Lingua   

Filastrocca del Primo Maggio

Mimmo Mòllica
Lingua: Italiano




Il primo maggio chiese un bel bambino
a un uomo ch’era in piazza, un contadino,
perché segnava rosso il calendario,
se era festa oppure anniversario.

Il contadino, con le braccia alzate,
mostrò quelle sue mani assai sciupate:
“Sono le mie compagne di lavoro,
valgono tanto – disse – più dell’oro.
E se tu vuoi sapere che ricorrenza è questa
guarda bene le mani, oggi è la loro festa”.

Quel ragazzetto con gli occhi felici
corse a chiamare compagnetti e amici
gridando allegro di felicità:
“È festa delle mani, lo ha detto quello là”.

Si levò lesto un volo di gabbiani,
si udì un festante, allegro battimani,
volarono aquiloni ed aeroplani,
salendo in alto, sempre più lontani.

E poi giunsero i nonni con gli anziani,
il fabbro, il pasticciere e gli artigiani,
sindaco, consiglieri e sacrestani,
il maestro e il direttore coi guardiani,
bimbi d’ogni colore ed italiani
portando cioccolata e marzapani,
roba da ingolosire anche ai marziani;

arance, mandarini e melograni
raccolti dai bambini con le mani,
poi contadini e giovani paesani
con marmellate, frutti, miele e pani,
per la gioia di prete e parrocchiani.

Il giornalaio assieme ai quotidiani
donò quaderni, penne e libri strani,
e la fioraia rose e tulipani,
perfino al capo dei vigili urbani.

Ed un milione e centomila mani
di popoli vicini e anche lontani
spuntaron da satelliti e pianeti,
si unirono con quelle dei poeti,
e senza più confini né barriere
fecero sventolare le bandiere.

Con gran rispetto
per l’anatomia e il dottore,
non solo dentro il petto
abbiamo un cuore,
il cuore degli umani
è pure nelle mani.

E da quel dì lontano
si dice in italiano
«parlar col cuore in mano».



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