Language   

Le vin de l'assassin

Charles Baudelaire
Language: French


Charles Baudelaire

List of versions


Related Songs

Kandinskij
(Baffodoro)
Teresa Torga
(José "Zeca" Afonso)
I See the Devil
(Insane Clown Posse)


Le vin de l'assassin
[ 1857 ]

Paroles / Testo / Lyrics / Sanat:
Charles Baudelaire

Musique / Musica / Music / Sävel:
1. Léo Ferré

Album: Léo Ferré Chante Baudelaire [1967]

2. Georges Chelon

Album: Les Fleurs Du Mal Vol. 1 [2004]

3. Lionel Mazari






* Louise Hervieu ( 1878 - 1954 ), è una pittrice, disegnatrice, litografa e scrittrice francese. Ha illustrato anche Les Fleurs du mal e Le Spleen de Paris di Baudelaire


Il quadro storico-culturale

Il Frenetismo fu una corrente letteraria nata in seno al Romanticismo da cui prese le distanze. Il quadro storico in Francia negli anni 30 del XIX secolo non rispondeva più alle aspettative protoromantiche di un ritorno alla natura, del vagheggiamento di un mondo e di desideri colmabili. Si delinearono progressivamente delle lacerazioni tra gli ideali percepiti come anacronistici e la realtà, con una serie di pulsioni di morte dietro angosce esistenziali. Da qui una serie di topoi letterari quali il grottesco, la decomposizione della carne, l’orrore come anticamera dell’autodistruzione. Accanto a Borel e Nerval altri esponenti del Frenetismo furono Gautier, Lassailly, Forneret, il piemontese Aloysius Bertrand, Janin che è stato riscoperto di recente. La loro importanza, per quanto ci interessa qui, si deve all’avere spianato la strada ai surrealisti e al primo Maudit di quel periodo ( ché di maudits nell’ultimo millennio ce ne sono a iosa) cioè a Charles Baudelaire. Il lettore che volesse rivolgersi ad una trattazione rigorosa e competente può trovare una sintesi nella Larousse alla voce frénétique o all’ articolo Le romantisme frénétique che offre anche una nutrita serie di rimandi bibliografici. Per dare un’idea del clima si riportano dei versi che Gérard de Nerval offrì all’amico Petrus Borel. Questi li appose come introduzione al suo racconto Champavert, contes immoraux del 1833, una delle opere chiave del Frenetismo.



Da Petrus Borel, le lycanthrope - Champavert, contes immoraux

Perché la società non è che un acquitrino nauseabondo
Il cui fondo, certo, non è che puro e limpido,
Ma ciò che si vede di più sporco, di più
Velenoso e pestifero, viene sempre dall’alto!
Ed è una vergogna! È un casino di erbe
Gialle, di canne secche fiorite in covoni,
Tronchi marci, funghi squarciati e verdi,
Arbusti spinosi incrociati dappertutto,
Fango verde, schiumoso e brulicante di insetti,
Di rospi e di vermi, che in solchi infetti
Lo traversano, il tutto disseminato di animali
Annegati, che mostrano nere e grossa interiora

Car la société n’est qu’un marais fétide
Dont le fond, sans nul doute, est seul pur et limpide,
Mais où ce qui se voit de plus sale, de plus
Vénéneux et puant, vient toujours par-dessus!
Et c’est une pitié ! C’est un vrai fouillis d’herbes
Jaunes, de roseaux secs épanouis en gerbes,
Troncs pourris, champignons fendus et verdissants,
Arbustes épineux croisés dans tous les sens,
Fange verte, écumeuse et grouillante d’insectes
De crapauds et de vers, qui de rides infectes
Le sillonnent, le tout parsemé d’animaux
Noyés, et dont le ventre apparaît noir et gros.


