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Sa lotta de Pratobello

Peppino Marotto
Lingua: Sardo


Peppino Marotto

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(Peppino Marotto)
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(Peppino Marotto)


[1969]
Testo e canto in ottava rima di Peppino Marotto
Interpretato anche dal Coro Supramonte di Orgosolo
e da Tenore de Orgosolo - Sedilo 1975
Sulla rivolta e la lotta di Pratobello si veda anche Pratobello di Nicolò Giuseppe Rubanu.


Pratobello, 1969.
Pratobello, 1969.


pemar“Vigliacco chi uccide un poeta”, tanti hanno detto e scritto quando Peppino Marotto, il 29 dicembre 2007, è stato ucciso nel suo paese, a Orgosolo, alle dieci e mezzo di una mattina qualsiasi mentre andava come sempre a comprare i giornali. Con sei colpi alle spalle, nel modo più vigliacco possibile; aveva ottantadue anni. Di Orgosolo e della Sardegna tutta per cinquant'anni aveva cantato tutte le lotte e la dignità; a tutt'oggi, il suo assassino, o i suoi assassini, rimangono sconosciuti. Il suo canto Sa lotta de Pratobello fu scritto nell'immediatezza di quei fatti così lontani, e così vicini.

PRATOBELLO 1969, DOVE TUTTO EBBE INIZIO
di Franco Loi (da Sardinia Post)


“Vista la crescente militarizzazione dell’isola, le lotte di Pratobello non saranno e non dovranno essere le ultime gesta di resistenza di una popolazione votata all’emarginazione e allo sterminio”. Ora che a gran voce si torna a chiedere la chiusura delle basi militari e la loro riconsegna alle comunità civili, l’incipit di “Soldati a Orgosolo” – la cronaca della lotta ingaggiata dagli orgolesi contro l’installazione di un poligono di tiro in località “Pratobello” curata dal Circolo giovanile del paese – non poteva essere più attuale. In verità, i ricorsi della storia non stupiscono: che il futuro della Sardegna sarebbe stato segnato dalle bombe e dai continui voli dei cacciabombardieri delle aeronautiche di mezzo mondo lo si sapeva già dal 1956, anno in cui videro la luce i poligoni di Quirra e Teulada. Ma, in ogni caso, vale davvero la pena ripercorrere quella settimana del giugno 1969 in cui un’intera comunità si oppose alla decisione del ministero della Difesa di realizzare – senza preavviso – un campo militare di addestramento permanente a sette chilometri dal centro abitato Soprattutto, oggi vale la pena lasciare che le parole dei pastori, degli operai, degli studenti e delle donne che dissero “no alle manovre militari” tessano un filo di continuità ideale con la giornata di ieri, quando in migliaia hanno detto no a tutti i poligoni presenti nell’isola e varcato in massa la linea di confine che separa Capo Frasca dalla Sardegna. Questa è la cronaca di quei giorni.

La Brigata Trieste arriva a Pratobello
La notizia sulla realizzazione di un poligono fisso per esercitazioni militari nei dintorni del villaggio abbandonato di Pratobello, circola ad Orgosolo già dall’aprile del 1969. La certezza arriva circa due mesi dopo, il 27 maggio, quando sui muri del paese barbaricino compaiono i manifesti con cui la Brigata Trieste ordina ai pastori di abbandonare la zona interessata dalle esercitazioni di tiro. Posti di fronte alla domanda “Come agire?”, i pastori rispondono: “Difendere il pascolo – considerata l’unica possibilità di sopravvivenza – e il bestiame”. In tutto “40mila capi per i quali lo Stato aveva previsto lo sgombero con un risarcimento di 30 lire giornaliere a pecora, mentre il mangime costa 75 lire al Kg”, si legge in un comunicato ciclostilato del Circolo giovanile di Orgosolo.

