Pensavo ci fosse un errore nel testo
Nel mio cervello ho letto epidemica
Ma poi ho capito il diverso contesto
Non è cosa fisica ma produce afasia
Non procura dolore con percosse o ferite
È invece il contrario come un'anestesia
Che ci rende insensibili per chi perde le vite
Sono uccisi a migliaia nella striscia di Gaza
Ma restiamo impotenti senza reagire
Se qualcuno ci prova e scende giù in strada
Come antisemita si sente accusare
È corrotto il linguaggio si crea latitanza
Si negano i fatti eppure sappiamo
Che c'è un elefante e distrugge la stanza
Non c'è Palestina nel futuro israeliano
Un popolo rischia di essere espulso
Da chi fu vittima nel recente passato
Conoscendo l'orrore che gli diede l'impulso
A gridar “meditate che questo è stato”
A Francesca Albanese relatrice speciale
Dei diritti umani nei territori occupati
E’ negato l'ingresso perché è solidale
Ed ha fatto denuncia di tutti i reati
La violenza epistemica ha scritto Francesca
Nel libro che accusa chi calpesta i diritti
Fa sì che nel mondo la pietà svanisca
Tornerà la barbarie saremo tutti sconfitti
Contributed by Paolo Rizzi - 2024/11/20 - 10:36
Riccardo Venturi, 23-11-2024 16:18
Epistemic Violence
I didn’t know what is epistemic violence,
I thought there was a mistake in the text.
I read “epidemic” in my head,
Then I understood the different context.
It’s no physical matter, but produces aphasia,
Doesn’t cause pain with beating or wounds.
Instead, it’s something like anestethics
Making us indifferent to the loss of lives.
Thousands are slaughtered in the Gaza Strip,
But we remain helpless without reacting.
When someone tries to demonstrate,
He is accused of being antisemite.
Language is falsified, unconcern is produced,
Facts are denied, yet we all know well
It’s like an elephant locked in a crystal room,
Israel’s future doesn’t include Palestine.
A people is in danger of being pushed out
By those who were victims in recent past
And who know the horror that drove them
To utter: “Meditate that this happened”.
To Francesca Albanese, special rapporteur
Of human rights in the Occupied Territories,
Access is denied because she’s supportive
In denouncing all crimes committed there
Epistemic violence, Francesca writes
In her book denouncing all human rights tramplers,
Puts an end to all kind of mercy in the world:
Barbarism will return, we all shall be defeated.
Perché quello israeliano è un genocidio: intervista alla Relatrice ONU Francesca Albanese
L’Indipendente
9 NOVEMBRE 2024 - 13:00
Nei giorni scorsi, la Relatrice Speciale dell’ONU per i Territori Occupati Palestinesi, Francesca Albanese, ha presentato il proprio rapporto ufficiale nel quale si dettaglia come quello israeliano a Gaza sia da considerare, alla luce del diritto internazionale, un genocidio. Lo stesso report, che si intitola senza giri di parole Il genocidio come cancellazione coloniale, accusa i governi occidentali di aver garantito a Israele un’impunità che gli ha permesso di «diventare un violatore seriale del diritto internazionale». La relatrice italiana, ma che da molti anni vive all’estero, è stata attaccata con inaudita violenza: l’ambasciatrice statunitense all’ONU l’ha accusata di antisemitismo, mentre la lobby filo-israeliana UN Watch ha lanciato una campagna per cacciarla dalle Nazioni Unite con l’accusa di diffondere «antisemitismo e propaganda di Hamas». Accuse surreali alle quali risponde anche in questa intervista rilasciata in esclusiva a L’Indipendente. Lo fa senza arretrare di un millimetro, anzi dettagliando perché quella che Israele sta scrivendo a Gaza sia da considerare una delle pagine «più nere e luride della storia contemporanea» e denunciando il clima di intimidazione che colpisce sistematicamente chi, all’interno delle istituzioni internazionali, cerca di agire concretamente per inchiodare il governo israeliano alle proprie azioni.
Perché quello israeliano è un genocidio: intervista alla Relatrice ONU Francesca Albanese
p.r. - 2024/11/20 - 11:37
questo video è un appello di un movimento che fa una petizione dal titolo:#FIREFRANCESCA .
nel video ci sono immagini proiettate sul grattacielo di New York che denunciano le sue critiche.
While Francesca Albanese traveled to New York City to spread antisemitism and to shill for Hamas at the United Nations, UN Watch projected truth across the city and immediately exposed Albanese's disgusting history to thousands of onlookers.
p.r. - 2024/11/20 - 11:42
Francesca Albanese è nativa di Ariano Irpino un paese del SUD , territorio ricco di musiche e musicisti da Napoli ad Avellino alla Lucania ecc ecc. Ho pensato subito che dovevo cercare ispirazione in quella tradizione.
Del brano ho provato tre versioni, la prima sugli accordi del bellissimo giro armonico di "Quando chiove" di Pino Daniele
D Dmaj7 D7 G Fa°m7 Em7/9.
Poi ho provato una seconda versione ispirandomi a Vinicio Caposela nato ad Hannover ma figlio di padre irpino della provincia di Avellino: Vito Caposela. Era emigrato come tanti di quei territori un tempo poveri di lavoro. Il testo girava bene sulle note della "filastrocca" : La madonna delle conchiglie ma non aveva la forza di una lotta di una denuncia.
