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Τῆς Ἁγίας Σοφίας [Σώπασε κυρὰ Δέσποινα]

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Tradizionale / Παραδοσιακό
XV secolo [?] / 15. Αιώνας [?]

ayasofyaSebbene, propriamente, a questo canto popolare non possa essere attribuita una precisa epoca di origine, è quantomeno probabile che le sue radici affondino all'epoca stessa, o quantomeno all'indomani immediato, della presa di Costantinopoli da parte dei turchi. Questa data, tra le più importanti dell'intera storia europea, è il 29 maggio 1453.

Riuscire a percepire adesso ciò che ebbe a significare quell'avvenimento, risulta però difficile; così come, senz'altro, è perduta la coscienza delle mille ramificazioni che la conquista ottomana della Polis, vale a dire dell'ultimo frammento storico dell'Impero Romano, ebbe a formare. Eppure sono avvenimenti che, in ultima analisi, si sono trasmessi fino ai giorni nostri: non la storia della Grecia e dei Balcani interi, ma quella dell'intera Europa ha preso un'altra strada da quel giorno. Lepanto, l'assedio di Vienna, la difesa di Sobieski, la turcocrazia e lo stabilirsi dell'Islam in una parte consistente d'Europa, la caduta dell'Impero Ottomano e la nascita della Turchia moderna, la guerra greco-turca e lo sradicamento della grecità dall'Asia Minore fino ad arrivare alla questione cipriota e alle guerre jugoslave: tutto questo ha qualcosa da far risalire a quel 29 maggio del 1453.

Una pagina come questa, per essere completa, dovrebbe a rigore diventare un trattato di storia moderna e contemporanea; non è naturalmente possibile. È possibile invece, proponendo un canto tradizionale come questo (che viene riportato nella grafia greca originale), dare un'occhiata al modo in cui la grecità dell'epoca visse quell'avvenimento e, in particolare, la presa del simbolo dell'intera cristianità bizantina: la basilica di Santa Sofia. Il più grande tempio della cristianità, dedicato alla “Santa Saggezza” (o “Santa Sapienza”).

Nel componimento popolare si avverte la rassegnazione: la conquista turca è volontà di Dio e deve essere accettata, cercando di salvare i simboli (la croce, il vangelo, l'altare maggiore) e trasferirli altrove. Quel che fu invece trasferito altrove, fu la grecità stessa; con la diaspora bizantina ebbe inizio e sviluppo il Rinascimento mentre la Grecia stessa piombava in quattro secoli di tenebre fitte, ridotta a una civiltà rurale e isolata. Sebbene, nell'ultimo verso del componimento, si esprima una speranza che ha coloratura di certezza, la Storia non le ha dato alcun corso.

In sé e per sé, la conquista turca di Costantinopoli dopo il durissimo assedio fu soltanto all'inizio un massacro incalcolabile testimoniato precisamente dalle (peraltro non molte e, a volte, scarsamente affidabili) fonti storiche. Dopo la prima strage, che comportò anche un'ovvia fioritura di leggende soprannaturali, Maometto II si dimostrò tutt'altro che intenzionato a sradicare la grecità da Costantinopoli (che assunse, in turco, un nome derivato comunque dal greco: Ỉstanbul è la storpiatura turca di εἰς τὴν Πόλη “verso la Città”). Nonostante l'immediata trasformazione in moschea di Santa Sofia (che tuttora, in turco, si chiama Ayasofya e non è più né una basilica cristiana né una moschea, ma un museo), molte chiese vennero restituite ai cristiani assieme alle loro proprietà, e la popolazione greca ben presto tornò a fiorire e ad essere tenuta persino in grande considerazione per tutta la durata dell'Impero Ottomano. Si può tranquillamente affermare che la grecità è stata veramente sradicata da Ỉstanbul solo col pogrom del 1955.

Andò a finire che il più celebre componimento popolare sulla caduta di Costantinopoli, che poi sarebbe questo della pagina che state leggendo, fu messo in musica su una melodia che è incontestabilmente di origine turca. Così come centinaia di parole turche passarono nel greco parlato, e pure parecchie parole greche nella lingua turca (una delle più famose, efendi, che noi spesso scriviamo “effendi”, è il greco αὐθέντης “dominatore”, pronunciato afthéndis). Cominciavano interazioni e allontanamenti, pacificazioni e germi di guerre future, convivenze e resistenze, comprensioni e incomprensioni. [RV]

Σημαίνει ὁ Θεός, σημαίνει ἡ γῆς, σημαίνουν τὰ ἐπουράνια,
σημαίνει καί ἡ Ἁγιὰ Σοφιά, τὸ Μέγα Μοναστήρι
μὲ τετρακόσια σήμαντρα κι ἐξηνταδυὸ καμπάνες,
κάθε καμπάνα καὶ παπᾶς, κάθε παπᾶς καὶ διάκος.

Ψάλλει ζερβά ὁ βασιλιᾶς, δεξιά ὁ Πατριάρχης
κι ἀπ' τὴν πολλὴ τὴν ψαλμουδιά, ἐσειόνταν οἱ κολώνες.
Νὰ μποῦνε στὸ χερουβικὸ καὶ νὰ βγῇ ὁ βασιλέας,
φωνὴ τοὺς ἦρθε ἐξ οὐρανοῦ κι ἀπ' Ἀρχαγγέλου στόμα.

