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Carmen Lustrale

anonimo
Lingua: Latino (Latino arcaico / Old Latin)


Lista delle versioni e commenti


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[Testimonianza: II secolo a.C.
Marco Porcio Catone, De Agri Cultura, 141, 2-3]
Origini: VI/VII sec. a.C. (?)

I Suovetaurilia (Fonte)
I Suovetaurilia (Fonte)


Una lontana canzoncina di Salvatore Adamo, Sortir de l'ordinaire, ci parla di quelle che sono senz'altro state le origini della guerra: stanno nei campi, nei terreni, nelle zolle, nel bestiame, nei maiali e nei bovi. Stanno nella cosiddetta fertilità che è condizione necessaria per la vera rovina del mondo in tutte le epoche: l'agricoltura. L'impadronirsi delle terre e la loro difesa dal vicino che, a sua volta, le vuole. Come si è visto nel Carmen Arvale, non è certo un caso che il dio Marte, vale a dire il “dio della guerra” per eccellenza (con tutto il suo corollario lessicale derivato), sia in realtà un dio agricolo, associato alla fertilità, al tuono e alla pioggia, e di orizzonti assai ristretti: il campo più o meno vasto, all'occorrenza da difendere dai nemici umani e naturali, e in altra occorrenza da invocare per andare a prendersi i campi degli altri. Questa la funzione dell'antico Mamars, o Mavors, che diventa “dio della guerra” sí in modo assolutamente conseguente, ma in epoca più tarda e in un contesto già ellenizzato. I superstiti testi latini arcaici rivolti a Marte sono esclusivamente invocazioni a un dio agricolo, che deve dare prosperità ai campi e alla familia.

Ciò che va sotto il nome di Carmen Lustrale è un'antichissima preghiera a Marte. A differenza del Carmen Arvale, che veniva intonato da un collegio sacerdotale (anch'esso, sarà bene ricordarlo, preposto alla salvaguardia della fertilità dei campi), il Carmen Lustrale doveva essere “affare di famiglia”: faceva parte, cioè, del culto privato e senz'altro doveva essere intonato dal Pater familias. Non ne possediamo quella che doveva essere la dizione originale, con tutta probabilità in una forma linguistica che sarebbe risultata semi-incomprensibile; il testo che possediamo è quello tramandato, sí con numerosi arcaismi linguistici ma pienamente comprensibile, nientemeno che da Marco Porcio Catone, vale a dire Catone il Censore, nella sua opera -e neanche questo è un caso- De Agri Cultura “Sull'agricoltura” (141, 2-3). Catone il Censore, come è noto, sosteneva che Cartagine doveva essere distrutta: il suo Delenda Karthago! ha traversato i millenni. Ma scrisse (e fece votare) di ogni cosa, o meglio, contro ogni cosa: contro l'Ellenismo, contro il lusso, contro i Baccanali, contro i medici. Un rigidissimo conservatore, insomma, campione delle antiche virtù romane. Però, va detto, fece anche riparare gli acquedotti, pulire le fognature, impedì che i privati deviassero il corso delle acque per il loro uso e profitto personale, ordinò la demolizione degli edifici che ostruivano le vie pubbliche e diminuì il prezzo contrattuale per la realizzazione delle opere pubbliche. Per Catone il Censore, la virtù massima consisteva nel lavoro nei campi, e la sua citazione dell'antico carme a Marte ne è come la summa.

Quando morì, nel 149 a.C. sotto il consolato di Manio Manilio Nepote, trapassò con la certezza di essersi opposto tenacemente a qualsiasi cosa di nuovo potesse essere frullato in testa a chicchessia; dall'aspetto vagamente luciferino (aveva i capelli rossastri e gli occhi azzurri, e una faccia assai arcigna), si era guadagnato un assai poco benevolo e anonimo epigramma: Rosso, mordace, occhiazzurro, Persefone / neanche morto accoglie Porcio nell'Ade.

