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Ozymandias

Percy Bysshe Shelley
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La versione del poeta Horace Smith.

OZYMANDIAS

Un viaggiatore ho incontrato, giunto da un paese antico,
mi disse: "Due immense gambe di pietra prive di tronco
si ergono nel deserto...Vicino ad esse sulla sabbia,
mezzo sepolto, giace un volto in frantumi, il cui cipiglio
e il corrugato labbro, e il ghigno di freddo comando,
rivelano che lo scultore assai bene colse quelle passioni
che ancora sopravvivono -impresse in quegli oggetti senza vita-
a quella mano che le raffigurò e all'anima che le nutrì.

E sopra il piedistallo stanno incise queste parole:
"Ozymandias è il mio nome, il Re dei Re:
guardate alle mie opere, o potenti, e disperate!"

Null'altro rimane. Attorno allo sfacelo
di quel rudere immenso, sconfinato e nudo,
si stende delle sabbie, solitario, il piano.

OZYMANDIAS

In Egypt's sandy silence, all alone,
Stands a gigantic Leg, which far off throws
The only shadow that the Desert knows:—
"I am great OZYMANDIAS," saith the stone,
"The King of Kings; this mighty City shows
"The wonders of my hand."— The City's gone,—
Nought but the Leg remaining to disclose
The site of this forgotten Babylon.

We wonder,—and some Hunter may express
Wonder like ours, when thro' the wilderness
Where London stood, holding the Wolf in chace,
He meets some fragment huge, and stops to guess
What powerful but unrecorded race
Once dwelt in that annihilated place.


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