Infine la scelta è caduta su "Brigante se more" di Eugenio Bennato e Carlo D'Angiò. Il sito antiwarsongs dedica numerose affascinanti pagine alla storia della genesi di questo brano, pagine a cui partecipa lo stesso autore Eugenio Bennato.
Francesca Albanese non è un brigante, la sua arma è la parola sostenuta da una tenacia, una forza, un amore per la verità e la giustizia che fanno onore alla tradizione di resistenza del suo popolo di origine.
Ringrazio Eugenio Bennato, Musica nova e tutte le composizioni della "Nuova compagnia di canto popolare" che sono state suoni, ritmi, colori, parole meravigliose che mi hanno fatto compagnia fin dalla mia adolescenza. Ho fiducia che nonostante la semplicità della mia esecuzione apprezzi questo omaggio.
Antiwarsongs ha recentemente pubblicato ""Canzone per Beirut" scritta da Eugenio e ora interpretata da sua figlia Eugenia.
P.r. - 2024/11/20 - 12:36
Il giudici sotto attacco da parte di Israele e Stati Uniti (violenza epistemica)
Il mandato d’arresto è una pessima notizia per Netanyahu
P.r. - 2024/11/22 - 11:27
Riccardo Venturi - 2024/11/22 - 12:12
Sparatutto molto molto economici.
Ho visto Galan a Report settimana scorsa, costretto a patteggiare per non abbandonare la figlia andando in galera per un annetto con eventuali condoni,grazie,amnistie...
Pr - 2024/11/22 - 13:37
P.r. - 2024/11/26 - 07:01
e Violenza epistemica.
Questo termine è stato coniato nel 1980 da una filosofa antropologa indiana che ha ragionato sulla Violenza coloniale inglese che giudicando barbare le usanze indiane nei confronti delle vedove che venivano sacrificate alla morte dei mariti, ha imposto senza consultare le donne stesse delle leggi avulse dalle tradizioni ancestrali.
Se volete approfondire eccovi il link
Epistemic Violence
Paolo Rizzi - 2024/11/26 - 09:08
Le nazioni Unite l'hanno riconosciuta " donna dell'anno"
p.r. - 2025/1/11 - 09:53
"Faremo saltare in aria la vostra casa"
L'hip hop del genocidio
P.r. - 2025/1/26 - 16:17
Gli infrasuoni come arma usati da Israele l'esempio di The scream per colpire i manifestanti
Vi consiglio un bell'articolo di Alias in ultrasuoni pubblicato ne Il manifesto di sabato 26 gennaio a firma Andrea Lai
P.r. - 2025/1/26 - 16:26
At an event at Pakhuis de Zwijger in Amsterdam, moderated by TNI's 14 febbraio 2025
P.r. - 2025/2/15 - 10:25
Resistere è possibile: la conferma di Francesca Albanese all'Onu - Articolo21
P.r. - 2025/4/6 - 15:09
Francesca Albanese: «Sto per fare i nomi di 45 grandi aziende del mondo che finanziano il genocidio. Mi gettano fango addosso, ma non ho paura»
P.r. - 2025/5/28 - 08:22
In questo libro Francesca non ci aiuta, come sempre ha fatto, dandoci strumenti giuridici per denunciare le violazioni perpetuate ai danni di questo popolo vessato, ma attraverso gli incontri con le 10 persone che compongono i capitoli ci fa conoscere lei stessa le sue debolezze e le sue risorse, ci comunica l'importanza di essere sempre in ascolto degli altri per imparare, correggersi, trovare energie condivise, trasformare incontri professionali in amicizie, prendere il testimone che ci viene dato e continuare il lavoro sempre con la speranza.
La speranza trovata nelle parole del professore italo palestinese Wasim Dabash sul dopo Gaza:
No.Non ci sarà nessuna violenza, quando questo finirà, non siamo sostenuti dalla sete di vendetta ma di Giustizia.
Vi metto il link ad una recensione del libro in attesa del 3 luglio quando uscirà il suo nuovo rapporto sulle "imprese"che supportando Israele permettino che tutto questo accada
https://share.google/xwGj1ZsOWPh15DyLi
P.r. - 2025/6/30 - 13:18
Denuncia puntuale delle imprese complici del genocidio.
Sul nuovo numero di Altreconomia sono messi in evidenza alcuni casi italiani
Chi guadagna sul genocidio palestinese
P.r. - 2025/7/2 - 17:31
Le connessioni tra le elites imprenditoriali e l’Olocausto sono state affrontate ma probabilmente non tutto è stato analizzato in termini sociologici. Una voce dell’Enciclopedia dell’Olocausto descrive alcuni aspetti che, ci sembra, non colgono sino in fondo le implicazioni: The Role of Business Elites
Ari Joskowicz é l’autore del saggio Toward an Economic History of Holocaust Memory che tratta della materia prendendo come esempio alcune vicende in Austria. La persecuzione degli ebrei da parte dei Nazisti fu un genocidio che affondò le radici non soltanto in un’ideologia aberrante ma anche nella “razionalità” abissale del business. In poche parole l’Olocausto costituì un business ben celato su cui la storiografia avrebbe probabilmente di che indagare e approfondire in termini di politica economica nazista attraverso la documentazione storica.
