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Nagorny Karabach

Einstürzende Neubauten
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Einstürzende Neubauten

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(Einstürzende Neubauten)


Da più di trent'anni esiste, nel Caucaso meridionale, un conflitto armato "congelato", che insanguina la regione del Nagorny Karabakh, lascito dell'imperialismo russo e del caos seguito alla crisi dell'URSS.

Le ragioni storiche del conflitto risalgono alla prima metà del diciannovesimo secolo, quando l’impero russo mise in atto un processo di cristianizzazione del Caucaso meridionale, dopo la sconfitta della Persia e il conseguente trattato di pace di Turkmenchay (1828), trasferendo in maniera coatta 50.000 armeni provenienti dalla Persia nella regione, in particolare nei khanati azeri di Karabakh e Erevan.
A questa ondata migratoria seguirono altri flussi migratori favoriti dal governo russo, che cambiarono definitivamente gli equilibri demografici dell’area, con scontri su base etnica nel 1905 e nel 1919, prodromici al conflitto del Nagorny Karabakh iniziato nel 1988.

Dopo anni di stretta censura e repressione di ogni istanza nazionale, nel 1986 l’annuncio della “trasparenza” (glasnost) da parte del presidente Michail Gorbachev fece rifiorire movimenti e rivendicazioni indipendentiste
e nazionaliste in tutta l’Urss, compreso l'irredentismo armeno.

Nel 1988 il Soviet della regione autonoma (Oblast) del Nagorny Karabakh votò prima una mozione da presentare al Politbjuro, per rivedere i confini tracciati da Stalin nel 1923 e riunirsi alla Repubblica Socialista Sovietica dell'Armenia. Il Politbjuro votò contro tale mozione, preoccupato dalla possibilità di un conflitto su base etnica (nella Rebubblica Armena vivevano almeno 160000 azeri, mentre in Azerbaigian si contavano circa 500000 armeni), senza peraltro impedire con la sua risposta lo scoppio di pogrom e scontri mortali tra opposti manifestanti nelle città di Askeran, Sumgait e Baku, fino all'intervento militare dell'Armata rossa, che giunse ad occupare mani militari la capitale della Repubblica Armena, Erevan.

L'intervento dell'Armata rossa, peraltro, non bastò a scongiurare il costituirsi di milizie nazionaliste e continui scontri e scaramucce al confine tra le due repubbliche socialiste, né ad arrestare la fuga di migliaia di profughi, azeri in fuga dall'Armenia e armeni in fuga dall'Azerbaigian, anzi, inasprì ancora di più il nazionalismo armeno e azero (ad esempio cannoneggiando la città di Baku, provocando, secondo le fonti ufficiali sovietiche, 120 morti), tanto che, quando nella primavera del 1990, nel tentativo di tenere assieme i cocci di un’Urss sempre più disgregata, Gorbachev indisse un referendum in tutte le Repubbliche per ribadire il Trattato dell’Unione, l’Armenia lo boicottò, mentre l'anno dopo, il 30 agosto 1991, l'Azerbaigian decideva di lasciare l'Unione Sovietica. Il 2 settembre 1991 il soviet del Nagorno Karabakh decise di non seguire l'Azerbaigian e votò per la costituzione di una nuova entità statale autonoma. Il 10 dicembre 1991 la neonata repubblica del Nagorny Karabakh votò il referendum confermativo al quale fecero seguito le elezioni politiche per il nuovo parlamento: la nuova entità statale non fu però riconosciuta a livello internazionale; il 31 gennaio cominciarono i bombardamenti azeri sulla regione. Con l'intervento militare armeno nello scontro, alla fine della guerra, nel 1994, il Nagorno-Karabakh si consolida come repubblica de facto (non ancora riconosciuta peraltro dalla comunità internazionale), mentre l'Armenia occupa altri sette distretti azerbaigiani. Il bilancio finale è drammatico; circa 30 mila morti, più di 1 milione di rifugiati e profughi azeri espulsi da tutta la zona occupata. L'Azerbaigian lamenta la perdita del suo territorio e rivendica il principio di integrità territoriale, mentre dal canto loro gli armeni rivendicano quello di autodeterminazione dei popoli. Le due parti non riconoscono vicendevolmente la legittimità del nemico, non riconoscono l’interpretazione storica del nemico. Vivono letteralmente in due realtà parallele e non comunicanti.

