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Gino Bartali
Gino Bartali

Gino Bartali "Giusto tra le nazioni".
Salvò quasi mille ebrei dai nazisti


Il ciclista toscano rischiò la vita per salvare quella dei perseguitati dai campi di concentramento. Usando la sua bicicletta per nascondere documenti falsi, il campione salvò ottocento persone. Israele ha riconosciuto il suo impegno e ha in programma una cerimonia in Italia in suo onore anche in Italia

TEL AVIV - Gino Bartali, il grande campione di ciclismo, è stato dichiarato 'Giusto tra le nazioni' dallo Yad Vashem, il memoriale ufficiale israeliano delle vittime dell'olocausto fondato nel 1953. La nomina di 'Giusto tra le nazioni' è un riconoscimento per i non-ebrei che hanno rischiato la vita per salvare quella anche di un solo ebreo durante le persecuzioni naziste.

Bartali, oltre ad essere un campione delle due ruote, si distinse in quegli anni per il coraggio con cui collaborò per salvare dalla deportazione alcune famiglie. Sul sito dell'organizzazzione vengono spiegate le motivazioni della nomina. Gino Bartali "un cattolico devoto, nel corso dell'occupazione tedesca in Italia ha fatto parte di una rete di salvataggio i cui leader sono stati il rabbino di Firenze Nathan Cassuto e l'arcivescovo della città cardinale Elia Angelo Dalla Costa". Ques'ultimo è stato già riconosciuto Giusto tra le Nazioni da Yad Vashem.

"Questa rete ebraico-cristiana, messa in piedi a seguito dell'occupazione tedesca e all'avvio della deportazione degli ebrei, ha salvato - prosegue Yad Vashem - centinaia di ebrei locali ed ebrei rifugiati dai territori prima sotto controllo italiano, principalmente in Francia e Yugoslavia".

Bartali, si legge ancora sul sito del memoriale ebreo, ha agito "come corriere della rete, nascondendo falsi documenti e carte nella sua bicicletta e trasportandoli attraverso le città, tutto con la scusa che si stava allenando. Pur a conoscenza dei rischi che la sua vita correva per aiutare gli ebrei, Bartali ha trasferito falsi documenti a vari contatti e tra questi il rabbino Cassuto". ll periodo in cui lavorò più intensamente per mettere in salvo gli ebrei è tra il settembre 1943 e il giugno 1944. Yad Vashem ha infine annunciato che in onore del campione della due ruote si terrà una cerimonia in Italia in una data ancora da stabilire.



Commozione e felicità, orgoglio e nostalgia. Questi i sentimenti della moglie del campione e del figlio Andrea. "E' una cosa magnifica - afferma Andrea - Aspettavamo questa notizia già da qualche tempo, soprattutto dopo che un mese fa hanno fatto giusto tra le nazioni il cardinale Elia Dalla Costa". E continua : "Saperlo proprio oggi quando qui a Firenze sono iniziati i Mondiali di ciclismo ha un significato enorme". La famiglia di Bartali era stata invitata già nelle settimane scorse a Gerusalemme dal governo israeliano per il mese di ottobre quando si terrà una gran fondo di ciclismo intitolata a Gino Bartali.

Per il coraggio e l'umanità non comune, il ciclista toscano ha ricevuto la medaglia d'oro al merito civile dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi "per aver salvato almeno 800 ebrei".

La Repubblica 23/09/2013


Medaglia d'oro al Merito civileMedaglia d'oro al Merito civile
«Nel corso dell'ultimo conflitto mondiale, con encomiabile spirito cristiano e preclara virtù civica, collaborò con una struttura clandestina che diede ospitalità ed assistenza ai perseguitati politici e a quanti sfuggirono ai rastrellamenti nazifascisti dell'alta Toscana, riuscendo a salvare circa ottocento cittadini ebrei. Mirabile esempio di grande spirito di sacrificio e di umana solidarietà. 1943 - Lucca»
— Roma 31 maggio 2005
Za za za zaz!
Za za za zaz!
Za za za zazza,
za za za za!