Volgendo lo sguardo alla tragedia contemporanea di Gaza non ci sentiamo di usare facili similitudini e conclusioni da slogan. E tuttavia la verità storica non può essere appannaggio di una parte, tanto meno si possono imporre spiegazioni, più o meno convincenti senza fatti e prove. Quando gli interessi in gioco sono tragicamente enormi occorre confrontarsi con i fatti e rendere note cifre e statistiche. Senza un’informazione disponibile, senza operatori sul campo tutte le sagome sono nere.
Stupisce quindi il tiro incrociato a cui è sottoposta da parecchi tempo la Relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati. Nel suo ultimo Rapporto del 30 Giugno 2025 Francesca Albanese passa in rassegna la situazione e specifica i nomi delle imprese che fanno profitti sull’occupazione illegale, l’apartheid e sui crimini di guerra che hanno assunto la dimensione dello sterminio non occasionale sino a costituire un genocidio. Il database delle società coinvolte per trarre profitto è costituito da un migliaio di voci. La stragrande maggioranza di esse non hanno risposto al questionario della Relatrice. Correttamente Albanese cita la I.G.Farben che riconobbe nel dopoguerra le proprie responsabilità sull’Olocausto.
Purtroppo l’originale di cui abbiamo dato il link non è ancora stato tradotto in italiano. Pur comprendendo che la categoria del genocidio va argomentata e dimostrata in base a criteri giuridici definiti, non possiamo non esprimere sdegno per quelle parti che vorrebbero silenziare la giurista Albanese, la quale ha una lunga esperienza nell’applicazione del Diritto Internazionale. A parte il fatto che le classi dirigenti israeliane dovrebbero una buona volta raddrizzare le cognizioni: semiti sono anche gli Arabi e i Palestinesi. Quindi, se proprio ci tengono ad usare l’aggettivo dovrebbero distinguere tra antisemitismo, sempre da condannare, e anti-semitismo, già debordato nello sterminio di decine di migliaia di semiti.
Riccardo Gullotta - 2025/7/2 - 23:33
Da economia dell’occupazione a economia del genocidio: il rapporto di Francesca Albanese sul business complice di Israele
P.r. - 2025/7/4 - 12:10
USA impongono sanzioni a Francesca Albanese dopo il rapporto sul 'business del genocidio'
P.r. - 2025/7/10 - 10:09
P.r. - 2025/7/14 - 09:46
Il laboratorio della società militarizzata
di Iain Chambers , Il Manifesto 2 Luglio 2025
Non è inappropriato parlare della questione della Palestina e dell’attuale stato di Israele come di un laboratorio della modernità. Nel senso più ovvio, ciò si riferisce al modo in cui, nel Mediterraneo orientale, la retorica della democrazia e dei diritti si scontra con la dura roccia del colonialismo odierno. E lì, pubblicamente, si frantuma.
Questo è ciò che viene trasmesso in diretta streaming dal genocidio e dal campo di sterminio di Gaza e dalla violenza della pulizia etnica in corso in Cisgiordania. È ciò a cui abbiamo assistito negli ultimi 20 mesi, sebbene sia una storia molto più lunga. Tuttavia, questo laboratorio, apparentemente distante dalla nostra vita quotidiana, situato su una piccola striscia di terra nel sud-ovest dell’Asia, si è profondamente infiltrato anche nel nostro ordine politico. Anche noi siamo diventati parte di questo laboratorio.
Protestare contro i massacri indiscriminati di civili e l’orgogliosa testimonianza omicida degli soldati israeliani si sta rivelando un atto criminale nella maggior parte dei Paesi occidentali. Il crimine è la protesta, non il genocidio. Il recente fracasso nel Regno unito, con la Bbc che ha cancellato due programmi su Gaza e pubblicamente censurato i gruppi musicali che suonavano al Glastonbury Festival (Kneecap e Bob Vylan) per aver chiesto di porre fine all’uccisione dei palestinesi – un appello che viene automaticamente considerato antisemita – cerca di imporre una narrazione unilaterale. A quanto pare solo Israele, con il suo «esercito morale», ha il «diritto di difendersi». Perché un esercito coloniale di occupazione abbia il diritto di difendersi contro la popolazione indigena che resiste alla colonizzazione non viene mai spiegato, se non nella retorica messianica dell’etnonazionalismo – un concetto difficilmente accettabile nel lessico moderno della democrazia politica.
Dietro a tutto questo c’è la mancata assunzione di responsabilità da parte dell’Europa per l’Olocausto. Come ha suggerito provocatoriamente di recente lo storico Ilan Pappe, nel 1945 gli Alleati avrebbero dovuto offrire una parte della Germania per il nascente Stato di Israele, invece di costringere i palestinesi a sopportarne il peso. Comunque sia, gli Stati uniti e l’Unione europea sostengono solo la versione israeliana dei fatti: il potere parla al potere. Per sostenere questo asse, che è davvero un asse del male, la protesta popolare, effettivamente motivata dai fatti sul campo e testimone dell’uccisione a sangue freddo di tutti coloro che sono nel mirino dell’Idf, sarà perseguita e porterà all’incarcerazione. Questo, per il momento, nel Regno unito, ma la recente legge sulla «sicurezza» in Italia e i preparativi in corso nella legislatura statunitense vanno tutti in questa direzione. Anche questo fa parte dell’esperimento che ci prepara a vivere in regimi autoritari.