Dai primi di giugno in avanti è un susseguirsi di assemblee che arriveranno a coinvolgere l’intera popolazione del paese barbaricino. Il 7 giugno, una prima assemblea popolare indice una prima manifestazione dimostrativa nei luoghi in cui sono previste le esercitazioni. “Tale manifestazione è stata decisa per dare un primo avvertimento alle autorità militari e politiche che hanno deciso arbitrariamente di invadere i nostri territori con grave danno per tutti i lavoratori”, si legge nel comunicato alla popolazione dell’assemblea popolare.

Da allora fino al 19 giugno, la prima delle 6 giornate di Pratobello, il commissario prefettizio di Orgosolo, la questura di Nuoro, gli stessi militari e le organizzazioni dell’Alleanza Contadini, della Coldiretti e della Cgil cercano di raggiungere un accordo sindacale, “qualunque sia, purché faccia contenti tutti”, sostiene il commissario prefettizio del paese in un primo incontro con pastori e contadini. Ma non si arriva a nessuna mediazione: nel corso di una riunione tenutasi a qualche giorno di distanza dal primo incontro, i pastori ribadiscono la loro volontà di presidiare i pascoli e rifiutano gli indennizzi. Sindacati e partiti intensificano la loro azione a ridosso dell’inizio delle esercitazioni (anche perché di lì a breve si andrà a votare per eleggere il nuovo consiglio regionale): Democrazia Cristiana e Partito Comunista propongono l’invio di un telegramma unitario al Ministro della Difesa Luigi Gui e al sottosegretario Francesco Cossiga per scongiurare o limitare le esercitazioni della Brigata Trieste. Gli orgolesi rispondono che “il terreno di lotta dei pastori non è il parlamento”.

Giugno 1969
Si arriva così al 19, primo giorno di esercitazioni: lungo la strada che conduce al bivio di Sant’Antioco – Pratobello, si snoda un’interminabile fila di camion, moto-carrozzelle e vetture di ogni genere. Arrivati nei pressi della zona di Duvilinò, i manifestanti hanno un primo contatto con i militari: un’autocolonna che si sta portando nell’area interdetta a pastori e contadini viene bloccata. In quell’occasione, qualche militare incita i dimostranti a tener duro e a continuare la lotta in modo che anche i soldati possano tornare prima a casa. Arriva la polizia, cui si oppone un fronte compatto di uomini e donne. I poliziotti indietreggiano dopo essere stati circondati, subito dopo l’autocolonna fa retromarcia. Un bracciante commenta così: “Questa passerà alla storia come la più grande sconfitta dell’esercito italiano”, riportano le cronache di quei giorni.  Alle 11 gli orgolesi arrivano a Pratobello e si dispongono sulla linea di confine del territorio comunale. Si mantiene il presidio per tutto il giorno e i soldati non effettuano le esercitazioni.
Il giorno dopo, ovvero il 20 giugno, si ripete il picchetto e l’intera comunità si ritrova a Pratobello sin dalle prime luci dell’alba, nonostante il blocco stradale intentato dai poliziotti al bivio di Sant’Antioco. La reazione degli orgolesi non si fa attendere: donne e uomini iniziano a sollevare a mano le camionette. Chi in precedenza aveva aggirato la polizia pratica ora un blocco qualche centinaio di metri più avanti per impedire l’arrivo di altri blindati. Nel frattempo le donne incitano i bambini a tagliare i fili della linea telefonica. Una volta arrivati al poligono, almeno tremila orgolesi respingono fuori dal confine del territorio comunale la polizia e avanzano sino a pochi metri dalle tende dei militari.

Arrivano intanto gli onorevoli, che invitano i manifestanti a spostare l’assemblea sulla strada provinciale, lontano dal campo militare. In seguito alla trattativa degli onorevoli Dc, Pci e Psiup, il generale sospende le esercitazioni. Gli stessi onorevoli cercano poi il confronto con il prefetto di Nuoro, ma l’iniziativa si rivela infruttuosa. Il 21 e il 22 giugno sono giornate di tregua: durante il week-end non è prassi sparare. Intanto, in paese si diffonde la notizia dell’arrivo nuovi reparti di forze dell’ordine da tutte le maggiori città italiane. Il problema ora è l’isolamento di Orgosolo: Mamoiada e Fonni hanno infatti accolto di buon grado i militari, anche perché gli espropri decisi dal ministero della Difesa non ledono gli interessi di quelle comunità.

