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Gagarin

Claudio Baglioni
Langue: italien


Claudio Baglioni

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L'unica pecca - peraltro non lieve - di questo brano estremamente emozionante di Claudio Baglioni consiste nella totale assenza, dai credits dell'album che lo contiene, di un qualsivoglia riferimento all'opera letteraria dalla quale il cantautore romano ha letteralmente "mutuato", per così dire, il brano stesso.

Yuri Gagarin


Questa "Gagarin" baglioniana contiene ad ogni modo un riferimento antibellico circoscritto, sì, ma di grande forza, con quel cosmonauta russo dagli occhi limpidi e dal sorriso coraggioso che se ne sta sospeso in orbita - primo uomo nella storia - a rimirare dall'alto dei cieli la nostra piccola Terra e tutto il suo carico di "bugie, volgarità, calunnie, guerre, maschere antigas".

Il brano è contenuto nell'album "Solo", del 1977 , settimo album del cantautore romano (ma primo suo disco totalmente alieno dalle facili sirene del pop commerciale, veramente maturo e compiuto dal primo all'ultimo brano), ove si parla pochissimo d'amore e molto di solitudini umane, le più varie, espresse da una galleria di ritratti che comprendono - oltre a questo Yuri Gagarin in orbita - anche altri personaggi, talora noti o notissimi (come Gagarin stesso e come un solitario Gesù Cristo attualizzato e dolente, la cui immagine ed il cui nome vengono sfruttati e piegati dai potenti ai loro scopi terreni) ma per lo più totalmente anonimi (un campione di basket sul viale del tramonto; una spogliarellista inaridita; un taxista di Rio de Janeiro, una giovane operaia all'uscita della fabbrica ...).

La fonte ispiratrice (anzi, ben più che una semplice fonte ispiratrice!;-))) è il poema "Sono Gagarin, il figlio della terra", di Evgenij Aleksandrovič Evtušenko / Евгений Александрович Евтушенко (1969) [AB]
Quell'aprile s'incendiò
al cielo mi donai
Gagarin, figlio dell'umanità
e la terra restò giù
più piccola che mai
io la guardai - non me lo perdonò
E l'azzurro si squarciò
e stelle trovai, lentiggini di Dio
col mio viso sull'oblò
io forse sognai
e ancora adesso io volo

E lasciavo casa mia
la vodka ed i lillà
e il lago che bagnò il bambino Yuri
con il piede io scansai
bugie, volgarità
calunnie, guerre, maschere antigas
come un falco m'innalzai
e sul Polo Nord
sposai l'eternità
anche l'ombra mi rubò
e solo restai
e ancora adesso io volo
e ancora adesso io volo
volo
volo
nell'infinito io volo

Sotto un timbro nero ormai
io vi sorrido ma
il mio sorriso se n'è andato via
io
vestito da robot
per primo volai
e ancora adesso io volo
e ancora adesso io volo
volo
volo
e ancora adesso io
e ancora adesso io volo
volo
volo
nell'infinito io volo

envoyé par Alberta Beccaro - Venezia - 21/1/2008 - 15:02




Langue: espagnol

Versione spagnola di Carlos Ramón Amart [1977]

La canzone "Gagarin" è stata incisa - così come l'intero album "Solo" - anche in lingua spagnola da Claudio Baglioni, sempre nel 1977:

Link Pagina "SoloClaudio"

Il testo della traduzione ufficiale in castigliano è stato curato da Carlos Ramón-Amart, e lo si può rinvenire nel sito spagnolo non ufficiale SoloClaudio

Link Pagina
GAGARIN

Un Abril que se incendió
al cielo me llevó.
Gagarin, hijo de la humanidad.

Y la tierra quedó atrás
pequeña cual jamás.
Yo la miré, no me lo perdonó.

Y el espacio se rasgó.
Estrellas hallé,
luciérnagas de Dios.

Con mi rostro en el cristal
yo acaso soñé.
Y todavía yo vuelo.

Yo dejé la casa mía,
el vodka y el rosal
y el lago que bañó al muchacho Yuri.

Con la mano yo alejaba
falsía, vulgaridad,
calumnia, guerra, máscara antigás.

Como un águila me alcé
y sobre el Polo yo
me uní a la eternidad.

Mas la sombra me robó
y solo quedé.
Y todavía yo vuelo.