Con l’Europa che si riarma e parla di arruolamento di massa, ci avviamo verso le coordinate della società militarizzata che domina il Medio oriente. Si inventano nemici e scenari apocalittici: la popolazione ebraica di Israele spinta nel Mediterraneo dal mondo arabo, le truppe russe che arrivano a Lisbona, l’Iran nucleare… Con l’eccezione di Irlanda, Spagna e Slovenia, non c’è alcuna reazione istituzionale a questo folle scenario di leader ubriachi di potere. E poi c’è sempre la minaccia dei migranti. In fila per attraversare il Mediterraneo, ammassati lungo il confine messicano e sbarcati sulle spiagge del Regno unito. Sembra che tutti siano disposti a seguire le allucinazioni del pifferaio magico di Washington, a tagliare le spese sociali, a pompare l’industria delle armi e a far crescere l’economia americana.
Nel frattempo, la protesta viene classificata come terrorismo. Abbiamo governi in tutta Europa, dall’estrema destra al centrosinistra, che sono tutti chiaramente complici del genocidio nelle loro parole e nelle loro azioni, nel loro sostegno al terrorismo dello Stato israeliano. Mentre l’appoggio incondizionato alla distruzione deliberata di Gaza – il «lavoro sporco» per conto dell’Occidente secondo il cancelliere tedesco – ha chiaramente annullato le pretese di superiorità morale dell’Occidente di fronte al resto del mondo, la repressione politica e la censura culturale della protesta per ciò che sta realmente accadendo in Palestina sono tornate a rivelare la rovina della democrazia proprio nel cuore dell’Occidente. Qui i governi sono impegnati ad approvare misure e legislazioni autoritarie e anticostituzionali, e a prendere tutti i provvedimenti necessari per fermare delle proteste per i palestinesi di avere il diritto di aver diritti. Israele non ha semplicemente dimostrato tutti i limiti della parabola del «progresso» occidentale, ma ha stabilito anche le condizioni per smantellare la sua impalcatura politica liberale e schiacciare la libertà di parola. Quanto ho appena detto sarà certamente accusato di antisemitismo. Ma a questo punto non ha più importanza.
Qualsiasi pedagogia critica che avrebbe potuto trarre profonde lezioni storiche e politiche dalla Shoah e dalla costituzione coloniale del presente è ora in completo disfacimento. Messo a tacere nelle mute torri del potere.
E così arriviamo alla politica della cultura popolare, in cui le pop star richiamano le ipocrisie politiche: ormai tocca a loro farci da bussola morale.
Riccardo Gullotta - 2025/7/17 - 11:22
Di che cosa si fa questa signora lo lascio decidere a voi
https://youtu.be/UCMViztPzFM?si=zfPuYE...
P.r. - 2025/7/27 - 08:42
Sono troppe le omissioni e le deduzioni speciose, per cui ci asteniamo da osservazioni di merito.
Ci permettiamo soltanto una sola nota , di metodo: nei pezzi della giornalista Nirenstein non si riscontra mai un pallido tentativo di cogliere qualche scampolo di verità nelle tesi avversarie. Di aggettivi tanti, ma non si trovano mai cifre e fonti terze.
Corrispondenza di Fiamma Nirenstein del 30/07/2025 per Radio Radicale
Diciamo che Israele è molto concentrato sia sulla maniera in cui la guerra deve essere proseguita, nel senso che non rinuncia ai suoi obiettivi, ma li modula. E quindi è un incontro continuo anche del Gabinetto di sicurezza. E come si è visto dal fatto che è stata incrementata parecchio l'ingresso degli aiuti umanitari in maniere diverse. Questo è il punto fondamentale, perché non è la quantità, questo è molto importante capirlo, non è la quantità che è aumentata. La quantità era già sufficiente a sfamare Gaza, questa è la cosa che tutte le fonti attendibili hanno ripetuto. Era quella anche che attendeva sui confini nei camion, ma che l’Onu spinto da Hamas impediva che entrasse. Il fatto che vengono paracadutati sia da Israele dall'Egitto e che vengono stabilite delle ore di tregua in cui questo cibo può essere raccolto e distribuito, senza tuttavia togliere alle agenzie internazionali, specialmente quella americana che aveva distribuito due milioni di pasti, quindi non aveva affatto fallito, come hanno scritto, per 2 milioni di pasti al giorno, insomma tanta roba. Ecco tutto questo viene rimesso insieme, ridiscusso nel mentre che si cerca di capire come fare ad andare avanti.
E la domanda del come fare ad andare avanti è certamente particolarmente legata alla politica americana perché Trump dà visibili segni di quello che è sempre stata la sua linea fin dall'inizio, cioè vuol vedere questa guerra concludersi. Lui la vuol veder concludere in un modo o nell'altro, Israele la vuole vedere concludere con il ritorno dei rapiti. E anche con la conclusione del potere di Hamas. La cosa è complicata, però insomma se ne parla in vari modi. L'ipotesi che è stata sollevata dell'occupazione di Gaza è stata negata da parecchi membri del Gabinetto, da ministri interni al Gabinetto. Ed è anche ovvio che sia così, ci vorrebbero delle forze che in questo momento peraltro, anche,diciamo, guardando da questo punto di vista, non sarebbero disponibili. E quindi, diciamo, l'ipotesi che invece viene lanciata con grandi punti esclamativi per dire “Israele occupation, occupation !”, Israele è grande occupante, fino a questo momento l'idea dell'annessione che è stata ribadita… Certo ci sono quelli che la sostengono politicamente perché sono di destra, però questi al momento sono isolati. Quindi è inutile che come una canzoncina si seguiti a ripetere “Smotrich, Ben Gvir, Smotrich, Ben Gvir, Smotrich, Ben Gvir”. Sono due, non hanno la maggioranza, al contrario minacciano sempre di uscire dal governo. Lasciamo quindi per un attimo questo, speriamo che nelle prossime ore ci vengano delle risposte, perché tutto Israele le aspetta con molta ansia.
