Langue   

Lettera da Berlino Est

Pooh
Langue: italien


Pooh

Liste des versions


Peut vous intéresser aussi...

Dall'altra parte
(Pooh)
Il silenzio della colomba
(Pooh)
Terra desolata
(Pooh)


TESTO: Stefano D'Orazio
MUSICA: Roby Facchinetti

Dall'album "Tropico del nord", 1983.
[[http://www.ipooh.it/copertine/1983-tropico-del-nord-a.jpg|Tropico]


Berlino EstLa ritengo l'emblema di cosa significhi lavorare in una band. Dei problemi, delle contraddizioni che riserva. Chiunque abbia avuto un gruppo musicale, sa.

È chiaramente un brano apologetico dell'Occidente a stelle e strisce, contro la grigia, afona e retrograda parte orientale, qui la RDT. L'io narrante è un giovane al suo fine settimana, con tanta voglia di "mare e vele", di avventure, "di poter gridare", delle discoteche e delle "cento bocche che respirano su e giù" della luccicante parte di là.

Ma non è che tutto questo sia scritto in ottica critica.
Nessuno sdoppiamento tra l'autore e l'io narrante. Il senso del brano non è "Poveri ragazzi del blocco sovietico, che si credono chissà cosa ci sia qui, mentre non abbiamo che catene colorate... Gente: aggiustate il vostro socialismo, non trasognate di un capitalismo liberatore e libertario che non esiste!", no. La visione del personaggio è la visione dell'autore.

Dicevo delle contraddizioni di una band.
L'autore delle parole è Stefano D'Orazio, solitamente batterista, sparute volte paroliere. Sparute e sciagurate, perché ogni volta che metteva mano alla penna lui,i Pooh toccavano le più basse bassezze.

D'Orazio era l'eretico del quartetto.
Anche per questo - non ne faceva mistero - in lui la stanchezza è sopraggiunta prima, e le divergenze con gli altri cui ha solo sempre accennato, senza approfondire, ecco, non è che occorra la sfera di cristallo a intuirne i perché.

In ordine sparso: l'indirizzo generale dei Pooh era femminista, con grande rispetto e infinita delicatezza la loro discografia ha sempre affrontato i problemi relativi alla donna e alla sua emancipazione ("Quaderno di donna", "Terry B.", "Quasi città", "Il silenzio della colomba", e innumeri altre), D'Orazio inneggiava a gran scopate senza ciance (la terribile "Dimmi di sì"), sempre collimante con una misoginia odiosa ("Peter Jr.").

"La donna del mio amico", la messa in versi di una scena di qualche telefilmaccio americano anni '90 ("Quante volte lui per me è finito a botte!/ Quante donne abbiam diviso, quante ne abbiam fatte!/ Ma con te, questo no,/ non si può!/ Tu per lui sei di più,/ tu sei tu!" ...Eh-eh, ragazzi: le puttanelle si "dividono", ma quando si incontra "la donna seria", fine coi giochetti: la donna seria è la donna seria!).

O quando i Pooh, per penna di Negrini, parlavano della alienazione da fama, della tristezza e della solitudine che dà una celebrità di carta (la bellissima "In concerto"), nella prospettiva più generale della demistificazione delle "star", D'Orazio firmava "Pronto, buongiorno, è la sveglia", dove vira in una, pur ironica, autocelebrazione e il massimo del fastidio della fama sono i lunghi viaggi in macchina per i concerti e i carabinieri che dicono "Io questi qui li conosco... Ma siete più belli in tv" (la cosa si ripresenta in "Dove sono gli altri tre?" anni dopo: D'Orazio non è mai cambiato, né in peggio né in meglio).

Benché tocchi far salva la bella, e la prima che scrisse, "Eleonora mia madre", le doraziate sono di questa tempra.

Non fa eccezione l'esplicito politico: cosa ne pensasse D'Orazio del comunismo non si suda ad arguirlo, sia da questa canzone che, dal suo rapporto - allontanato come il contagio con la peste - con la canzone anche solo vagamente impegnata.

Ma il punto è che anni dopo "Lettera da Berlino Est" (che rimane musicalmente una cannonata), Negrini scriverà "Dall'altra parte".
Mi piace pensare che si sia detto: non è possibile che la parola dei Pooh sulla questione socialismo rimanga "Lettera da Berlino Est". La riassesto io.

