Contributed by Marcello Tagliabue - 2025/12/8 - 16:57
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Alla fine dei Cinquanta Rollins era all'apice della sua carriera, alle spalle aveva ormai diversi album importanti (da "Tenor Madness" a "Saxophone Colossus" a "Way Out West"). Eppure quando tentò di affittare un appartamento in una certa zona di New York, dovette affrontare il muro del razzismo: l’appartamento gli venne rifiutato perché nero. “All'epoca la cosa mi colpì molto. Avevo tutte queste recensioni, articoli di giornale e foto. Cosa significava quel successo se alla fine ero ancora un negro, per così dire? Questo è il motivo per cui ho scritto la suite” raccontò in seguito Rollins.
Il suo cammino verso una presa di coscienza della sua condizione di african-american era però iniziato qualche anno prima, nel 1954, con la composizione di un pezzo dal titolo enigmatico, "Airegin", che uscì lo stesso anno nell’album della Prestige 'Miles Davis With Sonny Rollins'. Rollins compose il brano ispirandosi ad una mappa dell’Africa che aveva visto al rovescio su un tavolo, dove era indicato l’allora neonato stato africano indipendente, la Nigeria. 'Airegin' non è altro che 'Nigeria' scritto al contrario. Sia pure in maniera velata, questo fu il suo primo contributo alla causa degli afro-americani.
L’album "Freedom Suite" fu registrato l'11 febbraio e il 7 marzo 1958. Rollins era accompagnato da Oscar Pettiford al contrabbasso e da Max Roach alla batteria: un trio senza pianoforte. Una facciata del LP era occupata dal brano con lo stesso titolo ("The Freedom Suite", della durata di poco più di 19 minuti, articolato in cinque parti), che è considerato uno dei capolavori di Rollins. Era la prima volta che un sassofonista si azzardava in un brano così lungo, per di più senza il supporto armonico del piano. Sull'altra facciata del LP furono registrati quattro standard jazz.
"Freedom Suite" fu il primo album di protesta strumentale. Il titolo stesso non si riferiva tanto alla libertà musicale, quanto a un desiderio di liberazione del popolo afro-americano.
Con questa composizione Rollins volle infatti esprimere la sua solidarietà alla causa dei neri in lotta per la conquista dei diritti civili sotto la guida di Martin Luther King. Nel sassofono di Rollins non vi era l’urlo e il furore, la sua era una richiesta di libertà contenuta in un messaggio che era ancora pacato. Le sue intenzioni erano indicate nelle note di copertina scritte di suo pugno, in cui si affermava che gli afroamericani rappresentavano l'essenza della cultura americana ma erano oppressi da un gruppo (i bianchi) che aveva sequestrato quella cultura per i propri scopi: “L’America ha profonde radici nella cultura dei Negri: le sue espressioni verbali, il suo humor, la sua musica. E’ un’ironia della sorte che il Negro, che più di altri può rivendicare la cultura americana come propria, sia perseguitato e represso, che il Negro, che è stato un esempio di umanità in tutta la sua esistenza, sia ricompensato con disumanità”.
Il produttore Orrin Keepnews dell'etichetta Riverside decise però di togliere queste note e di sostituirle con un suo commento molto edulcorato, in cui la 'libertà' era intesa come libertà in campo musicale ('L'America voleva ascoltare la musica dei neri, il jazz, ma non voleva ascoltare la storia dei neri' dissero ai piani alti di Riverside). Rollins allora troncò il contratto con Riverside. Il disco venne ritirato quasi subito con la scusa che vendeva poco, e fu ripubblicato tempo dopo, ma con il titolo cambiato in "Shadow Waltz" (uno dei brani della seconda facciata del LP).
Dopo "Freedom Suite" Rollins non proseguì su questa linea, preferendo tenersi lontano dalla forte politicizzazione che caratterizzerà il jazz nel decennio successivo (del resto Rollins rimase sempre uno che 'correva da solo', lontano dalle mode del momento). Ma comunque aprì la strada ad altri che ne seguirono il cammino. Lo stesso Max Roach due anni dopo compose la sua personale 'Freedom Suite' intitolata perentoriamente "We Insist! Freedom Now", un album composto insieme alla moglie, la cantante afro-americana Abbey Lincoln.