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Le Mat

Germano Bonaveri
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OriginaleVersione spagnola dall'album La hora de la sombra roja
LE MAT

Da millenni abitavo in mezzo al mare,
come un cucchiaio conficcato in un budino:
sopra la testa un alto cielo azzurro,
sotto ai miei piedi, un altro cielo uguale.

Invece un giorno ipotizzai un nuovo mattino
così decisi ingenuamente di salpare
verso altra vita, ben oltre la deriva
che l’esistenza mia sembrava assecondare.

Poi all’improvviso Tempesta mi sorprese:
Oceano, in piedi, mi bloccava dal terrore,
d’un solo schianto la barca mia si arrese
e naufragai sulle spiagge dell’errore.

Chiamatemi pure matto,
che il seme della follia
non è un difetto,
non è una malattia.
Io sono l’unico che un numero non ha:
non ha indirizzo la vera libertà.
Perciò si dica matto,
che è meglio emarginare
chi vive come un gatto,
chi sceglie di restare
ai margini del mondo
dove non c’è risposta
per chi ha toccato il fondo
e ancora non gli basta.

Io da quel giorno non conosco pena
e non agisco per le cose che ho imparato,
l’ininfluente leggerezza del passato
è come un cane che mi spinge dalla schiena:

azione pura in questo eterno presente
non ho più un luogo, lo spazio sono io.
Sono il fenomeno sfrontato e impertinente,
la metafora perfetta e indecifrabile di dio.

Chiamatemi pure matto,
che il seme della follia
non è un difetto,
non è una malattia.
Sono l’arcano
che un numero non ha:
è il prezzo onesto
della mia libertà.

Perciò si dica pazzo
senza troppo indagare,
schivando l’imbarazzo
di chi non vuol capire
chi vive come un gatto
oggi come domani;
gridatemi pure matto:
siete così lontani.
LE MAT



Hace miles de años vivo en medio del mar,
como una cucharita enclavada en un flan:
sobre la cabeza un alto cielo azul,
bajo mis pies, otro cielo igual.

En cambio un día, imaginè una mañana
así decidí ingenuamente de zarpar
hacia otra vida, más allá de la deriva
que la existencia me pedía, complacer.

De repente Tormenta me sorprendiò
Océano en pie, me boqueaba de terror,
de un solo golpe mi barco se rindió
y naufraguè en las playas del error.

Llamadme, si acaso, loco
que la semilla de la locura
no es un defecto, no es una enfermedad.
Yo soy el único
Que un número no tiene,
no tiene direcciòn
la verdadera libertad.
Por eso se me diga loco,
que es mejor marginar
quien vive como un gato,
quien escoje de quedarse
en los límites de mundo
donde no hay respuesta
para quien ha tocado el fondo
Y no le abasta.

Yo desde ese día no conozco pena
no actúo por las cosas que he aprendido,
la insignificante ligereza del pasado
es como un perro que me empuja por la espalda:

acción pura en este eterno presente
no tengo más un lugar, el espacio soy yo.
Soy el fenómeno descarado e impertinente,
la metáfora perfecta indescifrable de Dios

Llamadme loco
que la semilla de la locura
no es un defecto,
no es una enfermedad.
Soy el arcano
que un número no tiene:
es el precio honesto
de mi libertad.
Por eso se me diga loco
sin investigar,
eludiendo la vergüenza
de quien no quiere comprender
quien vive como un gato
hoy como mañana;
grítenme loco:
estáis tan lejanos..


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