Ciò che interessa qui rilevare è il contesto storico-culturale di cui si sarebbe fatto interprete Charles Baudelaire. La sua non fu una moda, non lo si scambi per un letterato uso ai comfort del salotto. Sulle barricate del 1848, poi antibonapartista, lascerà da parte la politica deluso dall’involuzione del Paese. Visse sempre al limite, ribelle, anticonformista ad oltranza, tentò anche il suicidio. Les Fleurs du Mal è la raccolta di più di un centinaio di liriche in cui Baudelaire narra del mondo attraverso sé stesso. Ebbe un rapporto complicato con il femminile, di estrema attrazione e sensibile repulsione che alimentò la sua visione. Finì consumato dal laudano, dalla sifilide e da disturbi cerebrali, a 46 anni.
Nei Fleurs du Mal al vino sono dedicate cinque poesie: L'Ame du Vin, Le vin des chiffonniers, Le Vin du solitaire, Le Vin des amants, Le vin de l'assassin / Il vino dell'assassino.


Le vin de l'assassin

Un uomo arriva ad uccidere la sua amata. In preda all’alcol narra un processo di presunta sedicente liberazione. Nel finale, in uno stato confusionale che si perpetua nell’alcol appare quella che ad una lettura troppo semplicistica apparirebbe come la blasfemia del dannato che si autocelebra: Me ne infischio di Dio, del Diavolo, della Santa Mensa (nel testo con iniziale maiuscola).
È un processo critico di liberazione, il culmine di un omicidio cerebrale, un atto simbolico, non è certo la pretesa di dare indicazioni sull’agire al genere umano. È un poeta vero, uno cioè che trasfigura la realtà, che vive per e in un universo simbolico. Non è né un testo di morale né di antropologia.

E tuttavia qualche considerazione la sollecita inevitabilmente, specie in questo sito. Attenzione alla settima strofa: Je l'aimais trop ! voilà pourquoi /Je lui dis: Sors de cette vie. L’amava oltre ogni limite e per questo recide la vita di lei, mettendo da parte i principi della logica aristotelica. Non possiamo addentrarci in quella che appare come una patologia della mente, di casi simili ne abbiamo sentito parlare più volte tutti. Così come della devianza, che siamo così pronti ad attribuire ad altri e a dichiararcene indenni con disgusto e con orrore, lasciatemi dire, perbenista. È un filo sottile quello che separa il normale dal deviato, il probo dal debosciato, il savio dal pazzo.
Non vogliamo certo sostenere che tutto è relativo ad un punto tale che gli opposti siano neutri, non più distinguibili nella notte della ragione; stiamo semplicemente invitando, beninteso a partire da chi scrive, ad evitare di perpetuare l’antropologia del capro espiatorio, di sforzarci di trovare un modo di rendere possibile l’attuazione di una società senza ricorrere a quella fondazione costitutiva, intrinseca al cervello rettiliano, di trovare un colpevole e di proiettare su di lui gli istinti più sordidi che vogliamo espungere da noi stessi. Invochiamo non l’assenza del giudizio, ma la sua sospensione nei casi evidenti di devianza.

I have a dream, che l’Utopia riesca a strappare un risicato posticino alla mensa della Storia; che un credente, facendosi uno con l’altro sino a perdersi, possa pronunciare “si facciano da parte Dio, il Diavolo e la Santa Mensa” perché l’altro, lui, è lì ; che un non credente accarezzi il primato del Diverso sulla Legge e sul Bene; che gli “straccioni di Valmy” marcino insieme con “ i dannati della terra” e che “tu, Orsa maggiore, pretendi / che vivi ci assumano in cielo! / Canta! Bevi le gioie! / Primavera ricolma le vene. / Cuore, rulla come tamburo! / Il nostro petto è rame di timballi." [ Majakovskij , Наш марш / La nostra marcia]

[Riccardo Gullotta]
Ma femme est morte, je suis libre !
Je puis donc boire tout mon soûl.
Lorsque je rentrais sans un sou,
Ses cris me déchiraient la fibre.

Autant qu'un roi je suis heureux ;
L'air est pur, le ciel admirable...
Nous avions un été semblable
Lorsque j'en devins amoureux !

L'horrible soif qui me déchire
Aurait besoin pour s'assouvir
D'autant de vin qu'en peut tenir
Son tombeau ; - ce n'est pas peu dire:

Je l'ai jetée au fond d'un puits,
Et j'ai même poussé sur elle
Tous les pavés de la margelle.
- Je l'oublierai si je le puis !