Diciamo invece che ieri il segnale venuto dall'Italia dell'accoglienza che, credo, continui anche oggi della propagandista antisemita Albanese nelle stanze del Parlamento italiano è certamente, diciamo, un incitamento a quelli che poi un bambino di 6 anni e suo padre li buttano per terra in un autogrill. Questo per sintetizzare molto il fatto che le istituzioni alle volte si muovono in maniera veramente molto molto poco sensata a fronte di un’ondata di antisemitismo che è dappertutto. Così anche i giornali.
Un'altra cosa molto importante da citare è questo: dopo giorni e giorni in cui veniva ripetuto che il bambino che era stato mostrato a tutta pagina dal New York Times e poi da tutti i giornali italiani come un esempio della malnutrizione indotta dal cattivo comportamento di quei cattivoni degli israeliani era un bambino, poverino Dio lo protegga, molto malato, portato in Italia mesi fa per curare una sua gravissima malattia, il New York Times ha ammesso la sua menzogna, dice di aver sbagliato. Non era un errore, era una menzogna. Però questa smentita che c'è ora sul NYT non appare sulle pagine stampate, appare soltanto sul suo sito. E anche questo è una chiara indicazione del fatto che quando si tratta di smentire le decine, le migliaia di informazioni fake su Israele non si ritorna in realtà mai indietro. Non quando si dice che gli israeliani sparano in testa ai bambini. E anzi ieri la Albanese anche in Italia ha ripetuto alcune delle sue menzogne più spaventose fra cui quella che gli Israeliani sparano, volutamente sottointeso, alla testa e ai genitali dei bambini, che è una delle cose più orribili e perverse che io che mai sentito dire, attribuire ai soldati israeliani, una follia.
Detto questo è una follia anche tutta la discussione che spinge Hamas a non fare un accordo con Israele relativo alla cacciata di Israele da Horizon che però non passa. Mi sembra che non passi, è solo l'Olanda per ora che vuole tagliare il suo miliardo dalle startup la tecnologia in comune di cui molto si avvantaggiava nel rapporto con Israele. Mi pare che gli altri stati non ci stanno per niente. E mi pare che anche l’Onu, benché certamente, diciamo così, due terzi degli Stati che siedono nel suo consesso siano pronti sempre ad andare contro Israele, Macron ora ha difficoltà a portare avanti la proposta, una proposta quella di due stati per due popoli che certamente non si è inventato lui ora. È una proposta di lunghissima durata la quale ha ceduto nel corso degli anni di fronte 1) ai rifiuti dei palestinesi stessi che non puntano allo stato ma alla distruzione dello Stato di Israele 2) di fronte a tutta una serie di condizioni basilari, tipo: sarebbe uno stato demilitarizzato? sarebbe uno stato democratico? sarebbe uno stato che rinuncia a dare lo stipendio ai terroristi come ha fatto finora l'Autorità Palestinese? sarebbe uno stato in cui Hamas non fa parte del governo.
Siccome non ci sono tutte queste risposte, Chiunque abbia il cervello nella testa capisce che adesso proporre uno stato palestinese è una cosa che ha soltanto odore di sostegno a Hamas e terrorismo. E quindi mi sembra che sia una proposta che anche se Starmer per minacciare Israele la appoggia, (perché così ha fatto ieri purtroppo, secondo me con un tradimento alla linea inglese) non è una cosa che ha una ragionevolezza di fondo che uno statista che abbia rispetto di sé stesso può accettare. Però siamo in queste acque e in queste acque ci vediamo a navigare.
Tappeti rossi per la Albanese. Entra nelle Camere l'odio anti-Israele
di Fiamma Nirenstein, Il Giornale, 30 luglio 2025
Dopo l’autogrill, il parlamento. Uno spintone qua, uno là, l’antisemitismo avanza. Qui un gruppo di bruti contro un padre e il suo bambino di sei anni perché indossavano la kippà; là, invece, la più alta istituzione della Repubblica italiana. La Albanese, di cui il nostro alleato americano ha descritto e provato l’antisemitismo per il quale l’ha dichiarata persona non grata richiedendo invano all’ONU di liberarsene come ricercatrice, è arrivata nella casa della democrazia e ha chiacchierato parecchio nel suo stile mostrificando gli ebrei e Israele insieme ai suoi ospiti parlamentari di sinistra: un’incoronazione. Gli appassionati di Francesca Albanese ne hanno fatto la leader del movimento antisraeliano-antiebraico. Forse una prossima eletta. È la loro zarina, persino nemica degli USA oltre che di Israele, non per le sue caratteristiche culturali, l’eloquio, la conoscenza dell’argomento, ma per l’appartenenza “tecnica” all’Onu, il grasso e grosso nemico di Israele, che perché le spara come piacciono alla gente. Siamo in piena battaglia dal 7 di ottobre. I suoi protagonisti, da Hamas all’Iran al Qatar a Erdogan fino al backstage russo cinese, sperano che ancora la grande spinta anti-israeliana e antioccidentale costringa in ginocchio Gerusalemme. Francesca Albanese fa la sua parte. Raccoglie i consensi dei più accaniti nel volere vedere affondare Israele nella melma dell’odio, ha twittato persino che i soldati israeliani sparano ai bambini in testa e nei testicoli.
