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Anam-ji

Sulutumana
Language: Italian


Sulutumana

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Inserita nel disco DECANTER del 2005 e dedicata a Tiziano Terzani

Anam il senzanome


Il decanter è un contenitore di vetro che serve a far ossigenare il vino, a ridargli quelle caratteristiche che la costrizione in bottiglia gli hanno tolto. L’introduzione da dizionario, benché banale, è fondamentale per poter dire che mai titolo fu più azzeccato.

Il disco dei Sulutumana, infatti, ha bisogno di tempo, di diversi ascolti per aprirsi del tutto. È molto meno immediato dei suoi predecessori e, in un certo senso, fornisce l’impressione che si tratti di un disco di transizione, in tutti i sensi: transizione intesa come variazione di riferimenti e di stile, ma anche di spostamento vero e proprio.

Il movimento è infatti al centro di gran parte dei brani e non è casuale che il disco si apra e si chiuda con due pezzi legati al viaggio. “Anam-Ji” trae infatti ispirazione da un libro di Tiziano Terzani, mentre “Antemare” ha un testo adattato dalle Metamorfosi di Ovidio, come a dire che viaggio fisico e viaggio interiore sono un tutt’uno.

Quest’aria di cambiamento modifica, come detto, anche le coordinate musicali: il gruppo si allontana ulteriormente dal folk che caratterizzava soprattutto il primo album (“La danza”, datato 2001), dirigendosi verso una canzone d’autore che utilizza stili variegati, che spaziano tra il jazz-swing (“Il tuo culo”) e andamenti più incalzanti (“Il posto che nessuno ha conosciuto”). All’interno di questi rimescolamenti, a farne le spese è la fisarmonica, quasi sparita, mentre qualche chitarra elettrica fa qua e là la sua comparsa. Anche per questo motivo, uno dei principali riferimenti pare essere De Gregori, più volte evocato, tanto a livello musicale, quanto a livello di impostazione dei testi, soprattutto in “Amore d’Egitto” (altro pezzo sul viaggiare: "attendo di incontrarti da altre parti / e non c’è meta verso cui io sia diretto") e in alcuni passaggi di “Volano lontano”. Un altro riferimento cantautorale, che emerge soprattutto nei due brani cantati da Michele Bosisio (“Carosello” e il già citato “Il posto che nessuno ha conosciuto”), è quello di Vecchioni, da cui viene ripreso anche l’uso di citare opere letterarie.

In generale, a livello di testi, sembrano scomparse le piccole storie presenti nei due dischi precedenti, a favore di testi più complessi e sostanzialmente non narrativi, legate a tematiche più astratte; oltre a quella già citata del movimento, altra tematica ricorrente è il passare del tempo e l’importanza (morettiana?) delle parole nella possibilità di superare la dimensione temporale stessa; rientrano in questo filone “Da grandi”, “Inverno in fiore” e “La scopa della strega”, sorta di filastrocca, penalizzata da un arrangiamento non proprio riuscito.

Quest’ultima, tuttavia, è l’unica pecca di un disco complesso, vario e importante, che segna un’ulteriore tappa nella maturazione dei Sulutumana. Un disco che cresce ascolto dopo ascolto e che, in una sola parola, è bellissimo.


La mia compagna originaria del lago di Como mi ha tirato fuori un CD dei Sulumana: Decanter del 2005. Il gruppo si è sciolto poi nel 2007 ma da poco ha ripreso a suonare.
Hanno degli arrangiamenti molto belli e sono andato a vedere sul sito quali brani avete pubblicato.
Questo non c'è ed allora ve lo mando insieme a questo piccolo trailer dedicato al libro+CD di Terzani .

All'alba i tuoi occhi blu cadevano dalle nuvole
Ed il silenzio lassù era voce mutabile
Precipitare dell'acqua, della terra le lacrime
Il rischiarare del cielo ed era un canto, un volo
Era la gola del mondo, il suo respiro più profondo
Il suo rimbombo, il suo battito
Era la gola del mondo, il suo respiro più profondo
Il suo rimbombo, il suo battito

Vieni da dove non sai e non sai dove andrai...
Anam-ji
Scordi i nomi delle stelle e il tuo nome
Guarda: voli senza ali, guarda... sali

Non hanno forma o parole la bellezza e la verità
In un dicembre di sole le hai trovate o chissà
Le nevi della montagna, le foreste dell'anima
Chi avrà il coraggio di perdersi la via troverà

Ed il tuo passo leggero apre le porte del mistero
Tra rivelarsi e nascondersi
E senza nome e catene, senza follia e senza ragione
Eri bellezza, eri verità

Vieni da dove non sai e non sai dove andrai
Anam-ji
Scordi i nomi delle stelle e il tuo nome
Guarda: voli senza ali, guarda... Sali

Era la gola del mondo, il suo respiro più profondo
Il suo rimbombo, il suo battito
Era la gola del mondo, il suo respiro più profondo
Il suo rimbombo, il suo battito

"C'era qualcos'altro lassù che col passare del tempo divenne per me sempre più importante: il silenzio. E' un'esperienza a cui non siamo più abituati. C'erano vari silenzi, e ognuno aveva le sue qualità: di giorno il silenzio era la somma del cinguettare degli uccelli, del gridare degli animali, del soffiare del vento, su cui non compariva mai un suono che non venisse dalla natura. Non il rumore di un motore, nè quello prodotto da un uomo. Di notte il silenzio era l'unico sordo rimbombo che usciva dalle viscere della terra, attraversava i muri, entrava dappertutto. Il silenzio lassù era un suono, un simbolo dell'armonia dei contrari a cui aspiravo. I miei orecchi, mi accorgevo, non sentivano assolutamente nulla, ma quel rimbombo era fuori e dentro la mia testa. La voce di Dio? La musica delle sfere? Stando in ascolto, anch'io cercavo di definirlo, e immaginavo solo un enorme pesce che cantava sul fondo del mare..."

Vieni da dove non sai e non sai dove andrai...
Anam-ji
Scordi i nomi delle stelle e il tuo nome
Guarda: voli senza ali, guarda, Sali...

Contributed by Paolo Rizzi - 2024/5/5 - 18:24




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