Πάψετε τὸ χερουβικό κι ἂς χαμηλώσουν τ' Ἅγια,
παπάδες πάρτε τὰ ἱερὰ καὶ 'σεῖς κεριὰ σβηστεῖτε,
γιατὶ εἶναι θέλημα Θεοῦ ἡ Πόλη νὰ τουρκέψῃ.

Μόν' στεῖλτε λόγο στὴ Φραγκιά, νὰ 'ρθοῦνε τρία καράβια
τό 'να νὰ πάρει τὸ σταυρὸ καὶ τ' ἄλλο τὸ βαγγέλιο,
τὸ τρίτο τὸ καλύτερο τὴν Ἅγια Τράπεζά μας
μὴ μᾶς τὴν πάρουν τὰ σκυλιά, μὴ μᾶς τὴν μαγαρίσουν.

Ἡ Δέσποινα ταράχθηκε κι ἐδάκρυσαν οἱ εἰκόνες
"Σώπασε κυρὰ Δέσποινα καὶ μὴ πολυδακρύζεις
πάλι μὲ χρόνους, μὲ καιρούς, πάλι δικά μας θἆναι".

inviata da Riccardo Venturi - Ελληνικό Τμήμα των ΑΠΤ "Gian Piero Testa" - 24/4/2015 - 20:40



Lingua: Italiano

Traduzione italiana di Riccardo Venturi
24 aprile 2015



DI SANTA SOFIA [STA' CALMA, SANTA MADONNA]

Dà il segnale Iddio, lo dà la Terra e lo danno i Cieli,
lo dà pure Santa Sofia, il Grande Monastero
con quattrocento crepitacoli e sessantadue campane,
ogni campana e ogni sacerdote, ogni sacerdote e ogni diacono.

Canta a dritta il Re, a mancina il Patriarca
e dal tanto salmodiare si squassavan le colonne.
Che s'intonasse l'Inno Cherubico *1 e che comparisse il re
fu annunciato dal cielo e da bocca d'Arcangelo.

Cessate l'Inno Cherubico, s'abbassi il Santissimo Sacramento,
sacerdoti, prendete le Sacre Scritture, e voi spegnete i ceri,
perché è volontà di Dio che la Città diventi turca.

Solo mandate un messaggio in Europa, che vengano con tre navi,
una che prenda la Croce e l'altra il Vangelo,
la terza, la più bella, il nostro altar maggiore
perché non lo prendano quei cani, perché non ce lo insozzino.

Si turbò la Madonna e piansero lacrime le immagini:
“Sta' calma, santa Madonna, non versar tante lacrime,
con gli anni e con il tempo tutto tornerà nostro.”
NOTA alla traduzione


"ΧΕΡΟΥΒΙΚΟΣ ΥΜΝΟΣ" ΒΑΤΟΠΑΙΔΙΝΟΣ ΧΟΡΟΣ di takist


[1] L' Inno Cherubico (Χερουβικόν) è il troparion normalmente intonato all'Entrata Solenne durante la liturgia greco-ortodossa; ma fa parte anche della liturgia cattolica orientale. E' detto anche Τρισάγιον, ovvero “tre volte santo”. Teologicamente, si basa chiaramente sull'Antico Testamento, e in particolare sul profeta Isaia. Fu introdotto nella liturgia bizantina nel VI secolo. Il testo originale greco, armonizzato da Teodoro Foceo, recita:

Οἱ τὰ Χερουβεὶμ μυστικῶς εἰκονίζοντες,
καὶ τῇ ζωοποιῷ Τριάδι τὸν Τρισάγιον ὕμνον προσάδοντες,
πᾶσαν τὴν βιοτικὴν ἀποθώμεθα μέριμναν.
Ὡς τὸν Βασιλέα τῶν ὅλων ὑποδεξόμενοι,
ταῖς ἀγγελικαῖς ἀοράτως δορυφορούμενον τάξεσιν.
Ἀλληλούϊα, Ἀλληλούϊα, Ἀλληλούϊα.


In traduzione italiana:

Noi che misticamente rappresentiamo i Cherubini
e che cantiamo l'Inno Tre Volte Santo alla Trinità che dà la vita
mettiamo ora da parte ogni cura terrena
affinché possiamo ricevere il Re di tutte le cose
scortato invisibilmente dalle schiere angeliche
Alleluia, Alleluia, Alleluia


L'Inno Cherubico ha versioni in tutte le lingue liturgiche ortodosse:

In Antico Slavo Ecclesiastico:

Иже херувимы тайно образующе,
и Животворящей Троицѣ трисвятую пѣснь припѣвающе,
Всякое нынѣ житейское отложимъ попеченіе.
Яко да Царя всѣхъ подъимемъ,
ангельскими невидимо дориносима чинми.
Аллилуіа, Аллилуіа, Аллилуіа


In Georgiano:

რომელნი ქერუბიმთა საიდუმლოდ ვემსგავსენით, და ცხოველსმყოფელსა სამებასა,
სამწმიდა არსობისა გალობასა შევსწირავთ,
ყოველივე მსოფლიო დაუტევოთ ზრუნვა,
და ვითარცა მეუფისა ყოველთასა, შემწყნარებელსა ანგელოსთაებრ უხილავად, ძღვნის შემწირველთა წესთასა,
ალილუია, ალილუია, ალილუია


In Rumeno:

Noi care pre heruvimi cu taină închipuim,
și Făcătoarei de Viață întreit-sfântă cântare aducem,
toată grija lumească să o lepădăm
ca pe Împăratul tuturor să-L primim,
înconjurat de cetele cele îngerești.
Aliluia, aliluia, aliluia.

24/4/2015 - 20:50




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