Le milizie che inseguono ombre e malinconia sui viali senza fine della periferia, una chitarra regalata al fratello di lei, che quasi ci andava a letto insieme, tanta agognata libertà gli offriva; i "ristoranti zitti come cattedrali", i "dato che da un po' non perquisiscono i pensieri", versi che restituiscono un quadro clinico inquieto, di un'infezione latente ma grave, la puzza del pus dell'infame, terribile strapotere burocratico dei paesi del Patto di Varsavia.

Ma, d'altro canto, si descrivono uomini che "sanno aggiustarsi le macchine da soli", il lavoro per tutti e che rendeva davvero gli uomini operai della propria vita, "i reggipetti fuori moda e i cuori chiari", lei che "leggerà i giornali coi vestiti più pesanti", l'impegno politico che animava la gioventù socialista, l'abitudine a occuparsi di ciò che riguarda tutti. Una canzone che denunciava le ombre, ma riconosceva il buono. Difficile scrivere una canzone trovando questo equilibrio.
Facile scriverne come quella del D'Orazio.
Sabato sera normale a Berlino Est.
E c'è di bello che è maggio e non piove più;
la radio in F.M.
della parte di là
batte musica okay!

È più di un po' che non scrivo più lettere.
Ma va da sé che domani è domenica
e altre novità
qui, da noi, sono che
quel che voglio non c'è.

Questo cielo in cielo non l'ho scelto io.
E nemmeno questa mia città.
E non so se, in fondo, me la merito...
Ma di certo non la cambierei.
E se vivo forte
fa un rumore il tempo mio
che non sento il tempo dove va.

E la voglia mia di mare e vele
non riesce
a farmi male,
ma cresce
insieme a me.

Sabato notte speciale a Berlino Est.
Se vai di sopra ad un tetto a guardare in là,
si accende una città
fatta apposta per noi
che restiamo di qua.

Vista da qui, sembrerà quasi America!
E lancerà verso noi i suoi tentacoli
e forte sentirai
respirare le sue
cento bocche su e giù.

Ma non fanno giorno mille lucciole,
e non sei contento neanche tu.
Certo, basta un muro per dividerci
ma non è cantando che va giù.

E che il giorno pende ogni giorno dal suo cielo,
l'hanno detto troppo tempo fa.
E la voglia di poter gridare
non riesce
a farmi male,
ma cresce
insieme a me.

Quasi domenica, ormai, a Berlino Est.
La primavera è arrivata perfino qui
e il sole, in casa mia,
passaporto non ha:
entra ed esce da sé.

envoyé par Salvo Lo Galbo - 12/10/2018 - 06:59


Prima di tutto, grazie per aver dedicato una pagina del vostro splendido sito a questo brano dei Pooh. Ho 36 anni, mi ritengo di sinistra da sempre (anche se ad oggi è veramente difficile e sconfortante esserlo), e tra i mille artisti e gruppi che adoro, Nomadi e Pooh occupano un posto speciale nel mio cuore.
Dei secondi, in particolare, questo è il mio brano preferito in assoluto.
Ho letto e riletto l'analisi qui riportata e devo dire che è stato "divertente" vedere come le canzoni si possano interpretare in maniera diversa. Per me è si vero che nel paragone tra i due mondi, ovviamente il blocco occidentale ne esce vincitore. Però, a mio modesto parere, non mi sembra il punto centrale del testo; secondo me il testo evidenzia (se sia voluto o no, bisognerebbe chiederlo a SDO) che anche nel grigiore di Berlino Est le persone, accanto al desiderio di andare DALL'ALTRA PARTE (altro brano capolavoro, concordo), sapevano al tempo stesso accontentarsi di quel poco di buono che avevano (il sole alla fine, le voglie di mare e vele e di gridare che cmq non fanno male, ma soprattutto quel "ma di certo non la cambierei", che in effetti è un po' strano. Alla fine al protagonista Berlino Est sembra comunque piacere). Una sorta di accettazione della propria condizione. Questo brano, peraltro, è uno dei pochissimi casi, se non l'unico, in cui la musica è stata scritta dagli altri 3 componenti (non solo Facchinetti, anche Canzian e Battaglia).
Per quanto riguarda l'analisi dei testi di SDO... beh si, non reggono il confronto con quelli di Negrini, sicuramente! :)

