Language   

Canzone per un ergastolano

Carmelo Musumeci
Language: Italian


Carmelo Musumeci

List of versions


Related Songs

Asunna
(Marco Chiavistrelli)
Carceri speciali
(Tupamaros)
Où sans vieillir
(Hélène Martin)


[2021]
Testo / Lyrics / Paroles / Sanat:
Carmelo Musumeci

Musica / Music / Musique / Sävel:
Marco Chiavistrelli

Interpreti / Performed by / Interprétée par / Laulavat:
Marco Chiavistrelli


[[https://i0.wp.com/www.linkiesta.it/wp-content/uploads/2020/02/f653cad0-9a63-4a15-a936-4076f6b96583_large.jpg?fit=1200%2C834&ssl=1 |]]

Morti in carcere in Italia nel 2022 sino ad oggi 5 Agosto: 93
I suicidi sono 45.

Da Il Dubbio di Damiano Aliprandi, edizione 5 Agosto 2022

Carmelo Musumeci è finalmente libero. Parliamo di uno dei rarissimi casi di ergastolano ostativo che ha ricevuto la piena libertà dopo un lungo percorso, tortuoso, che l’ha portato a ottenere prima la libertà condizionale, infine l’estinzione della pena grazie all’ordinanza del tribunale di Sorveglianza di Perugia. Ma come ci spiegherà, è una eccezione che conferma la regola.
Non solo. Ora è pronto a chiedere la revisione del processo. Ha commesso diversi crimini che mai ha nascosto, ma è stato condannato per un omicidio avvenuto nel 1991 nella località di Massa Carrara che lui dice di non aver commesso. Dietro c’è una vicenda che è da ricercare nel connubio tra l’allora boss mafioso Antonino Buscemi e la società calcestruzzi Ferruzzi Gardini che operava nelle cave di Carrara. Una vicenda che si ricollega alle indagini degli ex Ros di Palermo coordinate da Giovanni Falcone. Indagini che dettero vita allo scottante dossier mafia-appalti, poi attenzionato anche da Paolo Borsellino. Ma questa è una storia che prossimamente si dovrà affrontare

Musumeci, lei è stato uno dei primi a definire l’ergastolo ostativo, una “pena senza fine”. Ma tre anni fa è riuscito a ottenere la liberazione condizionale e ora la libertà.

Per trent’anni sono stato un condannato alla “pena di morte viva”: così gli uomini ombra chiamano la pena dell’ergastolo ostativo. Per più di un quarto di secolo la mia vita è stata una non-vita perché gli ergastolani ostativi non vivono, ma sopravvivono ed è terribile non essere né vivi né morti. L’ergastolo ostativo è una pena senza fine, senza nessuna possibilità di liberazione, a meno che al tuo posto in cella non ci metti qualcun altro. In altre parole, se parli e confessi puoi uscire, altrimenti stai dentro fino all’ultimo dei tuoi giorni, come nel Medioevo. La nostra pena assomiglia a una morte al rallentatore, bevuta a gocce perché moriamo un po’ tutti i giorni e tutti le notti. Se a me non è capitato è perché sono l’eccezione che conferma la regola e con l’estinzione della mia pena da parte del Tribunale di Sorveglianza di Perugia continuo ad esserlo ancora.

Ha sempre detto che fin da giovanissimo è sempre stato in guerra contro il mondo. Perché?

Potrei giustificarmi affermando che sono diventato un criminale perché mentre molte persone perbene sono nate fra pasticcini e biscotti, io sono nato in una casa dove non c’erano libri (probabilmente perché non erano buoni da mangiare). Potrei giustificarmi dicendo che sono stato quello che sono potuto essere e non quello che avrei voluto essere. Potrei dare la colpa delle mie scelte criminali alla mia infanzia infelice o alle botte che ho preso prima in collegio dalle suore e dai preti e subito dopo nelle carceri minorili (a soli quindici anni sono stato legato al letto di contenzione per sette giorni). Io, però, preferisco non darmi nessuna attenuante perché, come dico spesso: “sono nato colpevole poi io ci ho messo del mio per diventarlo”.

In “Zanna Blu. Le nuove avventure”, uno dei suoi primi libri, scrive che “più che amare Dio, bisogna amare i lupi, anche quelli più cattivi, perché se tu credi che un lupo non sia mai perduto per sempre, lo stai già aiutando a essere migliore”. Parla di quello che è accaduto anche a lei durante la carcerazione?