I due paesi sono ancora tecnicamente in guerra e il governo dell'Azerbaigian minaccia di riconquistare il Nagorno-Karabakh con la forza militare.
Le zone di confine tra il Nagorno-Karabakh e l'Azerbaigian rimangono militarizzate in un regime di "cessate il fuoco" spesso violato da entrambe le parti
Die Stadt liegt unter Nebel
Ich bin auf meinem Berg
In meinem schwarzen Garten
zwischen Himmeln eingeklemmt
in der Enklave meiner Wahl
in der ich mich versteck
in Nagorny Karabach

Vormals tiefe Wälder
Bergketten, vielleicht Eis
eine messinggelbe Sonne
verbricht ein Paradies
meine Sys- und Diastole
dazwischen der Moment
getragen von den Vögeln
die hier zugange sind
in der Enklave meines Herzens
in der ich mich verlier
in Nagorny Karabach

Ich steig den Berg herunter
geh ins eine oder andere Tal
es ist geflaggt in allen Farben
in Bergisch-Karabach

Zwei grosse schwarze Raben
fressen die Pflaumen aus dem Baum
Ob die andre Stadt mich lieb hat …?

In der Enklave meiner Wahl
in der ich mich verberg’
in Nagorny Karabach

Komm mich mal besuchen
ich hab’ unendlich Zeit
und der Blick der ist vom Feinsten
über Wolken und die Stadt
in Nagorny Karabach
Nagorny Karabach
Nagorny Karabach

Contributed by Gianfranco Causapruna - 2019/9/12 - 23:20


E ADESSO SPIEGATECI VOI 'STO CASINO (PARDON: GROVIGLIO...)

(Gianni Sartori)

La prima impressione è stata quella di trovarsi di fronte a un romanzo di fantapolitica.
O di “geopolitica surreale”.
Poi mi son chiesto: chissà ora come intendono sbrogliarsela. Riusciranno a trovare comunque un bandolo qualsiasi o scivoleranno definitivamente sui loro specchietti deformanti? Mi riferisco (e cito alla rinfusa, sorvolando sugli altrimenti doverosi - ma non qui e non ora - distinguo): rosso-bruni e antidiplomatici (al momento, pare, incerti e quindi equidistanti), stalinisti di ritorno e terceristi …
Vedi qualche aspirante ayatollah (in senso politico ovviamente) de' noantri; vedi certi filo-Assad con quei paragoni osceni tra YPG e Isis...
Perché – almeno per la gente normale – diventa un dilemma non da poco decifrare gli schieramenti che si vanno configurando nel campionato Armenia-Azerbaijan. Così come stabilire con precisione chi gioca in casa nel Nagorno- Karabakh ( a spanne, direi l'Armenia comunque....).
Vediamo di focalizzare quali sarebbero le formazioni in campo. O almeno quelle provvisorie.
Da un lato, con gli azeri, Turchia, USA* e Israele (e già qui cominciano a vacillare i parametri, pure quelli delle “alleanze a geometria variabile”); dall'altro – con gli armeni – a parte la Francia, addirittura l'Iran (!?!) e le milizie filo-Assad (mentre con Ankara e Baku si posizionerebbero miliziani jihadisti o comunque anti-Assad).
Non darei invece per scontato che anche la Russia alla fine prenda posizione per Erevan (se non altro per mantenere la sua base militare a Gyumri). Ora come ora potrebbe risultare un azzardo, visti gli apprezzamenti del presidente azerbaigiano Ilham Aliyev (in un'intervista a una emittente turca) per le “posizioni moderate e responsabili” di Mosca.
Quanto all'Unione europea, considerando che Baku è membro del Consiglio d'Europa con una missione permanente nell'Ue, appare improbabile una sua definitiva presa di posizione (per ignavia, opportunismo, vendita di armamenti...).
E non finisce qui – il casino intendo – se pensiamo che in Azerbaijan la maggioranza della popolazione sarebbe di fede sciita. Come in Iran, con cui peraltro confina (ma anche con la Turchia grazie all'exclave del Naxcivan).
Ma forse qui fa testo più la questione etnica e linguistica (l'azero è considerato una “lingua turca”) a scapito della religiosa.