Marco Porcio Catone.
Marco Porcio Catone.
Il Carmen Lustrale per cui, comunque, dobbiamo dire grazie a Marco Porcio Catone (la cui figura a me, con notevole irrispetto -lo ammetto- ha sempre ricordato quella di Dinamite Bla, non a caso ispirato al classico Bisbetico [Δύσκολος] di Menandro), riflette nel suo insieme non soltanto la primitiva natura del culto di Marte (dio agricolo, dio protettore, dio privato) ma anche una caratteristica saliente della civiltà indoeuropea: quella di affidarsi al “proprio dio” per proteggere i propri interessi, il proprio campo e la propria famiglia. Lustrare significa “purificare” in latino; la preghiera veniva intonata dal padre di famiglia per ottenere da Marte, in cambio, la protezione e la purificazione (lustratio) degli arva, i campi coltivati. Tale protezione doveva essere, in primo luogo, quella dalle forze del male, dagli spiriti maligni; quasi sempre la recitazione del carme era accompagnata dal rito dei Suovetaurilia, vale a dire il sacrificio alla divinità di un maiale, di una pecora e di un toro.

Dinamite Bla.
Dinamite Bla.
Il “sacrificio” appartiene realmente agli albori di tutte le civiltà, così come il “dio protettore” del proprio piccolo mondo sul quale regna il Pater familias, il Patriarca. Essere “sacrificati” non riguardava, ovviamente, soltanto maiali, pecore e tori; poteva essere anche una pena nel caso di reati particolarmente gravi. Nella società latina arcaica l'espressione sacer esto “sia sacro” (cioè “sacrificato agli dèi”) è comune sia per indicare la condanna a morte per sacrificio (come nelle Leggi delle XII Tavole), sia per indicare un luogo dedicato alle divinità infernali e, quindi, invalicabile (come il sakros esed del Lapis Niger del Foro Romano). Si tratta comunque di albori che sono ben lungi dal tramontare; il patriarcato e la “famiglia” non hanno cessato affatto di far danni. Si invoca San Crispino o Santa Rosalia come si invocava Marte , ed è bene ricordare per l'ennesima volta la vera origine della parola familia, da famŭlus “servo, schiavo”. Moglie, figli e servitù sono tutti agli ordini del Patriarca.

Un'occhiata, quindi, a che cosa il Patriarca diceva al dio Marte qualche millennio fa (già l'attestazione di Catone il Censore ha circa duemiladuecento anni, ma è indubbio che il Carmen Lustrale appartenga alla fase più arcaica di quel piccolo popolo indoeuropeo che si era stabilito attorno ai colli del Tevere dopo aver vagato chissà da dove ed essere probabilmente passato per l'attuale Turingia). Occorre immaginarsi una Roma che occupava un fazzoletto di terra, circondata da altre popolazioni ostili e ripiegata ferocemente su se stessa. E dove il campo coltivato, necessario per il sostentamento, era di piccole dimensioni. Il Patriarca, peraltro, non “diceva” a Marte: gli ordinava. Intonava il carme aspettandosi che il dio non s'immaginasse di opporsi al suo volere, sennò era un dio che non funzionava. E, per farlo funzionare meglio, si accorse ben presto che non bastava sgozzare una pecora o un maiale; bisognava sgozzare il vicino cattivo. Il quale aveva senz'altro il suo dio pronto all'uso per difendere il proprio orticello. Cose antiche. Si ordinava al dio di fare la grazia, e guai a lui se non la faceva; persino Marte era passibile di fare una brutta fine, come i santi di certi paesi che finiscono a capofitto giù da una rupe se non fanno il loro dovere. Bruttissima fine che, in ogni caso, facevano i poveri animali sacrificati. [RV]
Mars pater           te precor quaesoque
uti sies           volens propitius
mihi domo           familiaeque nostrae
Quoius rei ergo
agrum terram           fundumque meum
suovitaurilia           circumagi iussi
uti tu morbos           visos invisosque
viduertatem           vastitudinemque
calamitates           intemperiasque
prohibessis defendas           averruncesque
utiques tu           fruges frumenta
vineta           virgultaque
grandire beneque           evenire siris
pastores pecuaque          salva servassis
duisque duonam salutem           valetudinemque
mihi domo           familiaeque nostrae
harunce           rerum ergo
fundi terrae agrique           mei lustrandi
lustrique faciendi ergo           sicuti dixi,
macte hisce           suovitaurilibus
lactentibus           inmolandis esto.

inviata da Riccardo Venturi - 6/7/2018 - 12:22




Lingua: Italiano

Traduzione italiana.

