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Canto allo scugnizzo

Musicanova
Langue: napolitain


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[1978]
Testo e musica di Eugenio Bennato
Lyrics and music by Eugenio Bennato
Da/from: Eugenio Bennato - Carlo d'Angiò, "Musicanova"

Voce femminile: Teresa De Sio
Voce maschile: Carlo d'Angiò




Una canzone che ci riporta direttamente alle Giornate di Napoli della fine di settembre del 1943 quando la città di Napoli, prima in Italia, insorse per liberarsi dai nazifascisti. Tempi terribili di fame e guerra, per Napoli e per l'Italia intera; tempi in cui gli scugnizzi napoletani, come tanti altri giovanissimi e ragazzini di altre città, combattevano e morivano. Il paragone finale con Masaniello è semplicemente doveroso. [CCG/AWS Staff]

Frunnelle ‘e noce
nuje nun cuntammo niente ‘ntiempo e pace
ma si chi c’è cummanna nun ce piace
nuje nun ce stammo zitte, e aizammo ‘a voce.
Io nun l’aggio viste
ma m’hanno ditto ca erano ‘nziste,
songo pezziente, e nun so’ cammurriste,
e ‘ntiempo ‘e guerra ‘a famme è assale cchiù triste,
ma appresso a loro Napule resiste.
‘O quarantatrè
nascuse dint’è viche o ‘mmiezo ‘e piazze
so disperate e fanno cose ‘e pazze
se sentono li spari a tutte pizze
songo ‘e guaglione ‘e Napule, songo ‘e scugnizze.
‘O quarantatrè
tutte li sere se sparavano ‘e botte
ma chesta vota nun è Piedigrotta
e ‘mmiezo o fuoco ‘e lampe d’’e scuppette
ce restano ‘e scugnizzi ca combattono.
Pe quattro jurnate
chi nun tene ‘o fucile votta ‘e pprete
e quanno sta città s’è liberata
pe’ vicule, ‘e quartiere e abbascio ‘o porto
ce restano ‘e scugnizze ca so’ muorte.
Pure dint’’o Mercato
nu scugnizziello ‘nterra c’è restato
chi ‘o ssape chi carogna l’ha sparato,
na vecchia guarda e dice, quann’è bello
me pare tale e quale a Masaniello.

envoyé par roberto - 28/7/2008 - 00:17



Langue: italien

Versione italiana di Riccardo Venturi
28 luglio 2008
CANTO ALLO SCUGNIZZO

Frondelle di noce,
noi non contiamo niente in tempo di pace
ma se chi ci comanda non ci piace
noi non stiamo zitti, e alziamo la voce.
Io non l'ho visti
ma mi hanno detto che erano gagliardi,
sono un pezzente e non un camorrista,
e in tempo di guerra la fame è assai più triste,
ma accanto a loro Napoli resiste.
Il '43,
nascosti dentro ai vicoli e nelle piazze
son disperati e fanno cose da pazzi,
si sentono gli spari a tutti gli angoli di strada,
sono i ragazzi di Napoli, sono gli scugnizzi.
Il '43,
tutte le sere si sparavano i botti
ma questa volta non è Piedigrotta
e in mezzo al fuoco e ai lampi dei fucili
ci restano gli scugnizzi a combattere.
Per quattro giornate
chi non ha il fucile lancia i sassi
e quando questa città si è liberata
per i vicoli, i quartieri e giù al porto
ci restan gli scugnizzi che son morti.
Pure dentro al Mercato
un ragazzino in terra c'è restato
e chissà quale carogna gli ha sparato.
Una vecchia guarda e dice: Quant'è bello,
mi sembra tale e quale a Masaniello.

28/7/2008 - 06:56



LE QUATTRO GIORNATE DI NAPOLI
da it.wikipedia

Con il nome di Quattro giornate di Napoli (27-30 settembre 1943) si indica comunemente un episodio storico di insurrezione avvenuto nel corso della Seconda guerra mondiale, tramite il quale la popolazione riuscì a liberare la città di Napoli dall'occupazione delle forze armate tedesche.

