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D'un sirventes far en est son que m 'agenssa

Guilhem Figueira
Pagina della canzone con tutte le versioni


OriginaleTraduzione italiana del prof. Francesco Zambon.
D'UN SIRVENTES FAR EN EST SON QUE M 'AGENSSACONTRO ROMA (NON VOGLIO PIÙ TARDARE NÉ ESITARE ANCORA)
D'un sirventes far en est son que m 'agenssa
no•m vuolh plus tarzar ni far longa bistenssa,
e sai ses doptar qu'ieu n'aurai malvolenssa,
si fas sirventes
dels fals, d'enjans ples,
de Roma, que es caps de la dechasenssa,
on dechai totz bes.
Non voglio più tardare né esitare ancora
a comporre un sirventese su questa melodia che mi piace;
eppure non ho dubbi che mi procurerà sentimenti ostili
perché questo sirventese tratta
dei falsi e dei perfidi
di Roma, che è alla testa della decadenza
in cui degenera ogni bene.
No•m meravilh ges, Roma, si la gens erra,
que•l segle avetz mes en trebalh et en guerra, (1)
e pretz e merces mor per vos e sosterra,
Roma enganairitz,
qu etz de totz mals guitz
e cima e razitz, que•l bons reis d'Englaterra
fon per vos trahitz. (2)
Non mi stupisco, Roma, se la gente cade in errore,
perché hai gettato il mondo in tormento e in guerra
e pregio e pietà muoiono a causa tua e sono sotterrati,
Roma ingannatrice,
di tutti i mali guida,
cima e radice: tanto che il nobile re d'Inghilterra
è stato da te tradito.
Roma enganairitz, cobeitatz vos engana,
c'a vostras berbitz tondetz trop de la lana.
Lo sains esperitz, que receup carn humana, (3)
entenda mos precs
e franha tos becs.
Roma, no m'entrecs, car es falsa e trafana
vas nos e vas Grecs.
Roma bara, la cupidigia ti acceca:
alle tue pecorelle tondi troppo la lana.
Lo Spirito Santo che assunse carne umana
ascolti le mie preghiere
e spezzi il tuo becco.
Roma, non ti darò tregua: perché sei falsa e perfida
con noi e con i Greci.
Roma, als homes pecs rozetz la carn e l'ossa,
e guidatz los secs ab vos inz en la fossa:
trop passatz los decs de Dieu, car trop es grossa
vostra cobeitatz,
car vos perdonatz
per deniers pechatz. Roma, de gran trasdossa
de mal vos cargatz.
Roma, ai deboli di mente tu rodi la carne e le ossa
e guidi i ciechi con te dentro alla fossa;
trasgredisci i comandamenti di Dio, tanto grande
è la tua cupidigia:
in cambio di denaro
perdoni i peccati. Roma, di un pesante fardello
di male ti carichi.
Roma, ben sapchatz que vostra avols barata
e vostra foudatz fetz perdre Damiata. (4)
Malamen renhatz, Roma. Dieus vos abata
en dechazemen,
car trop falsamen
renhatz per argen, Roma de mal'esclata
e de mal coven.
Roma, sappi che il tuo vile mercato
e la tua follia hanno causato la perdita di Damietta.
Male ti comporti, Roma; Dio ti abbatta
e ti mandi in rovina,
perché ipocritamente
ti comporti per denaro, Roma di vile razza
e violatrice di patti.
Roma, veramen sai eu senes doptanssa
c'ab galiamen de falsa perdonanssa (5)
liuretz a turmen lo barnatge de Franssa
lonh de paradis,
e•l bon rei Loïs,
Roma, avetz aucis, c'ab falsa predicanssa
l traissetz de Paris. (6)
Roma, davvero io so con assoluta certezza
che sotto parvenza di falso perdono
hai mandato al supplizio la nobiltà di Francia,
lontano dal paradiso,
e che hai ucciso,
Roma, il nobile re Luigi: perché con false prediche
lo hai attirato fuori di Parigi.
Roma, als Sarrazis faitz vos pauc de dampnatge,
mas Grecs e Latis liuratz a carnalatge.
Inz el foc d'abis, Roma, faitz vostre estatge,
en perdicion.
fa Dieus part no•m don,
Roma, del perdon ni del pelegrinatge
que fitz d'Avinhon. (7)
Roma, ai Saraceni fai ben poco danno,
ma Greci e Latini li mandi al massacro.
Nel fuoco dell'abisso, Roma, hai eletto dimora,
nella perdizione.
Dio non mi faccia mai partecipe,
Roma, del perdono e del pellegrinaggio
che hai fatto ad Avignone.
Roma, ses razon avetz mainta gen morta,
e jes no•m sab bon, car tenetz via torta,
qu'a salvacion, Roma, serratz la porta.
Per qu 'a mal govern