È una groopy di prima fila dell’invenzione che Israele cerchi il genocidio, nel suo rapporto questa parola è citata 57 volte in 38 pagine. Ignora che Israele è impegnata in una guerra di difesa e di recupero degli ostaggi dopo la carneficina del 7 ottobre; che l’uso colossale, programmato di uno scudo umano mette in prima fila i civili in modo mai visto sopra centinaia di km di gallerie in cui soffrono gli ostaggi. La Albanese propone al parlamento italiano come il leader Ghazi Hamad che i palestinesi siano “un popolo di martiri”. Sparito l’odio, il terrorismo, le atrocità... resta il colonialismo inventato. Gli ebrei per lei, il popolo indigeno tornato dopo tanto soffrire, sono un popolo crudele. I suoi seguaci si sono moltiplicati, Macron propone all’ONU lo Stato palestinese, l’Europa vuole espellere Israele dalla ricerca scientifica: non si può proprio sopportare che gli ebrei che di fronte alle persecuzioni non hanno mai potuto difendersi, oggi combattano senza indietreggiare. Alla Camera e al Senato l’hanno invitata Laura Boldrini del PD, il deputato AVS Angelo Bonelli, Ascari di Cinque stelle... La Albanese dice cose semplici, ha molto mercato: la lobby ebraica comanda gli Stati Uniti, Israele è simile alla Germania Nazista, l’occupazione, i settler, i soldati che vanno a caccia di bambini da ammazzare sono Israele; anzi diceva ieri, l’economia di occupazione è stata trasformata in economia di genocidio. Boh. Ma Israele non ha mai perseguito il genocidio, né la fame. Ha fatto passi senza precedenti per limitare il danno ai civili: messaggi, telefonate, spostamenti, cancellazioni.
I soldati sparano solo se in pericolo o in combattimento. Si cita la fonte di Hamas nel dire che ci sono stati 58mila morti con 18mila bambini, ma sono bambini fino ai 18 anni, le famiglie denunciano più volte i loro morti, la metà del numero è fatta di combattenti: quindi la proporzione fra combattenti e civili è fra le più basse della storia e Israele ha un accumulo di migliaia e migliaia di morti per attacchi terroristi e caduti in guerra, e di suoi civili colpiti dai missili. Infine, molti esperti concordano sul fatto che la fame nasce dal fatto che Hamas ha rubato immense quantità di aiuto per i suoi scopi. Ma nella Striscia il cibo c’è, si dovrebbe distribuirlo senza che Hamas lo rubi. L’Albanese può suggerirlo e anche che, se Hamas restituisce gli ostaggi, la guerra finirebbe. Non lo dice mai.
Riccardo Gullotta - 2025/7/30 - 12:29
Me ne ricorda un'altra, nostrano simbolo fascista...
Curioso che siano proprio fascisti e post-fascisti gli unici a sostenere oggi il governo israeliano nel suo palese intento genocida verso i palestinesi.
“Per anni ho rifiutato di utilizzare questa parola: genocidio. Ma adesso non posso trattenermi dall’usarla, dopo quello che ho letto sui giornali, dopo le immagini che ho visto e dopo aver parlato con persone che sono state lì”. A parlare così, in un’intervista a Repubblica è lo scrittore israeliano David Grossman, da sempre attivo nel dibattito pubblico sulle questioni che riguardano il conflitto israelo-palestinese e in generale le guerre di Israele. In una di queste guerre Grossman ha perso un figlio di 20 anni, Uri, militare di leva nel conflitto con il Libano del 2006: fu ucciso durante un’operazione dell’Idf nel Sud la guerra in questione, è stato ucciso da un missile anticarro durante un’operazione delle forze di difesa israeliane per massimizzare quanto ottenuto contro Hezbollah poco prima della cessazione del fuoco imposto dall’Onu.
“Anche solo pronunciare questa parola, genocidio, in riferimento a Israele, al popolo ebraico: basterebbe questo, il fatto che ci sia questo accostamento, per dire che ci sta succedendo qualcosa di molto brutto – prosegue Grossman nell’intervista -. Voglio parlare come una persona che ha fatto tutto quello che poteva per non arrivare a chiamare Israele uno Stato genocida. E ora, con immenso dolore e con il cuore spezzato, devo constatare che sta accadendo di fronte ai miei occhi. Genocidio. È una parola valanga: una volta che la pronunci, non fa che crescere, come una valanga appunto. E porta ancora più distruzione e più sofferenza”.
Quanto alla possibile risoluzione di una storia che sembra senza fine Grossman si dice “disperatamente fedele all’idea dei due Stati, principalmente perché non vedo alternative”. “Sarà complesso – prosegue – e sia noi che i palestinesi dovremo comportarci in modo politicamente maturo di fronte agli attacchi che sicuramente ci saranno. Ma non c’è un altro piano”.