È il libro che amo più di tutti perché sono i racconti che non ho mai potuto raccontare ai miei figli prima e dopo ai miei nipoti. Se mi limitassi a guardare solo carcere, posso dire che non solo mi ha peggiorato, ma mi ha anche fatto tanto male. Ciò che mi ha migliorato e cambiato non è stato certo il carcere, ma l’amore della mia compagna, dei miei due figli, le relazioni sociali e umane che in tutti questi anni mi sono creato, insieme alla lettura di migliaia di libri di cui mi sono sempre circondato, anche nei momenti di privazione assoluta.

Lei è nato in Sicilia, ma è vissuto altrove. Faceva parte di una banda, ma che nulla aveva a che fare con Cosa nostra. Forse l’ha aiutata il fatto che era un ribelle? Quanto questa sua indole si è scontrata con l’istituzione carceraria e, soprattutto, con i boss mafiosi reclusi?

Mi sono sempre considerato un “Senza Dio”. E mi sono spesso definito un ribelle sociale. Ho sempre detto di no a tutti. A volte anche a me stesso. Sia fuori che dentro ho sempre detto di no alla mafia e alla loro cultura. Spesso mi sono anche scontrato con loro in carcere perché storcevano il naso che lottavo e scrivevo per l’applicazione dei miei diritti e di quelli dei miei compagni. Dentro mi sono sempre trovato tra questi due fuochi: lo Stato e la mafia, tutti e due volevano domarmi, non credo che ci siano riusciti. I periodi migliori in carcere li ho passati coi brigatisti: avevano cultura e umanità. Loro il carcere dell’Asinara l’avevano distrutto, nel 1978, perché sapevano unirsi e lottare. Molti mafiosi, invece, non vogliono o non lo sanno fare.

Alla fine è riuscito a diventare portavoce della disperazione. Oserei dire “Spes contra Spem”. Da avere speranza, lei è riuscito a essere la speranza. Ne è consapevole?

Non lo so. L’ergastolano se vuole vivere più serenamente deve sperare di morire prima del tempo io invece ho scelto di vivere e lottare.

Facciamo un passo indietro. Lei nel 1991 è stato condannato all’ergastolo ostativo. Dopo le stragi di mafia, sono state riaperte le carceri speciali ed è stato trasferito all’Asinara. Ha subito torture anche lei?

E chi è che non le ha subite? Dopo i primi giorni avvenne il primo pestaggio: quando si usciva all’aria gli sgherri erano tutti allineati con i manganelli tra le mani. Un compagno anziano, lento nei movimenti, rimasto indietro, venne preso a calci, pugni e manganellate. Sentivamo urla strazianti. Al ritorno vedemmo tutto il sangue sparso nel corridoio, ma noi eravamo troppo impauriti per potergli dare la nostra solidarietà. E quella nostra debolezza fu l’inizio della fine, perché fatti del genere in seguito si ripeterono sovente. In quel periodo imparai a conoscermi, a crescere dentro, scoprii che lo Stato era peggiore di quel che credevo: mi faceva conoscere privazioni, torture e patimenti, nell’assenza totale di legalità, giustizia e umanità. In quella maledetta isola persino i gabbiani erano infelici per quello che vedevano. Forse per questo da quel lager in un anno uscirono 42 collaboratori di giustizia.

Ha sempre detto di essere stato “cattivo” e ha commesso gravi sbagli nella vita. Ha scontato l’ergastolo ostativo, un lungo periodo di 41 bis e torture nelle carceri speciali. Ha commesso davvero il crimine per il quale lei è stato condannato?

C’è grande differenza fra la verità vera e quella processuale. Specialmente nei processi di mafia sovente vieni condannato per sentito dire o a causa di collaboratori che usano la giustizia per uscire dal carcere. Spesso vieni condannato perché sei culturalmente mafioso e non perché sei colpevole del reato di cui sei accusato. Nel mio caso sono stato assolto per dei reati che ho fatto e condannato all’ergastolo per un omicidio che non ho commesso. Non lo dico io ma un famoso pentito di mafia (Angelo Siino, scomparso recentemente e definito “ministro dei lavori pubblici di Totò Riina”, ndr), con delle dichiarazioni fatte alla Procura di Palermo: mi scagiona per questo omicidio, ma purtroppo queste dichiarazioni prima sono state segretate e poi sono sparite. Adesso che sono un uomo libero, per amore di verità, chiederò la revisione. Mi sono laureato in carcere in Giurisprudenza per questo.
Il giorno prima e dopo il giorno prima ancora
Il giorno sgretolato da ogni ora
Sguardi duri volti celati riposti
Anime nascoste
Inutile giorno messo dopo l’altro
Un giorno sempre uguale dietro l’altro
Voci invisibili pensieri tristi
Anime mai viste
Anime mai viste