d'estiu e d'invern
qui sec vostr'estern, car diables l'en porta
inz el fuoc d'enfern.
Roma, senza ragione hai ucciso molta gente
e non mi piace affatto la via tortuosa che segui,
perché alla salvezza, Roma, sbarri la porta.
Ha una pessima guida
in estate come in inverno
chi segue le tue orme, perché il diavolo lo trascina
nel fuoco dell'inferno.
Roma, be•is decern lo mals c'om vos deu dire,
quar faitz per esquern dels crestians martire.
Mas en cal quadern trobatz c 'om deia aucire
Roma•ls crestians?
Dieus, qu es verais pans
e cotidians, me don so qu’eu desire
vezer dels Romans.
Roma, è facile dirti il male che meriti,
dato che per scherno martirizzi i cristiani;
ma in quale libro trovi scritto che si debbano uccidere,
Roma, i cristiani?
Dio, che è il pane vero
e quotidiano, mi conceda di veder capitare
ciò che desidero ai Romani.
Roma, vers es pian que trop etz angoissosa
dels perdons trafans que fetz sobre Tolosa.
Trop rozetz las mans a lei de rabiosa,
Roma descordans.
Mas si•l coms prezans (8)
viu ancar dos ans, Fransa n’er dolorosa
dels vostres engans.
Roma, sei stata veramente assai sollecita
negli ipocriti perdoni che hai concesso a danno di Tolosa:
ti rodi le mani alla maniera di una rabbiosa,
Roma seminatrice di discordia.
Ma se il valoroso conte
vive ancora due anni, la Francia avrà motivo di dolersi
dei tuoi inganni.
Roma, tant es grans la vostra forfaitura
que Dieu e sos sans en gitatz a non-cura,
tant etz mal renhans, Roma falsa e tafura,
per qu’en vos s'escon
e•is magra e•is cofon
lo jois d'aquest mon. E faitz gran desmesura
del comte Raimon.
Roma, è cosl grande il tuo tradimento
che provochi il disprezzo di Dio e dei suoi santi;
ti comporti cosi male, Roma falsa e perfida,
che per te sparisce,
diminuisce e si dissolve
la gioia di questo mondo. E fai un grave oltraggio
al conte Raimondo.
Roma, Dieus l'aon e•lh don poder e forsa
al comte que ton los Frances e•ls escorsa,
e fa•n planca e pon, quand ab els se comorsa;
et a mi platz fort. (9)
Roma, a Dieu recort
del vostre gran tort, si•l plaz; e•l comte estorsa
de vos e de mort.
Roma, Dio aiuti e dia potere e forza
al conte che tonde i Francesi e li scortica,
calpestandoli sotto i suoi piedi quando li affronta:
che gioia per me!
Roma, Dio si ricordi
dei tuoi grandi torti; e gli piaccia sottrarre il conte
a te e alla morte.
Roma, be•m conort quez en abans de gaire
venrez a mal port, si l'adreitz emperaire (10)
mena adreich sa sort ni fai so que deu faire.
Roma, eu dic ver,
que•l vostre poder
veirem dechazer. Roma, lo vers salvaire
m 'o lais tost vezer.
Roma, mi consola il fatto che tra poco
andrai a finire male se il giusto Imperatore
segue senza deviare il suo destino e fa quello che deve.
Roma, in verità lo dico,
vedremo decadere
la tua potenza: Roma, il vero Salvatore
mi conceda di vederlo presto.
Roma, per aver faitz mainta vilania
e maint desplazer e mainta fellonia:
tant voletz aver del mon la senhoria
que ren non temetz
Dieu ni sos devetz,
anz vei que fazetz mais qu 'ieu dir non poiria
de mal, per un detz.
Roma, per denaro tu compi molte azioni spregevoli,
molte insolenze e molte vigliaccherie.
Tale è la tua smania di dominare il mondo
che nulla temi,
né Dio né i suoi divieti:
anzi vedo che fai dieci volte più male
di quanto io non sia in grado di dire.
Roma, tan tenetz estreg la vostra grapa
que so que podetz tener, greu vos escapa.
Si•n breu non perdetz poder, a mala trapa
es lo mons cazutz
e mortz e vencutz,
e•l pretz confondutz. Roma, la vostra papa
fai aitals vertutz.
Roma, tu stringi cosi forte i tuoi artigli,
che ciò che puoi afferrare difficilmente ti sfugge;
se al più presto non perdi la tua potenza, in trappola
sarà caduto il mondo:
sarà morto e sconfitto
e il pregio distrutto. Roma, il tuo papa
fa di questi miracoli.
Roma, cel qu 'es lutz del mon e vera vida (11)
e vera salutz, vos don mal'escarida,
