| Traduzione italiana di Ginevra Pugliese
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L'AMICO DICE DI NON RICONOSCERLO PIÙ | L'AMICO DICE DI NON CONOSCERLO PIÙ |
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Correvamo in tutta fretta dietro alle donne una volta, tutti insieme | Andavamo insieme dietro alle donne una volta |
irrompevamo nei caffé | e giravamo per i bar |
tutte le domeniche dormivamo fino a tardi | di domenica dormivamo fino a mezzogiorno |
vaffanculo alle nuvole | che diamine |
siamo nati nella stessa città, andati alla stessa scuola | nati nella stessa città frequentavamo la stessa scuola |
Baraba sa tutto di me e io di lui | il farabutto sapeva tutto di me e io di lui |
sa cosa mi dà noia e dove sono particolarmente sensibile | sapeva cosa mi faceva male e dove ero più sensibile |
addirittura gli mostrai sul mio pene una grande verruca | sul pene gli avevo mostrato una grossa verruca |
vi assicuro | dico |
che solo lui di tutti i miei amici maschi lo sa | solo lui tra i maschi lo sapeva |
e ora è come se non mi riconoscesse più | e adesso fa finta di non conoscermi... |
il solito vagabondo | che stronzo |
figlio di puttana | che figlio di puttana |
dieci anni fa mi pianse sulle spalle come un bambino | dieci anni fa piangeva sulla mia spalla come un bambino |
quando la donna lo lasciò | quando la moglie lo piantò |
perché non gli permisi di uccidersi come un vero uomo | perché non ho lasciato che si ammazzasse quella volta |
questo non lo saprò mai | non avrei mai pensato |
che carogna che è stato il mio amico | che fosse così bastardo |
per il quale una volta ho pure pensato che | il mio amico |
la vita era troppo breve per lui per arrendersi | per il quale una volta pensavo |
e ora è come se non mi riconscesse più... | che non mi sarebbe bastato dare la vita per lui |
Ma che me ne frega della politica | e ora fa finta di non conoscermi... |
questa guerra è la solita porcheria | che me ne frega della politica |
ma io e lui eravamo come due fratelli | questa guerra non è nient'altro che una porcheria |
so che è stato catturato | ma io e lui eravamo come due fratelli |
dicono che gli hanno pisciato anche in bocca | so che l'avevano fatto prigioniero |
lo abbiamo saputo tutti mentre eravamo in fila | dicono che gli avevano pisciato anche in bocca |
anche cosa fanno laggiù quei vandali | va bene tutti sapevano |
che purtroppo ci sono dappertutto | che facevano là quei vandali |
ma noi siamo stati per lui come una madre | in tutto il mondo ci sono delle merde |
la migliore dopo la sua | ma io e lui credetemi |
e ora non mi riconosce più | eravamo i migliori amici che possono esserci |
Quando sua madre morì | e adesso fa finta di non conoscermi... |
ehi ragazzo | quando sua madre morì |
è come se fosse stata la mia a morire | per Dio |
Ci siamo ubriacati tre notti e tre giorni | come se la mia se ne fosse andata |
il bastardo sapeva a memoria Jesenjin (*) | bevemmo fino a svenire |
mi battezzò il bambino | tre notti e tre giorni |
anche se era di un'altra religione | il furfante sapeva a memoria Esenin |
forse perché pensava | aveva tenuto a battesimo il mio unico figlio |
che fossimo tutti parte dello stesso paradiso | anche se era di fede diversa |
e ora non mi riconosce più | ma chi badava a questo allora |
parla così | facevamo tutti parte della stessa gente |
ma poi all'improvviso si zittisce e tace a lungo | e adesso fa finta di non conoscermi... |
guarda dalla finestra e tace a lungo | dice così |
quindi sospira profondamente | poi all'improvviso tace |
passa la mano sulla pelle | guarda attraverso la finestra e rimane a lungo in silenzio |
sembra che stia per dire qualcosa | si passa la mano tra i capelli |
qualcosa su di lui | sembra voglia dire qualcosa |
Fa un gesto con la mano | qualcosa anche di sé |
si accende un'altra sigaretta | fa solo un cenno con la mano si accende un'altra sigaretta |
e soffia una nuvola di fumo verso il cielo: | e soffia verso la nuvola di fumo |
e ora non mi riconosce più... | e adesso fa finta di non conoscermi... |
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(*) Il poeta Sergej Jesenjin nacque nel 1895 in un piccolo villaggio in Russia. In seguito frequentò l'università ed entrò in contatto con molti scrittori che lo influenzarono. Alcolista, Sergej Aleksandrovic Jesenjin si suicidò il 28 dicembre 1925 all'hotel "Angleterre" a Leningrado. Prima del suicidio scrisse una delle sue poesie piu' belle "Dovidjenja druze moj" (Arrivederci mio caro)