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Brief an mein Kind

Ilse Weber
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Traduzione italiana di Rita Baldoni, docente di lingua tedesca...
BRIEF AN MEIN KIND

Mein lieber Junge, heute vor drei Jahren
bist ganz allein du in die Welt gefahren.
Noch seh ich dich am Bahnhof dort in Prag,
wie du aus dem Abteil verweint und zag
den braunen Lockenkopf neigst hin zu mir
und wie du bettelst: lass mich doch bei dir!

Dass wir dich ziehen ließen, schien dir zu hart-
Acht Jahre warst du erst und klein und zart.
Und als wir ohne dich nach Hause gingen,
da meinte ich, das Herz müsst mir zerspringen
und trotzdem bin ich froh, du bist nicht hier.

Die fremde Frau, die sich deiner angenommen,
die wird einst sicher in den Himmel kommen.
Ich segne sie mit jedem Atemzug-
wie du sie liebst ist doch nie genug.
Es ist so trüb geworden um uns her,
man nahm uns alles fort, nichts blieb uns mehr.
Das Haus, die Heimat, nicht ein Winkel blieb,
und nicht ein Stückchen, das uns wert und lieb.
Sogar die Spielzeugbahn, die dir gehört
Und deines Bruders kleines Schaukelpferd…
Nicht mal den Namen hat man uns gelassen:
Wie Vieh gezeichnet gehen wir durch die Gassen:
mit Nummern um den Hals. Das macht’ nichts aus,
wär ich mit Vater nur im gleichen Haus!
Und auch der Kleine darf nicht bei mir sein…
Im Leben war noch nie ich so allein.
Du bist noch klein, und drum verstehst du’s kaum…
So viele sind gedrängt in einem Raum.
Leib liegt an Leib, du trägst des anderen Leid
und fühlst voll Schmerz die eigene Einsamkeit.

Mein Bub, bist du gesund und kernst du brav?
Jetzt singt dich niemand wohl mehr in den Schlaf.
Manchmal des Nachts, da will es scheinen mir,
als fühlte ich dich neben mir.

Denk nur, wenn wir uns einmal wiedersehen
Dann werden wir einander nicht verstehen.
Du hast dein Deutsch schon längst verlernt in Schweden
und ich, ich kann doch gar nicht schwedisch reden.
Wird das nicht komisch sein? Ach wär’s doch schon,
dann hab ich plötzlich einen großen Sohn…

Spielst du mit Blechsoldaten noch so gerne?
Ich wohn’ in einer richtigen Kaserne,
mit dunklen Mauern und mit düst’ren Räumen
von Sonne ahnt man nichts, von Laub und Bäumen.
Ich bin hier Krankenschwester bei den Kindern
Und es ist schön, zu helfen und zu lindern.
Nachts wache ich bei ihnen manches Mal,
die kleine Lampe hellt nur schwach den Saal.
Ich sitze da und hüte ihre Ruh,
und jedes Kind ist mir ein Stückchen „du“.
Mancher Gedanke fliegt dann hin zu dir
Und trotzdem bin ich froh, du bist nicht hier.

Und gerne litt’ ich tausendfache Qualen,
könnt ich ein Kinderglück damit bezahlen…
Jetzt ist es spät und ich will schlafen gehen.
Könnt ich dich einen Augenblick nur sehn!
So aber kann ich nichts als Briefe schreiben,
die voller Sehnsucht sind- und liegen bleiben…

LETTERA A MIO FIGLIO

Figlio mio caro, oggi di tre anni fa
sei partito per il mondo tutto solo.
Ti rivedo ancora là alla stazione di Praga,
dallo scompartimento, gonfio di lacrime e impaurito
inclinare verso me i riccioli castani
e implorare: fammi stare con te.
Duro t’è parso che t’abbiam fatto partire,
otto anni avevi soltanto ed eri piccolo e tenero.
E quando tornammo a casa senza te
mi sembrò che il cuore m’andasse in pezzi.
Ho pianto molto spesso, credimi,
eppure son felice che tu non sia qui.
Andrà un giorno in cielo di sicuro
la signora straniera che ti ha accolto.
Ad ogni respiro la benedico
e il tuo amore per lei non sarà mai troppo.
È così cupo attorno a noi,
tutto ci hanno portato via, nulla più ci è rimasto.
La casa, la terra natale, neanche più un cantuccio si è salvato
e neppure un qualcosa di caro.
Il tuo trenino persino
e il cavallino a dondolo di tuo fratello.
Neanche il nome ci hanno lasciato.
Con numeri intorno al collo
andiamo per vicoli marchiati come bestie
– ma ciò non sarebbe niente, se almeno fossi
con tuo padre nella stessa casa.
E neppure il piccolo può stare assieme a me,
mai in vita mia sono stata così sola.
Sei ancora piccolo e perciò non puoi capire
in quanti ci accalchiamo in una stanza.
Corpo sta a corpo e ti porti addosso la pena altrui
e senti la tua solitudine in un dolore estremo.
Figlio mio, sei in salute e studi da bravo?
Nessuno ti canta più ora per farti addormentare?
Talvolta di notte mi pare
di risentirti affianco a me.
Ma pensa, un giorno quando ci rivedremo,
non ci capiremo l’un l’altra.
In Svezia tu da lungo tempo hai già scordato il tuo tedesco
ed io, io non so parlare lo svedese.
Non sarà strano? Ah, fosse già arrivato il tempo
d’aver così d’un tratto un figlio grande.
Ti piace ancora tanto giocare con i soldatini di piombo?
Io abito in una caserma vera
con mura scure e stanze cupe.
Non si ha idea di ciò che il sole sia, né di fogliame o d’alberi.
Sono infermiera di bambini qui
ed è bello aiutare e lenire.
Di notte talvolta veglio su di loro,
una luce molto fioca illumina la sala.
Siedo là e vigilo sulla loro pace,
e ogni bimbo mi par che sia un pezzetto di te.
Allora mi vola via verso te più d’un pensiero –
eppure son felice che tu non sia qui.
La vita mi ha preso molto di bello
e quanta felicità ho appena toccato, con te, e subito perso.
Tuttavia lo sopporto di cuore, anche se talvolta è duro,
molto male ti è stato risparmiato.
E volentieri soffrirei mille tormenti,
se con essi potessi ricompensare la tua felicità di bimbo. –
Ora è tardi e voglio andare a dormire.
Ti potessi vedere anche solo un istante!
Non posso far altro invece che scrivere lettere
piene di nostalgia – e rimanere ferma con loro.


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