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Ich wund’re mir über gar nichts mehr

Otto Reutter
Language: German


Otto Reutter

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Fagioli 'olle 'otenne
(Attilio Fantolini)
Ti ricordi la sera dei baci
(Anonymous)


[1917]
Versi di Otto Reutter
Musica di Hugo Hirsch
Una celebre poesia di Otto Reutter (1870-1931), cantante e attore tedesco, precursore di quel Kabarett berlinese che ebbe la sua epoca d'oro negli anni tra le due guerre.
Testo trovato su www.otto-reutter.de



Otto Reutter non fu certo un autore politico ma descrisse sempre con sarcasmo ed irriverenza la società tedesca tra i due secoli. La sua poetica – espressa in couplet, versi distici a rima baciata – divenne più amara durante la Grande Guerra, specie dopo che suo figlio perse la vita nella terribile battaglia di Verdun (febbraio – dicembre 1916)
In questa "Non mi meraviglio più di niente" Otto Reutter descrive la vita a Berlino nel 1917, una vita lontana dal fronte ma non dalla guerra...



"... In quegli anni si esibiva all'Apollo Theater Otto Reutter a cui abbiamo già accennato. Il grande cabarettista raggiunse la notorietà con una sola, lunga, canzone, l'Onkel Fritz ("lo zio Fritz"), che divenne subito popolarissima. Reutter era un ometto piccolo piccolo dal nome lungo lungo, Otto Pfützenreuter (venne presto abbreviato in Reutter), aveva occhi tondi un po' sporgenti e un gran ciuffo sulla fronte, veniva dal Meclemburgo. Cominciò a lavorare nei Tíngeltangel berlinesi presentando strofette che si scriveva da solo ispirandosi direttamente aí fatti del giorno. La sua satira era diretta contro la doppia morale borghese, contro le stantie leggi dell'Impero guglielmino, contro l'ottusità dei militari e la totale ignoranza del Kaiser in fatto di arte. Inevitabilmente questo versatile comico dalla verve eccezionale incappò nella censura imperante, fu osteggiato in tutti i modi dai fanatici della famigerata Lex Heinze, ma ciononostante la sua carriera fu lunga e costellata di successi. Nelle sue strofette, anche la censura diventava motivo di satira:

Che cosa odiosa e che grande orrore
che tra le note impazzi il gran censore.
Le mie composizioni ben rimate
mi tocca di vederle cancellate.
Le migliori battute son segnate
dalla matita rossa assai spietata,
che bella vita per noi sarebbe stata
senza questa ingiustizia programmata!

da "Kabarett!: Satira, politica e cultura tedesca in scena dal 1901 al 1967", di Paola Sorge, Elliot, 2014.

An der Haltestelle steh’ ich oft da,
Da wart’ ich oft stundenlang auf die A.
Sie kommt nicht so, wie sie kommen soll —
Und wenn eine kommt, dann ist sie voll.
Und grad’, die ich nicht brauch’, die ist leer,
Ich wund’re mir über gar nichts mehr.

Ich esse den Käse — auch wenn er nichts wert—
Ich esse die Wurst mitsamt dem Pferd.
Die Sandtorte ess’ ich mitsamt dem Sand,
Immer rein in den Magen fürs Vaterland.
Und schmeckt auch die Marmelande wie Teer,
Ich wund’re mir über gar nichts mehr.

Noch kurz vor dem Kriege sah ich ’nen Mann,
Der hatte zerrissene Stiefel an,
Im ersten Kriegsjahr, da war’n sie besohlt,
Im zweiten, da hat er schon neue geholt.
Im dritten, da war er schon Millionär —
Ich wund’re mir über gar nichts mehr.

Um acht kauft’ ich Seife, das Stück acht Mark,
Um neun kost’ sie neune, der Preis war stark —
Um zehn kost’ sie zehne, der hatte noch Glück,
Um elfe kost’ elfe dasselbe Stück.
Um zwölfe, da war der Preis noch höh'r,
Ich wund’re mir über gar nichts mehr.

Fünfundzwanzig Pfennig kost’ erst der Kaffee.
Dann dreißig, da war die Milch passé,
Dann fünfunddreißig, der Zucker war hin,
Dann vierzig, ’s ist keine Zichorie drin.
Jetzt fünfzig, sie geb’n auch kein’n Kaffee her,
Ich wund’re mir über gar nichts mehr.