Com'era scontato, al Parlamento turco la stragrande maggioranza delle forze politiche (comprese le “opposizioni” kemalista e soidisant socialdemocratica, quelle che non dispiacciono a certi “antimperialisti”) ha votato favorevolmente per una dichiarazione a sostegno di Baku.
Con la nobile eccezione del Partito democratico dei popoli (HDP).
Insomma, se la vedano i sostenitori delle “politiche di potenza” degli Stati a scapito di popoli e Nazioni (anche di quelle “senza Stato”, vedi i Curdi).

Gianni Sartori

* nota 1: E anche l'OTAN – o almeno la parte che conta e decide. Il 5 ottobre Stoltenberg è intervenuto pubblicamente ad Ankara, a fianco del ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu avallando, in sostanza, la richiesta turca del ritiro delle forze armene dal Nagorno-Karabakh.

Gianni Sartori - 2020/10/7 - 12:48


Riccardo Gullotta - 2020/10/21 - 22:17


L'articolo é di Yossi Melman, autorevole scrittore e giornalista israeliano esperto in strategia e Intelligence.

thumb

Is Israel’s forbidden cluster bombs affair making another round in Armenia and Azerbaijan

***

Riccardo Gullotta - 2020/10/22 - 21:48


Un tassello significativo per capirne di più in un articolo del ricercatore israeliano Shaiel Ben-Ephraim,

Israele intende mantenere la superiorità azera nella guerra del Karabakh

di Shaiel Ben-Ephraim , Asiatimes.com 14 Ottobre 2020

Israele, nonostante la solidarietà di massa per il popolo armeno, è impegnato a mantenere un sostegno fondamentale al suo alleato Azerbaigian nella guerra per il Nagorno-Karabakh.
"L'Azerbaigian non sarebbe in grado di continuare la sua operazione con l’intensità attuale senza il nostro sostegno", ha dichiarato ad Asia Times una fonte importante del ministero della Difesa israeliano a condizione di restare anonimo. Il ministero è responsabile di tutte le vendite ufficiali di armi israeliane.
Secondo l'Istituto internazionale di ricerca sulla pace [ SIPRI, ndT ] di Stoccolma, Israele ha fornito quasi due terzi (61%) di tutte le importazioni di armi a Baku nell'ultimo anno, il che ha avuto un'influenza significativa sull’andamento dei combattimenti per l’ostilità in corso.
Uno dei sistemi più significativi che Israele ha fornito agli azeri è lo IAI Harop [ IAI, Israel Aerospace Industries, ndT]. Si tratta di un’arma erratica, definita nel gergo popolare un "drone suicida", poiché si autodistrugge quando colpisce il bersaglio. È un'arma sofisticata, in grado di superare facilmente qualsiasi sistema in possesso agli armeni e ha permesso all'esercito azero di colpire bersagli a volontà.

Israele ha anche fornito a Baku le sue bombe a grappolo M095 DPICM. Amnesty International il 5 ottobre ha accusato il governo azero di aver sganciato gli ordigni su aree civili nel Nagorno-Karabakh. Le bombe a grappolo sono state dichiarate illegali dalla Convenzione sulle bombe a grappolo, entrata in vigore nel 2008.
Nessuna delle parti interessate - Armenia, Azerbaigian e Israele - ha sottoscritto la convenzione. Funzionari israeliani non nascondono il rapporto strategico con Baku.

"Lo Stato di Israele ha relazioni di lunga data con l'Azerbaigian", ha detto il presidente Reuven Rivlin. Tuttavia, ha insistito sul fatto che "la collaborazione tra i due paesi non è diretta contro qualcuno".
Quest'ultima affermazione è certamente non vera. Anche se Israele potrebbe non volere nello specifico che tale guerra continui, la tecnologia militare che fornisce è stata decisiva.