Già dalla notte del 22 alcuni pastori incominciano a portarsi in prossimità di Pratobello, ma dalle 4.30 l’accesso alla zona del poligono risulta bloccato da un ingente schieramento di poliziotti e carabinieri. Mentre il paese incomincia a mobilitarsi, “i baschi blu danno il via a una vera e propria caccia all’uomo”, si legge nel volume realizzato dal Circolo giovanile di Orgosolo. A gruppi di venti o trenta, come deciso nel corso dell’assemblea della notte precedente, gli orgolesi forzano le linee di demarcazione del poligono e si vanno a nascondere al suo interno per effettuare azioni di disturbo. Alcuni manifestanti riescono a dare fuoco ai bersagli che dovrebbero servire per le esercitazioni di tiro. Altri – circa 600 – vengono invece catturati e condotti al centro di raccolta allestito all’interno del poligono e poi rilasciati alla fine ella giornata. Circa ottanta manifestanti vengono poi trasportati alla questura di Nuoro, in due saranno processati per direttissima. Anche il 23 i mortai tacciono.

Alle 20, l’assemblea decide di inviare a Roma una delegazione composta dagli onorevoli Ignazio Pirastu (Pci), Carlo Sanna (Psiup) e Gonario Gianoglio (Dc). Con loro, tre pastori, un bracciante, un camionista, uno studente del Circolo democristiano, il presidente del Circolo giovanile. “La delegazione riceve il mandato di discutere, ascoltare, trattare, ma non di decidere”, riporta il verbale dell’assemblea.

“Anche se oggettivamente subordinata alla trattativa, la lotta continua il giorno successivo nelle stesse modalità del 23”, si legge in Soldati ad Orgosolo. Alla fine della giornata il bilancio sarà di 400 “sequestrati” e un arrestato. Intanto Pratobello diventa un caso politico: verso sera giunge la notizia del telegramma inviato da Emilio Lussu al Presidente della Regione Del Rio. “Lussu è forse l’unico politico sardo a cogliere lo spirito della lotta”, così commentano gli orgolesi. “Quanto avviene a Pratobello contro pastorizia e agricoltura è provocazione colonialista, perciò mi sento solidale con pastori e contadini. Rimborso danni e premio in denaro è un offensivo palliativo che non annulla, ma aggrava l’ingiustizia. Se fossi in condizioni di salute differenti sarei con loro”, scrive Lussu.

“Il 26 giugno, il banditore sveglia il paese con il solito disco di ballu tundu verso le sei del mattino”, riportano le cronache del tempo. Il poligono si trova però in un’altra zona rispetto al giorno precedente, e comprende alcuni costoni impervi. Questo significa che la polizia non potrà usare le camionette. Quando iniziano le operazioni a difesa delle esercitazioni, gli agenti trovano il poligono pieno zeppo di gente. Sarà questa una delle giornate di lotta più intensa: gli orgolesi riescono a tenere sotto scacco migliaia di baschi blu. Lungo i costoni scoscesi del Supramonte, questi ultimi, impossibilitati a usare le camionette, mostrano subito segni di stanchezza . Un gruppo di braccianti e di giovani pastori continuamente inseguiti da un centinaio di baschi blu lascia sul terreno dei volantini con scritto: “Quanto ti paga il tuo padrone Rovelli per inseguirci?”. I manifestanti, non appena avvistati, scompaiono tra gli alberi o, meglio, sopra gli alberi, nel folto dei lecci, visto che i baschi blu non controllano sopra la loro testa.