L'avvenimento, che valse alla città di Napoli il conferimento della Medaglia d'Oro al Valor Militare, consentì alle forze alleate anglo-americane di trovare al loro arrivo, il 1 ottobre 1943, una città già libera dall'occupazione nazista, grazie al coraggio e all'eroismo dei suoi abitanti, ormai esasperati ed allo stremo per i lunghi anni di guerra. Napoli fu la prima, tra le grandi città italiane, ad insorgere contro l'occupazione nazista.

Per tutto il primo quadriennio di guerra 1940-43, Napoli fu sottoposta a durissimi bombardamenti da parte delle forze alleate che causarono ingenti perdite in termini di vite umane anche per la popolazione civile. Si calcola che oltre 20.000 furono le vittime di questi attacchi indiscriminati alla città, per non menzionare i danni ingentissimi al patrimonio artistico e culturale (il 4 dicembre 1942 fu semi-distrutta la Basilica di Santa Chiara, mentre solo nel bombardamento del 4 agosto 1943 perirono oltre tremila persone; circa seicento morti e tremila feriti si ebbero invece per lo scoppio della nave Caterina Costa nel porto, il 28 marzo).

Con l'avanzata degli anglo-americani nell'Italia meridionale, gli esponenti dell'antifascismo partenopeo (tra cui Fausto Nicolini, Claudio Ferri e Adolfo Omodeo), iniziarono a stabilire più stretti contatti con i comandi alleati richiedendo la liberazione della città.

A partire dall'8 settembre 1943, giorno fatidico dell'entrata in vigore dell'armistizio di Cassibile con la lettura alla radio da parte del maresciallo Pietro Badoglio del suo famoso proclama, le forze armate italiane, come in tutto il paese, a causa della mancanza di ordini dei comandi militari si trovarono allo sbando anche a Napoli.

In città la situazione, già difficile per i bombardamenti subiti e per lo squilibrio delle forze in campo (oltre 20.000 tedeschi a fronte di soli 5.000 italiani, in tutta la Campania), ben presto divenne caotica per la diserzione di molti alti ufficiali, incapaci di assumere iniziative se non addirittura conniventi con i nazisti, cui seguì lo sbando delle truppe, incapaci a loro volta di difendere la popolazione civile dalle angherie dei Tedeschi.

In particolare ci fu la fuga, in abiti borghesi, dei generali Riccardo Pentimalli e Ettore Del Tetto, cui era affidata la responsabilità militare della provincia di Napoli. Gli ultimi atti di Del Tetto furono proprio la consegna della città all'esercito tedesco e la stesura di un manifesto che, vietando gli assembramenti, autorizzava i militi a sparare sulla folla in caso di inadempienza.

Sporadici ma cruenti tentativi di resistenza si ebbero tuttavia alla caserma Zanzur, alla caserma dei Carabinieri Pastrengo ed al 21° centro di avvistamento di Castel dell'Ovo.

Sin dai giorni immediatamente seguenti l'armistizio, in città si andarono intensificando gli episodi di intolleranza e di resistenza verso l'occupante nazista e le azioni armate, più o meno organizzate, fecero seguito alle manifestazioni studentesche del 1 settembre in Piazza del Plebiscito ed alle prime assemblee nel Liceo Sannazaro al Vomero.

Il 9 settembre alcuni cittadini si scontrarono con le truppe tedesche al Palazzo dei Telefoni, mettendole in fuga, e in Via Santa Brigida. Quest'ultimo episodio vide coinvolto un carabiniere che fu costretto a sparare per difendere un negozio dal tentato saccheggio da parte di alcuni soldati.

Il 10 settembre, tra Piazza Plebiscito e i giardini sottostanti, avvenne il primo scontro cruento, con i Napoletani che riuscirono ad impedire il transito di alcuni automezzi tedeschi; nei combattimenti morirono tre marinai e tre soldati tedeschi. Gli occupanti ottennero la liberazione di alcuni uomini fatti prigionieri dagli insorti anche grazie all'ingiunzione di un ufficiale italiano che intimò ai suoi compatrioti la riconsegna degli ostaggi e di tutte le armi. La rappresaglia per gli scontri di Piazza Plebiscito non tardò ad arrivare: i nazisti infatti appiccarono un incendio alla Biblioteca Nazionale ed aprirono il fuoco sulla folla intervenuta.