Inoltre, l'intensificarsi delle ostilità non ha rallentato le vendite di armi israeliane a Baku. Al contrario, i resoconti hanno segnalato un notevole trasporto aereo di armi e rifornimenti da Israele all'Azerbaigian durante le due settimane e mezzo di conflitto.
Una fonte autorevole del ministero della Difesa ha confermato i continui collegamenti aerei, probabilmente il più ampio rifornimento aereo che Israele abbia eseguito.
Il governo azero dl canto suo ha dato grande pubblicità al suo sostegno per Israele.
L'ambasciatore dell'Azerbaigian negli Stati Uniti Elin Suleymanov ha cercato di descrivere l'Armenia come una minaccia comune durante un recente webinar con l'Istituto Ebraico per gli Studi sulla Sicurezza Nazionale dell’America [ JINSA, ndT ].

"Gli armeni non hanno armi di precisione. Se vedi il modo in cui sparano, sembra di rivedere i militari sovietici degli anni Quaranta o i terroristi mediorientali degli anni Sessanta ", ha detto Suleymanov. "Sparano solo in direzione dei civili sperando che ci sarà una risposta, più o meno la stessa tattica che viene usata contro Israele".
La pubblicità è progettata per promuovere un maggiore sostegno degli Stati Uniti alla causa. L'amministrazione Trump, nemico ostinato di Teheran, è stata fianco a fianco con Israele nelle sue politiche anti-iraniane. Baku è saltato sul carro dei vincitori.
Il sostegno israeliano all'Azerbaigian ha nel frattempo avuto un effetto dannoso sulle sue relazioni con Yerevan.



L'Armenia richiama l'ambasciatore

Il governo armeno aveva appena superato il rifiuto di Israele di riconoscere il genocidio armeno e il suo continuo sostegno militare all'Azerbaigian quando [ l’Armenia, ndT ] ha aperto un'ambasciata in Israele a settembre [ 2020, ndT ].
Alcune settimane dopo, in collera per l'ampio uso di armi israeliane contro obiettivi armeni in Karabakh, l'Armenia ha richiamato il suo ambasciatore. Perché Israele è così coinvolto in Azerbaigian da essere disposto a danneggiare le relazioni con l'Armenia?

Israele non ha mai preso una posizione ufficiale sulla disputa sul Nagorno-Karabakh. Il territorio montuoso si trova all'interno dei confini dell'Azerbaigian riconosciuti dalle Nazioni Unite, ma gli armeni, maggioranza storica, hanno strappato l'autonomia durante la disgregazione dell'Unione Sovietica e [ il Nagorno-Karabakh, ndT ] ha funzionato come una repubblica sostenuta dall'Armenia per quasi tre decenni.
Israele ha avuto a lungo un legame affettivo con il popolo armeno, forgiato attraverso la sofferenza comune. Il quartiere armeno di Gerusalemme ospita una delle più antiche comunità armene sulla terra.
Le due nazioni hanno anche relazioni commerciali ben sviluppate, che sono di particolare importanza per Yerevan. L'Armenia riceve il 4,8% delle sue importazioni da Israele, mentre Israele riceve il 7,1% delle sue esportazioni.

I legami più forti che legano l'Armenia con lo Stato ebraico riguardano il genocidio armeno. Queste atrocità ebbero luogo nel periodo 1915-1923, quando circa 1,5 milioni persone di etnia armena furono sistematicamente massacrati dall'Impero Ottomano.

Durante la seconda guerra mondiale, la Germania nazista commise un genocidio contro il popolo ebraico, uccidendo circa 6 milioni di ebrei. Per entrambe le nazioni, questi eventi traumatici sono considerati una parte determinante dell'identità nazionale.

La maggior parte degli ebrei si identifica con gli eventi strazianti del genocidio armeno. Ma il governo israeliano ha evitato di farlo per ragioni geopolitiche. In passato, ha rifiutato questo passaggio per salvaguardare la partnership geopolitica che un tempo condivideva con la Turchia, la quale continua a negare le atrocità commesse.

