En el valle de Pocuno
Donde rebota el viento del mar,
Donde la lluvia cría los musgos
Vive Angelita Huenumán.
Entre el mañío y los hualles,
El avellano y el pitrán,
Entre el aroma de las chilcas
Vive Angelita Huenumán.
Cuidada por cinco perros,
Un hijo que dejó el amor
Sencilla como su chacrita
El mundo gira alrededor.
La sangre roja del copihue
Corre en sus venas, Huenumán,
Junto a la luz de una ventana
Teje Angelita su vida.
Sus manos bailan en la hebra
Como alitas de chincol,
Es un milagro como teje
Hasta el aroma de la flor.
En tus telares, Angelita,
Hay tiempo, lágrima y sudor
Están las manos ignoradas
De éste mi pueblo creador.
Después de meses de trabajo
El chamal busca comprador
Y como pájaro enjaulado
Canta para el mejor postor.
Entre el mañío y los hualles,
El avellano y el pitrán,
Entre el aroma de las chilcas
Vive Angelita Huenumán.
Donde rebota el viento del mar,
Donde la lluvia cría los musgos
Vive Angelita Huenumán.
Entre el mañío y los hualles,
El avellano y el pitrán,
Entre el aroma de las chilcas
Vive Angelita Huenumán.
Cuidada por cinco perros,
Un hijo que dejó el amor
Sencilla como su chacrita
El mundo gira alrededor.
La sangre roja del copihue
Corre en sus venas, Huenumán,
Junto a la luz de una ventana
Teje Angelita su vida.
Sus manos bailan en la hebra
Como alitas de chincol,
Es un milagro como teje
Hasta el aroma de la flor.
En tus telares, Angelita,
Hay tiempo, lágrima y sudor
Están las manos ignoradas
De éste mi pueblo creador.
Después de meses de trabajo
El chamal busca comprador
Y como pájaro enjaulado
Canta para el mejor postor.
Entre el mañío y los hualles,
El avellano y el pitrán,
Entre el aroma de las chilcas
Vive Angelita Huenumán.
Contributed by Riccardo Venturi - 2025/5/20 - 16:50
Language: Italian
Versione italiana / Versión al italiano / Italian version / Verersion italienne / Italiankielinen versio:
Riccardo Venturi, 21-5-2025 19:13
Inti-Illimani: Angelita Huenumán, "Canción para matar una culebra", 1979
Due parole del traduttore. La straordinariamente ricca flora endemica del Cile trova spesso posto nei brani più significativi di tutta la Nueva canción chilena. Non è un caso, sia per motivi di identità nazionale, sia per lo sfruttamento e la distruzione a fini commerciali -sfruttamento e distruzione che hanno interessato in modo particolare proprio le zone dove vive il popolo Mapuche. “Tradurre” una canzone come questa significa rendere conto, almeno in parte, di tutta una serie di alberi e piante che crescono soltanto in Cile; quel che si è cercato di fare qui in alcune note, mantenendo per forza di cose nella “traduzione” il nome locale.
Riccardo Venturi, 21-5-2025 19:13
Inti-Illimani: Angelita Huenumán, "Canción para matar una culebra", 1979
Due parole del traduttore. La straordinariamente ricca flora endemica del Cile trova spesso posto nei brani più significativi di tutta la Nueva canción chilena. Non è un caso, sia per motivi di identità nazionale, sia per lo sfruttamento e la distruzione a fini commerciali -sfruttamento e distruzione che hanno interessato in modo particolare proprio le zone dove vive il popolo Mapuche. “Tradurre” una canzone come questa significa rendere conto, almeno in parte, di tutta una serie di alberi e piante che crescono soltanto in Cile; quel che si è cercato di fare qui in alcune note, mantenendo per forza di cose nella “traduzione” il nome locale.
Angelita Huenumán
Nella valle di Pocuno
Dove erompe il vento del mare,
Dove la pioggia nutre i muschi
Vive Angelita Huenumán.
Tra il mañío [1] e gli hualles, [2]
Tra il nocciòlo e il pitrán [3],
Tra il profumo delle fuchsie
Vive Angelita Huenumán.
Protetta da cinque cani,
Un figlio lasciatole dall’amore,
Semplice come il suo verziere
Vive Angelita Huenumán.
Il rosso sangue del copihue [4]
Scorre nelle sue vene, Huenumán,
Fianco alla luce d’una finestra
Tesse Angelita la sua vita.