Il giorno prima il giorno prima ancora
Il giorno sgretolato da ogni ora
Inutile quel giorno nato morto
Un giorno sempre uguale dietro l’altro
Voci invisibili pensieri più tristi
Amori emarginati figli mai visti
Il giorno prima il giorno prima ancora
Prima ancora prima ancora
Conosciuto in ogni ora

Come spettri che si muovono nell’aria
Passi avanti tre li conto e so a memoria
Torno indietro di tre passi vuoto ancora
Indirizzo verso il nulla di ogni ora
E si muovono nell’aria come spettri
Come giovani già trasformati in vecchi
Son tre passi avanti son tre passi indietro
E li farò li rifarò

E l’ergastolano non osserva il futuro in faccia
Può contare solo il tempo che va via e basta
Il futuro l’hanno scritto e l’agonia è lenta
Che anche il colpevole rende innocente
E si muore tutti i giorni per tornare di nuovo
A morire senza fine
Questo è quello che provo

Uno strano fantasma che non riesce a morire
Può solo appassire può solo svanire
Che non ha più più niente o una vita propria
Ma solo quella cella che il suo piede arrota
Vuole stare da solo mesi contro i muri
Qualche volta lo picchiano state sicuri
Quella pena che si mangia l’anima e il corpo
Una vita da vivo con il cuore morto
E si muore tutti i giorni ogni giorno vuoto
Ogni giorno vuoto intorno ogni giorno lì

E l’ergastolo è dei vivi la vendetta
La vendetta dei più forti senza fretta
Una corsa della morte con la morte
E si muore tutti i giorni senza sosta
Per tornare ancora a morire ancora
Ogni giorno ogni tempo ogni ora
Ma lo dico e per sempre lo dirò
Oh lo dirò lo dirò
Oh lo dirò di certo lo dirò per sempre
In mano a voi il colpevole diviene innocente

Contributed by Riccardo Gullotta - 2022/8/5 - 18:48



Language: French

Version française — CHANSON POUR UN CONDAMNÉ À PERPÈTE — Marco Valdo M.I. — 2022
Chanson italienne — Canzone per un ergastolano — Carmelo Musumeci — 2021
Texte : Carmelo Musumeci — Musique : Marco Chiavistrelli
Interprétation : Marco Chiavistrelli

LE MORT JOYEUX  Edvard Munch — 1896
LE MORT JOYEUX Edvard Munch — 1896


Carmelo Musumeci est finalement libre. Nous parlons de l’un des rarissimes cas d’un condamné à perpétuité incompressible qui a obtenu la pleine liberté après un long et tortueux parcours qui l’a conduit d’abord à obtenir une libération conditionnelle, et finalement à l’extinction de sa peine grâce à l’ordonnance du Tribunal de surveillance de Pérouse. Mais comme il l’explique, il est une exception qui confirme la règle. Pas seulement ça. Il est maintenant prêt à demander la révision du procès. Il a commis plusieurs crimes qu’il n’a jamais cachés, mais a été reconnu coupable d’un meurtre à Massa Carrara en 1991 qu’il dit ne pas avoir commis. Derrière se cache une affaire entre le chef de la mafia de l’époque, Antonino Buscemi, et l’entreprise de béton Ferruzzi Gardini qui exploitait les carrières de Carrare. Cette affaire est liée aux enquêtes de l’ancien Ros (Regroupement Opérationnel Spécial — département spécialisé des Carabinieri, spécialisé dans la lutte contre la mafia et le terrorisme) de Palerme coordonnées par Giovanni Falcone. Des enquêtes qui ont donné lieu au brûlant dossier des contrats mafieux, sur lequel Paolo Borsellino a également enquêté par la suite. Mais c’est une histoire qu’il faudra un jour affronter

Musumeci, vous avez été l’un des premiers à définir l’emprisonnement à vie incompressible, une « peine sans fin ». Mais il y a trois ans, vous avez réussi à obtenir une libération conditionnelle et maintenant la liberté.

Pendant trente ans, j’ai été un condamné à la « peine de mort vivante » : c’est ainsi que les hommes de l’ombre appellent la punition de l’emprisonnement à vie incompressible. Pendant plus d’un quart de siècle, ma vie a été une non-vie, car les prisonniers à la peine à vie incompressible ne vivent pas, ils survivent et il est terrible de n’être ni vivant ni mort. L’emprisonnement à vie est une peine sans fin, sans possibilité de libération, sauf si vous mettez quelqu’un d’autre à votre place dans la cellule. En d’autres termes, si vous parlez et vous confessez, vous pouvez sortir, sinon vous restez à l’intérieur jusqu’à la fin de vos jours, comme au Moyen Âge. Notre punition ressemble à une mort au ralenti, bue goutte à goutte, car nous mourons un peu tous les jours et toutes les nuits. Si cela ne m’est pas arrivé, c’est parce que je suis l’exception qui confirme la règle et avec l’extinction de ma peine par le Tribunal de Surveillance de Pérouse je continue à l’être encore.