Nel frattempo fa ritorno in paese la delegazione partita due giorni prima alla volta di Roma. Così, alla spicciolata, i manifestanti fanno ritorno in paese, dove la delegazione rende note la posizione del ministro della Difesa Gui presentate dal sottosegretario Francesco Cossiga: il poligono è temporaneo ed andrà avanti fino alla metà di agosto; non vi è allo stato attuale nessuna decisione di trasformare il poligono in un’istituzione permanente, ogni eventuale decisione in merito per qualunque zona della Sardegna verrà adottata seguendo tutte le procedure ordinarie di legge, e in particolare sentendo il parere delle amministrazioni locali interessate, subordinando la scelta ai programmi e alle esigenze sociali di sviluppo, una commissione militare esaminerà in loco la possibilità di una riduzione dell’area del poligono, al fine di limitare per quanto possibile il disagio, i lavoratori della forestale avrebbero percepito la paga per i giorni di mancato lavoro, parte dei rifornimenti della Brigata Trieste sarebbero stati acquistati ad Orgosolo. L’assemblea si chiude con la ratifica del documento. Terminano così le sei giornate in cui Orgosolo tenne lo Stato sotto scacco a Montes, Funtana Bona, Duvilinò e Pratobello.
Cando a binti de maju sun torrados
Sos pastores in su sesantanoe
Tristos, né untos e nen tepenados.

Su vinti’e santandria proe proe
Fini partidos cun sa roba anzande
Da sa montagna, passende in Locoe;
Càrrigos e infustos viaggende
Cun anzones in manu a fedu infatti,
Su tazzu arressu muttinde e truvande;

Avvilidos, pessende a su riccattu
Impostu da su mere ‘e sa pastura:
Mettade ‘e fruttu e piùsu in cuntrattu.
Est obbligu emigrare in pianura
Pro salvare su magru capitale
Da sos frittos iverros de s’altura.

Tùndene e murghen pro su principale,
Ma da su mere e da sa mal’annada
Si ristabìlin in su comunale,
Ca sa paga ‘e s’affittu est moderada
E poden liberamente pascolare
Sen’agattare muros in filada.

Ma in lampadas devene isgombrare
Tottuganta sa montagna orgolesa
Pro vàghere una base militare.
L’ordina su ministru ’e sa difesa
Cun manifestos mannos istampados,
Postos in sos zilléris a sorpresa…

Che bandu de bandidos tallonados.
E sos pastores cand’han bidu gai,
Sos cuìles in su bandu elencados:
Su Pradu, S’ena, Olìni e Olài
Costa de Turre cun Su Soliànu,
Loppàna, Ottùlu, Unìare e Fumài;

Belle tottu su pasculu montanu
Isgombru de animales e de zente
Cheret su ministeru italianu,
Espostu a su bersàgliu su padente
De bombas e mitraglias e cannone;
Dana su bandu: pro motivu urgente

Si riúnat sa popolazione
De ambo sessos mannos e minores
Bénzana tottus a sa riunione.
S’improvvisana tantos oratores
E decidene de lottare unidos
Istudentes, bracciantes e pastores;

D’accordu sindacados e partidos,
Proclama cattolicos, marxistas:
Sos bandidores síana bandídos…
Serran buttega artigianos, baristas,
E partin tottus, minores e mannos,
Pro che cazzare sos militaristas:

Pizzinneddos e bezzos de chent’annos
E zovaneddas de sa prima essida
Han’indossadu sos rusticos pannos.
Tottu sa idda in campagna est partída,
In càmiu e in macchina minore.
Sa lotta durat piús d’una chida;

A Pratobello finas su rettore
Ch’est arrivadu cun su sagrestanu
Pro difende su pradu e su pastore…
Sos polizottos cun mitras in manu
Chircaìan sa lotta de virmare,
Ma mutìana e currìana invano,

Ca dae s’assemblea popolare
Ch’in bidda si vaghìa frecuente
Sa zente vi decisa a non mollare
E de lottare in modu intelligente
Tuttuganta sa popolazione
Contra cussu invasore prepotente:

Respingere ogni provocazione,
Bloccare cun sas massas sas istradas,
Impedire s’esercittazione
De sos tiros a sas forzas armadas,
Chi calpestare cherìan sas prendas
De sas terras comunes non muradas

Dae s’edittu de sas chiudendas.
A sos sordados chi tentan d’esstre,
Sa zente che los tòrrad’a sas tendas,
Finas ch’hana decisu de partire,
Unida e forte sa zente orgolesa
Sa lotta vi disposta de sighìre.

