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La cantata rossa

Giulio Stocchi e Gaetano Liguori
Lingua: Italiano


Giulio Stocchi e Gaetano Liguori

Lista delle versioni e commenti


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Ultimo brano della Cantata rossa per Tall el Zaatar (testo completo)

Cantata Rossa
«Ci sono momenti in cui si fa fatica a scrivere di musica. Ci sono momenti in cui la musica neanche la si vorrebbe sentire, per stare fermi e meditare. Questo è un momento così. Ma la potenza della musica è infinita e anche sull'orlo di una tragedia riesce a farsi strada, ad arrivare fino a te e a parlarti con i suoni e le parole giuste. E allora come lo si deve leggere se non come un segno del destino (beffardo? Benevolo? A voi la scelta) il fatto che proprio da quest'estate sia finalmente disponibile in cd un disco seminale?

"La cantata rossa per Tall El Zaatar" con cui Gaetano Liguori (jazzista, autore delle musiche) e Giulio Stocchi (poeta-operaio, autore dei versi) hanno voluto nel lontanissimo 1977 celebrare la tragedia del popolo palestinese, ricordando la strage del 1976, l'epilogo di un processo di vera e propria "pulizia etnica" portata avanti delle milizie falangiste cristiane, in Libano, per eliminare dalla parte orientale di Beirut qualunque presenza palestinese, musulmana, progressista.»
(dalla recensione su Bielle)


Gli interpreti sono
Concetta Busacca - canto
Giulio Stocchi - voce recitante
Pasquale Liguori - batteria
Roberto Del Piano - fender bass
Gaetano Liguori - pianoforte
Demetrio Stratos - vocalist

Demetrio Stratos canta nel brano "Amna"


Il brano precedente della cantata è La madre.
La cantata si apre con I cinquantatré giorni
Ma che nessuno
nessuno dico
che nessuno pianga!
Non una lacrima
dalle terre segrete
del nostro dolore
non una lacrima!
Perché in piedi
in piedi sono morti
Che nessuno pianga!
In piedi
accanto al pozzo
e alle radici del pane
Che nessuno pianga!
In piedi
fra le stagioni testarde
del loro lavoro
Che nessuno pianga!
In piedi
con le scarpe indosso
e con fucili
Che nessuno pianga!
In piedi
da barricate
parlando alle stelle
Che nessuno pianga!
In piedi
con gli occhi fissi
ai fiumi di Palestina
Che nessuno pianga!
In piedi
tracciando strade immense
verso il ritorno
Che nessuno pianga!
In piedi
con doni di speranza
ai bimbi del futuro
Che nessuno pianga!
In piedi
Ahmed
Fathma
Ibrahim
in piedi
Mervath
Abeth
Leila
in piedi
Youssef il nonno
e il piccolo Fadh
che aveva tre anni
in piedi
ognuno dei trentamila
di Tall el Zaatar
e che nessuno
nessuno dico
che nessuno pianga!
Non una lacrima!
Perché vedete?
Li hanno scacciati
dalla loro terra
e dal loro sogno
li hanno dispersi
li hanno rinchiusi
nei campi
gli hanno messo un numero
chiamandoli profughi
li hanno venduti
su tutti i mercati
e quando hanno preso il fucile
"Banditi!" hanno gridato
e li hanno uccisi
torturati
massacrati
divisi
e gli hanno detto
"Tu non avrai patria!"
ed essi in piedi
con la loro statura
abitano il mondo
abitano il mondo
abitano il mondo!

20/11/2004 - 11:18



Lingua: Inglese

THE RED CANTATA

But nobody
nobody I say
let nobody cry!
Not one tear
from the secret lands
of our pain
not one tear!
Because standing
standing up they died
Let nobody cry!
Standing up
near the well
and the roots of the bread
Let nobody cry!
Standing up
between the labourious seasons
of their work
Let nobody cry!
Standing up
with their shoes on
and with rifles
Let nobody cry!
Standing up
from barricades
talking to the stars
Let nobody cry!
Standing up
with eyes fixed towards
the rivers of Palestine
Let nobody cry!
Standing up
mapping out vast roads
towards the way of return
Let nobody cry!
Standing up
with gifts of hope
to the children of the future
Let nobody cry!
Standing up
Ahmed
Fathma
Ibrahim
standing up
Mervath
Abeth
Leila
standing up
Youssef the grandfather
and little Fadh
who was three years old
standing up
each of the thirty thousand
of Tall el Zaatar
and nobody
nobody I say
let nobody cry!
Not one tear!
Dont you see?
They threw them out
from their land
and their dream
they dispersed them
they closed them
in camps
they gave them a number
calling them refugees
they sold them
in all the markets
and when they took guns
Bandits they yelled
and they killed them
they tortured them
they slaughtered them
they divided them
and they told them
You will not have a country!
and they standing up
straight with their stature
they live in the world
they live in the world
they live in the world!