Ich bin im Bade gelegen heut’,
Und hatt’ keine Badegelegenheit.
Ich drehte beinahe den Hahn entzwei,
Es kam aber leider nichts raus dabei.
Warm Wasser zu kriegen, das fällt jetzt schwer —
Ich wund’re mir über gar nichts mehr.

Ich hab überall jetzt ein Schild geseh’n :
„Sammelt Obstkerne“ sah ich geschrieben steh’n.
Da dachte ich mir, als das Schild ich sah:
Das Obst, das fehlt — und wenn’s Obst nicht da,
Da fällt auch das Kernesammeln schwer,
Ich wund’re mir über gar nichts mehr.

Die Anzüge macht man jetzt aus Papier.
Da bin ich eigentlich nicht dafür.
Aus Pappe, das laß ich gefallen mir —
Doch manche, die nehmen auch Löschpapier.
Und wenn’s dann mal regnet, dann gibt’s Malheur,
Ich wund’re mir über gar nichts mehr.

Mal schreibt die Zeitung: Der Friede ist nah’ —
Dann schreiben sie : Er ist noch nicht da.
Dann schreiben sie wieder: Jetzt ist’s so weit.
Dann schreiben sie wieder: Es hat noch Zeit.
So schreiben sie hin — so schreiben sie her,
Ich wund’re mir über gar nichts mehr.

Drei Kragen darf man nur tragen jetzt.
Es geht uns direkt an den Kragen jetzt.
Und auch die Manschetten werden knapp —
Bald knöpft man uns die Krawatten ab.
Bald laufen wir fröhlich im Hemd umher,
Ich wund’re mir über gar nichts mehr.

Contributed by Bernart Bartleby - 2019/9/6 - 21:15




Language: Italian (Toscano Livornese)

Versione in livornese / A version into Livorno dialect / Version en patois livournais / Livornonkielinen versio: Anonimo Toscano del XXI Secolo, 09-09-2019 08:23

Proclama l'Anonimo Toscano del XXI Secolo: da Berlino a Livorno il passo è breve, tutt'e due le città hanno sperimentato la guerra ammodino e con qualche piccolo adattamento si va alla grande. L'Anonimo tiene molto a gemellare questa canzone con Fagioli 'olle 'otenne.
'UMMI STUPISCO PIÙ DI NULLA

Alla fermata der bùsse [1] io ci sto spesso,
Spesso ci aspetto l'Uno pe' ore e ore.
Però unn'arriva, come dovrebbe fà',
E poi se arriva, è pieno zipillo.
E se arriva e 'un mi serve, è tutto vòto,
Dé, propio 'ummi stupisco più di nulla.

Mangio ir formaggio anco se' un sa di nulla,
Mangio sarcicce e dentro c'è ir cavallo.
Nella viennese àrtro che Vienna, c'è la rèna, [2]
Dé, pella patria io ciò sempre pancia vòta.
La marmellata, anco lei, sa di 'atrame...
Dé, propio 'ummi stupisco più di nulla.

Ho visto un òmo un po' prima della guèra,
Ciaveva a' piedi stivali tutti rotti.
Ir prim'anno di guèra, se li fece risolà',
Ir seondo ce n'aveva già un paio novi.
Ir terzo, dé, era doventato milionario!
Dé, propio 'ummi stupisco più di nulla.

All'otto 'ompro ir sapone e costa otto, [3]
Alle nove costa nove, dé se costa 'aro...!
Alle dieci costa dieci e ciò ancora 'ulo,
All'undici, lo stesso pezzo 'osta undici.
A mezzogiorno ir prezzo è anco più su.
Dé, propio 'ummi stupisco più di nulla.

Ir caffeìno, prima 'ostava cinquanta
Poi trenta, ir latte 'unn'era più di moda.
Poi trentacinque, ma collo zuccherino,
E poi 'varanta, e 'un c'era dentro la ci'òria.
Ora cinquanta ancora...però ir caffè 'un c'è!
Dé, propio 'ummi stupisco più di nulla.

Oggi mi so' steso pe' fa' ir bagno in vasca
Ma di fà' ir bagno propio 'un c'era gristi. [4]
Giravo ir rubinetto guasi fino a fàllo stiantà',
Però dar rubinetto 'un veniva fora nulla.
Oggi, dé, s'è dura avècci l'acquaàrda...!
Dé, propio 'ummi stupisco più di nulla.