Y todavía yo vuelo,
vuelo,
vuelo.
En lo infinito yo vuelo.

Bajo un timbre negro ya
yo mi sonrisa abrí
y mi sonrisa se me marcharía.

Yo, vestido de robot,
el primero volé.
Y todavía yo vuelo

Y todavía yo vuelo,
vuelo,
vuelo...

En lo infinito yo vuelo.

envoyé par Alberta Beccaro - Venezia - 21/1/2008 - 15:09




Langue: anglais

Versione inglese di Alberta Beccaro
English Version by Alberta Beccaro
GAGARIN

That April was set on fire
I gave myself to the sky
Gagarin, son of mankind
and the Earth stayed down there
smaller than ever
I looked at it - it didn’t forgive me for that
And the blue was pierced
and I found the stars
God’s freckles
with my face against the port-hole
I perhaps dreamed
and I’m still flying right now
I was leaving my home
the vodka and the lilacs
and the lake where the child Yuri bathed
With my foot I kicked
lies, vulgarities
calumnies, wars, gas masks
Like a hawk I flew high
and over the North Pole
I married eternity
it robbed me even of my shadow
and I ended up alone
and I’m still flying right now
I’m still flying right now
flying
flying
in the infinity I’m flying
Under a black stamp by now
I’m smiling to you, but
my smile has long gone away
I, dressed as a robot
was the first to fly
and I’m still flying right now
and I’m still flying right now
flying
flying
and I’m still flying right now
and I’m still flying right now
flying
flying
in the infinity I’m flying

envoyé par Alberta Beccaro - Venezia - 21/1/2008 - 15:12




Langue: français

Version française – GAGARINE – Marco Valdo M.I. – 2021
Chanson italienne – Gagarin – Claudio Baglioni – 1977

GAGARINE  Peinture murale à Krasnogorsk
GAGARINE Peinture murale à Krasnogorsk


Voir le dialogue maïeutique de JE SUIS GAGARINE, FILS DE LA TERRE.
GAGARINE

Ce mois d’avril incendié,
Au ciel, je me suis donné.
Moi, Gagarine, fils de l’humanité
Et la terre est restée en bas
Plus petite qu’autrefois.
D’en haut, je la regardai – elle ne le pardonna pas
Et l’azur se déchira
Et j’ai trouvé les étoiles, lentilles divines,
L’œil sur le hublot comme une vitrine
J’ai peut-être rêvé tout ce temps
Et je vole encore à présent.

J’ai quitté mon chez-moi
La vodka et les lilas
Et le lac où l’enfant Yuri se baigna.
Du pied, j’ai repoussé
Les mensonges, la vulgarité
La calomnie, les masques à gaz et les guerres.
Comme un faucon, j’ai plané.
Au pôle Nord au-dessus de la terre,
J’ai épousé l’éternité,
Mon ombre, on m’a volé
Et seul, je suis resté
Et je vole encore maintenant,
Et je vole encore maintenant,
Je vole maintenant,
Je vole sans répit,
Je vole dans l’infini.

Sur un timbre noir désormais,
Je vous souris, mais
Mon sourire s’en est allé
Et moi, je suis resté
En robot habillé.
J’étais le premier à voler
Et je vole encore maintenant,
Je vole encore maintenant,
Je vole sans répit.
Et encore maintenant,
Je vole de jour, de nuit,
Je vole maintenant,
Je vole sans répit,
Je vole dans l’infini.

envoyé par Marco Valdo M.I. - 17/5/2021 - 18:42




Langue: italien

Ecco il testo del poema dal quale la canzone "Gagarin" di Claudio Baglioni ha chiaramente attinto a piene mani la propria ispirazione:
SONO GAGARIN, IL FIGLIO DELLA TERRA
di Evgenij Aleksandrovič Evtušenko