Le sue mani danzano tra il filo
Come le alucce di un passero,
E’ un miracolo come tesse
Persino il profumo d’un fiore.
Nei tuoi telai, Angelita,
C’è tempo, pianto e sudore
Sono le mani ignorate
Di questo mio popolo creatore.
Dopo mesate di lavoro
Il poncho cerca chi lo compri,
E come un uccello in gabbia
Canta per chi offre di più.
Tra il mañío e gli hualles,
Tra il nocciòlo e il pitrán,
Tra il profumo delle fuchsie
Vive Angelita Huenumán. [5]
Nella valle di Pocuno
Dove erompe il vento del mare,
Dove la pioggia nutre i muschi
Vive Angelita Huenumán.
Tra il mañío [1] e gli hualles, [2]
Tra il nocciòlo e il pitrán [3],
Tra il profumo delle fuchsie
Vive Angelita Huenumán.
Protetta da cinque cani,
Un figlio lasciatole dall’amore,
Semplice come il suo verziere
Vive Angelita Huenumán.
Il rosso sangue del copihue [4]
Scorre nelle sue vene, Huenumán,
Fianco alla luce d’una finestra
Tesse Angelita la sua vita.
Le sue mani danzano tra il filo
Come le alucce di un passero,
E’ un miracolo come tesse
Persino il profumo d’un fiore.
Nei tuoi telai, Angelita,
C’è tempo, pianto e sudore
Sono le mani ignorate
Di questo mio popolo creatore.
Dopo mesate di lavoro
Il poncho cerca chi lo compri,
E come un uccello in gabbia
Canta per chi offre di più.
Tra il mañío e gli hualles,
Tra il nocciòlo e il pitrán,
Tra il profumo delle fuchsie
Vive Angelita Huenumán. [5]
[1] E’ il Podocarpus nubigenus, grande albero (può arrivare a 35 m di altezza, da qui il suo poetico nome scientifico di "generatore di nubi") della famiglia delle Podocarpacee e dell'ordine delle Conifere, endemico del Cile centrale e meridionale. Specie tipica della flora subantartica: il suo parente più stretto è il Podocarpus totara, che appartiene alla flora endemica della Nuova Zelanda. In Cile è noto anche come Mañío macho o Mañío de hojas punzantes (“dalle foglie che pungono”).
[2] Lo hualle è propriamente la Nothofagus obliqua o Quercia patagonica, grande albero endemico del Cile e dell’Argentina della famiglia delle Notofagacee e dell’ordine delle Fagali. E’ un albero intimamente legato alla cultura Mapuche, in quanto il suo legno (noto in inglese anche come Roble beech è utilizzato nel famoso artigianato delle palette. In Cile noto anche come Coyán.
[3] Uno dei nomi popolari della Pitavia punctata (altri nomi popolari: pitao, canelillo). Albero sempreverde che può arrivare all’altezza di 15 m, endemico soltanto di una ristretta zona del Cile, tra le provincie di Talca e Malleco. La sua vicenda può servire bene da esempio della distruzione ambientale operata per motivi commerciali: il suo habitat naturale è stato infatti ridotto quasi a zero, ai limiti dell’estinzione (nel 1995 il pitrán è stato dichiarato “specie protetta”, ma il suo territorio è attualmente inferiore a 10 km2 (!!!). Il pitrán è stato letteralmente massacrato per far posto a piantagioni commerciali di Pinus radiata e Eucalipto, piante di intenso sfruttamento per la qualità del loro legno.
[4] La Lapageria rosea, nota come copihue, è il fiore nazionale del Cile del quale rappresenta un endemismo assoluto. Il suo nome deriva dalla lingua Mapuche: in realtà, il kopiwe è il frutto della pianta, che propriamente si chiama kolkopiw. Poiché il fiore della pianta appare appeso, penzolante, la derivazione è dal verbo kopün che significa “stare a testa all’ingiù”. Il nome scientifico di Lapageria ha un’origine quanto mai illustre, essendo un omaggio a Marie-Josèphe-Rose Tascher de La Pagerie, più nota come Giuseppina Beauharnais (1763-1814), la prima moglie di Napoleone Bonaparte che, appassionata di botanica, coltivava la pianta nel suo giardino personale. Appartenente alla famiglia delle Filesiacee e all’ordine delle Liliali, la pianta è il vero e proprio simbolo del Cile. E' l'unica specie nota del genere Lapageria.