Il 12 settembre furono uccisi decine di militari per le strade della città, mentre circa 4.000 persone tra militari e civili furono deportate per il "lavoro obbligatorio".

Lo stesso giorno, il colonnello Hans Scholl, assunto il comando delle forze armate occupanti in città, proclamò il coprifuoco e dichiarò lo stato d'assedio con l'ordine di passare per le armi tutti coloro che si fossero resi responsabili di azioni ostili alle truppe tedesche, in ragione di cento napoletani per ogni tedesco eventualmente ucciso.

Di seguito il proclama apparso sui muri della città la mattina di lunedì 13 settembre:


  • « 1. Con provvedimento immediato ho assunto da oggi il Comando assoluto con pieni poteri della città di Napoli e dintorni.

  • 2. Ogni singolo cittadino che si comporta calmo e disciplinato avrà la mia protezione. Chiunque però agisca apertamente o subdolamente contro le forze armate germaniche sarà passato per le armi. Inoltre il luogo del fatto e i dintorni immediati del nascondiglio dell'autore verranno distrutti e ridotti a rovine. Ogni soldato germanico ferito o trucidato verrà rivendicato cento volte.

  • 3. Ordino il coprifuoco dalle ore 20 alle ore 6. Solo in caso di allarme si potrà fare uso della strada per recarsi al ricovero vicino.

  • 4. Esiste lo stato d'assedio.

  • 5. Entro 24 ore dovranno essere consegnate tutte le armi e munizioni di qualsiasi genere, ivi compresi i fucili da caccia, le granate a mano, ecc. Chiunque, trascorso tale termine, verrà trovato in possesso di un'arma, verrà immediatamente passato per le armi. La consegna delle armi e munizioni si effettuerà alle ronde militari germaniche.

  • 6. Cittadini mantenetevi calmi e siate ragionevoli. Questi ordini e le già eseguite rappresaglie si rendono necessarie perché un gran numero di soldati e ufficiali germanici che non facevano altro che adempiere ai propri doveri furono vilmente assassinati o gravemente feriti, anzi in alcuni casi i feriti anche vilipesi e maltrattati in modo indegno da parte di un popolo civile.

    Napoli, 12 settembre 1943 firmato SCHOLL Colonnello »

  • Dopo la fucilazione di otto prigionieri di guerra avvenuta in via Cesario Console e gli spari di un carro armato contro gli studenti (che stavano iniziando a riunirsi nella vicina Università) e contro alcuni marinai italiani davanti al palazzo della Borsa, vi fu un episodio che scosse particolarmente il sentimento popolare.

    Sulle scale della sede centrale dell'Università avvenne l'esecuzione di un giovane marinaio, cui migliaia di cittadini furono costretti ad assistere dalle truppe tedesche che a forza li condussero sul Rettifilo, la strada antistante il luogo della fucilazione.

    Cinquecento persone, lo stesso giorno furono parimenti condotte con la forza a Teverola, nel Casertano, e costrette ad assistere alla fucilazione di 14 carabinieri, "rei" di aver resistito con le armi prima di arrendersi all'occupante nazista.

    Ormai la rabbia e l'esasperazione dei napoletani, in seguito alle esecuzioni indiscriminate, ai saccheggi, ai rastrellamenti della popolazione civile, alla miseria e alle distruzioni della guerra che mettevano in ginocchio la città intera, stava montando spontanea, priva di un fattore esterno organizzativo che non fosse altro che il desiderio di liberarsi dell'invasore tedesco.

    Si cominciò a pensare all'approvvigionamento delle armi: il 22 settembre gli abitanti del Vomero riuscirono ad impadronirsi di quelle che erano appartenute alla 107° batteria; il 25 settembre 250 moschetti furono prelevati da una scuola; il 27 settembre caddero nelle mani degli insorti alcuni depositi di armi e munizioni.