Sono Gagarin, il figlio della terra
Io sono Gagarin.
Per primo ho volato,
e voi volaste dopo di me.
Sono stato donato
per sempre al cielo, dalla terra,
come il figlio dell’umanità.
In quell'aprile
i volti delle stelle, che gelavano senza carezze,
coperte di muschio e di ruggine,
si riscaldarono
per le lentiggini rossigne di Smolensk
salite al cielo.
Ma le lentiggini sono tramontate.
Quanto mi è terribile
non restare che un bronzo, che un’ombra,
non poter carezzare né l’erba, né un bambino,
né far scricchiolare il cancelletto d’un giardino.
Da sotto la nera cicatrice del timbro postale
vi sorrido io
con il sorriso ch’è volato via.
Ma osservate bene cartoline e francobolli
e capirete subito:
per l’eternità
io sono in volo.
Mi applaudivano le mani dell’intera umanità.
La gloria tentava di sedurmi,
ma no, non c’è riuscita.
Sulla terra mi sono schiantato,
quella che per primo ho visto tanto piccola,
e la terra non me l’ha perdonata.
Ma io perdono la terra,
sono figlio suo, in spirito e carne,
e per i secoli prometto
di continuare il mio volo
al di sopra dei bombardamenti,
delle tele-radiomenzogne,
che la stringono con le loro volute,
al di sopra delle donnaccole che baldanzosamente
ballano lo streep-tease
per i soldati nel Vietnam,
al di sopra della tonsura
del frate
che vorrebbe volare, ma è imbarazzato dalla sottana,
al di sopra della censura
che nella sua tonacaccia, inghiottì in Spagna le ali dei poeti…
C’è chi è in volo
nel simun vorticoso di stelle.
C’è chi si dibatte
nella palude da se stesso voluta.
Uomini, o uomini
ingenui spacconi,
pensate: non vi fa paura
alzarvi dal Capo che porta il nome dell’uomo che avete ucciso?
Vergognatevi di questo baccano da mercato!
Voi siete gelosi,
rapaci,
vendicativi.
Come potete cadere tanto in basso se volate tanto in alto?!
Io sono Gagarin, figlio della Terra,
figlio dell’umanità:
sono russo, greco e bulgaro,
australiano e finlandese.
Vi incarno tutti
col mio slancio verso i cieli.
Il mio nome è casuale,
ma io non sono stato per caso.
Mentre la terra s’insozzava
di vanità e di peccato,
il mio nome cambiava,
ma l’anima no.
Mi chiamavano Icaro.
Giacqui nella polvere, nella cenere.
Mi aveva spinto verso il sole
il buio della terra.
La cera si sciolse, spargendosi qua e là.
Caddi senza salvezza,
ma un pizzico di sole
rimase stretto nella mia mano.
Mi chiamarono servo.
La rabbia mi pesava sulla schiena
mentre, ritmando il tempo con le mani e coi piedi,
danzavano sul mio corpo.
Io caddi sotto le bastonate,
ma, maledicendo la servitù,
mi costruii delle ali coi bastoni
dei miei torturatori!
Ad Odessa fui Utockin.
Fece uno scarto il duca,
quando al di sopra dei suoi pantaloncini a piffero
si levò un cavallo volante.
Sotto il nome di Nesterov
girando sopra la terra,
feci innamorare la luna
col mio giro della morte.
La morte fischiava sulle ali.
È una virtù disprezzarla
e con Gastello imberbe
mi gettai in volo sul nemico.
E le ali temerarie
ardendo come un rogo, hanno protetto,
voi che foste allora ragazzi,
Aldrin, Collins, Armstrong.
E, sicuro della speranza
che gli uomini sono un’unica famiglia,
dell’equipaggio di Apollo
invisibile io ero.
Mangiammo dai tubetti,
avremmo brindato in viaggio
come sull’Elba,
ci abbracciammo sulla Galassia.
Il lavoro procedeva senza scherzi.
Era in gioco la vita
e con lo stivale di Armstrong
io scesi sulla Luna.

envoyé par Alberta Beccaro - Venezia - 21/1/2008 - 15:06




Langue: français

Version française – JE SUIS GAGARINE, FILS DE LA TERRE – Marco Valdo M.I. – 2021
À partir d’une version italienne, dont je ne trouve pas trace de la personne qui l’avait établie, d’un poème en russe d’Evgueni Alexandrovitch Evtouchenko version italienne intitulée SONO GAGARIN, IL FIGLIO DELLA TERRA (1969)

Dialogue maïeutique

L’ENVOL D’ICARE<br />
Charles-Paul Landon – 1799
L’ENVOL D’ICARE
Charles-Paul Landon – 1799


Quand son pied a été posé dessus dans la botte d’un autre, la Lune lui demanda, qui es-tu ? Voilà, Lucien l’âne mon ami, la quintessence et la conclusion de la chanson.

De quoi me parles-tu, Marco Valdo M.I. mon ami ?