Roberto Monanni - 18/1/2019 - 15:15


chi ha scritto l' analisi di questo pezzo è in malafede, nonchè un ignorante, in quanto d'orazio è chiarissimo nel non parteggiare per il capitalismo del blocco occidentale, anzi.

le frasi LANCERA' VERSO NOI I SUOI TENTACOLI è chiara nell' individuare il pericolo del cadere dalla padella nella brace

la frase E NON FANNO GIORNO MILLE LUCCIOLE è chiara l' allusione alle prostitute, alle donne in vetrina dell ovest ( alla faccia dell' antifemminismo!) , che è appunto una critica all' occidente che riduce tutti a merce.

Altro aspetto importante è la chiusura che è chiaramente contro ogni frontiera, contro ogni sbirro, contro la dittatura degli stati. E quindi il sole come vero sol dell' avvenire, una cosa che riguarda un socialismo ben diverso dal comunismo assassino ( perchè assassino era) del blocco sovietico. Quindi poche cazzate, prima di scrivere collegate le dita al cervello. Perchè che il giorno pende ogni giorno dal suo cielo, l'hanno detto troppo tempo fa ( inteso come concetto di patria, che vede solamente una porzione di cielo: ecco, andate oltre). RIP Stefano

d'orazio army - 7/11/2020 - 09:46


Ma come si fanno a scrivere certe cose senza avere nemmeno la visione del contenuto di questo bellissimo spaccato di vissuto sociale e politico. Ma come fate giornalismo?

Maurizio - 14/11/2020 - 20:45


Una delle più belle canzoni che non merita quella assurda critica che hai fatto... Meno male che conosci bene i Pooh.. noi la suoniamo ed è bellissima... Siamo di sinistra, quindi... Ciao
No

8/12/2020 - 21:36


Definire D Orazio, pace all anima sua, solo per essere stato batterista e paroliere all occasione senza menzionare il fatto che Stefano si è anche occupato della parte imprenditoriale e della gestione in primis quasi da direttore dell azienda Pooh ,è da ignorante. Dietro alle critiche negative sulla figura di Stefano si cela soltanto una persona anti Pooh che vede solo quello che vuol vedere o sentire. Meglio invece i gruppi attuali dalla dubbia morale e pulizia di animo. I Pooh sono puliti,mai uno scoop su di loro e mai una notizia su co sumo di droghe o altro
buona musica

18/12/2021 - 18:38


Chi ha scritto quelle frasi su d'Orazio non capisce una mazza

19/4/2022 - 14:28


A me pare un commento del tutto superficiale, anche perche’ sembra che “gli altri tre” siano dei pupazzotti inermi nelle mani di due autori che se le danno (metaforicamente) di santa ragione. I testi delle canzoni dei Pooh rappresentano storie di vita vissuta, foto di attimi o scene da film, spesso contraddistinte dal carattere intimo e talvolta anche da quello epico. I racconti hanno i loro contesti, che non necessariamente rappresentano categorie concettuali o posizioni ideologiche definite, specie nei pezzi di D’Orazio.
Nel caso di specie, poi, sembra del tutto chiara la rappresentazione di uno stato di disagio che porterebbe inutilmente a ricercare una (rapida, ma fallace) soluzione nei “tentacoli” e nelle “lucciole” che si trovano dall’altra parte del muro, ma che “non fanno giorno” e che non rendono felice neanche il destinatario della lettera (“e non sei contento nenche tu”). Conscio di cio’, chi scrive non vuole lasciare la sua citta’ (“di certo, non la cambierei”) e la sua voglia di ribellione (“di gridare”) cresce, verso un orizzonte sconosciuto (“non sento il tempo dove va”), mosso comunque dalla voglia di nuove esperienze (“la voglia mia di mare e vele”), caratterizzate dal superamento dei confini fisici e delle barriere ideologiche allora imperanti (“il sole in casa mia passaporto non ha, entra ed esce da se’). E scusate se e’ poco…

Dario - 20/4/2022 - 09:42




Page principale CCG

indiquer les éventuelles erreurs dans les textes ou dans les commentaires antiwarsongs@gmail.com




hosted by inventati.org