Vous avez toujours dit que depuis son plus jeune âge, vous étiez en guerre contre le monde. Pourquoi ?

Je pourrais me justifier en disant que je suis devenu un criminel parce que, alors que beaucoup de gens honnêtes sont nés parmi les pâtisseries et les biscuits, je suis né dans une maison où il n’y avait pas de livres (probablement parce qu’ils n’étaient pas bons à manger). Je pourrais me justifier en disant que j’étais ce que je pouvais être et non ce que je voulais être. Je pourrais attribuer mes choix criminels à mon enfance malheureuse ou aux coups que j’ai reçus au pensionnat de la part des religieuses et des prêtres, puis en détention juvénile (alors que je n’avais que quinze ans, j’ai été attaché à un lit de contention pendant sept jours). Je préfère toutefois ne me donner aucune circonstance atténuante car, comme je le dis souvent : « Je suis né coupable ; puis j’y ai mis du mien pour le devenir. »

Dans “Zanna Blu. Le nuove avventure”, l’un de ses premiers livres, il écrit que « plus que d’aimer Dieu, il faut aimer les loups, même les plus méchants, car si vous croyez qu’un loup n’est jamais perdu pour toujours, vous l’aidez déjà à devenir meilleur ». Parlez-vous de ce qui vous est arrivé pendant votre emprisonnement ?

C’est le livre que j’aime le plus, car ce sont les histoires que je n’ai jamais pu raconter à mes enfants avant et plus tard à mes petits-enfants. Si je me limite à regarder la prison, je peux dire qu’elle m’a rendu pire, mais qu’elle m’a aussi beaucoup blessé. Ce qui m’a amélioré et m’a changé n’est certainement pas la prison, mais l’amour de ma compagne, de mes deux enfants, les relations sociales et humaines que j’ai créées pendant toutes ces années, ainsi que la lecture de milliers de livres dont je me suis toujours entouré, même dans les moments de privation absolue.

Vous êtes né en Sicile mais avez vécu ailleurs. Vous faisiez partie d’une bande, mais qui n’avait rien à voir avec Cosa Nostra. Peut-être que le fait que vous soyez un rebelle vous a aidé ? Dans quelle mesure votre tempérament s’est heurté à l’institution carcérale et, surtout, aux chefs mafieux emprisonnés ?

Je me suis toujours considéré comme un « sans Dieu ». Et je me suis souvent qualifié de rebelle social. J’ai toujours dit non à tous. Parfois même à moi-même. À l’extérieur comme à l’intérieur, j’ai toujours dit non à la mafia et à leur culture. Je me suis aussi souvent heurté à eux en prison ça les dérangeait que je me batte et que j’écrive pour faire respecter mes droits et ceux de mes camarades. À l’intérieur, je me suis toujours trouvé entre ces deux feux : l’État et la mafia, tous deux voulaient me dompter, je ne pense pas qu’ils aient réussi. J’ai passé les meilleurs moments en prison avec les Brigadistes : ils avaient de la culture et de l’humanité. Eux, ils avaient détruit la prison de l’Asinara, en 1978, parce qu’ils savaient s’unir et se battre. En revanche, de nombreux mafiosi ne veulent pas ou ne savent pas le faire.

À la fin, vous avez réussi à devenir porte-parole du désespoir. J’ose dire « Spes contra Spem ». D’avoir de l’espoir, vous avez réussi à être l’espoir. Vous en êtes conscient ?

Je ne sais pas. Le condamné à perpétuité, s’il veut vivre plus sereinement, doit espérer mourir avant la fin de son temps, au contraire, j’ai choisi de vivre et de lutter.

Faisons un pas en arrière. En 1991, vous avez été condamné à la prison à vie incompressible. Après les massacres de la mafia, les prisons spéciales ont été rouvertes et vous avez été transféré à l’Asinara. Avez-vous vous aussi subi des tortures ?