Israele ha relazioni strategiche molto più solide con l'Azerbaigian. Nonostante sia una nazione a maggioranza musulmana, gli azeri furono pronti a riconoscere Israele dopo l'indipendenza. Da allora hanno guardato allo stato ebraico per il supporto militare e logistico.
L'obiettivo principale della politica israeliana negli ultimi anni è stata la necessità di isolare e contenere l'influenza regionale iraniana. L'Azerbaigian confina con l'Iran e, stando alle indiscrezioni, ha permesso a Israele di utilizzare i suoi aeroporti per colpire obiettivi nucleari nella Repubblica islamica.
Inoltre, secondo quanto riferito, l'intelligence israeliana ha utilizzato le infrastrutture azere per creare postazioni di ascolto e raccogliere informazioni critiche sulla sicurezza iraniana. Queste azioni mettono Baku a grande rischio di ritorsioni iraniane. Martedì [ 13 Ottobre 2020, ndT ], l'Iran ha dichiarato che le sue forze hanno abbattuto un drone di fabbricazione israeliana che aveva virato dal Karabakh durante i combattimenti sul suo territorio.
Israele vende armi agli azeri sia per ricompensarli dei rischi che corre per suo conto sia per aiutare a difendere il paese dall'Iran.
Tuttavia, non tutti gli israeliani sono contenti di questa politica.




Benzina sul fuoco

Una recente petizione esaminata dalla Corte Suprema di Gerusalemme è emblematica. L'attivista sionista Elie Joseph [ Elie Yossef , ndT ] ha accusato l'Azerbaigian di aver commesso crimini di guerra in Armenia usando armi israeliane e ha detto che desiderava che il suo paese cessasse tutte le vendite di armi a Baku. Alcune delle immagini più inquietanti emerse dal campo di battaglia del Karabakh sono delle riprese aeree che mostrano dei droni mentre abbattono gruppi di soldati armeni dal cielo.

Il tribunale tuttavia non ha discusso la petizione, stabilendo che non c'erano prove sufficienti a sostegno delle accuse secondo cui le azioni azere rappresentavano crimini di guerra.

Joseph è un eccentrico attivista sionista, che ha intrapreso diversi scioperi della fame per sostenere cause varie come il rilascio della spia israeliana Jonathan Pollard, la cessazione della violenza nell'evacuazione degli insediamenti nei territori occupati e dell'assistenza russa all'Iran. Pertanto, nessuno si è sorpreso quando ha annunciato uno sciopero della fame anche su questo tema.
Sebbene sia un caso al limite, il suo sostegno all'Armenia riflette molto probabilmente l’opinione indistinta della maggior parte degli israeliani. Secondo un sondaggio del 2015, la maggior parte di israeliani è a conoscenza del genocidio armeno (88%), uno dei tassi mondiali più alti. In un sondaggio del 2007 una maggioranza assoluta dell'82,5% concordava con l'idea che gli ebrei, portatori della memoria storica dell'Olocausto, non hanno il diritto di negare le tragedie di altre nazioni.
Per queste ragioni, molti israeliani di primo piano hanno sostenuto il riconoscimento del genocidio, nonostante le ripercussioni geopolitiche. Il presidente Rivlin è stato un notevole sostenitore del riconoscimento in passato quando ricopriva un seggio alla Knesset. Alla stessa stregua molti altri importanti politici nel partito al governo Likud e altrove.

Il 1° Agosto 2016, la Commissione per l'Istruzione, la Cultura e lo Sport della Knesset ha riconosciuto il genocidio armeno. Tuttavia, il governo Netanyahu ha impedito che un disegno di legge raggiungesse la votazione.
Il partito liberal di sinistra Meretz è ora un notevole sostenitore delle cause armene. Ha sempre sostenuto il riconoscimento del genocidio e ora si oppone alla vendita di armi all'Azerbaigian. Il capo del partito, Nitzan Horowitz, ha scritto sabato [10 Ottobre, ndT ] al ministro della Difesa Benny Gantz, che "fornire armi in questo momento aggiunge benzina al fuoco ... dobbiamo prevenire l'eventualità che questa guerra sanguinosa venga esacerbata dalle armi israeliane".
Eppure, tra le manifestazioni in corso contro Netanyahu e la massiccia chiusura dell'intera economia per la seconda volta dall'inizio della pandemia Covid-19, la maggior parte dei cittadini israeliani non ha una forte opinione su una regione che probabilmente non saprebbe identificare sulle carte geografiche. Inoltre, l'Azerbaigian gode nei circoli bene informati sulla politica di una buona reputazione come alleato israeliano.

