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Hécatombe

Georges Brassens
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Versione italiana di Gershon Tarshish
STORIA DI UN'ECATOMBEL'ECATOMBE
  
Al mercato è successo stamaneAl mercato di un posto qualunque
Che, per quattro verdure avariate,per un mazzo di cipolle rosse
Un gruppetto di grosse villanealcune massaie venivano al dunque
Cominciarono a darsi mazzate.e incominciavano le percosse.
A piedi ed in macchina, eccoA cavallo in volante a piedi
Degli sbirri, immaginerete,la forza pubbica mal consigliata
intromettersi nel battibecco,arrivò lesta sui marciapiedi
perché non si disturbi la quiete.per interrompere la litigata.
  
Chissà come? Anche se è intrisa,Spesso si disputa in compagnia
la terra, di guerre, all'ideama c'è un usanza consolidata:
di tirar calci in culo ad un ghisaSe è per percuotere la polizia
tutt'un popolo, a un tratto, s'allea.la pace è subito stipulata.
E alla vista del distintivo,Le furie infatti, perdendo ogni freno,
rimboccandosi, le matronelanciaronsi contro la sbirraglia
si riguardan con fare aggressivodonandoci, in meno di un baleno,
e s'avventano contro il plotone.uno spettacolo di gran vaglia.
  
Gli sbirri a me stan tanto a cuore,Mentre le guardie andavan vicino
che quand'uno tombolava giù,a ritirarsi da quel certame
mi struggevo dal doloreio gongolavo perché il celerino
perché non ne buscasse di più.l'amo soltanto come carcame.
Dal balcone, il mio sussidioGridavo “evviva” col cuor che sorride
Che prestavo, da vero ultrà,alle braccia spietate e violente
a quel poliziotticidiodelle megere gendarmicide
era "Forza! Hip hip - urrà!"che mi godevo con gioia crescente.
  
Un agente, col manganello,Una di loro, furiosa, si scaglia
che su d'una s'era lanciato,sul maresciallo e, la lancia in resta,
si trovò, come un fringuello,gli fa gridare “morte alla sbirraglia!
a cantare "A morte lo Stato!"Morte alla legge! Viva Malatesta!”
Afferrandogli la nappa,L'altra la testa da sbirro di uno
la più obesa di quelle megereinfila con poca cortesia
s'infilò tra chiappa e chiappaladdove le pare più opportuno:
la cocuzza del brigadiere.là sotto, passatemi l'eufemia.
  
Una con di Giunone più latte,La più grossa di queste signore
si scopre le tette e fracassa,aprendo il corpetto già dilatato
come in faccia gliele sbatte,mena gran botte e, di buon umore,
chi, per sbaglio, accanto le passa.colpisce chiunque le passi allato.
Neanche uno non soccombe:Così questi cadono cadono cadono,
tutti tombolano a terra!e, dicono quelli più preparati,
Una simile ecatombequest'ecatombe, fra quelle che accadono
Non si ha neanche in tempo di guerra.fu la più bella sin dai tempi andati.
  
Dopo questo bel gioco di squadra,Giudicando le guardie allo stremo,
ritornando ai propri affari,peste abbastanza e abbastanza frolle,
la combriccola leggiadrale nostre erinni, ad oltraggio supremo
era insoddisfatta, magari!tornarono calme alle loro cipolle;
Ma fallirono, gloria agli dei,Avrebbero ancora, e quasi balbetto
le miriadi di tentativinel dirlo, curato a questi corrivi
di tagliargli gli zebedei,il varicocele con un taglio netto:
perché tutti ne eran già privi!fortuna! Di gonadi erano privi.


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