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Souvenirs de Calédonie [Le chant des captifs]

Louise Michel
Language: French


Louise Michel

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(Louise Michel)
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(Jean-Baptiste Clément)


[1887]
Paroles de Louise Michel
Testo di Louise Michel

Louise Michel.
Louise Michel.
Ripreso da La Toupie. "Le chant des captifs", ricordo della deportazione dell'autrice in Nuova Caledonia, dopo la Comune di Parigi, è un canto visionario dove la "Vergine Rossa" fa intravedere un "mondo nuovo" dove "plana la libertà".
Ici l'hiver n'a pas de prise,
Ici les bois sont toujours verts ;
De l'Océan, la fraîche brise
Souffle sur les mornes déserts,
Et si profond est le silence
Que l'insecte qui se balance
Trouble seul le calme des airs.

Le soir, sur ces lointaines plages,
S'élève parfois un doux chant :
Ce sont de pauvres coquillages
Qui le murmurent en s'ouvrant.
Dans la forêt, les lauriers-roses,
Les fleurs nouvellement écloses
Frissonnent d'amour sous le vent.

Viens en sauveur, léger navire,
Hisser le captif à ton bord !
Ici, dans les fers il expire :
Le bagne est pire que la mort.
En nos coeurs survit l'espérance,
Et si nous revoyons la France,
Ce sera pour combattre encor !

Voici la lutte universelle :
Dans l'air plane la Liberté !
A la bataille nous appelle
La clameur du déshérité !...
... L'aurore a chassé l'ombre épaisse,
Et le Monde nouveau se dresse
A l'horizon ensanglanté !

Contributed by Riccardo Venturi - 2007/8/19 - 18:57


LOUISE SUL PROCELLOSO MARE

loubanks

L'Anonimo Toscano del XXI secolo - 2020/8/31 - 10:18



Language: Italian

Versione italiana di Flavio Poltronieri
Qui l'inverno non ha presa
Qui i boschi sono sempre verdi
Dall'oceano, la fresca brezza
Soffia sui cupi deserti
E il silenzio è talmente profondo
Che un insetto che si dondola
E’ sufficiente a turbare la calma dell’aria

La sera, su queste lontane spiagge
Si leva talvolta un dolce canto
Sono le povere conchiglie
A mormorarlo aprendosi
Nella foresta gli oleandri
Fiori appena sbocciati
Fremono d'amore al vento

Vieni come una salvatrice, nave leggera
Issa lo schiavo a bordo
Qui tra i ferri lui muore
Il bagno penale è peggio della morte
Nei nostri cuori sopravvive la speranza
E se rivedremo la Francia
Sarà per combattere ancora

Ecco la lotta universale
Nell’aria aleggia la libertà
Ci chiama alla battaglia
Il clamore dei diseredati
L'aurora ha scacciato l'ombra fitta
E il mondo nuovo si leva
All’orizzonte insanguinato

-traduzione Flavio Poltronieri-

Contributed by Flavio Poltronieri - 2022/1/19 - 16:57


OCEANIA INQUIETA:



PROTESTE IN NUOVA CALEDONIA E ANCORA SANGUE IN PAPUA NUOVA GUINEA



Gianni Sartori

Forse quella di Gérald Darmanin (ministro francese dell’Interno e dell’Oltre-Mare) a Kanbaly (Nuova Caledonia) non era una visita particolarmente gradita agli indipendentisti.

Il 21 febbraio i militanti della Cellule de coordination des actions de terrain (CCAT, composta da movimenti e sindacati favorevoli all’autodeterminazione: PT, MOI, UC, USTKE… ) avevano sfilato pacificamente a Noumea per protestare contro il progetto (già ufficialmente annunciato) di sbloccare il corpo elettorale provinciale. Ma ben presto la manifestazione era degenerata e - dopo il tentativo di raggiungere la sede dell’alto-commissariato - scoppiavano scontri con le forze di polizia (tra rue Anatole-France e Rue Général-Mangin dove erano stati schierati in gran numero camion militari).



Alla fine si sono registrati cinque arresti e numerosi feriti, in particolare tra le forze dell’ordine.

In cosa consisterebbe il previsto “scongelamento” - l’apertura - del corpo elettorale provinciale?

In base agli accordi di Noumea (firmati nel 1998) il diritto di voto spetta soltanto alle persone iscritte nelle liste elettorali prima del 1998. Ritenendo tali restrizioni “poco democratiche” il governo francese intende aprire sia ai nativi caledoniani dai 18 anni in su, sia alle persone presenti nell’arcipelago almeno da dieci anni. Con un aumento previsto di circa 25mila elettori.

Nel giorno immediatamente successivo, con un comunicato, i responsabili della CCAT hanno condannato i disordini e le violenze. Anche se - denunciano -sono stati “provocati da chi voleva impedire la consegna delle nostre richieste al ministro”.

Infatti l’intenzione degli organizzatori della protesta pacifica (i quali denunciano di essere finiti in una “trappola”) era soltanto quella di consegnargli direttamente una richiesta per il ritiro del decreto di legge.

Da parte sua l’organizzazione Loyalistes (una coalizione di partiti di destra anti-indipedentisti, sorta nel 2020 e diventata nel 2022 Rassemblement au Congrès de Nouvelle-Calédonie ) ha forzatamente evocato l’immagine di una città “messa a ferro e fuoco, saccheggiata” sostenendo che le violenze erano state previste e organizzate. Arrivando a chiedere la dissoluzione della CCAT.



Inevitabile un pensiero per Louise Michel che, sfuggita ai massacri della “Semaine sanglante” (dopo la caduta della Commune di Parigi) venne deportata in Nuova Caledonia. Tra l’altro durante il viaggio sulla Virginie completò la sua evoluzione politica transitando definitivamente dal blanquismo all’anarchismo.Louise non solo si interessò della lingua, delle tradizioni, dei miti e della musica degli indigeni, ma si schierò apertamente al loro fianco quando i Canachi si sollevarono. Paragonandolo la loro rivolta a quella della Commune del 1971 e donando agli insorti un simbolica bandiera rossa (anche se al momento del dibattito su quale bandiera utilizzare a Parigi nel 1971 Louise pare si fosse schierata con la minoranza che voleva quella nera).



Una vera eccezione la sua, dato che anche la comunità degli ex comunardi qui deportati alla fine si era allineata alle posizioni delle autorità francesi.

Per tornare ai giorni nostri, molto peggio quanto sta avvenendo in Papua Nuova Guinea dove una settimana fa decine di persone (le cifre ufficiali parlano di una trentina di vittime, altre fonti di una settantina) sono state assassinate nella provincia di Enga nel corso di un’imboscata. Questa regione di altopiani (conosciuta come Highlands e dove da alcuni mesi vige il coprifuoco) è da tempo martoriata da uccisioni e scontri presumibilmente legati al controllo delle terre da parte di una ventina di tribù. Un conflitto reso ulteriormente sanguinoso dalla recente diffusione delle armi da fuoco. Il tutto in un generale contesto di crisi sia economica che sociale.

Del resto quest’anno le violenze non hanno risparmiato nemmeno la capitale. Qui il 10 gennaio sono state ammazzate almeno 22 persone. Tanto che il governo australiano (forse preoccupato per i i suoi investimenti in Papua Nuova Guinea) ha offerto il proprio sostegno per garantire la sicurezza nell’isola, in particolare per l’addestramento delle forze di polizia locale.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 2024/2/23 - 15:22




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