Usciron la mattina, le borse ed i panini,
Le scarpe di lavoro, un bacio ai bambini
Febbraio e c’era il sole, cantiere già avviato
Per costruire un altro mostro, un supermercato.
Quel giorno nel quartiere era tutto normale,
Veniva su tranquillo il centro commerciale,
Si sentì un gran fracasso, la trave era crollata
E là sotto, la vita era rimasta già schiacciata.
Eran cinque operai sepolti nell’inverno,
Sepolti nella notte, sepolti in quell’inferno;
Si risvegliaron tutti ai loro funerali,
Ma chiusi nelle bare in mezzo ai riti ufficiali.
Poi furono calati in una fredda fossa,
Quel che ne restava, poltiglia, carne e ossa;
E si sentì una voce: “Compagni massacrati,
Siete nella Repubblica dei Morti Ammazzati.”
E là in tante fosse, tra sabbia, sassi e terra
Stavano tutti in fila quei morti nella guerra,
Uomini e donne che avevan lavorato
Si alzarono cantando, e dalla terra un boato:
Le scarpe di lavoro, un bacio ai bambini
Febbraio e c’era il sole, cantiere già avviato
Per costruire un altro mostro, un supermercato.
Quel giorno nel quartiere era tutto normale,
Veniva su tranquillo il centro commerciale,
Si sentì un gran fracasso, la trave era crollata
E là sotto, la vita era rimasta già schiacciata.
Eran cinque operai sepolti nell’inverno,
Sepolti nella notte, sepolti in quell’inferno;
Si risvegliaron tutti ai loro funerali,
Ma chiusi nelle bare in mezzo ai riti ufficiali.
Poi furono calati in una fredda fossa,
Quel che ne restava, poltiglia, carne e ossa;
E si sentì una voce: “Compagni massacrati,
Siete nella Repubblica dei Morti Ammazzati.”
E là in tante fosse, tra sabbia, sassi e terra
Stavano tutti in fila quei morti nella guerra,
Uomini e donne che avevan lavorato
Si alzarono cantando, e dalla terra un boato:
“Siam morti come voi in fabbriche e cantieri,
Caduti dai ponteggi, precari dei mestieri,
Siamo duemila all’anno, la lista è troppo lunga,
Per dei laminatoi, delle facciate o l’Esselunga.
E siamo noi che ci mandano a crepare
Per salari da fame, e portati a sotterrare
E poi parole vuote, imam, preti e famiglie
Che piangono su irriconoscibili poltiglie.
Ora vogliam vendetta, è il nostro grido forte,
Amaro come amara fu la nostra orrenda morte,
Un grido che risuona tra attrezzi e macchinari,
Un grido di vendetta secco come degli spari.
Un grido di lotta che per sempre risuoni:
Abbatti il capitale, abbattere i padroni!
E dalle nostre fosse noi ci alzeremo e poi
Cantando lotteremo e vinceremo assieme a voi.”
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