C’è poi l’iniziativa internazionale che molti Paesi stanno prendendo come metodo diplomatico di pressione: il riconoscimento dello Stato palestinese. “Credo sia una buona idea e non capisco l’isteria che l’ha accolta qui in Israele. Magari avere a che fare con uno Stato vero, con obblighi reali, non con un’entità ambigua come l’Autorità palestinese, avrà i suoi vantaggi. È chiaro che dovranno esserci condizioni ben precise: niente armi. E la garanzia di elezioni trasparenti da cui sia bandito chiunque pensa di usare la violenza contro Israele“.
La cosa peggiore di tutte è creder davvero che le parole di Grossman siano parole di sostegno alla Palestina.
Forse era meglio continuare a far finta di niente.
Non penso che le voci degli (son più d’uno) intellettuali che hanno fatto tana libera tutti dopo le parole di Grossman (cerchiobottiste e che non riescono a non trasudare sionismo) avrebbero cambiato il corso della storia politica degli ultimi due anni: pensarlo significherebbe apporre verticalità a movimenti orizzontali che capi non ne hanno. Smettiamo di rifarci a idoli, iniziamo a pensare a collettività.
Penso però che con l’appoggio delle voci intellettuali che sono rimaste sapientemente in silenzio fino al via libera si sarebbero evitate molte, moltissime cose.
Si sarebbero potuti evitare due anni di feroce caccia all’uomo da parte di direttori, colleghi, organizzatori di festival, luminari della cultura e amici politicanti nei confronti di chiunque manifestasse solidarietà al popolo palestinese.
Queste persone prese di mira sono state denunciate con falsità, perseguitate sul luogo di lavoro, perquisite con accuse di terrorismo, alcuni di noi sono stati segnalati da suddetti gruppi sionisti e siamo finiti in rapporti dell’antimafia (!!) derubricati come “criminali urbani per attivismo pro Palestina”, alcune voci sono state minacciate di morte in chat stracolme di altri intellettuali a cui stringete la mano, con cui condividete gli spazi.
Si sarebbero evitati, se solo si fosse avuto un po’ di coraggio o un po’ di empatia, gli attacchi terribili a Francesca Albanese, che a lungo si è trovata sola con la politica contro e la cultura muta.
Si potevano supportare le voci delle giornaliste e dei giornalisti palestinesi, trucidati e minacciati.
Si poteva tutelare il pensiero democratico, tanto caro agli intellettuali, mentre si assisteva muti a una censura pressoché totale.
Censura che scotta tantissimo quando capita a noi ma non ci tocca poi molto quando è un intero popolo a subirla.
Si poteva tutelare la voce incredibile degli universitari e delle universitarie. Voce che si è distinta nonostante la repressione feroce e spesso, troppo spesso, sanguinosa.
Si sarebbe potuto intervistare che so, magari anche per sbaglio, una voce dei Giovani Palestinesi.
Ma no, lo spazio è rimasto compatto, chiuso, elitario.
Si poteva parlare prima, così che il femminismo non si prendesse per due anni accuse di terrorismo.
Si poteva ragionare come collettività.
Si poteva esercitare l’empatia.
Ci si poteva battere per i principi umani e democratici tanto osannati per ogni unghia incarnita, ma che non valgono davanti a 75 anni di spietato genocidio che da due anni è diventato se possibile ancor più sanguinoso.
Se permettete il francesismo, cari colleghi, di Grossman ce ne sbattiamo ampiamente il cazzo.
No via scusate non me la tengo e devo aggiungere una cosa
Legittimare l’uso del termine genocidio solo dopo che è stato un israeliano a permetterlo è un po’ come dire “ok raga ora possiamo usare il termine patriarcato perché ce lo ha detto anche un uomo che è corretto. E se lo dice perfino un uomo…”.
Dopo aver ignorato un secolo di gender studies, antropologia, sociologia, analisi storica, psicologia, etnografia.
(Suggerimento: esistono molte scrittrici e molti scrittori palestinesi eccezionali, prossima volta citare il loro lavoro o intervistarli potrebbe essere una mossa intelligente).
Ezio Mauro su Repubblica:
Tocca a Grossman.
Tocca a Grossman la sofferenza di “superare la guerra” (??) e dire la parola genocidio. Sono anni che quella parola viene ripetuta incessantemente da un popolo intero, società civile, organismi sovranazionali, ong, missioni umanitarie, movimenti, esponenti politici, giornalisti, superstiti, interi governi, intellettuali e tribunali internazionali.
Ma forse non avevamo capito noi, forse ha valore solo se a pronunciarla è chi ha il passaporto israeliano.
(Se leggo ancora “diritto alla difesa” rischio l’aneurisma)
Quella a cui stiamo assistendo in questi mesi (anni) non è solo la crisi del neoliberismo applicata alla cultura.
È la crisi di una generazione intellettuale non più in grado di leggere il mondo e la sua crudezza, la sua velocità, la sua urgenza.
È la crisi che nasce anche da un ovvio conflitto di interessi, da una necessità di salvaguardare un potere elitario, ristretto, coeso, quasi si parlasse di un clan.
E in questo assetto mondiale violento, capitanato da ignavia, abuso e prepotenza, non rimane altro valore che l’impagabile libertà della coerenza. Valore che non cede alla compravendita. O ai like. O alle classifiche dei libri.