[5] Nella versione eseguita da Jaorge Coulón e dagli Inti-Illimani (q.v.), 1979 Canción para matar una culebra, la “coda” consistente nella ripetizione della seconda strofa è abbreviata di due versi:

Podocarpus nubigenus
[2] Lo hualle è propriamente la Nothofagus obliqua o Quercia patagonica, grande albero endemico del Cile e dell’Argentina della famiglia delle Notofagacee e dell’ordine delle Fagali. E’ un albero intimamente legato alla cultura Mapuche, in quanto il suo legno (noto in inglese anche come Roble beech è utilizzato nel famoso artigianato delle palette. In Cile noto anche come Coyán.
Nothofagus obliqua
[3] Uno dei nomi popolari della Pitavia punctata (altri nomi popolari: pitao, canelillo). Albero sempreverde che può arrivare all’altezza di 15 m, endemico soltanto di una ristretta zona del Cile, tra le provincie di Talca e Malleco. La sua vicenda può servire bene da esempio della distruzione ambientale operata per motivi commerciali: il suo habitat naturale è stato infatti ridotto quasi a zero, ai limiti dell’estinzione (nel 1995 il pitrán è stato dichiarato “specie protetta”, ma il suo territorio è attualmente inferiore a 10 km2 (!!!). Il pitrán è stato letteralmente massacrato per far posto a piantagioni commerciali di Pinus radiata e Eucalipto, piante di intenso sfruttamento per la qualità del loro legno.

Pitavia punctata.
[4] La Lapageria rosea, nota come copihue, è il fiore nazionale del Cile del quale rappresenta un endemismo assoluto. Il suo nome deriva dalla lingua Mapuche: in realtà, il kopiwe è il frutto della pianta, che propriamente si chiama kolkopiw. Poiché il fiore della pianta appare appeso, penzolante, la derivazione è dal verbo kopün che significa “stare a testa all’ingiù”. Il nome scientifico di Lapageria ha un’origine quanto mai illustre, essendo un omaggio a Marie-Josèphe-Rose Tascher de La Pagerie, più nota come Giuseppina Beauharnais (1763-1814), la prima moglie di Napoleone Bonaparte che, appassionata di botanica, coltivava la pianta nel suo giardino personale. Appartenente alla famiglia delle Filesiacee e all’ordine delle Liliali, la pianta è il vero e proprio simbolo del Cile. E' l'unica specie nota del genere Lapageria.

Lapageria rosea.
[5] Nella versione eseguita da Jaorge Coulón e dagli Inti-Illimani (q.v.), 1979 Canción para matar una culebra, la “coda” consistente nella ripetizione della seconda strofa è abbreviata di due versi:
Entre el mañío y los hualles,
Vive Angelita Huenumán.
Vive Angelita Huenumán.
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Album / Albumi : Canto Libre [1970]
Durante l’estate australe del 1969, la famiglia Jara (Víctor, Joan e le loro figlie Manuela e Amanda) decisero di andare in vacanza nella provincia di Arauco, l’antica Araucanía del popolo Mapuche e attualmente una delle tre province della regione del Bío Bío. Durante un’escursione nella valle di Pocuno, conobbero la tessitrice autodidatta Angelita Huenumán, notissima nella zona per le sue coperte, le mantiglie ed i tappeti.
Angelita, che sarebbe scomparsa nel 1987, recava un cognome che, in lingua mapuche (Mapudungun), significa “condor del (o nel) cielo”, wenu-mañke (wenu è anche un avverbio, “lassù”, mentre mañke indica a volte l’ “aquila”; potrebbe quindi tradursi anche come “aquila [che vola] lassù”). Víctor Jara, assieme a tutta la sua famiglia, rimase talmente impressionato dai lavori artigianali di Angelita, che volle scriverle un omaggio in musica; nacque così questa canzone.
Un omaggio, sicuramente, alla cultura ancestrale cilena e proprio impersonata dal popolo Mapuche e dalla sua arte; quel popolo che, come tanti altri nei territori latinoamericani, è stato oppresso, depredato, frammentato, eliminato. Ma la canzone è di Víctor Jara, e una canzone di Víctor Jara non può essere soltanto questo. In ogni canzone di Víctor Jara (e tenendo conto anche del periodo in cui essa fu scritta) si avverte la solidarietà e la coscienza di classe, al di là della cultura etnica. Così in questa, dove el mundo gira alrededor; le “mani ignorate” del “popolo creatore”, i telai che celano “tempo, pianto e sudore” non lasciano dubbi su quel che Víctor Jara intendeva esprimere.