Ora si vede [5] un cartello dappertutto,
C'è scritto: “Si raccòrgano nòccioli di frutta.”
Quand'ho letto ir cartello mi so' detto:
“La frutta 'un c'è....! E se 'un c'è la frutta
Sarà 'mpo' duro raccòglie' pure i nòccioli...!”
Dé, propio 'ummi stupisco più di nulla.

I vestiti, ora li fanno di 'arta.
A me 'staòsa propio 'ummi vaggiù.
Di 'artone vabbè...! Mi pòle anco andà' bene,
Però tanti li fanno anco di 'arta straccia.
E quando piove, allora è un ber bordello...!
Dé, propio 'ummi stupisco più di nulla.

Scrive ir giornale: “La pace s'avvicina!”
Ma poi c'è scritto che ancora 'un ci siamo.
Poi c'è riscritto: “Beh, c'è ancora tanto tempo”,
E ri-riscritto, “ 'Avoglia a allungà' ir collo...”
E scrìvano di 'vì, e scrìvano di là...
Dé, propio 'ummi stupisco più di nulla.

Ora si deve fà' in tre co' una giacca sola
Così ci piglian meglio per ir bavero. [6]
Anco i porzini 'ominciano a scarzeggià,
Fra 'mpo' ci disfan pure le gravatte. [7]
Dé ci si 'ontenterà ddandà' 'n camicia...!
Dé, propio 'ummi stupisco più di nulla.

[1] Nell'originale si tratta del tram con la linea "A". A Livorno, sinceramente, non so se il tram ci sia mai stato. Quindi ci ho messo l'autobus e la linea "1", quella che passa per il viale Italia e va, se mi ricordo bene, fino a Antignano.

[2] La “Sandtorte” è la “Viennese”, ma alla lettera, in tedesco, vuol dire “torta di sabbia” (per la sua consistenza un po' sabbiosa). Il testo originale dice che nella torta di sabbia ora la sabbia c'è per davvero. Traduzione adattata.

[3] “Otto marchi” nel testo originale; nel labronico adattamento, sono stati levati i marchi: basta dire il numero, poi se sono marchi, lire, talleri o scellini va bene lo stesso.

[4] Nel testo originale, un gioco di parole assolutamente intraducibile alla lettera: il tizio si è gelegen (“steso, sdraiato”) in vasca per fare il bagno, ma non c'è nessuna Gelegenheit (“occasione, opportunità”) per farlo. Però Badegelegenheit vale anche “apparecchiatura da bagno” (e, attualmente, più che altro “stabilimento balneare”).

[5] Nell'originale è "ho visto".

[6] Nel testo originale che “ora si devono portare solo tre baveri”, ma “Kragen” vale anche “colletto” e, per esteso, “collo”. In pratica, una giacca deve servire per tre colli, tre persone. Poi si continua con i doppi sensi di “Kragen”: propriamente, “es geht uns an den Kragen” è un modo di dire che significa: “per noi sta arrivando la resa dei conti”. M'è toccato, qui, un po' arrangiàmmi alla bell'e meglio.

[7] Si tenga presente che “abknöpfen” vuol dire, oltre che “sbottonare, disfare”, anche “scucire soldi”.

2019/9/9 - 08:23




Language: French

Version française – MOI, JE NE M’ÉTONNE PLUS DE RIEN – Marco Valdo M.I. – 2019
Chanson allemande – Ich wund’re mir über gar nichts mehr – Otto Reutter – 1917
Célèbre poème d’Otto Reutter (1870-1931), chanteur et acteur allemand, précurseur du Kabarett berlinois qui connut son âge d’or entre les deux guerres. Texte trouvé sur www.otto-reutter.de .



Otto Reutter n’était certainement pas un auteur politique, mais il a toujours décrit la société allemande entre les deux siècles avec sarcasme et irrévérence. Sa poésie – en couplets, distiques aux rimes croisées – devient plus amère pendant la Grande Guerre, surtout après que son fils ait perdu la vie dans la terrible bataille de Verdun (février – décembre 1916).
Dans ce « Ich wund’re mir über gar nichts mehr », Otto Reutter décrit la vie à Berlin en 1917, une vie loin du front, mais pas de la guerre…