    Il 23 settembre intanto, una nuova misura repressiva adottata dal colonnello Scholl prevedeva lo sgombero (entro le ore 20 dello stesso giorno) di tutta la fascia costiera cittadina sino ad una distanza di 300 metri dal mare; in pratica circa 240.000 cittadini furono costretti ad abbandonare in poche ore le proprie case per consentire la creazione di una "zona militare di sicurezza" che sembrava preludere alla distruzione del porto.

    Quasi contemporaneamente, un manifesto del prefetto intimava la chiamata al servizio di lavoro obbligatorio per tutti i maschi di età compresa fra i diciotto e i trentatré anni, in pratica una deportazione forzata nei campi di lavoro in Germania.

    Il risultato sperato dai nazisti non fu però ottenuto e alla chiamata risposero soltanto 150 napoletani sui previsti 30.000, il che determinò Scholl a decidere di inviare ronde militari per la città per i rastrellamenti e la fucilazione immediata degli inadempienti. Fu affisso in città un nuovo proclama del Comando Militare Germanico:

    « Al decreto per il servizio obbligatorio di lavoro hanno risposto in quattro sezioni della città complessivamente circa 150 persone, mentre secondo lo stato civile avrebbero dovuto presentarsi oltre 30.000 persone.

    Da ciò risulta il sabotaggio che viene praticato contro gli ordini delle Forze Armate Germaniche e del Ministero degli Interni Italiano.
    Incominciando da domani, per mezzo di ronde militari, farò fermare gli inadempienti. Coloro che non presentandosi sono contravvenuti agli ordini pubblicati, saranno dalle ronde senza indugio fucilati.
    Il Comandante di Napoli, Scholl »


    L'insurrezione popolare fu allora inevitabile, i cittadini furono chiamati a scegliere tra la sopravvivenza e la morte o la deportazione forzata in Germania ed ormai, spontaneamente in ogni punto della città, persone di ogni ceto sociale e di ogni occupazione, andavano riversandosi nelle strade per organizzarsi ed imbracciare le armi. Si unirono a loro anche molti dei soldati italiani che solo pochi giorni prima si erano dovuti dare alla macchia. Già dal 26 settembre una folla disarmata e urlante si scatenò contro i rastrellamenti nazisti, liberando i giovani destinati alla deportazione.

    Il 27 settembre, dopo un'ampia retata dei tedeschi che catturarono in vari punti della città circa 8.000 uomini, 400, forse 500 uomini armati aprirono i combattimenti.

    Una delle prime scintille della lotta scoppiò al quartiere Vomero dove, in località Pagliarone, un gruppo di persone armate fermò un'automobile tedesca uccidendo il maresciallo che era alla guida.

    Durante l'intera giornata, aspri combattimenti si susseguirono in diverse zone della città tra gli insorti e i soldati tedeschi che ormai stavano per iniziare le operazioni di sgombero, anche per le notizie (poi rivelatesi false) riguardo un imminente sbarco alleato a Bagnoli.

    Un tenente dell'esercito italiano, Enzo Stimolo, dopo essersi posto a capo di un gruppo di 200 insorti, si distinse particolarmente nell'operazione di assalto all'armeria del Castel Sant'Elmo che cadde soltanto in serata, non senza spargimento di sangue; i tedeschi infatti, asserragliati, tra l'altro sia all'interno della Villa Floridiana sia al Campo Sportivo Collana (nel cuore del Vomero), intervennero in forze a dar battaglia.

    Un gruppo di cittadini si diresse nelle stesse ore verso il Bosco di Capodimonte dove, secondo alcune voci che giravano in città, i tedeschi stavano conducendo a morte alcuni prigionieri; fu messo a punto così un piano per impedire ad un gruppo di guastatori tedeschi di minare il Ponte della Sanità per l'interruzione dei collegamenti con il centro della città, cosa che fu realizzata con successo il giorno successivo ad opera di un drappello di marinai.

    In serata, venivano assaltati e depredati i depositi d'armi delle caserme di via Foria e di via San Giovanni a Carbonara.

