
Sonnecchi sepolto sul suol seminato,
steso soltanto su stelo spiumato,
salici secchi sorveglian silenti,
sulla salma steli stupefacenti

sulle sponde, sul sentiero
spero scendano sardine serene
scorrono solo salme sopite
scorre sangue, soldati spenti.

Sì sussurravi, solo senza scorte
Similmente soci satanica sorte
Soldati silenziosi senza speranza
Soffi sputano sporca sostanza.

Stop, soldato!stop subito!
Saranno soffi sputanti silenzio
Sorreggi sorti sulle spalle
Soldati scomparsi, sortirono simbolo sacro

Senza sentire, scorrevan stagioni
Subitanee, serene, saltavano sambe
Solcasti stanco suolo straniero,
sorgeva sicuro sole sereno.

Salivi, spirito sopra spalle
Scorgesti soldato sulla strada
Soffriva stesse sensazioni sue,
solo schivava stranier schieramento.

Spara, soldato! Spara subito!
Sei, sette siluri seguitanti,
stop solo se sarà steso
sepolto sotto suo sangue.

Se spari sotto, sopra
Soffrirà sordide sensazioni
Starai scorgendo salma stesa
Scorgendo sguardo sanguinare.

Soldato, sentendosi salvato
Scatta, scorge soldato spaventato
Spara sicuro, senza sapere
Se salvato spara salvatore.

Stendesti supino senza soffrire
Sentisti subitaneamente
Scorrere stagioni
Supplicando scuse sue stoltezze.

Stendesti supino senza soffrire
Sentisti subitaneamente
sua sorte salire sui santi
Sapeva: salita senza sortita

Sorella, sotto sole soldato soffre
Serve soltanto sana speranza
Sorella, sorella, satanica sorte
Speravo soffrire senza sole

Semina sente sussurro soave
Stretto stringevi spingarda
Stretto stringevi sussurri
Senza sole, solo sangue

Sonnecchi sepolto sul suol seminato,
steso soltanto su stelo spiumato,
salici secchi sorveglian silenti,
sulla salma steli stupefacenti.
Dormi sepòlto in un campo di gràna
non è la ròsa non è la bandàna
che ti protèggon dai togati ròssi
ma son le truppe del senatur Bòssi.

"Adesso che sòno il presidènte
voglio che assòlti sian gli imputati,
che i cadàveri dei magistràti
vengano dàti in pasto alla gènte"

Così dicèvi ed eri al govèrno:
tanti casìni, una vita d'infèrno.
Sempre un po' trìste come chi bève
ma del potère comandi le lève.

Fermati Sìlvio, fermati adèsso,
quelli ti fànno passare per fèsso.
Dei perseguitàti porti la vòce:
"Chi diede la vita ebbe in cambio una croce".

Ma tu non udìsti la rava e la fàva
e dalla bòcca perdevi la bàva.
Però coronàsti la tua carrièra
in un bel giòrno di primavèra.

E mentre sentìvi girare le pàlle
vedesti un giùdice in fondo alla vàlle
che infastidìto dal tuo candòre
ti promettèva sangue e sudòre.

Ricusalo Sìlvio, ricusalo òra
e dopo una vòlta ricusalo ancòra,
fino a che tù non lo vedrai esàngue
scrivere 'fìne' a un processo che làngue.

"Se lo ricùso senza pudòre
le prove sùe non avran mai valòre
e il tempo a mè resterà per godére
d'averlo préso per il sedére".

E mentre gli tìri la fregatùra,
quello stravòlge la procedùra
e come gli USA in Normandìa
manda affancùlo la tua strategìa.

Ti ritrovàsti in un solo momènto
col culo a tèrra senza un lamènto
e la tua vita cambiò da quel giòrno,
senza possìbilità di ritòrno.

"Cesare mìo all'arrembàggio!
se gli procùro un buon appannàggio,
Cesare bèllo, vedrai il Padretèrno
ci tira fuòri da questo infèrno".

Ma neanche un pìrla ti stava a sentìre,
dalle tue màni sfuggivan le lìre,
dalla tua bòcca sfugivan paròle
che s'attaccàvan sotto le suòle.

Dormi sepòlto in un campo di gràne
non è la ròsa, ma son le bandàne
che ti fan véglia dall'ombra dei fòssi.
T'hanno mollàto anche quelli di Bòssi.


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