Au nom des serments de tendresse,
Dont rien ne peut nous délier,
Et pour nous réconcilier
Comme au beau temps de notre ivresse,

J'implorai d'elle un rendez-vous,
Le soir, sur une route obscure.
Elle y vint ! - folle créature !
Nous sommes tous plus ou moins fous !

Elle était encore jolie,
Quoique bien fatiguée! et moi,
Je l'aimais trop ! voilà pourquoi
Je lui dis: Sors de cette vie !

Nul ne peut me comprendre.
Un seul parmi ces ivrognes stupides
Songea-t-il dans ses nuits morbides
A faire du vin un linceul ?

Cette crapule invulnérable
Comme les machines de fer
Jamais, ni l'été ni l'hiver,
N'a connu l'amour véritable,

Avec ses noirs enchantements,
Son cortège infernal d'alarmes,
Ses fioles de poison, ses larmes,
Ses bruits de chaîne et d'ossements !

- Me voilà libre et solitaire !
Je serai ce soir ivre mort ;
Alors, sans peur et sans remords,
Je me coucherai sur la terre,

Et je dormirai comme un chien!
Le chariot aux lourdes roues
Chargé de pierres et de boues,
Le wagon enragé peut bien

Écraser ma tête coupable
Ou me couper par le milieu,
Je m'en moque comme de Dieu,
Du Diable ou de la Sainte Table !

Contributed by Riccardo Gullotta - 2020/12/11 - 12:06



Language: Italian

Traduzione italiana / Traduction italienne / Italian translation / Italiankielinen käännös :
Mario D'Amelio

Francisco Goya- El Aquelarre, 1821 Madrid Prado
Francisco Goya- El Aquelarre, 1821 Madrid Prado
IL VINO DELL’ASSASSINO

Mia moglie è morta, sono libero!
Posso bere finché voglio.
Quando rientravo senza un soldo
i suoi strilli mi laceravano le fibre.

Sono felice come un re;
l’aria è pura, il cielo è stupendo…
Fu in un’estate come questa
che m’innamorai di lei!

La sete orribile che mi tormenta
avrebbe bisogno, per placarsi,
di tanto vino quanto ne entra
nella sua tomba; - e non è uno scherzo,

perché l’ho buttata in un pozzo
e le ho pure ammucchiato addosso
tutte le pietre del parapetto.
- La dimenticherò, se posso!

Per quelle promesse di tenerezza
da cui niente può slegarci
e per riconciliarci
come ai bei tempi della nostra ebbrezza,

la supplicai d’incontrarci
di sera, in una strada oscura.
Lei ci venne! – pazza creatura!
Siamo tutti più o meno pazzi!

Era ancora attraente, benché
così stanca! e io, io
l’amavo troppo! Ecco perché
le dissi: Esci da questa vita!

Nessuno può capirmi. Ma chi,
fra tutti questi stupidi ubriachi
ha mai pensato nelle sue notti lascive
di poter fare del vino un sudario?

Questi crapuloni invulnerabili
come macchine di ferro,
mai, né estate né inverno,
hanno conosciuto il vero amore,

con i suoi neri incantamenti,
il suo corteo infernale di ansie,
le sue fiale di veleno, le sue lacrime,
i suoi rumori d’ossa e di catene!

- Eccomi libero e solo!
Sarò ubriaco fradicio, stasera;
allora senza paura né rimorso
mi stenderò per terra

e dormirò come un cane!
Il carro dalle ruote pesanti
carico di pietre e di fango,
il vagone infuriato potrà

schiacciarmi questa testa colpevole
o tagliarmi a metà. Me ne infischio,
io, come di Dio,
del Diavolo e della Santa Mensa!

Contributed by Riccardo Gullotta - 2020/12/11 - 13:16




Main Page

Please report any error in lyrics or commentaries to antiwarsongs@gmail.com

Note for non-Italian users: Sorry, though the interface of this website is translated into English, most commentaries and biographies are in Italian and/or in other languages like French, German, Spanish, Russian etc.




hosted by inventati.org