Tutto ciò significa che, nonostante la solidarietà per l'Armenia, Israele continuerà a condurre la sua politica nel Caucaso decisamente sulla linea della realpolitik. L'atteggiamento israeliano è sempre stato quello che, come nazione circondata da nemici, cerca i suoi amici dove può trovarli. Finché l'Azerbaijan sarà utile nella sua lotta contro l'Iran, Israele continuerà a sostenere Baku concretamente.
Israel to maintain Azeri edge in Karabakh war

by Shaiel Ben-Ephraim , Asiatimes.com October 14, 2020

Israel, despite sympathy for the Armenian people at a civic level, is committed to maintaining pivotal support for its ally Azerbaijan in the war for Nagorno-Karabakh.
“Azerbaijan would not be able to continue its operation at this intensity without our support,” a senior source in the Israeli Ministry of Defense told Asia Times on condition of anonymity. The ministry is responsible for all official Israeli arms sales.
According to the Stockholm International Peace Research Institute, Israel provided nearly two-thirds (61%) of all arms imports to Baku over the past year, which have had a significant influence on how the current hostilities are being fought.
One of the most significant systems Israel has provided the Azeris is the IAI Harop. This is a loitering munition, referred to in popular parlance as a “suicide drone”, as it self-destructs upon hitting the target. It is a sophisticated weapon, easily able to overcome any systems possessed by the Armenians and allowed the Azerbaijani military to hit targets at will.

Israel has also provided its M095 DPICM cluster munitions to Baku. Amnesty International on October 5 accused the Azerbaijani government of dropping the weapons on civilians areas in Nagorno-Karabakh. Cluster munitions were declared illegal by the Convention on Cluster Munitions, which came into effect in 2008.
None of the relevant parties – Armenia, Azerbaijan and Israel – are signatories to the convention. Officials in Israel do not deny their strategic relationship with Baku.

“The State of Israel has longstanding relations with Azerbaijan,” President Reuven Rivlin said. However, he insisted that “the cooperation between the two countries is not aimed against any side.”
The latter statement is certainly not true. While Israel may not specifically want this war to continue, the military technology it provides has been pivotal.

Moreover, the intensification of hostilities has not slowed Israeli arms sales to Baku. On the contrary, reports have flagged a significant airlift of arms and supplies from Israel to Azerbaijan over the two-and-a-half week conflict.
The senior Defense Ministry source confirmed the continuous airlifts, probably the most extensive aerial resupply Israel has executed.
The Azerbaijani government meanwhile has made its support for Israel very public.
Azerbaijani Ambassador to the United States Elin Suleymanov sought to depict Armenia as a common threat during a recent webinar with the Jewish Institute for National Security Studies of America.

“Armenians don’t have precision weapons. If you see the way they shoot, it’s either 1940s Soviet military, or 1960s Middle Eastern terrorists,” Suleymanov said. “They just shoot in the direction of civilians hoping that there will be a response, pretty much the same tactic that is used against Israel.”
The publicity is designed to foster greater US support for the cause. The Trump administration, a dogged enemy of Tehran itself, has been in lockstep with Israel in its anti-Iran policies. Baku has jumped on the bandwagon.
Israeli support for Azerbaijan has meanwhile had a detrimental effect on its relations with Yerevan.



Armenia recalls ambassador

The Armenian government had only just overcome the Israeli refusal to recognize the Armenian Genocide and its long-standing military support for Azerbaijan when it opened an embassy in Israel in September.
Weeks later, angered over the extensive use of Israeli arms against Armenian targets in Karabakh, Armenia recalled its ambassador.
Why is Israel so invested in Azerbaijan, that it is willing to damage relations with Armenia?

Israel has never taken an official position on the dispute over Nagorno--Karabakh. The mountainous territory is located within Azerbaijan’s UN-recognized borders, but Armenians, the historic majority, seized autonomy during the breakup of the Soviet Union and it has functioned as an Armenia-backed republic for nearly three decades.
Israel has long had an emotional connection with the Armenian people, forged through common suffering. The Armenian quarter in Jerusalem is home to one of the oldest Armenian communities on earth.
The two nations also have well-developed trade relations, which are of particular importance for Yerevan. Armenia receives 4.8% of its imports from Israel, while Israel receives 7.1% of its exports.