    Il 28 settembre, andando ad aumentare con il passare delle ore il numero dei cittadini napoletani che si univano ai primi combattenti, gli scontri si intensificarono; nel quartiere Materdei una pattuglia tedesca, rifugiatasi in un'abitazione civile, venne circondata e tenuta sotto assedio per ore, sino all'arrivo dei rinforzi: alla fine tre Napoletani persero la vita.

    A Porta Capuana un gruppo di quaranta uomini si insediò, con fucili e mitragliatori, in una sorta di posto di blocco, uccidendo 6 soldati nemici e catturandone altri quattro, mentre combattimenti si avviarono in altri punti della città come al Maschio Angioino, al Vasto e a Monteoliveto.

    I tedeschi procedettero ad altre retate, questa volta al Vomero, ammassando numerosi prigionieri all'interno dello Stadio Collana, cosa che scatenò la reazione degli uomini di Stimolo che diedero l'assalto al campo sportivo, determinando, dopo aver dovuto fronteggiare un'iniziale reazione armata, la liberazione dei prigionieri, il giorno successivo.

    Al terzo giorno di feroci scontri per le vie di Napoli, l'organizzazione dell'insurrezione rimaneva ancora lasciata ai singoli capi-popolo di quartiere, mancando del tutto i contatti con le forze strutturate dell'antifascismo come il Fronte Nazionale (diretta emanazione del CLN).

    Andavano intanto emergendo figure locali che assunsero il comando delle operazioni nei vari quartieri della città, come il professore Antonino Tarsia In Curia al Vomero, il tenente colonnello Bonomi a Salvator Rosa, il capitano Francesco Cibarelli al Duomo, il capitano Mario Orbitello a Montecalvario, il capitano medico Stefano Fadda a Chiaia, l'impiegato Tito Murolo al Vasto, mentre tra i giovani si distinse Adolfo Pansini[3], studente del liceo vomerese Sannazaro.

    Nel quartiere "Cuoco" i tedeschi attaccarono in forze con i carri armati (i Panzer "Tigre") e non più di cinquanta ribelli tentarono strenuamente di opporsi ma dovettero subire il pesante bilancio di 12 morti e più di 15 feriti.

    Anche il quartiere operaio di Ponticelli subì un pesante cannoneggiamento, in seguito al quale le truppe tedesche procedettero ad eccidi indiscriminati della popolazione penetrando sin dentro le abitazioni civili. Altri combattimenti si ebbero nei pressi dell'aeroporto di Capodichino e di Piazza Ottocalli, dove morirono tre avieri italiani.

    Nelle stesse ore, presso il quartier generale tedesco al corso Vittorio Emanuele (tra l'altro ripetutamente attaccato dagli insorti) avvenne la trattativa tra il colonnello Scholl e il tenente Stimolo per la riconsegna dei prigionieri del Collana; Scholl ottenne di aver libero il passaggio per uscire da Napoli, in cambio del rilascio degli ostaggi che ancora erano prigionieri al campo sportivo. Per la prima volta in Europa i Tedeschi trattavano una resa di fronte a degli insorti.

    Mentre le truppe tedesche avevano già iniziato lo sgombero della città per il sopraggiungere delle forze anglo-americane provenienti da Nocera Inferiore, in città il professor Tarsia si autoproclamò, presso il Liceo Sannazaro, capo dei ribelli assumendo pieni poteri civili e militari ed impartendo, tra l'altro, precise disposizioni circa l'orario di apertura degli esercizi commerciali e la disciplina.

    Tuttavia i combattimenti non cessarono e i cannoni tedeschi che presidiavano le alture di Capodimonte colpirono per tutta la giornata la zona tra Port'Alba e Piazza Mazzini. Altri combattimenti si ebbero ancora nella zona di Porta Capuana.

    Gli invasori in rotta lasciarono dietro di loro incendi e stragi; clamoroso fu il caso dell'Archivio Storico di Napoli che fu dato alle fiamme a San Paolo Belsito, causando incalcolabili danni al patrimonio storico e artistico.

    Il 1 ottobre alle 9.30 i primi carri armati alleati entrarono in città, mentre alla fine della stessa giornata, il comando tedesco in Italia, per bocca del maresciallo Albert Kesselring, considerò conclusa la ritirata con successo.

