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Yazidi

Lee Brickley
Lingua: Inglese


Lee Brickley

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2018
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Rojava
They murdered her son
Enslaved both her daughters
Imprisoned her husband
Now he’s for the slaughter
They darkened their world
And left them with nothing
They cry for salvation
But no one is coming

This is not a war! This is just evil! Why does the world ignore those poor Yazidi people?

And where are they now?
There’s 3000 missing
Forced to submit or
Die with all their siblings
These men have no soul
This rape goes unnoticed
Their jihadi babies
Will grow up devoted

This is not a war! This is just evil! Why does the world ignore those poor Yazidi people?

I’m broken and scared
I’m battered and beaten
I plead with my captors
But they can’t see reason
They cover my face
My beauty is hidden
And I hope one day I’ll
Escape from this prison

This is not a war! This is just evil! Why does the world ignore those poor Yazidi people?

inviata da Dq82 - 8/12/2020 - 10:53


CURDI YAZIDI ANCORA SOTTO TIRO

(GIANNI SARTORI)

La storia è nota, ma forse non abbastanza. Rinfreschiamo per gli smemorati.

Risale al 2014 uno dei momenti peggiori per la comunità dei curdi yazidi di Shengal (Iraq del Nord).

In agosto qui venivano massacrati dai tagliagole di Daesh oltre cinquemila uomini e rapiti almeno seimila e settecento tra donne e bambini. Le donne come sabaya, schiave sessuali – non si conta il numero di quelle che si sono suicidate – i bambini per essere addestrati a combattere (anche contro i loro stessi fratelli).

Crimini consentiti – in base ai demenziali parametri jihadisti – in quanto si trattava di “miscredenti”.

Senza dimenticare i circa tremila desaparecidos, le migliaia di sfollati e le innumerevoli fosse comuni ancora da riaprire (un’ottantina quelle già individuate).

Nella sovrana indifferenza dell’Occidente in generale e dell’Europa in particolare. Si contano infatti sulle dita di una mano le persone finora condannate – e comunque a pene di modesta entità – per aver preso parte a rapimenti, torture, stupri, uccisioni, riduzione in schiavitù. Un autentico genocidio come hanno riconosciuto e stabilito le Nazioni Unite le cui squadre investigative avrebbero individuato circa 470 nominativi di esponenti del Califfato che a Shengal si sono macchiati di crimini contro l’umanità (senza peraltro, almeno finora, averne processato e condannato la stragrande maggioranza). 

L’ultima condanna è stata emessa in luglio, ad Amburgo, contro una donna qui rimpatriata e già condannata l’anno scorso insieme al marito, esponente di Daesh. Solo quattro anni per favoreggiamento nell’assassinio di due donne yazide (in precedenza acquistate al mercato degli schiavi).

Ma la “soluzione finale” che non era riuscita a Daesh potrebbe venir completata da Ankara.

Il 16 agosto altri due yazidi, membri delle YBS (Unità di resistenza di Shengal), hanno perso la vita per un bombardamento dell’aviazione turca con l’utilizzo anche di droni. Il giorno successivo, il 17 agosto, le bombe turche sono state sganciate perfino su un ospedale di Sikeniye (sempre nella regione di Shengal).

Otto finora i morti accertati (quattro esponenti delle YBS e altrettanti dell'Amministrazione autonoma), soprattutto con l’ultimo attacco all’ospedale (il quarto in successione) tra coloro che si erano precipitati per estrarre le vittime dalle macerie dei primi bombardamenti. I due yazidi uccisi nel giorno 16 agosto sono il comandante Sheid Hesen e il combattente Isa Xwededa. Quanto ai feriti (sempre del 16 agosto) alcuni sono stati identificati: Qasim Simo, Şamir Abbas Berces et Mirza Ali. Ai funerali dei due caduti – rispettivamente nei cimiteri Sheid Dilges e Sheid Berxwedan – hanno presenziato migliaia di persone che hanno così voluto esprimere la loro condanna per le continue aggressioni contro la regione autonoma curda di Shengal.
Gianni Sartori

Gianni Sartori - 18/8/2021 - 17:32


L’ESERCITO TURCO E QUELLO IRACHENO AGISCONO IN SINTONIA CONTRO LA POPOLAZIONE YAZIDA (E IL PDK DI BARZANI DA CHE PARTE STA?)

Gianni Sartori

Il giorno 21 gennaio, nel primo pomeriggio, un altro colpo è stato inferto da Ankara ai militanti yazidi di Shengal (Siniar). L’attacco contro un mezzo di trasporto è avvenuto nell’area della valle di Shilo ed è costato la vita a due membri delle YBŞ (Unità di Resistenza di Shengal). Le vittime sono il comandante delle YBŞ Azad Êzdîn e il combattente Enver Tolhildan. Almeno altri due yazidi, non ancora identificati, sono rimasti gravemente feriti.

L’episodio si inserisce in un clima di crescenti minacce, provenienti sia dall’esercito iracheno (pochi giorni fa aveva richiesto alle Ezidxan Asayish, una milizia yazida di autodifesa, di abbandonare la zona di Sinune minacciando, in caso contrario, di costringerle con la forza), sia dal PDK di Barzani.

Obiettivo non dichiarato, ma evidente, esautorare l’autogoverno e l’autogestione qui instaurati (sul modello del Confederalismo democratico, come in Rojava) dai curdi yazidi. Una minoranza perennemente perseguitata (non solo durante l’occupazione dell’Isis) e che ha rischiato semplicemente di scomparire.

A questo clima intimidatorio, evidentemente, anche Ankara ha voluto portare il suo contributo. D’altra parte è noto che ancora nel 2020 è stato siglato un accordo tra PDK e governo centrale iracheno, sotto la supervisione turca, per annullare l’autogoverno di tale minoranza.

In questi ultimi giorni, mentre l’esercito iracheno andava rafforzando le sue posizioni e la popolazione organizzava manifestazioni di protesta, a Sinune tre giornalisti venivano arrestati (preventivamente?) dai militari iracheni.

Tali eventi costituiscono una sorta di “effetto collaterale” (ma forse a ben guardare, nemmeno tanto “collaterale”) dei ripetuti interventi dell’esercito e dell’aviazione turca nel Nord dell’Iraq. Iniziati il 23 aprile 202, ufficialmente contro il PKK, hanno coinvolto anche la regione yazida. Altri due combattenti delle YBŞ (Seîd Hesen e İsa Xwededa) erano stati uccisi con i droni il 16 agosto. Il giorno dopo la Turchia bombardava addirittura un ospedale uccidendo quattro operatori sanitari e quattro combattenti YBŞ.Inoltre ai primi di dicembre, nel quartiere diKhanesor, un altro drone aveva eliminato Merwan Bedel, copresidente del Consiglio esecutivo dell’amministrazione autonoma di Shengal. Nella stessa operazione venivano feriti i suoi due figli.

Quattro giorni dopo, l’11 dicembre, veniva pesantemente bombardato, sempre dall’aviazione turca e - ricordo - sempre in territorio iracheno, il palazzo dove si trova la sede del Consiglio popolare di Khanesor.

Va anche detto che tutti gli sforzi congiunti del governo iracheno, del PDK di Barzani e della stessa Turchia per eliminare l’autoamministrazione della comunità yazida, si sono dovuti arenare di fronte alla ferma resistenza della popolazione. Almeno finora.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 21/1/2022 - 21:36




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