20/11/2004 - 11:21


Dal ForumPalestina, una poesia di Giulio Stocchi dedicata alle esternazioni del neo(fascista) Presidente della Camera Gianfranco Fini a proposito di bandiere bruciate e vite spezzate...

"Le bandiere di Fini"
una poesia di Giulio Stocchi

La testa sfondata
dai calci
del ragazzo
sull´asfalto

vale dunque
meno
di una bandiera
bruciata

Ciò è giusto
è ragionevole

Nell´alto
dei cieli l´aereo
con la stella di davide
infatti

vale di più
della casa
che tra poco
esploderà

Alessandro - 12/5/2008 - 09:36


IN MORTE DI ARIEL SHARON
poesia di Giulio Stocchi

L'uomo di pace
È morto

Nella pace dei cimiteri
Riposa

Che fu la pace che
In vita

Costruì nel mondo

13/1/2014 - 14:32


Dopo la spartizione della Polonia
noi deprechiamo da te la Pace
chiamiamo cagne da brutto sogno
che ti rincorrano - e ti azzannino il culo!

L.L. - 13/1/2014 - 22:44


Non avevamo dato la notizia. Ad aprile 2019 è morto il poeta Giulio Stocchi

Con Giulio Stocchi se ne va il poeta della lotta politica
di Gaetano Liguori

È morto un amico, è morto un compagno, è morto un poeta. Giulio Stocchi ci ha lasciato a 75 anni dopo varie vicissitudini di salute, ha intrapreso l'ultimo tragitto verso la pace accompagnato dalla dolce compagna Deborah. E io — e penso tanti come me — ci sentiremo più soli. Soli nella vita di tutti i giorni ma sopratutto soli nel lottare (termine forse desueto) contro le ingiustizie, il fascismo, il razzismo e le prevaricazioni di ogni genere che si mostrano tutti i giorni.

Giulio apparteneva a una generazione che aveva abbracciato gli ideali di libertà e democrazia non solo portando la sua persona nelle affollate piazze degli anni 70, ma testimoniando con il suo mezzo, la poesia, come fosse finito il tempo dei poeti lontani dai problemi della nostra giovane democrazia (siamo negli anni in cui si parlava di strage di Stato) partecipando attivamente a quei movimenti che volevano cambiare il mondo. Come? Con la poesia. Con il mezzo più lontano dalle piazze, dagli operai, dagli scioperi con slogan e campanacci giustamente fracassoni, ma con la parola, con il verso. Come quella volta che durante uno sciopero dei sindacati per la Innocenti in una piazza del Duomo piena all'inverosimile attaccò i versi di una sua poesia Il posto di lavoro non si tocca tra ovazioni da stadio. Naturalmente i nostri destini non potevano non incontrarsi, e così quando composi la Cantata rossa per Tal El Zaatar (1977) per i testi non potevo non rivolgermi a lui: io ero il pianista della Statale lui era il Poeta delle manifestazioni.

Io avevo scelto il linguaggio dei musicisti afroamericani più arrabbiati, il Free jazz, lui aveva come emulo Majakowskij, il grande poeta della Rivoluzione d'Ottobre. Insieme a un mito del rock, Demetrio Stratos e ai miei storici collaboratori, mio padre Lino alla batteria, e Roberto Del Piano al basso e a una cantante folk del giro di Dario Fo, Concetta Busacca, demmo vita a un disco di solidarietà per il popolo palestinese, testimone e vittima a Beirut di un orrendo massacro.

Episodi o aneddoti di quel periodo che ci portò a fare più di 300 concerti in un paio di anni ce ne sarebbero tanti, dalla presentazione ufficiale nella Statale occupata di Milano, dove gli artisti democratici come noi partecipavano a organizzare l'evento. Anche manualmente, per esempio scardinando con la fiamma ossidrica una porta di metallo che impediva l'accesso all'Aula Magna o portando con un cavo la corrente dall'altra parte della strada, per far funzionare l'impianto e le luci. Un'altra volta dei serissimi compagni marxisti di Colonia ci fecero esibire in una birreria dove tra effluvi di wurstel e litri di birra ci guardarono come marziani, anche perché la nostra solidarietà col popolo palestinese era fatta nella lingua di Dante.

Un'altra volta portammo la Cantata rossa in Siria e Libano, questo negli anni 2000 dopo una ristampa del disco da parte di Radio Popolare. Ma si stava per scatenare un incidente diplomatico perché alcuni versi indicavano tra i mandanti del massacro Assad padre e perché il prode cristiano maronita Jumblatt — altro gentiluomo — probabilmente avrebbe assistito al concerto. Beh quella volta fu lui a saltare il giro e rimanere fuori perché io eseguii solo le parti suonate. Non c'era una festa proletaria, uno sciopero di fabbrica, un'occupazione di scuola che non ci vedeva presenti e a volte, data l'impossibilità di reperire un pianoforte, mi toccava abbandonarlo. Ma a lui bastava un microfono e spesso neanche quello. Hasta la Victoria siempre Giulio "compagno poeta".

3/1/2020 - 19:15




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