    Il bilancio dei tremendi scontri delle Quattro giornate di Napoli non è concorde nelle cifre; secondo alcuni autori, nelle settantasei ore di combattimenti, morirono 170 partigiani e 150 inermi cittadini; secondo la Commissione ministeriale per il riconoscimento partigiano le vittime furono 155 ma dai registri del Cimitero di Poggioreale risulterebbero 562 morti.

    È da notare che la gran parte dei combattimenti si ebbero esclusivamente tra italiani e tedeschi. A differenza di altri episodi della Resistenza furono infatti relativamente rari gli scontri con fascisti italiani, che probabilmente non avevano avuto il tempo di riorganizzarsi efficacemente dopo l'8 settembre (ricordiamo infatti che la Repubblica Sociale fu proclamata il 23 settembre, ovvero solo quattro giorni prima dello scoppio della rivolta).

    Facendo un bilancio, oltre l'importantissimo risultato morale e politico dell'insurrezione, le Quattro giornate di Napoli ebbero senz'altro il merito di impedire che i tedeschi potessero organizzare una resistenza in città o che, come Hitler aveva chiesto, Napoli fosse ridotta "in cenere e fango" prima della ritirata. Parimenti fu evitato che il piano di deportazione di massa organizzato da Scholl avesse successo. A ciò si giunse non soltanto grazie ai 1.500 combattenti ufficialmente riconosciuti, ma anche per la resistenza civile e non violenta di tanti napoletani, fra cui preti e giovani operaie, 'scugnizzi' e professori, medici e vigili del fuoco, 'goliardi' e disoccupati.

    Pochi mesi dopo, il 22 dicembre, i generali Pentimalli e Del Tetto, che avevano abbandonato la città nelle mani dei Tedeschi all'indomani dell'8 settembre, furono condannati dall'Alta Corte di Giustizia a 20 anni di reclusione militare, condanna in seguito ridotta per condoni e provvedimenti di grazia. Anche Domenico Tilena, che aveva retto la federazione fascista cittadina durante gli scontri fu condannato a 6 anni e 8 mesi.

    Delle Quattro giornate di Napoli è stata data anche un'interpretazione alternativa a quella corrente, che intende sottolinearne la natura di "resistenza civile e popolare" e di concreto e nobile esempio di "difesa sociale e non violenta" (essendo state utilizzate largamente tecniche non violente come: la non-collaborazione, il boicottaggio, il sabotaggio, il rifiuto della militarizzazione della vita civile e la creazione di organismi paralleli), grazie alle quali un'intera città seppe liberarsi, da sola, dal giogo nazista.

    Alla memoria delle Quattro giornate di Napoli, è stata dedicata l'omonima Piazza Quattro Giornate, nel quartiere Vomero, in prossimità dello Stadio Collana, oggi sede della Stazione Cilea - Quattro giornate della Linea 1 della Metropolitana di Napoli, già teatro della maggior parte degli scontri dell'insurrezione. Lapidi commemorative si trovano in Via Belvedere, sempre al Vomero, e all'ingresso del Palazzo della Borsa, in Piazza Bovio.

    Un monumento "allo scugnizzo", figura simbolo dell'insurrezione, sorge invece alla Riviera di Chiaia, in Piazza della Repubblica. Il monumento fu progettato dallo scultore Marino Mazzacurati nel 1963, e consiste in una statua di pietra che ritrae gli scugnizzi su ognuno dei quattro lati della scultura.

    Queste le decorazioni assegnate nel dopoguerra per l'eroismo della città e dei suoi abitanti:

    Alla città venne conferita la Medaglia d'Oro al Valor Militare, con la seguente motivazione:

    "Con superbo slancio patriottico sapeva ritrovare, in mezzo al lutto ed alle rovine, la forza per cacciare dal suolo partenopeo le soldatesche germaniche sfidandone la feroce disumana rappresaglia. Impegnata un'impari lotta col secolare nemico offriva alla Patria, nelle "Quattro Giornate" di fine settembre 1943, numerosi eletti figli. Col suo glorioso esempio additava a tutti gli Italiani, la via verso la libertà, la giustizia, la salvezza della Patria.
    Napoli, 27 - 30 settembre 1943
    Conferimento della Medaglia d'Oro al Valor Militare alla città di Napoli (10 Settembre 1944)

    Medaglie d'Oro (alla memoria)


  • Gennaro Capuozzo (12 anni)

  • Filippo Illuminati (13 anni)

  • Pasquale Formisano (17 anni)

  • Mario Menechini (18 anni)




  • Si noti l'età dei caduti.