E cando l’hana raggiunta s’intesa
Sos delegados dae s’assemblea,
A Roma, in su ministru ‘e sa difesa,
Sos cumbattenttes de sa idda mea,
Fizzos de sa Barbagia de Ollolài,
Parìa sos sordados de Corea…

E una lotta de populu gai,
Naraìan sos bezzos pili canos,
Chi in bida insoro non l’han bida mai.
Tottus sos progressistas isolanos
Solidales, cun tanta simpattia
A Orgosolo toccheddana sas manos
E naran: custa sì ch’est balentìa.

inviata da Riccardo Venturi - 4/5/2016 - 11:11



Lingua: Italiano

Traduzione italiana
da ch.indymedia.org

Orgosolo: Mural sulla rivolta di Pratobello.
Orgosolo: Mural sulla rivolta di Pratobello.
LA LOTTA DI PRATOBELLO

Quando il venti di maggio son tornati
I pastori nel sessantanove
Tristi, né unti né pettinati.

Il venti di novembre sotto la pioggia
Eran partiti con le bestie che figliavano
Dalla montagna, passando da Locoe;
Carichi e fradici viaggiando
Con agnelli in mano e la madre dietro
Il gregge magro chiamando e intruppando;

Avviliti pensando al ricatto
Imposto dal padrone della pastura:
Metà del frutto e più in contratto.
È obbligo emigrare in pianura
Per salvare il magro capitale
Dai freddi inverni dell’altura.

Tosano e mungono per il principale,
Ma dal padrone e dalla mal’annata
Si rifanno nel comunale,
Perché la paga dell’affitto è moderata,
Possono liberamente pascolare
Senza trovare muri in infilata.

Ma a giugno devono sgomberare
Tutta quanta la montagna orgolese
Per fare una base militare.
L’ordina il ministro della Difesa
Con manifesti grandi stampati,
Messi nelle bettole a sorpresa,

Come bando di banditi tallonati.
E i pastori quand’hanno visto così,
Gli ovili nel bando elencati:
Su Pradu, S’ena, Olìni e Olài
Custa de Turre con Su soliànu,
Loppàna, Ottùlu, Unìare e Fumài;

Quasi tutto il pascolo montano
Sgombro di animali e di gente
Vuole il ministro italiano,
Esposta al bersaglio la foresta
Di bombe e mitraglie e canone;
Danno il bando: per motivo urgente

Si riunisca la popolazione
Di ambo i sessi, grandi e piccolini
Vengono tutti alla riunione.
S’improvvisano tanti oratori
E decidono di lottare uniti
Studenti, braccianti e pastori;

D’accordo sindacati e partiti
Proclamano, cattolici, marxisti:
I banditori siano banditi.
Chiudon bottega artigiani, baristi,
E parton tutti, piccoli e grandi,
Per cacciare via i militaristi:

Piccini e vecchi di cent’anni
E giovanette alla prima uscita
Hanno indossato i panni rustici.
Tutto il paese in campagna è partito
In camion e in macchina piccola.
La lotta dura più d’una settimana;

A Pratobello anche il prete
È arrivato con il sacrestano
Per difendere Su pradu e il pastore…
I poliziotti con i mitra in mano
Cercano la lotta di fermare
Ma chiamavano e correvano invano,

Perché dall’assemblea popolare
Che in città si faceva frequente
La gente era decisa a non mollare
E di lottare in modo intelligente
Tutta quanta la popolazione
Contro quell’invasore prepotente:

Respingere ogni provocazione,
Bloccare con le masse le strade,
Impedire l’esercitazione
Dei tiri alle forze armate,
Che calpestare volevan le perle
Delle terre comuni non murate

Dall’editto delle chiudende.
I soldati che cercan d’uscire
La gente li respinge nelle tende
Finchè han deciso di partire,
Unita e forte la gente orgolese
La lotta era disposta a continuare.