De la chanson dont on parle, Lucien l’âne mon ami. Elle s’intitule du moins la version française que je viens de terminer : JE SUIS GAGARINE, FILS DE LA TERRE. J’insiste sur sa dénomination de version française, car elle doit quand même forcément s’éloigner quelque peu du poème qu’écrivit Evgueni Alexandrovitch Evtouchenko ; bref, ce n’est pas une traduction et d’ailleurs, comme tu le sais, je n’ai aucune intention de faire de la traduction ; je n’en ai pas les compétences.

D’autant, dit Lucien l’âne, que si j’ai bien vu, elle a été composée à partir d’une version italienne, à laquelle il nous faut bien faire confiance. Par parenthèse, il s’agit d’une version italienne dont on ne trouve pas trace du traducteur. Pourtant, il est certain que si tu voulais en faire une version en français, elle devait – préalablement – avoir été traduite dans une langue que tu pourrais peu ou prou maîtriser vu qu’Evtouchenko écrivait en russe, qui à ma connaissance, t’est totalement inaccessible.

En effet, Lucien l’âne mon ami, c’est bien à partir de ce texte en italien que j’ai établi cette version française laquelle est malgré tout comporte un certain nombre d’énigmes, que je te propose de démêler.

Ça ne ferait pas de mal, Marco Valdo M.I. mon ami, car cette épopée de Gagarine, c’est déjà une vieille histoire et je pense que peu de gens pourraient la décrypter sans un peu d’aide. En tout cas, c’est mon cas, mais elle me passionne, car comme âne, je n’ai pas encore eu l’occasion de m’envoler dans l’espace et le seul cas connu d’un âne volant est celui – très improbable – du prophète Mahomet.

Dès lors, Lucien l’âne mon ami, on pourrait dire que Mahomet a anticipé la conquête spatiale et que Gagarine a simplement réitéré son geste.

À ceci près, dit Lucien l’âne, que son coursier et son exploit sont nettement plus crédibles, car étant faits de réalité et de mains humaines, ce ne sont pas des affabulations fantaisistes et si l’on compare les dessins hérités de la tradition orientale qui dessinent le barbu sur son âne ailé avec de lui que publia Charlie Hebdo en première page, on les trouvera fort ressemblants. (voir notamment : La Vie de Mahomet)

Moi, Lucien l’âne mon ami, si je trouve tes remarques très pertinentes, je rappelle que Youri Gagarine est ce cosmonaute russe qui avaient l’habitude de monter sur tout ce qu’il croisait et buvait comme un Russe ; de ce point de vue, c’était un vrai enfant de la Terre. Certes, il était petit de taille, mais il le fallait pour entrer et rester dans le Vostok 1, c’est même pour ça qu’on l’avait désigné. Il n’en reste pas moins que ce fut le premier homme qui fit le tour de la Terre dans l’espace, bien au-delà de la stratosphère. C’était en avril 1961.

C’est quand même un titre de gloire, dit Lucien l’âne, il faut bien le reconnaître et d’ailleurs, j’ai appris qu’il était coutumier des excès de vitesse et des accidents en automobile et qu’on lui pardonnait tout ça en tant que héros, car une fois reconnu d’intérêt national, les héros peuvent à peu près tout se permettre. Il n’y a que la mort qui peut les calmer.

Oui, oui, Lucien l’âne mon ami, et comme on va le voir, c’est ce qui est arrivé. Donc, la chanson. Je passe les éléments qu’elle explique elle-même ou qui s’en déduisent aisément parmi lesquels ce qui a trait à la guerre du Vietnam, aux astronautes étazuniens sur la Lune, aux timbres-poste et aux lentilles-éphélides. Par contre, je vais examiner cette vengeance de la Terre qui le fit s’écraser au sol qui est réelle et prit la forme de l’accident d’avion qui en 1968, mit fin aux jours de l’officier-aviateur soviétique. C’est autour de cette vengeance que se brode la chanson. Ainsi, Icare, héros du premier vol mythique qui subit la vengeance par l’entremise du Soleil et tombe dans la mer (Mer Icarienne) ; Sergei Isaevitch Utockin - (Odessa 1876 – Saint Pétersbourg 1916), quant à lui, fut d’abord un cycliste et un pistard de renom, puis, s’est entiché du plus léger que l’air et de l’avion. Il finit lui aussi – après mille tribulations – dans un accident d’avion qui l’écrasa au sol et l’entraîna irrésistiblement à une fin dramatique ; Piotr Nikolaievitch Nesterov (Nijni Novgorod 1887 – Jovkva 1914), aviateur russe lui aussi, fit le premier les « boucles » de Nesterov, connues ici sous le nom de « loopings ». C’était en 1913. Ces fameuses boucles étaient au programme de la formation de l’élève-aviateur Youri Gagarine. Nesterov finit lui aussi écrasé au sol en même temps l’avion autrichien (et ses occupants) qu’il avait volontairement éperonné ; Nikolai Frantsevich Gastello (Moscou 1907 - ? 1941), autre officier aviateur russe dont la légende (à la véracité douteuse) raconte qu’il jeta son appareil sur une colonne militaire allemande en 1941 : telle est la vengeance de la Terre.

