Ἄνοιξε χείλι μοι*, ἄνοιξε,
γλικά** νά τραγουδήσω.
Ἄνοιξε τήν καρδιά.
Κομήτη κλεῖσε
τό στόμα στούς ποιητές.
Κομήτη κλεῖσε
τό στόμα καί φύγε.
Ἄνοιξε τά μάτια στνή ἐλευτερία.
γλικά** νά τραγουδήσω.
Ἄνοιξε τήν καρδιά.
Κομήτη κλεῖσε
τό στόμα στούς ποιητές.
Κομήτη κλεῖσε
τό στόμα καί φύγε.
Ἄνοιξε τά μάτια στνή ἐλευτερία.
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di Riccardo Venturi
Il “semplice testo” di Demetrio Stratos offre in poche righe un mondo sul quale è bene dire qualche parola. Innanzitutto, dev'essere ricordato che Efstratios Dimitriou (Εὐστράτιος Δημητρίου), questo il suo vero nome, era un greco alessandrino, come Costantino Kavafis; a Alessandria d'Egitto Stratos era nato il 22 aprile 1945 e vi passò i primi tredici anni di vita. Non si trasferì in Italia che nel 1962; ma restò per sempre un alessandrino, sentendosi “come un facchino in un albergo internazionale”, in grado di vivere l'esperienza dei viaggiatori e di assistere al traffico di culture in quel Mediterraneo ricco di diverse etnie e di intense pratiche musicali.
La provenienza alessandrina sembra riflettersi anche nel greco usato da Stratos in questo componimento, che, esattamente come quello di Kavafis, è un greco assai particolare, ricco di forme arcaiche frammiste a quelle volgari più ardite e dalla grafia non sempre conseguente e corrispondente a quella ufficiale della lingua greca moderna. In questo pur breve testo ce ne sono alcuni esempi che sembrano davvero riportare a Kavafis:
Forma di dativo classico non più in uso nel greco moderno standard (ma lo è in alcuni dialetti); nella lingua normale è generalmente sostituita dalla forma di genitivo μου: άνοιξε μου τα χείλια, o άνοιξε μου το χείλι. Uso per questi esempi il “sistema monotonico” adottato ufficialmente dal 1982; ma il testo di Stratos, anteriore, presenta ancora gli spiriti e gli accenti classici del “sistema politonico semplificato” (nel quale era stato eliminato l'accento grave). Nella pagina da cui il testo è stato ripreso il testo è trascritto con alcune scorrettezze che abbiamo qui emendato.
** La grafia γλικά al posto di γλυκά (avverbio di modo derivato dall'aggettivo γλυκός “dolce”, per il greco classico γλυκύς) fa parte di quelle incertezze ortografiche che ancora attanagliano il greco moderno. La pronuncia è assolutamente identica: [γli:'ka].