car tans mals saubutz faitz, per que lo mons crida.
Roma desleials,
razitz de totz mals,
els focs enfernals ardretz senes falhida,
si non penssatz d'als.
Roma, Colui che è Luce del mondo, vera vita
e vera salvezza, ti mandi in malora,
perché tanti e cosi risaputi sono i tuoi misfatti, da far
gridare il mondo.
Roma sleale,
radice di ogni male,
nel fuoco infernale brucerai senza scampo,
se non cambi rotta.
Roma, als cardenals vos pot hom sobreprendre
per los criminals pecatz que fan entendre,
que non pensa n d'als, mas cum puoscan revendre
Dieu e sos amics,
e no•i val castics.
Roma, grans fastics es d'auzir e d'entendre
los vostres prezicx.
Roma, meriti biasimo a causa dei tuoi cardinali
per i criminali peccati di cui fanno parlare,
perché non pensano se non a come poter rivendere
Dio e chi lo ama;
e a nulla serve correggerli.
Roma, è disgustoso ascoltare e sentire
le tue prediche.
Roma, eu sui enics, car vostre poders monta,
e car grans destrics totz ab vos nos afronta,
car vos etz abrics e caps d'engan e d'onta
e de deshonor;
e•il vostre pastor
son fals trichador, Roma, e qui•ls aconta
fai trop gran follor.
Roma, sono indignato perché il tuo potere aumenta
e grande angoscia per causa tua ci opprime tutti:
sei rifugio e fonte di inganno, di vergogna
e di disonore.
I tuoi pastori
sono impostori e falsi, Roma, e chi li frequenta
fa davvero una cosa insensata.
Roma, mal labor fa•l papa, quan tensona
ab l'emperador pel dreich de la corona
ni•l met en error ni•ls sieus guerriers perdona; (12)
car aital perdos,
que non sec razos,
Roma, non es bos; enans qui l'en razona,
reman vergonhos.
Roma, male agisce il papa quando contende
all'imperatore il diritto alla corona,
lo dichiara in errore e concede il perdono ai suoi nemici:
un simile perdono
non conforme a ragione,
Roma, è ingiusto; e chi lo giustifica
si copre di vergogna.
Roma•l Glorios, que sofri mortal pena
en la crotz per nos vos done mal'estrena,
car voletz totz jors portar la borsa plena,
Roma de mal for,
que tot vostre cor
avetz en tresor; don cobeitatz vos mena
el fuoc que no mor
Roma, il Glorioso, che per noi soffrì mortale dolore
sulla croce, ti dia cattiva sorte,
perché vuoi sempre portare la borsa piena,
Roma di malaffare,
che hai il cuore tutto
volto al guadagno: per questo la cupidigia ti trascina
nel fuoco inestinguibile.
Roma, dei malcor, que portatz en la gola,
nais lo sucx, don mor lo mals e s'estrangola
ab doussor dei cor; per que•i savis tremola,
quan conois e ve
lo mortal vere
e de lai on ve (Roma, dei cor vos cola),
don li pieitz son ple.
Roma, dal rancore che porti nella gola
nasce il succo di cui muore e si strangola lo sventurato
sentendo in cuore dolcezza; perciò il saggio trema
quando riconosce e distingue
il mortale veleno
(e da dove viene: Roma, dal cuore ti cola!)
di cui sono colmi i petti.
Roma, ben ancse a hom auzit retraire
que•l cap sem vos te, per que•i faitz soven raire,
per que cug e cre qu'ops vos auria traire,
Roma, del cervel,
quar de mal capel (13)
etz vos e Cistel, qu’a Bezers fezetz faire
mout estranh mazel. (14)
Roma, si è sempre sentito raccontare
che la tua testa è vuota perché la fai spesso rasare.
Per questo penso e credo che bisognerebbe strapparti,
Roma, il cervello
perché un cappello d'infamia
portate tu e Cìteaux, che a Béziers avete ordinato
uno spaventoso massacro.
Rom,' ab fois sembel tendetz vostra tezura,
e man mal morsel manjatz, qui que l'endura,
caravetz danhel ab simpla gardadura,
dedins lops rabatz, (15)
serpens coronatz
de vibr'engenratz, per que•l diable•us cura (16)
coma•ls sieus privatz.
Roma, con esca ingannatrice tu tendi la tua rete
e mangi molti bocconi maledetti, chiunque ne sia vittima,
perché sotto il tuo innocente aspetto di agnello
si nascondono lupi rapaci,
serpenti coronati
nati da vipera: per questo il diavolo li accoglie
come suoi intimi.
Note a cura del prof. Francesco Zambon.‎