Ma più si è potenti e meno coerenza rimane. Perfino agli intellettuali, che ne dovrebbero invece fare virtù.
Che questo ci insegni a non avere mai più idoli.
“Non siamo content creator”
diranno.
“La velocità non è affare d’intelletto”.
“Ci vuole il tempo per giudicare con profondità le cose”.
Son cazzate per fare gatekeeping, lo sapete, sì?
Lorenzo Masetti - 2025/8/3 - 11:59
Ieri al camera dei deputati Francesca Albanese ha raccontato l'effetto delle sanzioni che hanno colpito lei come relatrice ONU ed altri 9 giudici della Corte penale internazionale.
Neppure Banca etica, presente col suo presidente, è in grado di accogliere la sua richiesta di aprire un conto corrente, la sanzione americana può essere contestata e resa inapplicabile dalla commissione europea o dal governo italiano ma entrambi balbettano. I legami tra le banche internazionali e lo stile mafioso di Trump intimidiscono governi e istituzioni democratiche. Allego il video della relazione
P.r. - 2025/9/5 - 07:43
Sottoscrivo ogni parola della lettera di Roberta De Monticelli
De Monticelli, lettera a Francesca Albanese: "La tua voce rappresenta gli oppressi"
P.r. - 2025/12/5 - 09:28
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Parole / Lyrics / Paroles / Sanat: Paolo Rizzi
Brano dedicato a Francesca Albanese relatrice speciale ONU per i diritti umani nei territori occupati, autrice del libro J'ACCUSE.
La verità prima di tutto è l’inizio del più famoso J’Accuse della storia moderna, quello di Émile Zola. La verità prima di tutto è anche il movente che ispira questo J’Accuse, che raccoglie la testimonianza della Relatrice speciale Onu sui territori palestinesi occupati da Israele dal 1967. Questo libro non nasce come un instant book. Prima degli attacchi del 7 ottobre 2023 – in un momento in cui l’attenzione mediatica sulla situazione in Israele e nei territori palestinesi occupati era prossima allo zero – J’Accuse voleva essere anzitutto uno strumento per comunicare ai lettori l’urgenza di un tema che non poteva essere ignorato. Attraverso il prezioso lavoro svolto da Francesca Albanese e confluito in tre Rapporti internazionali – presentati rispettivamente nell’ottobre 2022, nel luglio e nell’ottobre 2023 – era possibile documentare in maniera incontestabile l’affermarsi di una condizione di apartheid e di un’occupazione neocoloniale con migliaia di vittime. Questo fatto doveva essere portato all’attenzione del grande pubblico. Dopo il brutale e intollerabile attacco di Hamas, e dopo la guerra conseguente su Gaza, l’attenzione mediatica su Israele e Palestina è diventata massima, eppure resta impantanata in contrapposizioni fuorvianti (se critichi Israele stai con i terroristi; se porti l’attenzione sull’occupazione stai giustificando Hamas…), che impediscono la comprensione di una storia che non comincia il 7 ottobre. Il J’Accuse di Francesca Albanese non è l’intervento di parte di un’attivista ma è il contributo di una donna che svolge da anni un incarico di alto profilo istituzionale e che può aiutarci a vedere e a capire ciò che non vediamo. L’ampio saggio di Roberta De Monticelli che chiude il libro offre inoltre una visione profonda dei temi che questo conflitto ha messo in luce.
Link alla versione in italiano
English version
Analisi del Rapporto sul Genocidio
VIOLENZA EPISTEMICA: Alcune precisazioni
Roberta De Monticelli autrice della postfazione al libro “J’Accuse di Francesca Albanese e autrice del libro Umanità violata analizza e la “Violenza epistemica”
pag 209 e 217 del libro
Termini come “disumanizzazione”, “occupazione”, “colonialismo”, “aparheid” sono fra i tabù che da troppo tempo hanno delimitato il dicibile e l’indicibile, e ciascuno di essi, per non parlare di “pulizia etnica” ha sollevato non soltanto proteste e contro-argomentazioni, il che sarebbe parte della vita, della ragione, ma censura, diffamazione, denigrazione, calunnia e altre tecniche di “Silencing” e VIOLENZA EPISTEMICA nei confronti di chi queste parole introduceva nel dibattito pubblico. Oggi esse, accanto ad altre come “terrorismo”, “democrazia”, “carceralità”, offrono con gli altrettanti capitoli di quel piccolo libro , J’Accuse, una sorta di glossario della ragione pratica talmente accessibile a tutti…
l’informazione alimenta una sorte di VILENZA EPISTEMICA affinché si ignorino i fatti, così da essere indotti a tacere. VIOLENZA EPISTEMICA è anche corruzione del linguaggio, e spetta a noi ripulirlo dalle fuorvianti, spesso false, interpretazioni che fanno di ogni critica un atto di antisemitismo. Non giustifichiamo il 7 ottobre, come non giustifichiamo quello che Israele ha fatto prima ai palestinesi e quello che sta facendo ora a Gaza come vendetta”.
LA VIOLENZA EPISTEMICA che si è scatenata, a partire dalla leadership israeliana ma con l’appoggio di quasi tutti i media “occidentali” contro i vertici dell’ONU non va dimenticata.. quando il rappresentante israeliano all’ONU Gilad Erdan ha chiesto le dimissioni di Guterres.