C’est une mère redoutablement possessive, dit Lucien l’âne. Maintenant, il nous faut conclure et tisser le linceul de ce vieux monde (humain, seulement humain) brutal, guerrier, maladroit, idiot et cacochyme.

Heureusement !

Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane
JE SUIS GAGARINE, FILS DE LA TERRE

Fils de la terre, je suis Gagarine,
Oui, je suis Gagarine.
Le premier, j’ai volé,
Et après moi, vous volerez.
Enfant de l’humanité,
La terre m’a donné
Pour toujours aux cieux.
Ce mois d’avril radieux,
Les visages des étoiles, sans caresses, gelés,
Couverts de rouille et de mousse,
Se sont réchauffés
À mes lentilles ambrées
De Smolensk au ciel montées.
Mes éphélides ne sont plus là
Et il est terrible pour moi
De n’être plus qu’un bronze, un ancien aléa,
De ne plus caresser ni l’herbe, ni un sapin,
Ni faire grincer la grille du jardin.
Sous la cicatrice noire du timbre,
Je vous souris
De mon sourire qui s’est tari.
Regardez bien les cartes et les timbres
Et vous comprendrez à l’instant :
Que pour l’éternité à présent,
Je suis en vol permanent.
Applaudi des mains de l’humanité entière,
La gloire a essayé de me séduire,
Mais ça n’a pas marché.
Je me suis écrasé sur la terre,
Que j’avais vue si petite à mes pieds,
Elle n’a pu me le pardonner,
Moi, je pardonne à la terre,
Je suis son fils, en esprit et en chair,
Et pour des siècles, je fais serment
De continuer à survoler
Les bombardements,
Les mensonges des télés
Qui l’enserrent de leurs arabesques,
Au-dessus des filles qui dansent
Leur strip-tease de dames
Pour les soldats du Vietnam.
Au-dessus de la tonsure
Du moine
Qui voudrait voler, gêné par sa soutane,
Au-dessus de la censure
Qui en Espagne étouffa les poètes sous son voile,
Il y a ceux qui volent
Dans le simoun vertigineux des étoiles.
Et il y a ceux qui se débattent
Dans le marais qu’ils ont voulu.
Des hommes, ô des hommes,
Vantards ingénus,
Pensez : n’êtes-vous pas inquiétés
Par les noms des hommes que vous avez tués ?
Ayez honte de cette rumeur de marché !
Vous êtes des jaloux,
Des rapaces ou
De voraces hiboux,
Comment tomber si bas quand si haut vous volez ?
Je suis Gagarine, fils de la Terre,
Enfant de l’humanité :
Je suis russe, grec et bulgare,
Australien, finnois, émigré.
Je vous incarne tous dans
Mon élan vers le ciel.
Mon nom est accidentel,
Mais je n’étais pas un accident.
Alors que la terre s’encrassait
De vanité et de déchets,
Changeait mon nom,
Mais mon âme, non.
Ils m’appelaient Icare.
Je gis dans la poussière, dans les cendres.
La terre noyée d’obscurité,
Vers le soleil, m’avait poussé.
La cire a fondu, et résidu,
Je suis tombé sans salut,
Mais du soleil, un brin
Est resté dans ma main.
Esclave, ils m’appelaient.
La colère sur mon dos pesait
Des mains et des pieds, battant la cadence,
Sur mon corps, ils dansent.
Je tombe sous leurs gnons,
Maudissant leurs fers,
Je me fais des ailes des bâtons
De mes tortionnaires !
J’étais Utockin à Odessa,
Le Duc eut un recul,
Quand de ses culottes ridicules,
Un cheval ailé s’envola.
Sous le nom de Nesterov, alors,
Avec ses boucles de la mort,
Tournant au-dessus de la poudreuse,
Je fis tomber la lune amoureuse
La mort siffla sur mes ailes encor.
C’est une vertu de la mépriser
Et comme Gastello aux joues claires,
Sur l’ennemi, je me suis jeté
Et mes ailes téméraires
Brûlant comme un bûcher, ont protégé,
Vous qui étiez encore à ce moment
Aldrin, Collins, Armstrong, des enfants.
Et moi, membre invisible et secret
De l’équipage d’Apollo au complet
Et sûr de l’espoir discret
Que les hommes sont une seule famille,
On mangea des pastilles,
Et pendant le voyage, on trinqua
Comme sur l’Elbe, autrefois,
Et sur fond de la Galaxie, on s’embrassa.