1) Si allude naturalmente alla Crociata contro gli Albigesi.‎


2) Giovanni Senzaterra, il cui nipote Ottone di Brunswick era stato scomunicato e deposto dal trono ‎di Germania a favore di Federico II.‎

3) La definizione di Cristo come Spirito Santo incarnato potrebbe rivelare un influsso della dottrina ‎catara (cfr. M. Picchio Simonelli, Lirica moralistica nell'Occitania del XII secolo: Bernart de
Venzac
, Modena, Mucchi 1974, p. 153).‎

4) Damietta era stata conquistata dai Saraceni nell' estate del 1221, a causa del rifiuto opposto dal ‎legato papale Pelagio alle proposte di pace del Sultano.‎

5) Riferimento all'indulgenza concessa dalla Chiesa ai nobili francesi che prendevano parte alla ‎Crociata albigese.‎

6) Il trovatore allude a Luigi VIII, che morì a Montpensier il 2 novembre 1226, subito dopo la presa ‎di Avignone.‎

7) Prima di conquistare Tolosa nel 1229, le truppe francesi espugnarono ancora una volta Avignone, ‎Béziers (quella del grande massacro di 20 anni prima) e Carcassonne, e Luigi VIII dichiarò che tutte ‎le terre conquistate agli eretici appartenevano di diritto alla corona di Francia e organizzò la ‎Linguadoca come un dominio del regno. [nota a cura di Bartleby]

8) Raimondo VII di Tolosa.‎

9) Quando Guilhem Figueira scriveva, il conte Raimondo non si era dunque ancora arreso ai ‎Francesi (11 aprile 1229).

10) L'imperatore Federico II, dal quale il trovatore spera sostegno alla causa tolosana.

11) Cristo; cfr. Gv. 1-5.

12) Nel conflitto tra Federico II e il papa Gregorio IX, Figueira - su posizioni che si potrebbero ‎definire “ghibelline” ante litteram - si schiera decisamente a favore dell'imperatore.‎

13) Il senso è: “avete una pessima reputazione”, con allusione ai cappelli infamanti che erano ‎obbligati a portare alcuni condannati.‎

14) La responsabilità del massacro compiuto a Béziers il 22 luglio 1209 (le fonti indicano tra le ‎‎7.000 e le 20.000 vittime) ricade essenzialmente sulle spalle dell'abate cistercense Arnaut Amalric, ‎che comandava l'esercito crociato e che, secondo il cronista tedesco Cesario di Heisterbach, non ‎potendo distinguere fra eretici e cattolici, avrebbe pronunciaro la terribile frase: “Uccideteli
tutti, Dio riconoscerà i suoi”
(a proposito della quale cfr. J. Berlioz, "Tuez-les tous, ‎Dieu reconnaitra les siens”. La Croisade contre les Albigeois vue par Césaire de Heisterbach, ‎Portet-sur-Garonne, Loubatières 1994).‎

15) Questa immagine (che risale a luoghi evangelici come Mt 7,15 e Lc 6,44) era corrente nel ‎medioevo. I Catari la usavano nella loro polemica antiromana; cfr. per esempio il trattato
apologetico “La Chiesa di Dio”: “[La Chiesa romana] perseguita e assassina chiunque non ‎voglia acconsentire ai suoi peccati e alle sue azioni. Essa non fugge di città in città, ma domina le ‎città, i borghi e le province e siede maestosamente nelle pompe di questo mondo; ed è temuta dai re, ‎dagli imperatori e dagli altri signori. Non è affatto come le pecore fra i lupi, ma come i lupi fra le ‎pecore e i capri [ ... ]. Soprattutto, perseguita e assassina la santa Chiesa di Cristo, la quale sopporta ‎tutto con pazienza, come fa la pecora che non si difende dal lupo. Eppure, in contrasto con tutto ciò, ‎i pastori della Chiesa romana non si vergognano di dire che sono loro le pecore e gli agnelli di ‎Cristo; e dicono che la Chiesa di Cristo, quella che perseguitano, è la Chiesa dei lupi. Ma questa è ‎una cosa assurda, perché una volta i lupi perseguitavano e uccidevano le pecore. Bisognerebbe che ‎oggi tutto andasse alla rovescia perché le pecore fossero diventate tanto feroci da mordere, inseguire ‎e uccidere i lupi” (La cena segreta, Trattati e rituali catari, a cura di F. Zambon, ‎Milano, Adelphi 1997, p. 361).‎

16) I serpenti coronati sono i vescovi e i prelati che portano la corona, cioè la mitria; per il ‎riferimento alla “razza di vipere”, cfr.Mt 3,7 e Lc,7.‎


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