Farà piacere un bel mazzo di rose
e anche il rumore che fa il cellophane
ma una birra fa gola di più
in questo giorno appiccicoso di caucciù
Sono seduto in cima a un paracarro
e sto pensando agli affari miei
tra una moto e l'altra c'è un silenzio
che descrivere non saprei.

Oh quanta strada nei miei sandali
quanta ne avrà fatta Bartali
quel naso triste come una salita
quegli occhi allegri da italiano in gita
e i francesi ci rispettano
che le balle ancor gli girano
e tu mi fai dobbiamo andare al cine
vai al cine vacci tu

Za za za zaz!
Za za za zaz!
Za za za zazza,
za za za za!

E' tutto un complesso di cose
che fanno sì che io mi fermi qui
le donne a volte sì sono scontrose
o forse han voglia di far la pipì
E tramonta questo giorno in arancione
e si gonfia di ricordi che non sai
mi piace restare qui sullo stradone
impolverato se tu vuoi andare vai

E vai che io sto qui che aspetto Bartali
scalpitando sui miei sandali
da quella curva spunterà
quel naso triste da italiano allegro
tra i francesi che si incazzano
e i giornali che svolazzano
c'è un po' di vento
abbaia la campagna
e c'è una luna in mezzo al blu.

Za za za zaz!
Za za za zaz!
Za za za zazza,
za za za za!

Oh quanta strada nei miei sandali
quanta ne avrà fatta Bartali
quel naso triste come una salita
quegli occhi allegri da italiano in gita
e i francesi ci rispettano
che le balle ancor gli girano
e tu mi fai dobbiamo andare al cine
vai al cine vacci tu.

Za za za zaz!
Za za za zaz!
Za za za zazza,
za za za za!
za za za za!

inviata da DoNQuijote82 - 23/9/2013 - 20:47


Bartali

BartaliQuando i fascisti lo convocano, quel giorno, Gino Bartali ha paura.
Ma non può non andare, sanno dove abita, ha un bimbo piccolo.
Non che non lo abbiano mai controllato, dopo lo scoppio della guerra: durante gli allenamenti tra Firenze e Assisi era facilissimo che lo fermassero. Ma ogni volta che vedevano la sua faccia e riconoscevano il campione già vincitore del Giro d'Italia e del Tour de France e della Milano Sanremo e di tante altre gare, tutto filava liscio.
Quel giorno è diverso, perché lo hanno convocato a Villa Triste, come è soprannominato il palazzo dove è alloggiata la Banda Carità che lo cerca.

La banda, che prende il nome dal comandante Mario Carità, è una delle più crudeli formazioni fasciste, specializzata in rastrellamenti, torture e infiltrazioni dentro i gruppi partigiani per arrestarne e ucciderne i componenti.
Villa Triste è famosa per le grida che provengono dalle vittime che i fascisti torturano.
A volte, dalle sue stanze, arriva la musica di un pianoforte, suonato per coprire le urla dei poveretti.