Ripresa da it.wikipedia ma emendata in alcuni punti. [RV]
CARME LUSTRALE

Padre Marte          ti prego e scongiuro
perché tu sia          favorevole e propizio
a me alla casa          e alla nostra famiglia.
Quindi affinché tu          mi faccia grazia
attorno al mio campo          alla mia terra e al mio fondo
ho fatto condurre          un porco, una pecora e un toro
perché tu i mali          visibili e invisibili
la sciagura          e la devastazione
la calamità          e le intemperie
impedisca          scacci e allontani,
e perché          le messi e il grano
i vigneti          ed i virgulti
li faccia crescere bene          e svilupparsi,
e i pastori le greggi          li conservi sani e salvi
e tu dia prosperità          e buona salute
a me alla mia casa          e alla mia famiglia.
E dunque          per queste cose,
per purificare il fondo          la terra e il mio campo,
per ottenere la purificazione          come ho detto
sii onorato con il sacrificio          di questo maiale,
di questa pecora e di questo toro          ancora di latte.

6/7/2018 - 12:25




Lingua: Sardo

La traduzione sarda del prof. Toto Putzu
L'origine dei Brebus e il Carmen Lustrale

Video 1:


Il professor Toto Putzu parla del significato e dell'origine storica dei brebus.
Per l'origine dei brebus dobbiamo risalire molto lontano nei tempi, fino ai babilonesi, e far finta che il tempo non sia passato perché in ciò che è magia, religione o superstizione i secoli non contano e quindi tutto passa ma tutto resta, anzi noi in Sardegna e a Gonnos abbiamo conservato cose che si sono perse nel corso della storia.
Già la parola sarda brebu se si cerca una traduzione in italiano non la si trova; tra i giovani parecchi non ne conoscono più il significato, mentre gli anziani ancora ne ricordano il senso ma comunque usano la parola abrebebau per indicare una persona un po' impacciata, maldestra, incapace, ecc... ma quasi sicuramente non sanno che deriva dalla parola brebus e che quindi abrebebau significa essere colpiti dai brebus.
Brebu deriva da verbum (parola), e la parola è importante, è la prima cosa che fa nascere tutto, dalla parola si passa poi alla scrittura e quando una cosa è scritta rimane. Un tempo si parlava e si scriveva poco, chi parlava e chi scriveva era considerato sacro e aveva potere, quindi era temuto e rispettato. La parola non era per tutti, era scritta e tenuta nascosta. Nella cultura bizantina, ad esempio, il libro appare sempre chiuso, mai aperto; il libro si vede aperto solo dopo Lutero che ha dovuto riformare il cattolicesimo per aprire la Bibbia a tutti. Prima la Bibbia era per pochi e questi pochi detenevano il potere. I primi che hanno avuto il potere di fare i brebus sono stati i sacerdoti all'interno della chiesa, ma i brebus c'erano anche prima del cristianesimo. I primi brebus che esistono in latino sono dei laziali antichi; uno è stato trasmesso da Catone e parla di agricoltura: il Carmen lustrale, probabilmente di origine etrusca. Questo perché allora c'era bisogno di uomini e donne, e quindi di nascite, ma anche di produrre in agricoltura e nell'allevamento e quindi le preghiere, i brebus, erano fatte per fecondare.



Video 2:


Il professor Toto Putzu legge il carme in latino e lo traduce in sardo. Il Carmen lustrale, trasmesso da Catone, era una preghiera per la benedizione dei campi; era dedicato a Marte, dio della guerra e dell'agricoltura, a cui si sacrificavano anche un bue, una scrofa (perché prolifica) e un montone.
La preghiera aveva un interesse ben preciso: si sacrificavano alcuni animali per avere in cambio benessere e prosperità attraverso i campi e il bestiame.

Deus Marte, deu ti pregu e t'imploru
chi m'assistas a mei e a sa domu mia
a is arresis e sa famìllia insoru.
Pro custa gràtzia tua in sa fatoria
apu fatu arrodiai su cungiadu
a una madri, a un'angioni e a unu vitellu
destinaus a su ritu de su macellu
pro chi su logu siat preservadu
de ònnia mali connotu e no connotu,
no nci siat pesta e nisciunu dannu
ni annada mala, e ni àteru avolotu
permitas ma impellinciddus a tot'annu
e ampara sa binnenna e su lori,
matedu, bestiamini e pastori,
e a mei in domu e a sa famìllia mia
donis bona saludi e valentia:
e pro custu benedixi su chi apu fatu
totu sa sienda mia e su sartu
e siant macelladus a spadinus
porcu, angioni e vitellu stittadinus,
ocidroxus pro su divinu agiudu
chi m'assistas in totu e ti saludu.

inviata da Riccardo Venturi - 6/7/2018 - 19:59




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