The strongest ties that bind Armenia with the Jewish state relate to the Armenian Genocide. These atrocities took place in the 1915-1923 period when roughly 1.5 million ethnic Armenians were systematically slaughtered by the Ottoman Empire.

During World War II, Nazi Germany would commit genocide against the Jewish people, killing approximately 6 million Jews. For both nations, these traumatic events are considered a defining part of the national identity.

Most Jews identify with the harrowing events of the Armenian genocide. But the Israeli government has avoided doing so for geopolitical reasons. In the past, it rejected this step to safeguard the geopolitical partnership it once shared with Turkey, which continues to deny the atrocities it committed.

Israel has a much firmer strategic relationship with Azerbaijan. Despite being a Muslim majority nation, the Azeris were quick to recognize Israel after independence. They have since looked to the Jewish state for military and logistical support.
The main goal of Israeli policy in recent years has been the need to isolate and contain Iranian regional influence. Azerbaijan borders Iran and, according to leaks, has permitted Israel to use its airfields to strike nuclear targets in the Islamic Republic.
In addition, Israeli intelligence has reportedly utilized Azerbaijani infrastructure to create listening posts and gather critical Iranian security information. These actions place Baku at great risk of Iranian retaliation. On Tuesday, Iran said its forces had shot down an Israeli-made drone that veered from the fighting in Karabakh on its territory.
Israel sells the Azerbaijanis arms both to reward it for the risks it takes on its behalf and to help defend the country against Iran.
Not all Israelis are happy with this policy, however.




Fuel to the flame

A recent petition considered by the Supreme Court in Jerusalem reflects this. Zionist activist Elie Joseph charged that Azerbaijan was committing war crimes in Armenia using Israeli arms, and said he wished his country would cease all arms sales to Baku. Some of the more disturbing images to emerge from the Karabakh battlefield have been aerial videos showing the drone killings of groups of Armenian soldiers from the air.

The court did not debate the petition, however, determining there was not enough corroborating evidence to support the charges that Azerbaijani actions amounted to war crimes.

Joseph is an eccentric Zionist activist, who has gone on several hunger strikes to support causes as varied as the release of Israeli spy Jonathan Pollard to the cessation of violence in the evacuation of settlements in the occupied territories, and Russian assistance to Iran. Therefore, no one was surprised when he announced a hunger strike on this issue as well.
Although an extreme case, his support for Armenia most likely reflects the vague opinion of most Israelis. According to a poll conducted in 2015, a larger portion of Israelis is aware of the Armenian genocide (88%), which is one of the highest in the world. In a poll conducted in 2007, an absolute majority of 82.5% agreed with the idea that Jewish people, who carry the historical memory of the Holocaust, have no right to deny the tragedies of other nations.
For these reasons, many notable Israelis have supported recognition of the genocide, despite the geopolitical repercussions. President Rivlin was a notable supporter of recognition in the past when he held a seat in Knesset. So are many other notable politicians in the ruling Likud party and elsewhere.

On August 1, 2016, the Knesset Committee on Education, Culture, and Sports recognized the Armenian Genocide. However, the Netanyahu government stopped a bill from going through to a vote.
The left-wing liberal Meretz party is now a notable supporter of Armenian causes. It has always supported recognition of the Genocide and now opposes arms sales to Azerbaijan. The head of the party, Nitzan Horowitz, wrote to Defense Minister Benny Gantz on Saturday, that “providing weapons at this time adds fuel to the flame… we must prevent the eventuality that this bleeding war will be exacerbated through Israeli arms.”
Yet between the ongoing demonstrations against Netanyahu and the massive closure of the entire economy for the second time since the start of the Covid-19 pandemic, most Israeli citizens do not have a strong opinion on a region they likely could not identify on the map. Moreover, Azerbaijan has a good reputation as an Israeli ally in policy-informed circles.

All this means that despite sympathy for Armenia in Israel, it will continue to conduct its policy in the Caucasus firmly along realpolitik lines. The Israeli attitude has always been, that as a nation encircled by enemies, it will take its friends where it can get them. As long as Azerbaijan is useful to Israel in its struggle against Iran, it will continue to support Baku materially.

Riccardo Gullotta - 2020/10/23 - 16:41




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