« … Dans ces années-là, se produisait au théâtre Apollo (Berlin) Otto Reutter… Le grand artiste de cabaret s’est fait connaître avec une seule et longue chanson, Onkel Fritz (« Oncle Fritz »), qui est immédiatement devenue très populaire. Reutter était un petit homme avec un long nom, Otto Pfützenreuter (il fut bientôt abrégé en Reutter), il avait les yeux ronds un peu saillants et une grande touffe sur son front, il venait du Mecklembourg. Il a commencé à travailler dans les Tíngeltangelos de Berlin en présentant des strophes qu’il écrivait lui-même, directement inspirées des faits du moment. Sa satire était dirigée contre la double morale bourgeoise, contre les lois dépassées de l’Empire Guillaume, contre l’opacité de l’armée et l’ignorance totale du Kaiser en matière d’art. Inévitablement, ce comédien polyvalent d’une verve exceptionnelle se heurta à la censure ambiante, aux fanatiques de la célèbre Lex Heinze, mais sa carrière fut néanmoins longue et riche en succès. La censure était également devenue une source de satire dans ses strophes :


Quelle chose odieuse et quelle grande horreur !
Qui parmi les notes affole le grand censeur.
Mes compositions bien rimées
Il m’arrive de les voir effacées.
Les meilleures répliques sont marquées
D’un crayon rouge très sévère,
Quelle belle vie, on aurait pu faire
Sans cette injustice planifiée !
(« Kabarett!: Satira, politica e cultura tedesca in scena dal 1901 al 1967 » (« Kabarett ! : Satire, politique et culture allemande sur scène de 1901 à 1967 »), de Paola Sorge, Elliot, 2014.)

MOI, JE NE M’ÉTONNE PLUS DE RIEN

À l’arrêt du bus, je suis souvent là,
J’attends souvent des heures pour le A.
Au moment prévu, il n’arrive pas.
Et quand il en vient un, alors il est plein.
Et vide celui dont je n’ai pas besoin.
Moi, je ne m’étonne plus de rien.

Même s’il ne vaut rien, je mange le fromage.
Je mange la saucisse de cheval et même, le saucisson.
Pour la patrie, je me mets volontiers à table,
Je mange le gâteau de sable avec le sable
Et je goûte la marmelade au goût de goudron,
Moi, je ne m’étonne plus de rien.

J’ai vu un homme avant la guerre,
Qui portait des bottes déchirées,
La première année, il les a ressemelées,
La seconde, il en avait une nouvelle paire.
À la troisième, il était déjà millionnaire.
Moi, je ne m’étonne plus de rien.

À huit heures, j’achète du savon, huit marks pièce,
À neuf heures, neuf marks, le prix monte.
À dix heures, dix marks, ça va encore,
À onze, onze marks, la même pièce.
À douze, douze marks, le prix monte encore.
Moi, je ne m’étonne plus de rien.

D’abord, vingt-cinq pfennigs le café.
Puis trente, et le lait s’est éclipsé,
Puis trente-cinq, et le sucre est perdu,
À quarante, la chicorée est pour moitié,
À cinquante, le café a disparu.
Moi, je ne m’étonne plus de rien.

Aujourd’hui, j’ai pris un bain
Et je n’ai pas l’habitude du bain.
Je tourne le robinet complètement,
Il n’en sort rien, malheureusement.
C’est dur d’avoir de l’eau chaude, maintenant.
Moi, je ne m’étonne plus de rien.

J’ai vu partout un avis :
« Collecte de noyaux de fruits ».
Je l’ai lu, puis, je me suis dit :
Comme il n’y a pas de fruits et pas de noyau, sans fruit,
Cette collecte est impossible dans ce pays.
Moi, je ne m’étonne plus de rien.

On fait maintenant les costumes en papier.
Moi, je n’aime pas ça pour m’habiller.
En carton, ça pourrait encore aller,
Mais le papier buvard, quel malheur !
Quand il pleut, c’est une horreur.
Moi, je ne m’étonne plus de rien.

Le journal écrit : « La paix est pour demain ».
Puis il écrit : « C’est pas encore maintenant. » :
Puis il écrit à nouveau : « Elle est encore loin ! »
Puis il écrit à nouveau : « Il faut encore du temps. »
Il écrit ceci après – ils écrivaient cela avant.
Moi, je ne m’étonne plus de rien.

On n’a plus que trois faux-cols,
Et même, on ne met plus de cols,
Et les manchettes aussi se réduisent.
Bientôt, on va défaire nos cravates.
Bientôt, se promènera en chemise,
Moi, je ne m’étonne plus de rien.

Contributed by Marco Valdo M.I. - 2019/9/9 - 17:36




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