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Domani amore andremo

Ivan Della Mea
Lingua: Italiano


Ivan Della Mea

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Ivan della Mea, Domani amore andremo


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[Dicembre 1969]
Testo e musica di Ivan della Mea
Paroles et musique: Ivan della Mea
Lyrics and Music: Ivan della Mea
Album: Il rosso è diventato giallo

1968 ancona

In questo sito mettiamo sempre le date delle canzoni, perché sono importanti. Dicembre 1969: non sappiamo se questa canzone sia stata scritta prima o dopo il 12 di quel mese, ma la "passeggiata di innamorati" di Ivan della Mea racconta di un paese in movimento feroce; ed è tra le più belle cose che Ivan abbia scritto, con quel suo "crescendo" incalzante e urlante. Una passeggiata senza alcun rifugio nel personale, ma inserita nel contesto urbano di ogni giorno, nei suoi accadimenti, nelle sue lotte; e con sferzante sarcasmo verso chi, allora come ora, ciancia di queste cose dai suoi piedistalli, senza sapere neppure che cosa sia la gente, o il "popolo", che intenderebbe rappresentare. Un paese che si muoveva, e talmente troppo che andava fermato con le bombe. Un paese che, dopo decenni di torpore, forse ora ricomincia un po' a muoversi. Ed è bene riascoltarla, allora, questa canzone. Gli scenari sono mutati sì, ma in peggio. Non è una canzone "datata", a parte il riferimento a Mao che deve essere preso per quello che è, e comunque la si voglia vedere. È una canzone che parla di prese di coscienza e di osservazione militante, e che cerca sempre un senso nelle cose e nei fatti. E di questo c'è più che mai bisogno, adesso, in tempi di Marchionne. [RV]
Domani tornerò
tra i ferri incrociati
tra case suoni scemi
della mia città
e questo
un senso suo ce l'ha.

E tu verrai con me
per amore vero
cercando un amico
con me nella città
e questo
un senso suo ce l'ha.

Ci porteremo il sole
bambino amore caldo
che sciolga nebbia fessa
della mia città
e questo
un senso suo ce l'ha.

Andremo per la mano
tra Golgota di case
tra luci allupate
della mia città
e questo
un senso suo ce l'ha.

Vedrai le facce bile
le ciminiere urlo
Purfina* cancro e cielo
della mia città
e questo
un senso suo ce l'ha.

Vedrai gli amori stanchi
uccisi dal lavoro
amori in busta paga
là nella mia città
e questo
un senso suo ce l'ha.

E i cervelli gauche
marijuana di sinistra
blablare su operai
là nella mia città
e questo
un senso suo ce l'ha.

Domani amore andremo
tra i ferri incrociati
tra case suoni scemi
di questa mia città
e questo
un senso suo ce l'ha.

E tu sarai con me
per amore vero
cercando un amico
con me nella città
e questo
un senso suo ce l'ha.

Volere l'uomo nuovo
amore è neo-fatica
tra il cancro-ferro-urlo
di questa mia città
e questo
un senso suo ce l'ha.

Volere l'uomo nuovo
bambino sole Mao
sarà fatica rossa
per noi nella città
e questo
un senso suo ce l'ha.
NOTA al testo:

* Purfina: Negli anni '50 a Roma, in piena Roma, sulla via Portuense appena dietro la stazione ferroviaria di Trastevere, fu costruita...una raffineria di petrolio: la Purfina, appunto. Nonostante le proteste di tutti gli abitanti del quartiere, la raffineria non fu demolita che negli anni '70. Quando Della Mea scrisse questa canzone, la Purfina era ancora attiva, causando negli abitanti della zona un'incidenza di cancro che era quasi il triplo di quella del resto della città di Roma.

purfina

inviata da Riccardo Venturi - 1/1/2011 - 14:34


Oggi ho visto a Milano il film "We want sex". In sala molte giovani donne. Alla fine un applauso, e proprio da loro. Il vecchio ex sindacalista (è di me che parlo) che si tergeva in fretta qualche lacrimuccia sotto gli occhiali, che non le vedessero, al riaccendersi delle luci, le due belle e eleganti signore (e amiche care) accanto alle quali aveva visto il film. Uguaglianza, dignità, rispetto per chiunque lavori: mi trovavo risprofondato nelle radici dei miei sogni d'antan, di quando mi spaccavo il culo lavorando con e per chi lavorava. Uguaglianza, dignità, rispetto. A chi gliene frega appena un po' di tutto questo, oggi? Forse al vecchio ex sindacalista con la lacrimuccia sotto gli occhiali, che non volle mai distinzioni, né potere, né prepotere? Sarebbe cosa di scarso valore. Forse alle ragazze che sono uscite in un applauso? Sarebbe una luce di speranza.
Questo fu il sessantotto, a dispetto di quanto se ne fece, e di quanto se ne dice. Riprendetevelo, donne, riprendetevelo, ragazzi, nella sua radice primigenia, fresca e carica di futuro. Augurio di un anno nuovo.

Gian Piero Testa - 1/1/2011 - 22:39




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