| Traduzione francese da Yidlid - Chansons yiddish |
IL MOTIVETTO DI KIŠINËV 1 | LE PETIT AIR DE KICHINEV |
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Sonatemi dunque, musicanti 2 | Jouez-moi donc, musiciens, |
il motivetto di Kišinëv, | Le petit air de Kichinev |
Ma con brio. 3 | Mais avec maestria |
Sono affamato e assonnato, | Affamé et épuisé |
scalzo e gnudo, | Nu et nu-pied |
in tasca non ho manco un soldo. 4 | Dans la poche, pas un centime. |
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Il mondo intero è mio, | Le monde entier m'appartient, |
e io sono di tutto il mondo: | Et j'appartiens au monde entier |
è un fatto già appurato. | C'est un fait avéré |
E se non mi si crederà, | Et si l'on ne me croyait pas |
se me lo si domanderà, | Si quelqu'un me demandait |
potrei mostrargli un contratto. | Je pourrais lui montrer un contrat |
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Pene e dolori, sofferenze e ambasce, 5 | Soucis et chagrins, peines et souffrances, |
di questo, vedete, ne ho pieno un sacco. | De cela, vous voyez, j'en ai plein ma besace |
non ho niente, non mi serve niente, | Je n'ai rien, je n'ai besoin de rien, |
non ho niente da perdere, | Je n'ai rien à perdre |
nessuno mi chiamerà un tipo strano. | On ne me traitera pas d'excentrique |
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Sonate dunque per me, musicanti, | Jouez donc pour moi musiciens |
il cuore mi si scioglierà dentro! | Jusqu'à me fendre le coeur |
Per i miei non sono altro che un relitto. | Pour la famille je suis un simple rebut |
Nessun sorriso per me, nessun complimento, | On ne me sourit pas, on ne me flatte pas |
ho visto di tutto ma non ho rubato niente, | Tout vu mais rien volé, |
per i miei parenti acquisiti 6 sono un accattone. 7 | Pour mon beau-père je suis un bosiak |
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I ricchi hanno troppo da mangiare, | Les riches ont trop à manger |
hanno lo stomaco pesante, | Leur estomac est lourd |
stanno rintanati nelle loro dacie. 8 | Ils sont entassés dans leurs datchas |
E io invece non mangio e non bevo nulla, | Et je ne mange pas, et je ne bois pas, |
il mio stomaco è vuoto | Mon estomac est vide, |
e allora più leggero mi do al ballo. | Je suis plus léger pour danser. |
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Sonate dunque per me, musicanti, | Jouez donc pour moi musiciens |
il cuore mi si scioglierà dentro! | Jusqu'à me fendre le coeur |
Di pene ne ho un sacco pieno, | Les soucis j'en ai plein le sac |
Sono affamato e assonnato, scalzo e gnudo, | Affamé et épuisé, nu et nu-pied |
in tasca non ho manco un soldo. | Dans la poche, pas un centime. |
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[1] Lo shtikele del titolo è, propriamente, il diminutivo di shtuk “pezzo; brano (musicale)”. In italiano si ha una scelta tra “arietta”, “motivetto”, “canzoncina” eccetera; ho scelto “motivetto”.
[2] Abbiamo qui il diminutivo (affettivo) -al plurale- di una delle parole yiddish più famose: klezmer. Si tratta dell'intera tradizione musicale degli ebrei ashkenaziti dell'est europeo. Klezmer è il nome della musica, derivato dall'ebraico כלי זמר (kley zemer, alla lettera “strumenti musicali”); i sonatori, o “musicanti” come qui ho tradotto, sono detti klezmorim. Su tutta la musica klezmer (da non scrivere “kletzmer”, come molti fanno) consiglierei la lettura dell'intero articolo di en.wikipedia, completissimo.
[3] Il termine yiddish knak significa “brio, splendore”. Ho visto che nelle versioni in francese e inglese è stato tradotto con “maestria”; ci può stare, ma non del tutto.
[4] Per “soldo” si usa qui un termine russo, piatak (пятак). Si tratta della comune monetina da cinque copechi (in russo: пять = “5”), che non valeva nulla allora come non vale nulla oggi. In russo si ha quindi il “cinquino” laddove noi abbiamo il “quattrino”.
[5] I termini sono qui tutti sinonimi e si sono usati, di conseguenza, quattro sinonimi italiani. Da notare che, nell'originale, a parte grizote tutti i termini per “pena, dolore”, appartenendo alla sfera intima e affettiva, sono di origine ebraica (tsore, agmes nefesh, yefurim). Per esprimere gioia, dolore, amore e odio lo yiddish ricorre quasi sempre a antiche parole bibliche.
[6] Il termine yiddish mekhutn (di origine ebraica) indica i "parenti acquisiti col matrimonio" (proprio o di un altro parente).
[7] Il termine bosiak, che nelle versioni in inglese e francese non viene tradotto, significa “accattone, mendicante”. Non è parola di origine russa, ma serba: božjak, ove è presente la radice panslava di “Dio” (Bog). Il “mendicante” è chi “invoca Dio” o “si affida a Dio”. A sua volta, si tratta di un'antichissima parola di origine iranica (baγ): è presente, tra le altre cose, nel nome (non arabo, ma iranico) della città di Bagdad, letteralmente "data da Dio" (baγ-dad).
[8] Parola russa oltremodo famosa (дача). Nonostante la grafia italiana (dacia), non ha nulla a che vedere con la storica regione ove si trova l'attuale Romania; indica, come è noto, la bella casa di campagna che, in Russia, è sempre stata sinonimo di agiatezza. Famose le dacie che nell'ex URSS venivano concesse ai papaveri del Partito o, comunque, alle persone in vista. Le prime dacie vennero costruite ai tempi di Pietro il Grande, e il loro carattere di privilegio è insito nel nome: дача (dača) è un sostantivo formato sulla radice del verbo “dare” (in russo дать dat', l'antichissimo verbo pan-indoeuropeo) e significa quindi “cosa data, concessione”.