Le travail se fit sans parlotte,
La vie était en jeu, trop de danger,
Et finalement, Armstrong avec sa botte,
Sur la lune posa mon pied.

envoyé par Marco Valdo M.I. - 17/5/2021 - 18:54


MI dispiace contraddirvi, ma leggendo il poema dell'autore russo non vi è una parola plagiata o in comune con il testo di Baglioni.Ci vuole fantasia ma anche un pò di malizia e di cattiva fede per parlare di plagio. Al limite, ma anche in questo caso con beneficio di dubbio, si potrebbe parlare di libera ispirazione allo scritto.In molti casi si è "mutuato" come dite voi uno scritto per trovare ispirazione.Si vede che non siete musicisti e che di costruzione di un testo non ne sapete giustamente molto.

Glauco Giacchello - 6/9/2013 - 01:28


Ci vuole fantasia per leggere la parola plagio dove mai è stata pronunciata. Si è parlato di ispirazione estremamente accentuata. Che non si può negare. Il brano resta bellissimo ed emozionante. Ispirarsi a una fonte letteraria? Magari tanti autori di canzoni odierne lo facessero, migliorerebbe la qualità! Bastava solo scrivere nel disco un "liberamente ispirato a ..." e ci sarebbe stata maggior correttezza, ecco tutto.

8/3/2014 - 10:14


Erano altri tempi e la discografia italiana tendeva a limare tutto dalle grafiche degli album.
Per anni di alcuni dischi non abbiamo mai saputo chi ci suonasse o altre informazioni importanti.

Antonio Russo - 12/4/2015 - 18:53


La canzone è evidentemente "ispirata" dalla poesia di Evtushenko. Non è la sola canzone dell'album: Il Pivot è la copia in musica di The Jump Shooter di Dennis Trudell ( Giovani Poeti Americani, Einaudi 1973, Collezione di Poesia 102 ) e anche qualche anno dopo Baglioni ruberà altra ispirazione ( Giorni di Neve ), sempre ad Evtushenko e alla sua "Così cominciò"

PIERO CAVAGNA - 22/4/2016 - 19:34


Oddio, Pietro Cavagna ... delle fonti di ispirazione - ehm - de Il Pivot e Giorni di neve nulla sapevo! E vabbé, restano (specie la prima; la seconda mi ha sempre lasciata fredda) belle canzoni ma certo che, come dice Jannacci, "se me lo dicevi prima"... : D

Alberta Beccaro - Venezia - 14/7/2018 - 14:44


Gent.mo Piero,
Potrei avere un dialogo con lei su questo aspetto di estrazioni letterarie non dichiarate? Trovo ci sia un sottobosco non piccolo di cui parlare e su cui confrontarsi.
Conosce altre canzoni sulle quale e'ststo fatto il prelievo cosi manifesto?
A me riaultano fotografie con resti di garcia lorca e uomini persi con prelievi da pasolini..
Grazie

Valentino Montanari - 25/9/2019 - 17:04


Senza togliere nulla a Claudio Baglioni, grandissimo cantautore italiano, il quale ringrazio per questa meravigliosa canzone dedicata a Jurij Gagarin, solo un grande poeta come Evgenij Aleksandrovič Evtušenko poteva associare le "stelle" alle "lentiggini". L'ispirazione alla sua poesia è palese. In ogni caso, splendido pezzo che mi fa venire sempre la pelle d'oca.

14/5/2021 - 13:44




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