    Riccardo Venturi - 28/7/2008 - 07:24


    Carissimo Gianfranco, come sicuramente hai visto, per Tarantella per uno scugnizzo di tanti anni fa è stata approntata una pagina autonoma. Con questo ti inviterei, quando hai canzoni come questa, a non inserirle in aggiunta a pagine già esistenti, ma a costruire a tua volta una pagina (anche gli "esterni" possono farlo agevolmente col comando Invia una nuova canzone in alto a sinistra nella homepage). Per ogni eventuale chiarimento puoi scrivere alla casella di posta, magari rivolgendoti al Webmaster che è molto più bravo e competente di me nelle questioni tecniche. Comunque, anche un po' osservando come si costruisce sia pur rapidamente una pagina (ad esempio quella sulla canzone appena inviata), credo che potrai avere qualche indicazione utile. Unica cosa che raccomando a te come a tutti: nelle pagine sono bandite le "tutte maiuscole", sia nei titoli che, soprattutto, nei testi. Altre cose assolutamente da evitare sono le interlinee "abissali" tra le strofe e tra i versi e i profluvi di lineette di separazione (tipo ============= ). In pratica, prima di costruire una nuova pagina, il contributore deve fare un po' di editing se copiaincolla da altri siti, oppure osservare qualche semplice regola se sta scrivendo ex novo. Saluti e grazie, e sempre a disposizione per chiarimenti di ogni tipo. NB: La nuova pagina su Tarantella per uno scugnizzo di tanti anni fa è stata ovviamente intestata a tuo nome.

    Riccardo Venturi - 7/11/2014 - 19:49


    Carissimo Riccardo - ti ringrazio per i consigli. Per la sintassi che ho, ad oggi, utilizzato:
    - ho messo i titoli in caratteri maiuscoli se erano tali nell'originale (libri, copertine dei dischi o libretti allegati) - p.s. questo in quanto non ho l'abitudine, che io sconsiglio, di copiare testi o notizie da altri siti (specialmente se non si controlla il contenuto o se non si fanno controlli incrociati) ma li prendo, con fatica, dalla mia povera discoteca. Quindi considero l'inviarvi il titolo nel formato corretto una forma di rispetto dell'intero originale letterario, come pure i corretti salti di riga, un accurato controllo del testo etc.
    - gli "effluvi" etc. sono un modo (ascii) di delimitare blocchi di testo (che però, a quanto pare, sono rimasti nel limbo ccg) e/o di richiedere se siano inseriti in un riquadro.
    Naturalmente, in entrambi i casi precedenti, sono sufficienti due (ripeto : due) click del mouse dell'admin per "normalizzare" il formato (e perdere l'informazione), e questo vale anche per il dilemma (per me insolubile in mancanza di norme precise) nuova-versione / nuova-canzone.

    Nella occasione ti ricordo anche che le uniche indicazioni, presenti nel sito ccg, per l'inserimento di testi, sono queste:

    1- non inviare nulla via mail, ma usare gli appositi form di inserimento.
    2- inserire solo canzoni contro la guerra e non altre di altro tipo...
    3- verificare che le nuova canzone non sia già presente (fra le 22387 pubblicate sul vostro sito)

    non ho trovato sul sito altri consigli, limitazioni, indicazioni o suggerimenti su come formattare il testo, inserire foto o altro.

    conclusione - sperando di ricevere, prima o poi, risposta alle mie varie richieste, e magari di veder pubblicati i miei "contributi" ancora in sospeso, ringrazio te e lo staff del tempo che dedicate alla causa pacifista e ti saluto - gianfranco

    8/11/2014 - 15:13




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