Et qui ne les a pas subies ? Après les premiers jours est venu le premier passage à tabac : lorsque nous sommes sortis à l’air libre, les gardes étaient tous alignés, matraque à la main. Un camarade âgé, lent dans ses mouvements, resté en arrière, a reçu des coups de pied, des coups de poing et des coups de matraque. Nous entendions des cris déchirants. À notre retour, nous avons vu tout le sang répandu dans le couloir, mais nous étions trop effrayés pour lui donner notre solidarité. Et cette faiblesse de notre part a été le début de la fin, car des événements comme celui-ci se sont souvent répétés par la suite. À cette époque, j’ai appris à me connaître, à grandir intérieurement, j’ai découvert que l’État était pire que je ne le pensais : il m’a fait connaître des privations, des tortures et des souffrances, dans l’absence totale de légalité, de justice et d’humanité. Sur cette île maudite, même les mouettes étaient mécontentes de ce qu’elles voyaient. C’est peut-être pour cela que sont sortis de ce lager en un an 42 collaborateurs de justice.

Vous avez toujours dit que vous étiez “mauvais” et que vous avez fait de graves erreurs dans la vie. Vous avez purgé une peine de prison à vie, une longue période de 41 bis et de torture dans des prisons spéciales. Avez-vous vraiment commis le crime pour lequel vous avez été condamné ?

Il y a une grande différence entre la vérité vraie et celle de la procédure. Spécialement dans les procès de la mafia, vous êtes souvent condamné sur la base d’ouï-dire ou à cause de collaborateurs qui utilisent la justice pour sortir de prison. Vous êtes souvent condamné parce que vous êtes culturellement mafieux et non parce que vous êtes coupable du crime dont vous êtes accusé. Dans mon cas, j’ai été acquitté pour des crimes que j’ai commis et condamné à la prison à vie pour un meurtre que je n’ai pas commis. Ce n’est pas moi qui l’ai dit, mais un célèbre repenti de la mafia (Angelo Siino, décédé récemment et décrit comme « le ministre des travaux publics de Totò Riina », ndlr), dans des déclarations faites au parquet de Palerme : il m’a disculpé de ce meurtre, mais malheureusement ces déclarations ont d’abord été secrètes et ensuite ont disparu. Maintenant que je suis un homme libre, par amour de la vérité, je vais demander une révision. Je me suis diplômé en droit en prison pour ça.
CHANSON POUR UN CONDAMNÉ À PERPÈTE

Le jour d’avant et le jour d’après encore
Le jour effrité d’heure en heure
Regards durs, figures scellées,
Âmes cachées,
Un jour inutile après l’autre
Un jour toujours pareil après l’autre,
Voix invisibles, tristes pensées
Âmes jamais vues,
Âmes jamais vues.

Le jour d’avant et le jour d’après encore
Le jour d’heure en heure effrité,
Inutile jour mort-né,
Un jour toujours pareil après l’autre,
Voix invisibles, tristes, bonheurs perdus
Amours marginalisés, enfants jamais vus.
Le jour avant le jour avant encore
Encore avant, avant encore
Ressenti en chaque heure.

Dans l’air comme les spectres,
Trois pas en avant, je compte, je les connais par cœur.
Je retourne trois pas en arrière, vide encore
Tendu vers le néant de chaque heure.
Dans l’air comme les spectres,
Comme les jeunes déjà changés en vieux,
Trois pas en avant trois pas en arrière
Et les faire et les refaire.

Le perpète ne regarde pas le futur en face.
Il peut seulement compter le temps qui va et baste
Le futur, ils l’ont écrit et l’agonie est lente.
Même le coupable, finit innocent
Et on meurt chaque jour pour encore revenir
Sans fin mourir,
C’est ce que je ressens.

Un étrange fantôme n’arrive pas à mourir,
Peut seul s’étioler, peut seul s’évanouir ;
N’a plus rien ni aucune vie personnelle,
Seule cette cellule où son pied chancelle.
Il veut être seul des mois contre les murs.
Parfois, ils le frappent, c’est sûr.
Cette douleur ronge l’âme et le corps.
Une vie de vivant avec un cœur de mort
Et se meurt chaque jour, chaque jour vide,
Chaque jour vide autour de ce jour, là, vide.

La prison est la vengeance des vivants
La vengeance des forts très patients
Une course de la mort contre la mort
Et on meurt chaque jour ; sans relâchement,
On revient encore à mourir encore
Chaque jour, chaque moment de chaque heure,
Mais je vais le dire et le toujours dire ;
Oh, je vais le dire, je vais le dire ;
Oh, je le dirai, pour sûr, je le dirai tout le temps.
Entre vos mains, le coupable devient innocent.

Contributed by Marco Valdo M.I. - 2022/8/8 - 18:09




Main Page

Please report any error in lyrics or commentaries to antiwarsongs@gmail.com

Note for non-Italian users: Sorry, though the interface of this website is translated into English, most commentaries and biographies are in Italian and/or in other languages like French, German, Spanish, Russian etc.




hosted by inventati.org