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Sogni alla deriva (ai migranti di ieri e di oggi)

Tullio Bugari
Lingua: Italiano


Tullio Bugari

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2017
Mezzadro mezzo ladro contadino - canzoni da "L'erba dagli zoccoli"
mezzadro
parole di Tullio Bugari, musiche di Silvano Staffolani

SOGNI ALLA DERIVA è una delle prime canzoni che abbiamo composto ed è forse quella che più è stata fatta ascoltare durante i reading concerto, ma non solo. È l’unica di quelle composte che è nata prima da una base musicale e da una idea / ritornello di Silvano, e poi le parole le si sono sviluppate attorno. Per mia fortuna non ho mai vissuto l’esperienza dell’emigrazione in prima persona sulla mia pelle, ho avuto soltanto occasione negli anni di vivere molte esperienze sociali e culturali a fianco delle migrazioni e dei rifugiati, dalle attività seguite durante le guerre di ex Jugoslavia e poi le attività interculturali con le scuole – compreso un giornale scolastico bilingue tra una scuola elementare di Jesi e una analoga di ragazzi sfollati a Mostar in Erzegovina – ma anche i progetti con gli ambiti sociali o i servizi sanitari, e soprattutto con tante associazioni, oppure il bel periodo “letterario” con le nuove letterature in lingua italiana, come definimmo il festival ALFABETICA che riuscimmo a organizzare qui a Jesi per tre anni consecutivi, nel decennio scorso.

Nel libro L’erba dagli zoccoli non c’è un racconto specifico sui migranti, incontro però i migranti in tutti i racconti, perché le lotte nelle campagne italiane nel dopoguerra s’intrecciarono anche con la partenza dalle campagne. Dai contadini senza terra si passò alle terre senza contadini, come un’espulsone di massa verso le grandi città, le grandi fabbriche del nord, le miniere del Belgio o sulle navi verso le americhe o l’Australia. Il numero degli oriundi italiani, cioè i discendenti dei nostri migranti in questi centocinquanta anni di storia italiana, è stimato in circa sessanta milioni, più o meno come una seconda Italia che si trova altrove; però anche gli italiani che hanno mantenuto la cittadinanza non son pochi, circa 5 milioni, ce ne ricordiamo più o meno vagamente solo quando è ora di fare votare per i politici nostrani.

Non esiste un solo paese al mondo in cui non ci sia almeno un italiano, per tanti motivi diversi, e negli ultimi anni si è tornati partire, questa volta soprattutto i giovani con titolo di studio. Come del resto capita a tanti ragazzi africani o di altri paesi, che vengono da noi.

Nei racconti del libro ho incontrato anche i migranti di oggi, in particolare a Nardò (nelle stesse terre dove alla fine degli anni Cinquanta l’antropologo Ernesto De Martino fece le sue ricerche sul tarantismo – La terra del rimorso) dove ero sceso per approfondire la storia del rogo delle biciclette e delle due occupazioni delle terre di Arneo, per due capodanni consecutivi alla fine del ’49 e alla fine del ’50. A Nardò trovai anche lo sciopero dei braccianti africani addetti alla raccolta dei cocomeri, ne parla Yvan Sagnet nel libro La pelle viva, era l’anno 2011, praticamente oggi.

Da quello sciopero nacque un primo intervento legislativo contro il caporalato, con l’inserimento per decreto di un articolo del codice penale che considerava l’attività dei caporali un delitto contro la persona e lo puniva penalmente. Il decreto apriva la strada alla nuova legge approvata nel 2016, che in un quadro più ampio di interventi individua le responsabilità dei proprietari e la possibilità di confische, prevede anche misure attive di sostegno e reinserimento per i lavoratori sfruttati, un fondo anti tratta e una rete del lavoro agricolo di qualità.

Ci sono proteste contro l’applicazione troppo rigida, si dice, di questa legge, perché renderebbe insostenibile le condizioni di certe aziende e di certa organizzazione del lavoro. Non vedo questa rigidità di applicazione ma se fosse, renderebbe solo evidente che in questo sistema di mercato le condizioni insostenibili si preferisce scaricarle sui più deboli – si chiama sfruttamento ed è una delle parole che oggi giorno si cerca di far cadere in disuso – e dunque renderebbe evidente che c’è un’intera filiera da modificare nei suoi meccanismi, non basta certo una legge “a valle” per creare condizioni di lavoro e anche di coltivazione e di qualità dei prodotti più equa e sostenibile.

Dietro ogni legge c’è una lotta, scrivevo qualche giorno fa su questa argomento, a commento di un articolo che ricordava Paola Clemente, una bracciante italiana morta qualche anno fa nelle campagne attorno a Castel del Monte. Dietro ogni legge c’è una lotta, occorre non dimenticarlo mai, c’è la determinazione della vita. Insomma, bastano poche strofe e una canzone per ricollocare al centro dell’attenzione tante cose diverse, che ci girano attorno, che formano il nostro mondo.
Tullio Bugari
Neanche una valigia
Che una così non esiste
Per occhi grandi e neri
Profondi come il mare
Che mi tocca attraversare
In bilico su questa vita
Che ci spinge altrove
Siamo sogni alla deriva
Ammassati sballottati
Il nostro corpo è vuoto
Non si carica peso
Su questa fragile barca
Le parole di carta
È come un gancio la lettera
Che stringo vicino al cuore
Mi strazia la carne
Non trattengo più
Il calore della tua voce
Neanche una valigia
Che una così non esiste
Per metterci questa vita
Che mi tocca attraversare
Con il corpo bucato
Giro solo per le strade
Non voglio… che tu mi veda
Un sorriso sul volto
Se ripenso come eri
Un sogno del mattino
Ora chino sulla terra
Un poco schiavo
un poco bestia
Senza peso ne zavorra
Chiedo a lei di aiutarmi
A chiudere questi buchi
Neanche una valigia
Che una così non esiste
Per occhi grandi e neri
Profondi come il mare

inviata da Dq82 - 6/3/2019 - 18:39




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