Appena arriva, Bartali viene condotto nelle cantine, dove capisce che è tutto vero quanto ha sentito dire: vede esposte armi, bastoni e vari strumenti di tortura che sembrano medioevali e con cui si fanno parlare le persone, quando le botte non bastano.
Anche Gino, un uomo durissimo e capace di soffrire ogni tormento sui pedali, è spaventato.
"Erano tempi in cui la vita non costava niente. Era appesa a un filo, al caso, agli umori degli altri", dirà.
E la sua vita, quel giorno, è appesa agli umori del terribile Mario Carità.
Il gerarca ha intercettato delle lettere, indirizzate a Bartali, che vengono dal Vaticano e lo ringraziano per il suo aiuto.
Le lettere sono lì, sul tavolo.
“Di che aiuto si tratta, Bartali? Cosa ha fatto per meritarsi i ringraziamenti del Vaticano? Ha portato armi?"
“Io nemmeno so sparare!".
"E allora ha portato altre cose! Lo confessi".
"Ho solo mandato caffè, farina e zucchero e altro cibo ai bisognosi".
"E lei mi vuole far credere che il Vaticano scriverebbe a un campione come lei per ringraziarla di aver mandato caffè, farina e zucchero?".
“Questa è la verità" insiste Bartali.
Carità lo fissa con i suoi occhi da rettile.
"Vediamo se in cella si schiarisce le idee".
Gino finisce incarcerato per due giorni, nelle stanze di Villa Triste.
Al terzo giorno lo riportano in cantina, ma Carità non è solo, si è portato tre altri militari. L'aguzzino fascista gli rifà la stessa domanda.
"Cosa ha fatto per il Vaticano, Bartali? Portava armi? O altro?".
Gino insiste: "Caffè, farina e zucchero".
Carità perde la pazienza, urla, ma uno dei tre ufficiali con lui è un militare che ha avuto Gino al suo servizio, ai tempi della leva.
“Conosco Bartali, è sempre stato uno sincero, uno che dice la verità. Se i ringraziamenti erano per farina e zucchero, allora è vero. Non perdiamo tempo con lui”.
Carità, riluttante, si convince a liberare il ciclista, anche perché gli americani si avvicinano a Firenze e c’è bisogno di lui e dei suoi uomini per combatterli.

Gino esce tutto intero da Villa Triste, incredulo di essersi salvato per le parole di quel militare che pensava di conoscerlo così bene.
Ma sbagliava, perché Gino ha mentito.
Non sono caffè, farina e zucchero, i motivi per cui il Vaticano lo ringrazia.
Per tutto il tempo in cui ha corso lungo la Firenze – Assisi, nel telaio della bicicletta cui si accede staccando il sellino, Bartali ha nascosto fotografie e altre carte necessarie a fabbricare documenti falsi destinati a centinaia di ebrei da salvare.

Lo ha fatto per conto del Vescovo di Firenze Elia Dalla Costa, l’uomo che ha celebrato il suo matrimonio e che ha pensato a Bartali come unica possibilità di passare i controlli.
“Ma non devi dire nulla a nessuno, Gino! Nemmeno alla tua famiglia. O quelli ammazzano tutti”.
Non solo: ogni volta in cui arrivava un treno da Assisi su cui viaggiavano ebrei che volevano prendere coincidenze per fuggire in altre parti d’Italia, Gino è andato al bar della stazione ferroviaria. Lì si è fatto vedere bene da tutti, si è messo in mostra per i tifosi e il caos creato dalla sua presenza ha fatto sì che la polizia fascista e i soldati tedeschi non riuscissero a controllare bene i documenti e facessero passare un po’ tutti.
E poi ancora, altri viaggi in bici, fino a Genova e in Svizzera, per prendere lettere e denaro. Senza contare un’intera famiglia ebrea che è nascosta da un anno nella cantina di una sua casa.
In tutti questi modi, in quegli anni, Bartali ha salvato la vita a un numero imprecisato ed enorme di persone.
Gino, però, mantiene la promessa fatta al Cardinale; non racconta nulla a nessuno, nemmeno ad Adriana e Andrea, per proteggerli. E anche dopo, a guerra finita, tiene il segreto per sé, perché crede che “quando fai un favore ci pensi per una notte, ma te ne dimentichi il giorno dopo”.

Solo quando il padre è ormai molto vecchio, il figlio Andrea, che ha sentito girare alcune voci su questa storia, riesce a farsi spiegare dal babbo come sono andate le cose.
“Ma tu non devi dirlo a nessuno, eh!” insiste il campione. "Il bene si fa, ma non si dice. E certe medaglie si appendono all'anima, non alla giacca".

Riccardo Gazzaniga

24/1/2019 - 11:19




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