E quando l’han raggiunta l’intesa
I delegati dall’assemblea,
A Roma, nel ministero della Difesa,
I combattenti del paese mio,
Figli della Barbagia di Ollolai,
Sembravano i soldati di Corea.

E una lotta di popolo così,
Dicevano i vecchi dai capelli canuti
Che in vita loro non l’han mai vista.
Tutti i progressisti isolani
Solidali, con tanta simpatia
Orgosolo applaudono
E dicono: questa si che è Balentìa.

inviata da Riccardo Venturi - 4/5/2016 - 11:52


La rivolta di Pratobello: Un fumetto del Dott. Fonk
Da ch.indymedia

Fumetto pensato e realizzato da Dott. Fonk, disegnatore sardo impegnato nella controinformazione e in particolare nelle battaglie contro le basi NATO, la guerra, la repressione e il colonialismo. Un pensiero particolare ai 3 compagni sardi, i nuoresi Pauleddu, Ivano e Antonella, condannati in questi giorni a 4 anni di carcere per le loro\nostre idee e la loro\nostra lotta!
LIBERTADE PRO SOS CUMPANZOS!
(15.02.2008)

"Sono passati 9 anni da quando ebbi l'idea di comunicare le mie idee e i miei studi tramite fumetti firmandoli Dott. Fonk. Oggi riguardo i primi lavori e sorrido per le imperfezioni e le prospettive non sempre azzeccate. 9 anni in cui ho potuto autoapprendere, tramite libri ed altro, come rendere il fumetto un medium potente e artistico. Ho scoperto - in questo tempo - che spesso un disegno ben studiato può dire molto più di una vignetta carica di parole scritte. Per via del mio spirito un po' anarchico e introverso ho sempre rifiutato di essere inglobato in realtà organizzate. Mi sono sempre tenuto indipendente dagli schieramenti e contemporaneamente aperto verso tutto il Movimento Sardo. Pur mantenendo dei punti fermi quali l'antifascismo, la lotta di classe e l'amore per la mia terra.

Ho sempre lasciato la libertà di pubblicare gratuitamente i miei lavori, così spesso qualche disegno è apparso qua e la su pubblicazioni sarde e non (da poco ne ho scoperto uno su una fanza anarchica italiana)... Grazie ad Indymedia ho potuto essere conosciuto da molti compagni al di là dei confini nazionali sardi e raccontargli, in maniera semplice ed immediata, che avviene nella nostra piccola isola. Ma i miei fumetti non sono pensati per un limitato pubblico militante, essi vanno ad influenzare e informare anche i più giovani. Perchè è su questi che dobbiamo puntare: con loro al nostro fianco combatteremo il cancro fascista in seno agli Stati dell'Occidente. E' ai più giovani che dobbiamo ricordare che la libertà e i diritti si mantengono con la lotta.

Negli ultimi anni ho lavorato affianco a Sardigna Ruja a Pisa ed ho deciso di collaborare con la rivista sarda Camineras. Entrambe queste realtà puntano tutto sulla cultura e sullo studio del nostro passato per capire e esplorare le potenzialità del popolo sardo. Quest'ultimo fumetto prende vita dalla cronaca dell'omicidio Marotto ad Orgosolo. Un uomo e un posto ricchi di significato e di suggestioni. Marotto era un vecchio compagno che ha vissuto mezzo secolo di lotte e repressione in Sardegna. Orgosolo è invece considerata da tutti i sardi il cuore della Sardegna, culla della sardità. Il fumetto è un omaggio ad Orgosolo con i suoi bellissimi murales e la sua cultura. Vuole solo accennare in punta di piedi alla vicenda Marotto, lasciando ai suoi versi - sui fatti di Pratobello - e ai miei disegni l'arduo compito di esplicare cosa sia realmente la 'Balentìa' per noi sardi."

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Riccardo Venturi - 4/5/2016 - 12:07




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